Riunione con la Giovane Talpa sulla decadenza: il metodo marxista come arma di lotta

Printer-friendly version

La CCI ha tenuto una riunione a Milano, il 26 giugno, su invito della Giovane Talpa (1) sulla nostra teoria della decadenza del sistema capitalista. Alla riunione hanno partecipato anche altri compagni in contatto con la Giovane Talpa e con la CCI. Noi abbiamo dato un caloroso benvenuto a questa opportunità di discutere una questione che è d'importanza cardinale nel capire l’attuale periodo storico e le condizioni per la lotta al rovesciamento del sistema di produzione esistente. Come uno dei partecipanti alla riunione ha detto: “per un marxista il concetto di decadenza è fondamentale, altrimenti si potrebbe pensare che il capitalismo è un sistema progressivo. Il capitalismo non può far funzionare il mondo, un comunista deve credere per forza alla decadenza altrimenti come pensiamo a distruggerli?”

Infatti, come la nostra introduzione alla riunione ha mostrato, la teoria marxista della decadenza è la chiave per capire l'evoluzione della società umana attraverso lo sviluppo delle forze produttive ed il cambiamento che questo sviluppo comporta nelle relazioni di produzione. I sistemi sociali non sono eterni: così come la schiavitù, il dispotismo asiatico, il feudalesimo sono sorti come forme sociali e sono declinati e morti, così anche il capitalismo è condannato a morire. Questo sistema ha svolto per un periodo un ruolo storico nello sviluppo delle forze produttive, ma raggiunto il massimo del suo sviluppo è entrato nella sua fase decadente in cui è divenuto un ostacolo per quelle stesse forze e ha da offrire all’umanità solamente crisi, disoccupazione di massa, guerra, disastri ambientali, fallimento economico, sociale e politico. È la decadenza del capitalismo come sistema sociale che produce le condizioni per la rivoluzione proletaria, che dà il quadro per capire quali sono le armi della lotta rivoluzionaria e come i rivoluzionari devono intervenire per spingere in avanti all'interno del proletariato lo sviluppo della coscienza del proprio ruolo storico. Poiché un’analisi rigorosa delle conseguenze di un cambiamento di periodo storico è necessaria per arrivare ad una chiarezza politica sulla prospettiva che abbiamo di fronte, la nostra presentazione si è poi focalizzata sulle principali implicazioni politiche della decadenza del capitalismo.

Il diciannovesimo secolo ha visto la formazione di nazioni borghesi in Europa -ad esempio l'unificazione dell’Italia o la creazione della Germania - ed è stato anche un periodo che ha visto l'espansione a livello internazionale del sistema capitalista attraverso le conquiste coloniali - per esempio quelle sui continenti americano ed africano - che aprirono la via alla creazione di stati indipendenti in queste zone, meglio caratterizzati dalla guerra d'indipendenza americana. I rivoluzionari dell’epoca sostennero quei movimenti che erano progressivi in quanto facevano parte dello sviluppo e dell’estensione del capitalismo, e pertanto favorivano la maturazione delle condizioni per la rivoluzione proletaria. Ma la possibilità per la classe lavoratrice di sostenere certe fazioni della borghesia finì all'inizio del 20° secolo con la fine del ruolo progressivo del capitalismo. La prima guerra mondiale e l'ondata rivoluzionaria che ha posto termine ad essa hanno segnato l'entrata della società nel periodo di guerra o rivoluzione; i movimenti nazionalisti persero il loro carattere progressivo e divennero nient’altro che pedine nella lotta imperialista tra stati capitalisti per ridividere le sfere d’influenza mondiale. Non era più possibile per la classe operaia ottenere riforme durevoli da un sistema che ora era in crisi permanente, mentre le condizioni obiettive divenivano mature per la lotta rivoluzionaria. Questo comportò un cambiamento nella natura e nei mezzi della lotta; la tendenza verso lo sciopero di massa sostituì la divisione tra la lotta politica e la lotta economica; il parlamento non poteva più servire come foro per migliorare la situazione della classe operaia all'interno del capitalismo; i sindacati, che erano serviti alla classe nella sua lotta per le riforme nel 19° secolo, divennero un’arma del nemico, mentre la lotta di massa in Russia nel 1905 e nel 1917 portò alla creazione di nuovi organi, i soviet, che erano conformi alle necessità della lotta nel nuovo periodo (2).

Nella discussione che ha avuto luogo sulla base della presentazione, ci sono state due critiche principali alla nostra posizione sulla decadenza.

La prima è che l’impostazione teorica della CCI è stata costruita su di un singolo aspetto (quello economico), su cui sono stati messi altri aspetti, e questo diventa il quadro per spiegare tutti gli avvenimenti mondiali, e che Marx invece era molto più aperto. Questo solleva un problema di fondo: qual è il quadro per capire la realtà sociale, qual è il metodo marxista? L’importanza della visione sviluppata da Marx ed Engels sta nell’identificare nello sviluppo delle forze produttive il motore dell’evoluzione sociale.

"Nella produzione sociale della propria esistenza, gli uomini allacciano dei rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà; questi rapporti di produzione corrispondono allo stadio dato dallo sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti formano la struttura economica della società, il fondamento reale su cui si eleva un edificio giuridico e politico ed a cui corrispondono delle forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale domina in generale lo sviluppo della vita sociale, politica ed intellettuale. Non è la coscienza degli uomini che determina la loro esistenza, è al contrario la loro esistenza sociale che determina la loro coscienza.

Ad un certo grado del loro sviluppo le forze produttive della società entrano in collisione con i rapporti produttivi esistenti, o con i rapporti di proprietà in seno ai quali esse si erano mosse fino ad allora, e che non ne sono che l'espressione giuridica. Ieri ancora forme di sviluppo delle forze produttive, queste condizioni si trasformano in pesanti ostacoli. Comincia allora un'era di rivoluzione sociale.

Il cambiamento dei fondamenti economici si accompagna ad un rivolgimento più o meno rapido in tutto questo enorme edificio. Quando si considerano questi rivolgimenti, bisogna sempre distinguere due ordini di cose. Esiste il rivolgimento materiale delle condizioni di produzione economiche. Bisogna constatarlo con lo spirito di rigore delle scienze naturali. Ma ci sono anche le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche, filosofiche; in breve, le forme ideologiche all'interno delle quali gli uomini prendono coscienza di questo conflitto e lo portano fino all'ultimo grado. Non si giudica un individuo per l'idea che egli ha di se stesso. Non si giudica un'epoca di rivoluzioni per la coscienza che essa ha di se stessa. Questa coscienza si esplicherà piuttosto sulla base delle contraddizioni della vita materiale, sulla base del conflitto che oppone le forze produttive sociali e i rapporti di produzione.

Giammai una società muore prima di aver sviluppato tutte le forze produttive che essa può contenere; giammai dei rapporti di produzione superiori si instaurano, prima che le condizioni materiali della loro esistenza siano apparse nel seno stesso della vecchia società.

L'umanità non si pone che i problemi che può risolvere; perché, considerando la questione più da vicino, si trova sempre che il problema stesso sorge solo quando già esistono o sono almeno in processo di formazione le condizioni materiali per la sua soluzione.

In grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno appaiano come epoche progressive della formazione economica della società." (3)

Questo descrive precisamente e succintamente la visione materialista storica dell'evoluzione sociale e le condizioni che generano una situazione rivoluzionaria ed è la base da cui il successivo movimento operaio sviluppò una comprensione del cambiamento di periodo quando si confrontò direttamente con esso nel 1914. La prima guerra mondiale ha visto il tradimento dei partiti socialisti all'interno della Seconda Internazionale quando questi difesero gli interessi delle loro borghesie nazionali nella guerra imperialista contro il ruolo storico del proletariato. Però la sinistra difese una posizione internazionalista contro la guerra e sviluppò una discussione sul significato della fase imperialista nella vita del capitalismo, sull'impossibilità di difendere il nazionalismo borghese ed il significato della rivoluzione russa come la presa del potere da parte del proletariato in un periodo in cui la rivoluzione comunista era finalmente all’ordine del giorno della storia.

La dichiarazione dell’Internazionale Comunista nel 1919 che il capitalismo era entrato in un periodo di guerra o rivoluzione era una concretizzazione della visione di Marx che i rapporti sociali di produzione, quando entrano in conflitto con lo sviluppo delle forze produttive, segnano la crisi finale della vecchia società e producono le condizioni obiettive per una situazione rivoluzionaria. Ma furono soprattutto Bilan e la GCF (Sinistra Comunista Francese) a tirare le lezioni dalla sconfitta dell'ondata rivoluzionaria e analizzare le implicazioni del cambio di periodo per la lotta della classe operaia e l'intervento dei rivoluzionari.

Questo è il metodo che segue la CCI, l’unico capace di identificare l'agente rivoluzionario al centro del sistema capitalista, il proletariato. L'idea secondo la quale dobbiamo essere più 'aperti', che non tutto dipende dal concetto di decadenza, significa togliere dal quadro la coerenza e il rigore del metodo marxista e cadere in una visione empirica della realtà, concepita come una serie di fenomeni distaccati, senza una coesione interna se non la soggettività dell'individuo. E’ per certi versi strano che una tale critica venga proprio dalla Giovane Talpa che ha risposto all'ultima guerra del Golfo producendo un opuscolo, con la ristampa di tre testi del movimento operaio che prendono una posizione internazionalista sulla guerra, e un'introduzione che intende fare un bilancio generale e storico della situazione attuale del capitalismo per spiegare le ragioni dell'attacco all'Iraq. Quali che siano i disaccordi che possiamo avere su punti specifici dell'opuscolo, il metodo e l’approccio è quello che difendiamo: risalire alla storia del movimento operaio, non limitare l'analisi ad un'interpretazione dell'evento in sé ma situarlo nel contesto della situazione sociale e globale.

La seconda obiezione sollevata nella discussione è che è sbagliato datare l’inizio della decadenza dal 1914 perché c'è stato uno sviluppo delle forze produttive anche dopo la seconda guerra mondiale. Diversi elementi sono stati portati dai compagni che difendono questa posizione: la seconda guerra mondiale ha prodotto scoperte tecnologiche e scientifiche poi applicate in campo industriale; dagli anni ’50 agli anni ’80 ci sono stati miglioramenti delle condizioni di vita dei lavoratori, se non in ogni parte del mondo, almeno nei paesi centrali del capitalismo; solo dopo la seconda guerra mondiale i paesi africani guadagnarono l'indipendenza; in Cina nel 1949 c'è stata non una rivoluzione proletaria ma una rivoluzione democratico borghese.

Anche qui è necessario capire ogni singolo fenomeno individuale nel contesto della situazione generale. Non possiamo riportare qui per esteso le risposte che sono stata date dalla CCI, né possiamo sviluppare ogni singola questione, ma vogliamo brevemente ricordare quali sono stati gli elementi da noi portati per un’ulteriore riflessione.

Innanzitutto, quando diciamo che il capitalismo è decadente, non diciamo che lo sviluppo delle forze produttive si ferma completamente, che non c’è nessuno sviluppo tecnologico, ma piuttosto che lo sviluppo tende ad essere un fattore che aggrava le crisi economiche nel contesto della disoccupazione crescente, al posto di aprire la possibilità di un nuovo ciclo economico e l’integrazione di più operai nella produzione. In questo contesto, “l’indipendenza” accordata agli stati africani nella seconda metà del 20° secolo, non ha aperto una prospettiva di sviluppo dell'infrastruttura e la formazione di stati moderni. Essa è servita semplicemente a sanare una situazione residua del periodo coloniale, che è stato un’espressione dell’espansione capitalista dal centro alla periferia nella fase ascendente, ma non è più la forma appropriata di dominio nell’epoca imperialista, durante la quale il controllo viene esercitato attraverso il capitale finanziario. Del resto questi nuovi stati “indipendenti” sono stati integrati fin dall'inizio in uno dei due blocchi imperialisti allora esistenti; le affiliazioni possono cambiare a seconda dei periodi e delle situazioni, ma il gioco è sempre lo stesso. E questo gioco imperialista è un’espressione della decadenza capitalista in cui la guerra è il modo di vita del sistema moribondo.

L’ascesa di Mao Tse Tung nella Cina del secondo dopoguerra non è stata l'ultima delle rivoluzioni democratiche borghesi, ma un tentativo di rendere più adatto questo paese, arretrato e rurale, alla sopravvivenza in una situazione di crisi economica globale e permanente. Non una rivoluzione borghese quindi, ma un fattore della tendenza generale verso il capitalismo di stato, forma più idonea a controllare la crisi attraverso il diretto intervento dello Stato nella vita economica di una nazione. Questa tendenza è caratteristica del periodo decadente, non solo in Russia ma, in forme diverse, anche nei regimi più sviluppati dell’Europa occidentale, negli Stati Uniti ed in ogni paese del mondo.

Ugualmente, anche se la classe operaia non può ottenere miglioramenti reali e durevoli, e la situazione oggi mostra un declino senza precedenti delle condizioni di vita, a livello di disoccupazione, intensificazione dello sfruttamento, tagli al salario sociale, questo non significa che non ci possano essere stati guadagni temporanei e relativi. I miglioramenti tra gli anni ’50 e ’80 menzionati alla riunione (ed in verità dovrebbe essere considerato un periodo più breve), sono stati una conseguenza della ricostruzione dopo la guerra, un palliativo momentaneo della crisi mortale del capitalismo.

Questa riunione con la Giovane Talpa chiaramente non si è conclusa con un accordo completo con l’analisi della CCI sulla decadenza. E non poteva che essere così perché questa è una questione complessa, che richiede molte discussioni e riflessioni per farne emergere tutte le implicazioni. Ciononostante questa riunione è stato un momento politico importante perché è stata animata da uno spirito costruttivo di confronto, da un reale interesse a discutere, esprimendo critiche, dubbi, posizioni diverse, per arrivare ad una chiarificazione politica al fine di poter meglio contribuire alla maturazione dello scontro tra le classi. E’ stata quindi una riunione che ha confermato l'importanza del dibattito aperto tra quegli elementi e quelle forze che si situano sul terreno della missione storica del proletariato ed ha confermato il bisogno di riappropriarsi della storia del movimento operaio in modo critico e profondo per rafforzare il movimento di oggi e di domani. In questo senso ripetiamo l'appello fatto alla fine della riunione stessa, di continuare il dibattito per iscritto ed attraverso altre riunioni; sviluppare le critiche con lo scopo di partecipare al lavoro essenziale di rafforzare una coerenza rivoluzionaria che possa rispondere in maniera decisiva alla necessità storica aperta dalla bancarotta del sistema capitalista: la rivoluzione della classe operaia.
AS

1. La Giovane Talpa è un collettivo editoriale a carattere aperto. Vedi il loro sito internet: www.giovanetalpa.net

2. Per la posizione della CCI sulla decadenza, vedi l’opuscolo “La decadenza del capitalismo” e altri articoli nella Rivista Internazionale (in inglese, francese, spagnolo)

3. Marx, “Prefazione alla Critica dell’economia politica

Geografiche: 

Patrimonio della Sinistra Comunista: 

Correnti politiche e riferimenti: