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Il BIPR (1) ha pubblicato sul suo sito internet in quattro lingue (italiano, francese, inglese, spagnolo) il seguente comunicato intitolato “Ultima risposta agli attacchi della CCI”:
“Si dà avviso a tutti i compagni che seguono le vicende internazionali dei gruppi della sinistra comunista che da un po' di tempo siamo oggetto di attacchi violenti e volgari da parte della CCI, inviperita perchè essa stessa è attraversata da una profonda e irreversibile crisi interna che porta i suoi fuoriusciti a guardare con attenzione critica alle posizioni del Bipr. Abbiamo per un po' sperato pazientemente che questi (ex?) compagni della CCI trovassero un minimo di equilibrio psicologico e in qualche occasione abbiamo anche risposto alle loro folli accuse, ma non è stato così. Le loro manie di persecuzione, i deliri complottardi che animano i loro sogni sono evidentemente il frutto avvelenato di un percorso politico basato su presupposti completamente fuori dal materialismo storico. E' questo che li porta ad accusare tutto e tutti di complotto borghese contro di loro, che è una pratica che ha stancato tutti coloro che fanno seriamente politica rivoluzionari. Si scopre allora tutto d'un colpo che dei militanti con un passato appunto militante di 25 anni e più, anche come membri degli organi dirigenti della CCI, non sarebbero che dei ladri, dei teppisti o dei parassiti.
Dunque inseguire la CCI sui suoi percorsi sarebbe per noi una onerosa perdita di tempo che non possiamo permetterci. Per questa ragione d'ora innanzi non daremo riscontro né seguito a nessuno dei loro volgari attacchi. Chi volesse, invece, approfondire la conoscenza della nostra critica politica alle posizioni della CCI troverà sul numero 10 di Prometeo (2) in uscita la nostra critica alla loro ultima risoluzione congressuale.
Ps: Questo testo rimarrà sul sito 15/20 giorni, dopo di che sarà tolto e la CCI non riceverà più alcuna risposta da noi alle sue polemiche”.
Quanto c’è di “attacchi violenti e volgari da parte della CCI” di cui parla questo comunicato?
Il recente comportamento del BIPR costituisce un elemento negativo che non si può nascondere
Effettivamente noi abbiamo mosso delle critiche molto severe al BIPR per una serie di comportamenti indegni della tradizione della Sinistra comunista, che possono essere riassunti così (3):
- Aver riprodotto sul suo sito, in diverse lingue, carrettate di calunnie contro la CCI emananti da un misterioso Circolo di Comunisti Internazionalisti, senza verificarne la veridicità dei fatti;
- Aver ritardato il più possibile la pubblicazione sul suo sito di una smentita scritta sotto nostra responsabilità e che rinviava ad una spiegazione sviluppata sul nostro sito Internet;
- Aver risposto alla fine a questa richiesta (che qualsiasi giornale borghese avrebbe accettato in simili circostanze) solo in seguito a tre nostre lettere e, soprattutto, in seguito ad un certo numero di fatti che venivano a dimostrare il carattere falso dei propositi dell’avventuriero (il signor B.) che si dissimulava dietro questo misterioso Circolo di Comunisti Internazionalisti;
- Non aver mai pubblicato la presa di posizione, che condannava questo signore, fatta dal NCI (Nucleo Comunista Internazionale), gruppo argentino che simpatizza con le posizioni della CCI e che, per primo, è stato vittima delle manovre del signor B.;
- Aver scelto il metodo più ipocrita per tentare di evitare di essere infangato dalla verità che si stava imponendo a proposito dei raggiri del signor B. e della natura del suo documento, cioè ritirare questo documento dal proprio sito con lo stesso silenzio che aveva accompagnato la sua messa in circolazione, mentre per circa due mesi questo era servito a coprire la nostra organizzazione di carrettate di fango;
- In altre parole aver girato le spalle al solo metodo degno dei rivoluzionari in simili circostanze: condannare energicamente il comportamento dell’impostore in modo da riparare all’errore politico grave commesso cauzionando le sue calunnie contro la nostra organizzazione.
Nei fatti la risposta del BIPR alla nostra critica è molto chiara: si tratta di un “respinto al mittente” giustificato dal pretesto che risponderci costituirebbe una “perdita di tempo che non possiamo permetterci”. E per di più il BIPR pretende che è lui ad essere attaccato! Un tale atteggiamento mostra chiaramente che questa organizzazione non ha nessun elemento concreto, né alcun argomento politico da opporci. Persistendo in questo atteggiamento, lo ripetiamo, il BIPR prova che sta diventando un ostacolo alla presa di coscienza del proletariato, “non tanto per il discredito che potrebbe apportare alla nostra organizzazione, ma per il discredito ed il disonore che questo tipo di comportamento infligge alla memoria della Sinistra comunista d’Italia, e dunque al suo contributo insostituibile” (“Lettera aperta ai militanti del BIPR” del 7 dicembre 2004).
Esaminiamo adesso questo “approfondimento della conoscenza della critica alle posizioni della CCI” da parte di BC promesso dal comunicato del BIPR, vale a dire l’articolo in italiano “Decadenza, decomposizione, prodotti della confusione” del numero 10 di Prometeo.
Lotta politica si, ma non con i metodi della borghesia
La CCI è totalmente favorevole al confronto aperto, senza concessioni, dei punti di vista divergenti difesi dalle diverse correnti all’interno del movimento operaio. In effetti, “Senza dubbio non esiste partito per il quale la critica libera ed infaticabile dei propri errori non sia, come per la social-democrazia, una condizione di esistenza. Così come noi dobbiamo progredire al pari dell’evoluzione sociale, la modifica continua dei nostri metodi di lotta e, di conseguenza, la critica incessante del nostro patrimonio teorico, sono le condizioni della nostra propria crescita” (Rosa Luxemburg, Libertà della critica e della scienza) (4). Non è quindi un caso se, contrariamente alle tendenze opportuniste all’interno del movimento operaio, le correnti costituenti la sinistra marxista all’interno di questo hanno sempre, ad immagine di Lenin, Rosa Luxemburg e Pannekoek, accolto con entusiasmo la polemica, da essi considerata vivificante. La CCI stima di inscriversi totalmente in questa tradizione, come testimoniato dall’esistenza di numerose serie di polemiche apparse sulla sua stampa e la cui onestà non è stata, fino ad oggi, contestata da nessuno.
Rispetto all’articolo di Prometeo dobbiamo dire di non essere stati colpiti dalla “profondità” che era stata promessa, ma questo non è il problema più importante. In effetti, BC sembra ignorare o aver dimenticato che la polemica all’interno del campo proletario non ha niente a che vedere con la “giostra politica” praticata dalla borghesia e la cui finalità è “segnare dei punti” contro l’avversario, considerando questo metodo come uno tra gli altri dei modi di procedere propri di questa classe: colpi bassi, mala fede, raggiri, menzogne, ecc. Così, pur affrontando nell’articolo questioni della massima importanza per la classe operaia, è a questi modi di procedere che BC è ricorsa per tentare di far prevalere “ad ogni costo” il suo punto di vista. E’ per questo che, senza sottovalutare l’importanza di continuare a prendere posizione sulle divergenze importanti che separano le nostre organizzazioni – e lo faremo di nuovo prossimamente (5) – è a questa pratica politica di BC che vogliamo qui dare priorità criticandola profondamente in quanto inaccettabile da parte di una organizzazione che si richiama al marxismo ed alla tradizione della Sinistra comunista.
Non è la prima volta che dobbiamo rilevare problemi di questo tipo nella discussione con questa organizzazione. Per esempio, nel marzo 2001, in un articolo in due parti consacrato alla critica della pratica opportunista nella costruzione del Patito adottata dal BIPR (6), scrivevamo, a proposito di una risposta di questa organizzazione alla prima parte dell’articolo: “[la CCI] viene citata solo quando strettamente necessario. L’insieme dell’articolo è superficiale e sprovvisto di citazioni delle nostre posizioni, le quali sono, al contrario, sintetizzate da BC che ne riproduce alcune in modo chiaramente deformato”. Ma mentre all’epoca volevamo ben credere che “ciò rileva una incomprensione di queste [nostre posizioni] e non una manifestazione di mala fede” oggi, tenuto conto del carattere sistematico della deformazione e dell’enormità di certe menzogne, siamo in dubbio sulle cause di un tale atteggiamento: bisogna metterlo in conto alla senescenza intellettuale e politica o invece attribuirlo ad un cinismo estremo che traduce la perdita totale di ogni morale e di ogni riferimento proletario da parte di questa organizzazione? E perché no le due cose insieme? In ogni caso il lettore potrà giudicare testi alla mano.
La spudorata deformazione delle posizioni della CCI
L’articolo di Prometeo si attacca alla rinfusa alla nostra posizione relativa alla capacità della borghesia e dei suoi sindacati di manovrare contro la classe operaia (come è successo all’epoca degli scioperi in Francia nel dicembre 95) ed alla nostra analisi del parassitismo politico. Senza ritegno, dopo aver appena sfiorato la prima questione, la penna devastante di BC sfigura deliberatamente la nostra analisi del parassitismo per i bisogni meschini della sua bassa polemica. Ecco cosa si dice: “Tutti hanno avuto modo di verificare questa visione, propria della CCI di una borghesia complottarda in varie occasioni, fra le quali (...) le tesi sul “parassitismo” che assegnano alla borghesia tout court la responsabilità di creare i gruppuscoli parassiti, apposta per danneggiare la CCI”. L’autore di questo articolo ha la faccia tosta di presentare ciò che lui chiama evidenze, “tutti hanno avuto modo di verificare questa visione”, e di invocare le nostre “tesi sul parassitismo” come prova di questa evidenza. Di fronte a tale menzogna è necessario citare abbondantemente queste Tesi:
- “il fenomeno del parassitismo politico risulta (...) essenzialmente dalla penetrazione di ideologie estranee all’interno della classe operaia (...)”. (Punto 8 delle “Tesi sul parassitismo” pubblicate nella Rivista Internazionale n 22.);
- esso costituisce una minaccia “in un periodo di immaturità relativa del movimento operaio in cui le organizzazioni del proletariato hanno ancora un debole impatto e poca tradizione” (punto 8);
- “... la nozione di parassitismo politico non è affatto una invenzione della CCI. (...) E’ l’AIT, a cominciare da Marx ed Engels, che caratterizzava già come parassiti questi elementi politicizzati che, pur pretendendo di aderire al programma ed alle organizzazioni del proletariato, concentrano i loro sforzi sulla lotta, non contro la classe dominante, ma contro le organizzazioni della classe rivoluzionaria” (punto 9);
- la vulnerabilità al parassitismo è dovuta oggi più specificamente alla “rottura della continuità organica con le tradizioni delle generazioni passate dei rivoluzionar,i che spiega soprattutto il peso dei riflessi e dei comportamenti anti-organizzativi piccolo-borghesi tra molti elementi che si richiamano al marxismo ed alla Sinistra comunista” (punto 12);
- “il parassitismo non costituisce come tale una frazione della borghesia, non avendo né programma né orientamento specifici per il capitale nazionale, né un posto particolare negli organi statali per controllare la lotta della classe operaia” (punto 18);
- tuttavia, “la penetrazione di agenti dello Stato nell’ambito parassitario è evidentemente facilitato dalla natura stessa di questo, la cui vocazione fondamentale è combattere le vere organizzazioni proletarie” (punto 20).
Inoltre, se la questione del parassitismo è effettivamente presente nella conclusione della nostra risoluzione criticata da BC, è per dire: “Come per la classe ogni dimissione di fronte alla logica della decomposizione non può che privarla della propria capacità a rispondere alla crisi alla quale l’umanità è confrontata, così la minoranza rivoluzionaria stessa rischia di essere rasa al suolo e distrutta dall’ambiente putrido che la circonda e che penetra nei suoi ranghi sotto la forma del parassitismo, dell’opportunismo, del settarismo e della confusione teorica”. Sfidiamo chiunque a trovare un legame tra quello che scrive BC e quello che scrive la CCI sul parassitismo, incluso all’interno di quello che non abbiamo citato qui. In effetti, alla lettura dei nostri testi, che sono pubblici, anche per il BIPR, emerge che, contrariamente alla visione poliziesca che con l’imbroglio BC ci attribuisce, il parassitismo politico non è una creazione della borghesia, ma il prodotto della pressione dell’ideologia borghese in certe circostanze storiche.
E dalla lettura dell’insieme dell’articolo di Prometeo emerge che BC è un pessimo falsario, ma anche un instancabile calunniatore.
Uno stato d’animo deplorevole
L’esempio che precede è un’espressione caricaturale della disonestà che attraversa tutto l’articolo di Prometeo.
La manipolazione degli scritti de “l’avversario”
L’articolo di BC rimprovera alla nostra risoluzione di contenere, nei punti 6 e 9, “delle frasi prive di senso”, tra le quali la seguente che ne costituirebbe “una perla”: “L’abbandono di queste istituzioni [l’ONU e la Nato] del ‘diritto internazionale’ rappresenta un avanzamento significativo dello sviluppo del caos nei rapporti internazionali”. Il problema non sta nella qualificazione da parte di BC di questa frase, ma piuttosto nel fatto che, isolata dal suo contesto questa può lasciar pensare che noi valutiamo che l’ONU avrebbe un ruolo da arbitro internazionale, al di sopra degli interessi particolari degli uni e degli altri, garantendo un certo ordine mondiale e una sua perdita di influenza sarebbe quindi un fattore di caos. Ora, non è questa la nostra posizione (e BC lo sa perfettamente, così come sa molto bene che la CCI ha sempre considerato l’ONU “un covo di briganti” (7)), come ci si può rendere conto leggendo le due frasi precedenti della nostra risoluzione non citate da BC: “Questa crisi mette in evidenza la fine non solo della NATO (la cui inadeguatezza si è vista attraverso la sua incapacità a mettersi d’accordo sulla ‘difesa’ per la Turchia giusto prima della guerra), ma anche delle Nazioni Unite. Sempre più la borghesia americana considera questa istituzione come uno strumento dei suoi principali rivali e dice apertamente che questa non giocherà alcun ruolo nella ‘ricostruzione’ dell’Iraq”.
L’arte di giocare con le parole per oscurare gli argomenti ed il pensiero de “l’avversario”
La risoluzione della CCI criticata da BC ritorna sul periodo di decomposizione: “... la classe operaia, le cui lotte dal 1968 al 1989 avevano impedito alla borghesia di imporre la sua “soluzione” alla crisi economica, era sempre più confrontate alle conseguenze della propria incapacità ad elevare le lotte ad un livello politico più alto e ad offrire un’alternativa all’umanità. Il periodo di decomposizione , risultante da questo ‘empasse’ tra le due classi principali, non apporta niente di positivo alla classe sfruttata. Benché la combattività della classe non sia stata annientata in questo periodo, e che un processo di maturazione sotterranea della coscienza era ancora sensibile, in particolare sottoforma di ‘elementi in ricerca’ e di piccole minoranze politicizzate, la lotta di classe ha subito dappertutto un riflusso che non è ancora finito. La classe operaia in questo periodo è stata confrontata non solo alle sue debolezze politiche, ma anche al pericolo di perdere la sua identità di classe sotto il peso di un sistema sociale in piena disintegrazione”. Questa analisi della CCI si riduce a questo sotto la penna di BC: “la ‘decomposizione’ (del modo di produzione? della formazione sociale? Mah!) sarebbe dunque il risultato dell’equilibrio stabile che si sarebbe raggiunto fra le classi, proletariato e borghesia” Noi non avremmo sintetizzato così il nostro pensiero ma, tenuto conto del fatto che BC non capisce questa questione, non possiamo fargliene un rimprovero. Per contro, il modo in cui BC continua è significativo del suo metodo che gioca sull’utilizzo del termine “responsabilità” per dare alla nostra analisi un senso completamente diverso da ciò che esprimiamo realmente, in modo da snaturare la nostra argomentazione: “E in particolare per responsabilità della classe proletaria che ... si sarebbe rivelata incapace di elevare le sue lotte ad un livello politico più alto”. Esiste effettivamente una responsabilità storica della classe operaia a rovesciare il capitalismo prima che questo getti la società in uno stato di barbarie irreversibile. E’ compito del proletariato ergersi all’altezza di questa responsabilità. Questa è una cosa che i rivoluzionari affermano dai tempi della prima ondata rivoluzionaria mondiale degli ani 1917-23. Altra cosa è attribuirci l’idea che la classe operaia sia “responsabile” della decomposizione del capitalismo. E’ una calunnia a buon mercato che permette a BC di concludere (in più senza alcuna spiegazione): “Fare apparire la propria inadeguatezza teorica come una debolezza della classe è una furbata di basso profilo e che non paga”.
Un’enorme menzogna
Abbiamo visto in cosa consiste il persistente metodo di BC di deformare, talvolta in maniera molto grossolana gli argomenti della CCI, per ridicolizzarli, togliere loro valore, squalificarli. Per ognuna delle falsificazioni evocate prima è tuttavia sempre possibile invocare, affianco ad una evidente cattiva fede di BC, la sua ignoranza profonda delle posizioni criticate ed il suo disinteresse manifesto per queste, insieme alla superficialità della sua pratica politica. Ma ciò non è possibile per l’esempio che segue, degno dei metodi di propaganda di Goebbels per il quale “una menzogna enorme porta in se una forza che elimina il dubbio”.
L’articolo di Prometeo ritorna sull’analisi che ha fatto la CCI prima della scomparsa dei blocchi sulla posta in gioco storica. Durante tutto il periodo della guerra fredda, mentre l’esistenza di due blocchi imperialisti rivali che si dividevano il mondo e si fronteggiavano era una condizione per lo scoppio di una terza guerra mondiale, il solo ostacolo ad una tale uscita fatale per l’umanità era costituita dall’esistenza di una classe operaia non imbrigliata dalla borghesia, contrariamente alla situazione che aveva prevalso alla vigilia dei primi due conflitti mondiali. Durante tutto questo periodo la CCI ha sempre combattuto le illusioni, alcune delle quali emananti da gruppi rivoluzionai quali BC, che alimentavano una sottovalutazione della gravità della posta in gioco partecipando a propagande del tipo, “poiché la borghesia non è suicida, non farà mai scoppiare una guerra nucleare”, che nei fatti dava credito alla tesi della borghesia de “l’equilibrio del terrore”. Oggi BC non rinnega quello che diceva al riguardo: “Beninteso il pericolo nucleare restava uno dei fattori di raffreddamento delle tensioni, ovvero una spinta forte sui centri di comando dell’imperialismo a cercare soluzioni alternative” (“Decadenza, decomposizione, prodotti della confusione”). In più BC constata giustamente che con la scomparsa dei blocchi, la CCI ha cambiato la sua formulazione circa l’alternativa storica: “guerra o rivoluzione” è diventata “distruzione dell’umanità o rivoluzione”, la distruzione dell’umanità potendo risultare sia da una guerra mondiale (8) in caso di ricostruzione di due nuovi blocchi e di disfatta della classe operaia, sia dalla moltiplicazione di guerre locali sempre più devastanti e dallo sprofondamento del capitalismo nel caos e la decomposizione fino ad un punto di non ritorno. Mentre su questa questione l’articolo di BC riproduce fin qui quasi fedelmente le nostre posizioni, ecco che a questo punto BC sferra il suo “colpo segreto”, l’invenzione, non del secolo, ma quella che supera tutte le deformazioni all’attivo del suo triste primato: “Ora, improvvisamente, la CCI ci informa che la sola ragione della mancata guerra, sostanzialmente, era ed è il fatto che una guerra nucleare avrebbe annientato l’umanità”. Non credendo ai nostri occhi, abbiamo letto e riletto questo passaggio. Non solo non c’è scritto questo nella risoluzione della CCI, ma non c’è niente che potrebbe essere interpretato in questo modo in nessuno dei nostri testi precedenti e successivi a questa risoluzione. Ma soprattutto, nessun quiproquo era possibile nella misura in cui, al momento della riunione pubblica del BIPR del 2 ottobre a Parigi, la CCI le ha posto questa domanda pubblicamente: “Il BIPR difende ancora oggi la sua analisi secondo la quale se una terza guerra mondiale non è scoppiata prima del crollo del blocco dell’Est è a causa della bomba atomica e de ‘l’equilibrio del terrore’?”. Nel resoconto di questa riunione che abbiamo pubblicato (“Il vuoto politico e l’assenza di metodo del BIPR”, in Rivoluzione Internazionale n.138), riportiamo i seguenti fatti: “sulle prime nessun militante del BIPR ha voluto rispondere alla nostra domanda. Solo quando abbiamo ripetuto questa domanda per la terza volta, uno di loro si è degnato di risponderci, in modo molto conciso (e senza nessuna argomentazione):’ l'equilibrio del terrore è UNO dei fattori che spiega perché la borghesia non ha potuto scatenare una terza guerra mondiale’ ”. Era quindi impossibile per BC ignorare che al momento di questa riunione pubblica, cioè circa due mesi prima la pubblicazione in Prometeo dell’articolo in questione, noi eravamo in profondo disaccordo con lei su questa questione. Morale: oltre ad adottare delle pratiche della borghesia rispetto alla CCI, BC prende apertamente in giro il lettore.
La fuga di fronte alla necessità di chiarezza che si impone
Il BIPR, confuso dal carattere menzognero delle calunnie contro la CCI che lui ha ospitato con compiacenza sul sito, a cominciato a cancellare surrettiziamente le tracce del suo colpo basso (9), in modo da affossare la cosa. Quando la CCI gli chiede conto della sua azione, il BIPR strilla che è attaccato: “d’ora innanzi non daremo riscontro né seguito a nessuno dei loro volgari attacchi” (in “Ultima risposta alle accuse della CCI”) (10)! Per distogliere dal problema enorme che pone il suo comportamento politico, il BIPR “spara a zero” sui disaccordi tra le nostre due organizzazioni rispetto a delle questioni programmatiche e di analisi generale pubblicando in Prometeo l’articolo “Decadenza, decomposizione, prodotti della confusione”. Ma anche qui, incapace di affrontare onestamente le vere divergenze, è costretto ad escogitare giochetti da prestigiatore per non rispondere ai reali argomenti politici della CCI. Infine, per premunirsi dal dover render conto sulle sue nuove mancanze decreta un “respinto al mittente” che giustifica con una boria che non ha eguali se non la sua inanità politica: “Se queste sono – come sono – le basi teorico-politiche della CCI dovrebbero essere chiare le ragioni per le quali abbiamo deciso di non perdere più tempo, carta ed inchiostro per discutere o anche polemizzare con essa” (11).
Il BIPR riesce ancora a imbrogliare se stesso ed i suoi incondizionati sostenitori? A questi dovrebbe quanto meno spiegare perché è inutile discutere con la CCI a causa delle sue basi teoriche, mentre è invece possibile farlo con la FICCI ed avere con questa anche dei contatti che “esistono e persistono” (12), visto che quest’ultima pretende di rappresentare la vera CCI con le stesse “basi teoriche!”. La differenza più importante tra la CCI e la FICCI, ed è certamente questa che la deve rendere più attraente agli occhi del BIPR (13), è che la FICCI si è data alla denigrazione della nostra organizzazione, ha insinuato il sospetto riguardo all’esistenza di agenti dello Stato al nostro interno (il che è tipico del lavoro della provocazione poliziesca), ha commesso furti a nostro danno, si è data alla delazione rendendo pubblici degli elementi sensibili della nostra vita interna (14) e recentemente ha minacciato addirittura di “tagliare la gola” ad uno dei nostri militanti (15).
La paura congenita del confronto politico
Ecco il triste stato nel quale si trova oggi una componente uscita dalla Sinistra comunista d’Italia, corrente che negli anni 30, in pieno periodo di controrivoluzione, ha saputo mantenere l’onore del proletariato rivoluzionario contro il tradimento dei PC e di fronte alla degenerazione del trotskismo. E’ vero che questa componente politica che è all’origine della fondazione del PCInt nel 1943 in Italia si era già caratterizzata da subito, appunto in questa occasione, per un’apertura opportunista di fronte a gruppi di provenienza dal PSI (Partito socialista italiano) e dal PCI (Partito comunista italiano) o elementi che avevano rotto precedentemente con il quadro programmatico della Sinistra italiana per lanciarsi in avventure contro-rivoluzionarie (16). La Frazione francese della Sinistra comunista (FFGC, che pubblicava Internationalisme), a cui si rivendica la CCI, criticò all’epoca questa pratica che voltava le spalle all’intransigenza programmatica e organizzativa della Sinistra comunista d’Italia negli anni 1930 (17). Nel novembre 1946 la FFGC scrisse una lettera (pubblicata in Internationalisme n°16 del dicembre 1946) dove faceva l’elenco di tutte le questioni da discutere riguardanti le divergenze all’interno della SCI (18). E quello che successe è che, così come la SCI era stata esclusa in modo burocratico dall’IC dopo il 1926 ed esclusa di nuovo dall’Opposizione di sinistra nel 1933, fu poi la SCI ad escludere la Frazione francese dalla discussione politica al suo interno per evitare il confronto politico. La “giustificazione” allora invocata per una tale misura ricorda la mala fede congenita del BIPR: “Poichè (...) la vostra lettera dimostra una volta ancora la costante deformazione dei fatti e delle posizioni politiche prese sia dal PCI d’Italia, sia dalle frazioni francese e belga (...),[e] la vostra attività si limita a gettare confusione e fango sui nostri compagni, noi abbiamo escluso all’unanimità la possibilità di accettare la vostra domanda di partecipazione alla riunione internazionale delle organizzazioni della SCI”. Questo estratto della lettera del PCInt è citato nell’articolo “La disciplina ... forza principale” apparso in Internationalisne n° 25, agosto 1947 (19). Lo stesso articolo di Intenationalisme n° 25 fa il seguente commento: Si penserà ciò che si vuole dello spirito con il quale è stata fatta questa risposta, ma bisogna constatare che in mancanza di argomenti politici essa non manca di energia e di decisione ... burocratica”.
Il metodo utilizzato attualmente da BC nei nostri confronti non è dunque nuovo da parte di questa organizzazione anche se, date le diverse circostanze, si esprime sotto una forma diversa. In effetti, non si pone qui la questione di una nostra esclusione dato che non apparteniamo ad un’organizzazione comune, quanto piuttosto un tentativo di “discredito” della nostra “squalifica” verso tutto l’ambiente che simpatizza con le posizioni della Sinistra comunista, che costituisce attualmente un obiettivo per BC, data la sua visione concorrenziale e settaria delle relazioni tra gruppi comunisti. Ma di fronte agli argomenti dell’avversario per raggiungere i suoi fini, respingendo il confronto franco e leale, BC ricorre alla disonestà, alla calunnia ed allo schivare le questioni con degli sdegnosi “respinto al mittente”.
Il BIPR malato delle sue concezioni e pratiche organizzative
Il disprezzo e lo spregio con il quale la SCI aveva all’epoca trattato questa piccola minoranza costituita dalla FFGC che aveva criticato la costituzione opportunista del PCInt, trovava una falsa legittimazione nella sproporzione allora esistente tra, da una parte, la SCI con le sue componenti in Italia (un partito che aveva contato alla sua formazione varie migliaia di membri), in Belgio ed in Francia e, dall’altra, la piccola FFGC molto ridotta numericamente ed esistente solo in Francia. E’ con la stessa arroganza che il BIPR tratta oggi la CCI, ma in più in maniera ridicola. In effetti, se è ben cosciente che, malgrado la sua esistenza in 13 paesi, la CCI è ancora una piccola organizzazione rivoluzionaria, il BIPR visibilmente non ha ancora realizzato che è lui stesso una minuscola organizzazione. BC può ben cercare di consolarsi prendendo i sogni ed i pettegolezzi della FICCI per realtà e rassicurarsi ripetendo a sazietà che la CCI è “attraversata da una profonda ed irreversibile crisi interna”, ciò non cambia la realtà attuale della CCI. Questa fa fronte alle sue responsabilità di analisi della situazione, di intervento nella classe operaia, fa uscire regolarmente la sua stampa, è capace di andare incontro alla richiesta di politica rivoluzionaria che emerge all’interno delle giovani generazioni e ... trova anche il tempo di difendersi di fronte agli attacchi di cui è oggetto da parte dell’alleanza del BIPR con il parassitismo. E’ vero che si parla di più delle crisi della CCI che di quelle del BIPR. E non a caso! Non solo la CCI non le nasconde, ma ne espone pubblicamente le cause e gli insegnamenti di fronte alla classe operaia. Del resto, come abbiamo già sottolineato nella risposta al BIPR (vedi il nostro articolo “Il furto e la calunnia non sono metodi della classe operaia”, pubblicato sul nostro sito Intenet), tutte le organizzazioni vive del movimento operaio (in particolare l’AIT ed il POSDR) hanno dovuto portare avanti delle lotte al proprio interno per difendersi da concezioni e comportamenti politici estranei al proletariato (20). E’ vero che il BIPR non parla dei problemi di questo tipo che possono toccare la sua vita politica. Scopriamo non di meno, all’interno di una frase, le concezioni aberranti in vigore in questa organizzazione. In effetti, per giustificare il furto degli indirizzi dei nostri abbonati da parte di un militante che parteciperà alla fondazione della FICCI, il BIPR si esprime in questi termini: “se dei compagni dirigenti della CCI - che come tali disponevano del file di indirizzi dell'organizzazione - rompono con l’organizzazione stessa, dichiarando per di più di voler recuperare i compagni alla “retta via”, e si tengono il file di indirizzi, non si tratta di furto. Il falso moralismo della CCI odora dunque di ipocrisia, quando è la stessa CCI a lanciare accuse di ogni genere a chi la abbandona” (“Risposta alle stupide accuse di una organizzazione in via di disintegrazione”, pubblicato sul sito Internet del BIPR). Abbiamo già mostrato (“Il furto e la calunnia non sono metodi della classe operaia”) perchè è nulla questa giustificazione del furto di uno strumento dell’organizzazione che appartiene a questa come insieme e non agli individui che la compongono. In quella occasione abbiamo segnalato che parlare di una “organizzazione con alla sua testa dei dirigenti” rimanda ad un concetto dell’organizzazione che noi non condividiamo. E’ esistito ed esiste ancora nel movimento operaio una visione dell’organizzazione, teorizzata in particolare dalla corrente bordighista (cugino carnale del BIPR) che opera esplicitamente una distinzione all’interno dell’organizzazione, tra i dirigenti e la base dei militanti (21). Tali visioni costituiscono delle concessioni alla visione gerarchica e borghese di una organizzazione. All’opposto di questa visione, il partito, come ogni organizzazione rivoluzionaria, non può svolgere la sua funzione se non è un luogo di elaborazione collettiva, con tutti suoi membri, degli orientamenti politici. Ciò implica necessariamente la discussione più aperta ed ampia possibile, all’immagine della classe operaia la cui emancipazione ha per condizione l’azione cosciente collettiva.
Non avevamo ancora commentato questa concezione del BIPR che attribuisce delle prerogative ai “membri dirigenti”, in questo caso rubare senza che ciò sia condannabile, e che rileva anch’essa una visione gerarchica dell’organizzazione. Ma si sarebbe tentati di farla derivare, non tanto dall’influenza dell’ideologia borghese, quanto piuttosto dell’ideologia ...feudale. In effetti questa illuminazione del BIPR ci trasporta direttamente al Medio Evo, con i nobili che hanno il privilegio, per i loro bisogni di cassa o di guerra, di poter saccheggiare i raccolti dei contadini e che, per loro proprio piacere, dispongono anche del ius primae noctis.
Se è vero che, nei fatti, assistiamo oggi ad una ripetizione della storia da parte di BC, sarebbe nondimeno sbagliato dedurne che questa organizzazione resta invariabilmente uguale a se stessa. In effetti, la ripetizione di pratiche opportuniste non è senza conseguenze sulla dinamica di un’organizzazione, in particolare quando questa è impermeabile alla critica e chiusa ad ogni rimessa in causa. I flirt ripetuti del BIPR con gruppi estranei alle posizioni o ai metodi del proletariato e in particolare, ultimo in data, con la marmaglia della FICCI, l’hanno portata ad inspirarsi ai loro metodi borghesi.
In questo testo ed in quelli precedenti ai quali abbiamo fatto riferimento, abbiamo dimostrato che le nostre critiche al BIPR sono assolutamente fondate e che le accuse di questa organizzazione nei nostri confronti si basano sulla sabbia. Noi continuiamo ad aspettare (e non demorderemo certo) che il BIPR dimostri quello che afferma, il mantenere un atteggiamento di silenzio da parte sua può significare solo una cosa, che nei fatti non ha niente da dire.
Corrente Comunista Internazionale
1. Il Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario (BIPR – www.leftcom.org), fondato dal Partito Comunista Internazionalista – Battaglia Comunista (BC) e dalla Communist Workers’ Organisation (CWO) in Inghilterra, si rivendica alla tradizione della Sinistra Comunista d’Italia.
2. Prometeo è la rivista teorica di Battaglia Comunista
3. Invitiamo i lettori a consultare sul nostro sito Internet i documenti inerenti a questa questione, in particolare l’ultimo: la “Lettera aperta ai militanti del BIPR” del 7 dicembre 2004.
4. Ciò che era vero per la Social Democrazia quando era ancora un’organizzazione della classe operaia, vale per tutte le organizzazioni del movimento operaio, quale che sia la loro influenza all’interno della classe, e si applica dunque pienamente ancora oggi alle piccole organizzazioni che sono restate fedeli, sul piano delle posizioni programmatiche, alla lotta del proletariato per la sua emancipazione.
5. L’articolo di BC è relativo ad un documento della CCI che data ormai due anni. Noi non rinneghiamo in niente il suo contenuto, ma è opportuno segnalare che, più recentemente e comunque prima della comparsa di questo articolo di BC, abbiamo pubblicato dei testi di polemica diretta con il BIPR, proprio sulle questioni centrali in oggetto. Si tratta delle due parti dell’articolo “L’abbandono da parte di BC del concetto marxista di decadenza di un modo di produzione” apparso nei numeri 119 e 120 della Rivista Internazionale (in francese, inglese e spagnolo) e dell’articolo “Il vuoto politico e l’assenza di metodo del BIPR”, pubblicato in Rivoluzione Internazionale n° 138, che costituisce il resoconto della riunione pubblica del BIPR del 2 ottobre 2004 a Parigi. Questi testi sono restati fino ad oggi senza risposta. Può darsi che fra due anni riceveranno una risposta da parte del BIPR, se questo riuscirà a liberare un pò del suo prezioso tempo.
6. “La visione marxista e la visione opportunista della costruzione del partito” nei numeri 103 e 105 della Rivista Internazionale (in francese, inglese e spagnolo).
7. Come del resto Lenin qualificava la Società delle Nazioni, antenata dell’ONU.
8. La CCI non ha tuttavia aspettato il crollo del blocco dell’Est per mettere in evidenza che una terza guerra mondiale avrebbe significato la scomparsa dell’umanità o, come minimo, un ritorno indietro della civiltà di migliaia di anni.
9. Nel caso in cui il BIPR dovesse diventare completamente smemorato rispetto a certi episodi del passato, noi abbiamo conservato delle copie dei testi che ha fatto sparire dal suo sito.
10. Il BIPR si lamenta della nostra volgarità nei suoi confronti. E’ vero che noi critichiamo con durezza, a volte con ironia, certi suoi comportamenti. Se lo merita, e delle volte è difficile non chiamare le cose con il proprio nome. Ma il BIPR ha ben poco da lamentarsi, tanto più che è molto meno pignolo e sensibile quando, galvanizzata dalle accuse dell’avventuriero B. contro di noi, la FICCI ci chiama stronzi nel suo “bollettino giallo”.
11. Notiamo quanto meno che il BIPR è stato molto meno avaro nel spendere il suo tempo quando, dovendo dare la massima diffusione alle calunnie del signor B. contro la CCI, ha trovato il modo di tradurre i testi di questo in più lingue per metterli sul sito.
12. “Risposta alle stupide accuse di una organizzazione in via di disintegrazione”, testo del BIPR pubblicato sul suo sito Internet.
13. La FICCI costituisce un’attrattiva per il BIPR che vede in essa un mezzo per rafforzarsi numericamente in Francia e, chi lo sa, per impiantarsi in Messico. In altri termini, nella sua valutazione intervengono fortemente delle considerazioni di “abboccamento” rispetto a quelli che, mentre pretendono di rappresentare la vera CCI, guardano “con attenzione critica alle posizioni del Bipr” (“Ultima risposta agli attacchi della CCI”). Se il BIPR ha deciso di non essere pignolo riguardo alla natura del “pesce” pescato, non tocca a noi metterlo in guardia ancora una volta.
14. A tale proposito vedi il nostro articolo “I metodi polizieschi della FICCI” in Révolution Internationale n° 330.
15. Vedi l’articolo “Minacce di morte contro i militanti della CCI”, in Rivoluzione Internazionale n° 140.
16. Vedi i nostri articoli “Battaglia Comunista: a proposito delle origini del Partito Comunista Internazionalista” nella Révue Internationale n° 34 e “Il Partito Comunista Internazionale (Programma Comunista) alle sue origini, quale pretende si essere, quale non è” nella Révue Internationale n° 32.
17. Leggi il nostro libro La Sinistra comunista d’Italia.
18. Per rendersi conto della serietà con la quale furono esplicitate queste divergenze e critiche, consigliamo ai nostri lettori di consultare la lista in questione pubblicata nel nostro opuscolo La Gauche communiste de France.
19. Articolo pubblicato sotto lo stesso titolo nella Révue Internationale n° 34.
20. E allo stesso modo, in queste lotte, hanno perso degli elementi dal lungo e talvolta prestigioso passato militante che, in una forma o nell’altra, avevano tradito la causa proletaria.
21. Tali visioni sono già state combattute dalla FFGC nella rivista Internationalisme n° 25. In particolare nella sua critica de “la concezione del capo geniale” (secondo la quale solo delle individualità particolari – i capi geniali – hanno la capacità di approfondire la teoria rivoluzionaria per distillarla e trasmetterla, in un certo senso “bell’è fatta”, ai membri dell’organizzazione) e de “la disciplina ... forza principale” (che concepisce i militanti dell’organizzazione come dei semplici esecutori che non hanno da discutere gli orientamenti politici dell’organizzazione). Queste visioni erano state combattute anche da Lenin quando scriveva “è dovere dei militanti comunisti verificare in prima persona le risoluzioni delle istanze superiori del partito. Chi, in politica, crede sulla parola è un incorreggibile idiota” (citato da Internationalisme n° 25).