Inviato da RivoluzioneInte... il
Sempre più spesso capita di sentire militanti o simpatizzanti del centrosinistra esprimere meraviglia e sconcerto per le continue polemiche che dividono i vari esponenti dei partiti dell'opposizione di centrosinistra; e non tanto le due ali estreme della coalizione, come Bertinotti e Di Pietro, che anzi in linea di massima si ignorano, quanto i due partiti principali della coalizione, DS e Margherita, o addirittura - il che é ancora più incomprensibile - all'interno della stessa Margherita, in cui non passa giorno senza che Rutelli tiri qualche frecciata a Prodi o che gli crei problemi con qualche dichiarazione che provoca reazioni negli alleati, (come la recente uscita sulla necessità di superare la socialdemocrazia). Ed effettivamente la maggior parte di queste polemiche sono incomprensibili, perché non sono legate a grandi questioni di principio o a scelte concrete, ma sembrano solo azioni masochistiche o che esprimono ambizioni personali (e tali sono sicuramente quelle di Rutelli, che non nasconde la voglia di contendere il posto a Prodi e che per questo ci tiene a comparire tutti i giorni sui giornali con le sue dichiarazioni). Ma anche cosi' restano incomprensibili, perché dovrebbe essere chiaro anche a Rutelli che solo Prodi, oltre a rappresentare un buon punto di equilibrio all'interno della coalizione, ha il carisma e l'esperienza per poter battere Berlusconi, per cui indebolire Prodi significa solo rischiare di perdere le prossime elezioni. Percio' il popolo della sinistra si dice: ma come, il governo Berlusconi é cosi' debole che basterebbe un soffio per buttarlo giù, e questi si mettono a litigare con il risultato che Berlusconi resta li' nonostante tutto? Ed effettivamente il governo Berlusconi non sembra godere di grande solidità, viste le insoddisfazioni di tanta parte degli altri poteri economici e statali (Presidente della Repubblica, magistratura, Confindustria), e le divisioni interne alla coalizione che, pure qui, portano a continui e clamorosi litigi sui più diversi argomenti. Anzi, nel caso della coalizione di centrodestra le divisioni sono ancora più marcate: basti pensare alla innaturale coabitazione tra una forza federalista, e tendenzialmente secessionista, come le Lega e una ultranazionalista e centralista come Alleanza Nazionale. Ed infatti le divisioni vengono superate solo grazie all'abilità di Berlusconi che riesce a trovare dei contentini per ognuna delle forze della coalizione.
Queste divisioni dunque sono un fatto non limitato al centrosinistra e caratterizzano, da un po' di tempo a questa parte, la vita della borghesia italiana nel suo insieme. Non stiamo parlando, insomma, della classica divisione tra due schieramenti opposti portatori di diverse concezioni della gestione della cosa pubblica, con ipotesi di scelte economiche o ancora di schieramento imperialista diversi, ma di divisioni interni alle stesse coalizioni le cui motivazioni sono spesso di piccoli interessi di bottega, di mera visibilità di questo o quel leader, ecc. Certamente non c'é nessun confronto-scontro fra due grandi progetti di gestione e crescita della società. E' quanto lamentano i vari girotondini tra le fila dei simpatizzanti di centrosinistra, ma anche i seguaci più appassionati del centrodestra, quelli a cui non basta la soddisfazione della gestione del potere (vedi ad esempio i simpatizzanti della cosiddetta destra sociale).
Ma se nessuna frazione della borghesia ha un progetto da proporre alla società perché é il sistema che esse rappresentano e difendono che non ha più niente da offrire alle popolazioni, e non solo in Italia, ma nel mondo intero. Alle scorse elezioni politiche Berlusconi ha provato a far credere di avere un progetto (e su questa base é riuscito a vincere le elezioni), ma dopo tre anni si é visto quanto erano promesse senza fondamento, in particolare oggi con il trucco della riduzione delle tasse, che in realtà riguarda pochi cittadini ed é ampiamente riassorbito da tutti gli aumenti o riduzioni di prestazioni con cui questa riduzione delle tasse é stata finanziata.
Oggi é proprio l'incapacità del capitalismo, nella sua fase di decadenza (1), a fare funzionare la sua economia, a soddisfare anche i minimi bisogni immediati dell'umanità, che gli impedisce di presentare una qualche prospettiva, una speranza ed un programma per il futuro. La crisi storica del capitalismo porta invece a due sole possibilità: o la guerra imperialista generalizzata per una nuova divisione del mondo fra le potenze imperialiste, o la rivoluzione proletaria per porre fine alle miserie e alle sofferenze imposte dal capitalismo decadente. Ma quello che si é sviluppato da almeno tre decenni a questa parte é che nessuna delle due principali classi della società riesce ad imporre la sua soluzione ai problemi posti dalla situazione storica, per cui si é verificata una situazione di stallo storico che comporta una decomposizione della società (2). Questa situazione di stallo infatti non significa che la società puo' andare avanti sempre alla stessa maniera, come se niente fosse. Invece l'impossibilità di dare una risposta ai problemi materiali della società comporta un degrado della situazione complessiva, economica e sociale, che fa degenerare ogni aspetto della vita sociale, non più cementata dall'esistenza di una prospettiva credibile e visibile. Questo processo di decomposizione, di sfaldamento investe, a vari livelli, anche la classe dominante facendo prevalere al suo interno gli interessi particolari, di frazione, delle varie componenti politiche anche a scapito, in una certa misura, degli interessi più generali dell'economia nazionale.
Sarebbe pero' un errore pensare che queste divisioni interborghesi rendano più facile al proletariato intraprendere la strada della sua lotta. Se c'é qualcosa di fronte alla quale la borghesia non perde mai la sua unità di intenti é il pericolo proletario, e non é una caso se anche in Italia la borghesia, nonostante tutte le sue divisioni interne, riesce ad esprimere un governo che dura tutta la legislatura. I proletari non possono farsi alcuna illusione: i vari Berlusconi, Bossi, Rutelli, Prodi e lo stesso Bertinotti (nonostante la sua veste 'comunista') possono litigare tra loro quanto vogliono, ma di fronte alla necessità di mantenere l'economia nazionale a galla e continuare ad avere un posto tra gli altri Stati imperialisti, sono tutti pronti a colpire ancora di più i lavoratori. Lo hanno dimostrato più volte e non mancheranno di farlo ancora. I proletari possono contare solo sulla propria unità perdendo ogni illusione che una di queste frazioni della borghesia sia meno peggio dell'altra, di destra o di sinistra che sia.
Helios
1. vedi in questo stesso numero l'articolo "Il concetto marxista di decadenza del capitalismo"
2. Per una descrizione più completa del fenomeno della decomposizione, vedere l'articolo sulla Rivista Internazionale n. 14