Inviato da RivistaInternaz... il
Perché presentare oggi un testo sull'etica? Da più di due anni, la CCI porta avanti un dibattito interno sulla questione della morale e dell'etica proletaria a partire da un testo di orientamento di cui pubblichiamo larghi brani.
Se abbiamo ritenuto necessario affrontare un tale dibattito teorico, è principalmente perché la nostra organizzazione si è dovuta confrontare al suo interno, all'epoca della sua crisi del 2001, con comportamenti particolarmente distruttori e totalmente estranei alla classe portatrice del comunismo. Questi comportamenti si sono manifestati attraverso metodi da teppisti utilizzati da alcuni elementi che intanto fondavano la pretesa "frazione interna" della CCI (FICCI)1: furto, ricatto, menzogne, campagne di calunnie, delazione, molestia morale e minacce di morte contro i nostri compagni. È dunque a partire da un problema concreto di un'estrema gravità e che costituisce una minaccia per il campo politico proletario, che abbiamo preso coscienza della necessità di armare l'organizzazione di fronte ad una questione che ha sempre preoccupato ed attraversato il movimento operaio dalle sue origini, quella della morale proletaria. Abbiamo sempre affermato, in particolare nei nostri Statuti, che la questione del comportamento dei militanti è a pieno titolo una questione politica. Ma la CCI non era stata fin'ora ancora in grado di condurre una riflessione più approfondita su questa questione ricollegandola a quella della morale e dell'etica del proletariato. Per comprendere le origini, gli scopi e le caratteristiche dell'etica della classe operaia, la CCI ha dovuto volgere la sua attenzione sull'evoluzione della morale nella storia dell'umanità riappropriandosi delle esperienze teoriche del marxismo che si sono basate sui progressi della civiltà umana, in particolare nel campo della scienza e della filosofia. Questo testo d’orientamento non si è dato come obiettivo la costituzione di un'elaborazione teorica compiuta, ma tracciare alcune linee di riflessione per permettere all'insieme dell’organizzazione di approfondire un certo numero di questioni fondamentali, come l’origine e la natura della morale nella storia dell’umanità, la differenza tra morale borghese e morale proletaria, la degenerazione dei costumi e dell’etica nel periodo di decomposizione del capitalismo, ecc.). Dal momento che questo dibattito interno non è ancora compiuto, pubblichiamo solo i brani del testo d’orientamento che ci sono sembrati più accessibili al lettore non esperto. Per il fatto che si tratta di un testo interno le cui idee sono estremamente condensate e fanno talvolta ricorso a concetti teorici abbastanza complessi, siamo coscienti che certi passaggi potranno sembrare difficili al lettore. Tuttavia, essendo arrivati a maturità certi aspetti del nostro dibattito, abbiamo giudicato utile riportare i brani di questo testo d’orientamento all’esterno affinché la riflessione iniziata dalla CCI possa avviarsi e proseguire nell’insieme della classe operaia e del campo politico proletario.
Fin dall'origine, la questione del comportamento politico dei militanti, e dunque della morale proletaria, ha avuto un ruolo centrale nella vita della CCI. La concretizzazione vivente della nostra visione su questa questione si trova nei nostri statuti, adottati nel 1982.2
Abbiamo sempre insistito sul fatto che gli statuti della CCI non sono un elenco di regole che definiscono ciò che è permesso e ciò che non lo è, ma un orientamento per il nostro atteggiamento e la nostra condotta, includendo un insieme coerente di valori morali (in particolare per ciò che riguarda i rapporti tra gli stessi militanti e tra questi e l'organizzazione). E' per tale motivo che esigiamo da tutti quelli che vogliono diventare membri della nostra organizzazione un accordo profondo su questi valori. I nostri statuti sono una parte integrante della nostra piattaforma, e non servono solamente a stabilire chi può diventare membro della CCI ed in quali condizioni. Essi condizionano il quadro e lo spirito della vita militante dell'organizzazione e di ciascuno dei suoi membri. Il significato che la CCI ha sempre dato a questi principi di comportamento è dimostrato dal fatto che essa si è sempre impegnata a difenderli, anche a rischio di subire delle crisi organizzative. Per tale motivo, la CCI si è ritrovata in modo cosciente ed incrollabile nella tradizione di lotta di Marx ed Engels in seno alla Prima Internazionale, dei Bolscevichi e della Frazione italiana della Sinistra comunista. È perciò che è stata capace di superare tutta una serie di crisi e mantenere i principi fondamentali di un comportamento di classe.
Tuttavia, è in modo più implicito che esplicito che la CCI ha difeso il concetto di una morale e di un'etica proletaria; essa lo ha messo in pratica in modo empirico piuttosto che generalizzato da un punto di vista teorico. Di fronte alle grandi reticenze della nuova generazione di rivoluzionari sorta alla fine degli anni ‘60 verso ogni concetto di morale, considerato come necessariamente reazionario, l'atteggiamento sviluppato dall'organizzazione è consistito nell'accordare più importanza a che fossero accettati gli atteggiamenti ed i comportamenti della classe operaia piuttosto che a condurre questo dibattito in modo generale in un momento in cui quest'ultimo non era ancora maturo.
Le questioni di morale proletaria non sono il solo campo in cui la CCI ha proceduto in tale maniera. Nei primi anni della sua esistenza, esistevano delle riserve similari riguardanti la necessità della centralizzazione, il carattere indispensabile dell'intervento dei rivoluzionari ed il ruolo dirigente dell'organizzazione nello sviluppo della coscienza di classe, la necessità di combattere il democraticismo o il riconoscimento dell'attualità della lotta contro l'opportunismo ed il centrismo.
I grandi dibattiti che abbiamo condotto, come le crisi che abbiamo attraversato, hanno rivelato che l'organizzazione è sempre stata non solo capace di alzare il suo livello teorico ma anche di chiarire quelle questioni rimaste confuse all’inizio. Per tale motivo, sulle questioni organizzative, la CCI ha sempre saputo cogliere la sfida approfondendo ed allargando la sua comprensione teorica sui problemi posti.
La CCI ha già analizzato le sue crisi recenti così come il pericolo latente della perdita delle acquisizioni del movimento operaio, come manifestazioni dell'entrata del capitalismo in una fase nuova e terminale, quella della sua decomposizione. In questo senso, il chiarimento di una questione tanto cruciale qual'è la morale proletaria è una necessità di questo nuovo periodo storico e riguarda l'insieme della classe operaia. "La morale è il risultato dello sviluppo storico, è il prodotto dell'evoluzione. Trova le sue origini negli istinti sociali della specie umana, nella necessità materiale della vita sociale. Dato che gli ideali della socialdemocrazia sono diretti interamente verso un ordine superiore della vita sociale, essi devono necessariamente essere ideali morali".3Il problema della decomposizione e la perdita di fiducia nel proletariato e nell'umanità
Per l'incapacità delle due principali classi della società - borghesia e proletariato - ad imporre la rispettiva risposta alla crisi dell'economia capitalista, il capitalismo è entrato nella sua fase terminale di decomposizione, caratterizzata non solo dal degrado graduale dei valori sociali ma della stessa società.
Oggi, di fronte al "ciascuno per sé", alla tendenza al disfacimento del tessuto sociale e al degrado di tutti valori morali, sarà impossibile per le organizzazioni rivoluzionarie - e più in generale per la nuova generazione di militanti che sta sorgendo - rovesciare il capitalismo senza chiarire le questioni di morale e di etica. Non solo lo sviluppo cosciente delle lotte operaie ma anche una lotta teorica specifica su queste questioni, verso una riappropriazione del lavoro del movimento marxista, è diventata una questione di vita o di morte per la società umana. Questa lotta non solo è indispensabile per la resistenza proletaria alla decomposizione delle manifestazioni del capitalismo ed all'amoralismo ambientale, ma serve anche a riconquistare la fiducia del proletariato nel futuro dell'umanità attraverso il suo progetto storico.
La forma particolare che ha preso la controrivoluzione in URSS - quella dello stalinismo, che viene presentata come il compimento e non come il becchino della rivoluzione di ottobre 1917 - ha già disorientato la fiducia nel proletariato nella sua alternativa comunista. Malgrado la fine del periodo di controrivoluzione nel 1968, il crollo dei regimi stalinisti nel 1989, che ha segnato l'entrata del capitalismo nella sua fase storica di decomposizione, ha ancora una volta colpito la fiducia in sé del proletariato come soggetto della liberazione dell'insieme dell'umanità.
L'indebolimento della fiducia in sé della classe operaia, della sua identità di classe e della sua prospettiva rivoluzionaria, risultante dalle campagna della borghesia sul preteso "fallimento del comunismo", ha modificato le condizioni in cui si pone oggi la questione dell'etica. In effetti, i colpi subiti dalla classe operaia (ed in particolare il riflusso della sua coscienza) hanno danneggiato la sua fiducia, non solo in una prospettiva comunista ma nella società nel suo insieme.
Per gli operai coscienti, nel corso del periodo ascendente del capitalismo, e più ancora durante la prima ondata rivoluzionaria del 1917-23, l'affermazione secondo cui i problemi della società contemporanea si spiegherebbero attraverso il carattere fondamentalmente "cattivo" dell'essere umano suscitava solamente disdegno e disprezzo. All'inverso, l'ideologia secondo la quale, fondamentalmente, la società sarebbe incapace di migliorare e di sviluppare forme superiori di solidarietà umana, è diventata oggi un dato della situazione storica. Oggigiorno, i dubbi, profondamente radicati, sulle qualità morali della nostra specie colpiscono non solo le classi dominanti o intermedie, ma minacciano lo stesso proletariato, ivi compreso le sue minoranze rivoluzionarie. Questa mancanza di fiducia nella possibilità di una visione più collettiva e responsabile in vista della costruzione di una vera comunità umana non è unicamente il risultato della propaganda della classe dominante. E' la stessa evoluzione storica ad aver condotto a questa crisi di fiducia generalizzata nell'avvenire dell'umanità.
Viviamo un periodo segnato da:
- un pessimismo estremo nei riguardi della "natura umana";
- uno scetticismo (ed anche un cinismo) sulla necessità o anche della possibilità di valori morali;
- la sottovalutazione o anche il diniego dell'importanza delle questioni etiche.
L'opinione popolare vede confermarsi il giudizio del filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) secondo cui l'uomo sarebbe, per natura, un lupo per l'uomo. Secondo questa visione, l'uomo sarebbe un essere fondamentalmente distruttore, predatore, egoista, irrimediabilmente irrazionale ed il suo comportamento sociale sarebbe inferiore a quello della maggiore parte delle specie animali. Per l'ecologismo piccolo-borghese, ad esempio, lo sviluppo culturale è considerato come un "errore" o un "vicolo cieco". La stessa umanità è vista come un'escrescenza cancerosa della storia nei confronti della quale la natura va a - e deve anche - riprendersi i suoi "diritti".
Evidentemente, non è stata la sola decomposizione del capitalismo a fare nascere tali visioni, ma essa le ha considerevolmente accentuate e rafforzate.
Nei secoli precedenti, la generalizzazione della produzione di merci sotto il dominio del capitalismo ha sciolto progressivamente i legami di solidarietà che erano alla base della società umana, al punto che le loro stesse reminiscenze rischiano di sparire per sempre della memoria collettiva.
La fase di declino delle formazioni sociali, dal comunismo primitivo in poi, è sempre stata caratterizzata dalla dissoluzione dei valori morali stabiliti dalla società e, finché un'alternativa storica non ha cominciato ad affermarsi, da una perdita di fiducia nel futuro.
Ma la barbarie e l'inumanità della decadenza capitalista sono senza precedenti nella storia della specie umana. Per la verità non è facile dopo i massacri di Auschwitz ed Hiroshima, e di fronte ai genocidi, alla distruzione permanente e generalizzata, mantenere la propria fiducia nella possibilità di un progresso morale.
Il capitalismo ha rotto anche l'equilibrio rudimentale che esisteva fino ad ora tra l'uomo ed il resto della natura, demolendo così a lungo termine la base della società umana.
A queste caratteristiche dell'evoluzione storica del capitalismo, dobbiamo aggiungere l'accumulazione degli effetti di un fenomeno più generale dell'ascesa dell'umanità nel contesto delle società di classe: il fatto che l'evoluzione morale e sociale è in ritardo sull'evoluzione tecnologica.
"La scienza naturale è considerata giustamente come il campo in cui il pensiero umano, attraverso una serie continua di trionfi, ha sviluppato potentemente la sua forma di concezione logica... Al contrario all'altro estremo si trova il vasto campo delle azioni e dei rapporti umani in cui l'utilizzazione di attrezzi non gioca un ruolo immediato, e che agisce in una distanza lontana, in quanto fenomeno profondamente sconosciuto ed invisibile. Là, il pensiero e l'azione sono più determinati dalla passione e gli impulsi, dall'arbitrarietà e l'improvvisazione, attraverso la tradizione e le credenze; là, nessuna logica metodologica conduce alla certezza della conoscenza (...) Il contrasto che appare qui, tra la perfezione e l'imperfezione, significa che l'uomo controlla le forze della natura o ci si avvicina va sempre più, ma che egli non controlla ancora le forze di volontà e di passione che sono in lui. Là dove ha fermato il suo avanzare, forse anche regredito, è a livello della evidente mancanza di controllo sulla propria "natura" (Tilney). È chiaro che questa è la ragione per la quale la società è ancora tanto indietro rispetto alla scienza. Potenzialmente, l'uomo ha la padronanza sulla natura. Ma non possiede ancora la padronanza sulla sua propria natura".4
Le cause delle riserve verso il concetto di morale proletaria dopo il 1968
Dopo il 1968, la dinamica delle lotte operaie ha costituito un contrappeso potente allo scetticismo crescente in seno alla società capitalista. Ma nello stesso tempo, la mancanza di assimilazione in profondità del marxismo ha condotto alla visione comune all'interno della nuova generazione di rivoluzionari secondo la quale non ci sarebbe posto per questioni morali o di etica nella teoria socialista. Questo atteggiamento era prima di tutto il prodotto della rottura della continuità organica provocata dalla controrivoluzione che ha fatto seguito all'ondata rivoluzionaria del 1917-23. Fino ad allora, i valori etici del movimento operaio facevano parte di una tradizione che era sempre stata trasmessa da una generazione all'altra. L'assimilazione di questi valori era dunque favorita dal fatto che essi facevano parte di una pratica vivente, collettiva ed organizzata. La controrivoluzione ha spazzato via, in grande misura, la conoscenza di quest'esperienze, proprio come ha spazzato via quasi completamente le minoranze rivoluzionarie che l'incarnavano.
Questa perversione dell'etica del proletariato ha, a sua volta, rafforzato l'impressione che la morale, per sua stessa natura, è un affare intrinsecamente reazionario delle classi dominanti e sfruttatrici. La storia mostra, evidentemente, che in tutte la società divise in classi la morale dominante è sempre stata quella della classe dominante. E ciò a tal punto che morale e Stato, come anche morale e religione, sono diventati quasi sinonimi nell'opinione popolare. I sentimenti morali della società nel suo insieme sono sempre stati utilizzati dagli sfruttatori, dallo Stato e dalla religione, per santificare e perpetuare lo status quo affinché le classi sfruttate si sottoponessero alla loro oppressione. Il "moralismo" grazie al quale le classi dominanti si sono sempre sforzate di rompere la resistenza delle classi lavoratrici attraverso l'instillazione di un senso di colpevolezza, è uno dei grandi flagelli dell'umanità. È anche una delle più sottili ed efficaci armi delle classi dominanti per assicurare il loro dominio sull'insieme della società.
Il marxismo ha sempre combattuto la morale delle classi dominanti proprio come ha combattuto il moralismo filisteo (gretto e retrivo) della piccola borghesia. Contro l'ipocrisia degli apologeti morali del capitalismo, il marxismo ha sempre sostenuto, in particolare, che la critica dell'economia politica deve basarsi su una conoscenza scientifica e non su un giudizio etico.
Tuttavia, la perversione della morale del proletariato da parte dello stalinismo non costituisce una ragione per abbandonare la concezione della morale proletaria (come il proletariato non deve rigettare il concetto di comunismo con il pretesto che è stato recuperato e pervertito dalla controrivoluzione in URSS). Il marxismo ha mostrato che la storia morale dell'umanità non è solamente lo storia della morale della classe dominante. Ha dimostrato che le classi sfruttate hanno i loro propri valori etici e che questi valori hanno sostenuto un ruolo rivoluzionario nel progresso dell'umanità. Ha dimostrato che la morale non è neanche identica alla funzione di sfruttamento, dello Stato o della religione e che il futuro - se ci sarà un futuro - appartiene ad una morale che supera lo sfruttamento, lo Stato e la religione.
"… gli uomini si abitueranno gradatamente a rispettare le regole elementari della vita in società conosciute da secoli, ripetute per millenni in tutte le prescrizioni morali, a rispettarle senza violenza, senza costrizioni, senza sottomissione, senza quest'apparto speciale di coercizione che si chiama Stato".5
Il marxismo ha rivelato che il proletariato è l'unica classe della storia che possa, liberandosi dell'alienazione, sviluppando la sua coscienza, la sua unità e la sua solidarietà, liberare la morale, e dunque l'umanità, dal flagello della "cattiva coscienza" basata sulla colpevolezza e la sete di vendetta e punizione.
Inoltre, eliminando il moralismo piccolo-borghese dalla critica dell'economia politica, il marxismo è stato capace di dimostrare scientificamente il ruolo dei fattori morali nella lotta di classe del proletariato. Ha scoperto così per esempio che la determinazione del valore della forza lavoro - contrariamente a tutte le altre merci - contiene una dimensione morale: il coraggio, la determinazione, la solidarietà e la dignità degli sfruttati.
Le resistenze al concetto di morale proletaria esprimono anche il peso dell'ideologia della piccola borghesia fortemente segnata dal democraticismo. Rivelano l'avversione della piccola borghesia verso i principi di comportamento che, come ogni principio, costituiscono altrettanti ostacoli alla sua "libertà individuale". L'infiltrazione in seno al movimento operaio contemporaneo di quest'ideologia di una classe senza avvenire storico è una debolezza che ha rafforzato l'immaturità della generazione generata dal movimento del maggio 68.
La natura della morale
La morale è una guida indispensabile di comportamento nel mondo culturale dell'umanità. Permette di identificare i principi e le regole di vita comune dei membri della società. La solidarietà, la sensibilità, la generosità, il sostegno ai bisognosi, l'onestà, l'atteggiamento amichevole e la benevolenza, la modestia, la solidarietà tra generazioni sono dei tesori che appartengono all'eredità morale dell'umanità. Sono delle qualità senza le quali la vita in società diventa impossibile. E' per tale motivo che gli esseri umani ne hanno sempre riconosciuto il valore, proprio come l'indifferenza verso gli altri, la brutalità, l'avidità, l'invidia, l'arroganza e la vanità, la disonestà e la menzogna hanno sempre provocato la loro disapprovazione ed indignazione.
Come tale, la morale compie la funzione di favorire le pulsioni sociali in opposizione alle pulsioni antisociali dell'umanità, nell'interesse della coesione della comunità. Canalizza l'energia psichica nell'interesse di tutti. Il modo con cui quest'energia è canalizzata varia a seconda del modo di produzione, la costellazione sociale, ecc.
In seno ad ogni società, norme di comportamento e valutazione sono state edificate sulla base dell'esperienza vivente, e corrispondenti ad uno stile di vita dato. Questo processo fa parte di ciò che Marx ne Il Capitale chiama l'emancipazione relativa nei confronti dell'arbitrarietà e del semplice caso attraverso lo stabilirsi dell'ordine.
La morale ha un carattere imperativo. È un'appropriazione del mondo sociale attraverso i giudizi sul "bene" ed il "male", su ciò che è accettabile e ciò che non lo è. Questo approccio della realtà utilizza dei meccanismi psichici specifici, come la buona coscienza ed il senso delle responsabilità. Questi meccanismi influenzano la presa di decisione ed il comportamento generale e, spesso, li determinano. Le esigenze della morale contengono una presa di coscienza di ciò che è la vita sociale, una coscienza che è stata assorbita ed assimilata al livello emozionale. Come ogni mezzo d'appropriazione e di trasformazione della realtà, ha un carattere collettivo. Attraverso l'immaginazione, l'intuizione e la valutazione, permette al soggetto di entrare nel mondo mentale ed emozionale degli altri esseri umani. È dunque fonte di solidarietà umana e mezzo di arricchimento e di sviluppo spirituale reciproco. Non può evolversi senza interazione sociale, senza trasmissione delle acquisizioni e dell'esperienza tra i membri della società, tra la società e gli individui e da una generazione all'altra.
Una delle caratteristiche della morale risiede nel fatto che si appropria della realtà usando come strumento di misura ciò che dovrebbe essere. Il suo percorso è teleologico piuttosto che causale. La collusione tra ciò che è e ciò che deve essere è caratteristica dell'attività morale; essa ne fa un fattore attivo e vitale.
Il marxismo non ha mai negato la necessità né l'importanza del contributo di fattori non teorici e non scientifici nell'ascesa della specie umana. Al contrario, ha sempre compreso il loro carattere indispensabile ed anche la loro indipendenza relativa. E' per tale motivo che è stato capace di esaminare le loro connessioni nella storia e riconoscere la loro complementarità.
Nelle società primitive, ma anche nelle società di classi, la morale si sviluppa in modo spontanea. Molto prima che la capacità di codificare i valori morali (o di rifletterci sopra) si sia sviluppata, esistevano tipi di comportamento e una loro valutazione. Ogni società, ogni classe o ogni gruppo sociale ed anche ogni professione (come sottolineato da Engels) ha, in particolare attraverso l'edificazione di codici di deontologia, il suo proprio schema di comportamento morale. Come ha notato Hegel, una serie di atti di un soggetto è il soggetto stesso. La morale è ben più della somma delle regole e dei costumi di comportamento. È una parte essenziale della colorazione che i rapporti umani prendono in una data società.
È al tempo stesso il riflesso ed un fattore attivo del modo con cui l'uomo vede sé stesso e del modo con cui riesce a comprendere gli altri, a penetrare nell'universo mentale dell'altro. La morale è basata sull'empatia che si inserisce nel campo delle emozioni specifiche alla specie umana. È proprio per ciò che Marx affermava: "Niente di ciò che è umano mi è estraneo".
Le valutazioni morali sono non solo necessarie in risposta ai problemi quotidiani, ma come parte di un'attività pianificata e consapevolmente diretta verso uno scopo. Non solo guidano decisioni particolari, ma orientano tutta una vita o tutta un'epoca storica.
Sebbene l'istinto, l'intuizione e l'inconscio costituiscono degli aspetti essenziali del mondo morale dell'uomo, con l'ascesa dell'umanità il ruolo della coscienza cresce anche in questa sfera. Le questioni morali toccano le profondità stesse dell'esistenza umana. Un orientamento morale è il prodotto di bisogni sociali ma anche un modo di pensare in una società o un gruppo dato. Essa necessita di una valutazione del valore della vita umana, del rapporto dell'individuo alla società, una definizione del suo proprio posto nel mondo, delle sue proprie responsabilità verso l'insieme della comunità. Ma qui, la valutazione prende posto non in modo contemplativo ma sotto forma di comportamenti sociali. L'orientamento etico porta il suo contributo specifico - pratico, valutativo, imperativo - sul senso da dare alla vita umana.
Sebbene lo sviluppo dell'universo sia un processo che esiste al di là ed indipendentemente da ogni scopo o "significato" obiettivo, l'umanità è quella parte della natura che si dà degli scopi e lotta per la loro realizzazione.
Ne L'origine della famiglia, della proprietà e dello Stato, Engels mostra che la morale affonda le sue radici nei rapporti socio-economici e negli interessi di classe. Ma mostra anche il suo ruolo regolatore, non solo nella riproduzione delle strutture sociali esistenti, ma anche nell'emergere di nuovi rapporti sociali. La morale può ostacolare o accelerare il progresso storico. La morale riflette frequentemente, prima della filosofia e la scienza, i cambiamenti nascosti sotto la superficie della società.
Il carattere di classe di una morale data non deve farci perdere di vista il fatto che ogni sistema morale contiene degli elementi umani generali che contribuiscono alla preservazione della società ad un stadio del suo sviluppo. Come Engels mette in evidenza nell'Anti-Dühring, la morale proletaria contiene ben più elementi di valore umano generale di quella delle altre classi sociali perché rappresenta il futuro contro la morale della borghesia. Engels insiste, a giusta ragione, sull'esistenza del progresso morale nella storia. Attraverso gli sforzi, da una generazione all'altra, per dominare meglio l'esistenza umana ed attraverso le lotte delle classi storiche, la ricchezza dell'esperienza morale della società è aumentata. Sebbene lo sviluppo etico dell'uomo non sia del tutto lineare, il progresso in questo campo può misurarsi nella necessità e la possibilità di risolvere sempre più problemi umani complessi. Ciò rivela tutto il potenziale di arricchimento del mondo interiore e sociale dell'uomo che, come ha sottolineato Trotsky, è uno dei criteri più importanti del progresso.
Un'altra caratteristica fondamentale della morale risiede nel fatto che, pur esprimendo i bisogni della società nel suo insieme, la sua esistenza è inseparabile dalla vita intima dell'essere umano, dal mondo interiore della sua coscienza e dalla sua personalità. Ogni atteggiamento che sottovaluta il fattore soggettivo, resta necessariamente astratto e passivo. È l'identificazione intima e profonda dell'uomo ai valori morali che, tra l’altro, lo distingue dall'animale e gli dà la forza di trasformare la società. Qui, ciò che è socialmente necessario diventa la voce interna della "buona coscienza", permettendo di collegare le emozioni umane alla dinamica del progresso sociale. La maturazione morale dell'essere umano lo arma contro i pregiudizi ed il fanatismo ed aumenta le sue capacità a reagire consapevolmente ed in modo creativo di fronte ai conflitti morali.
È anche necessario sottolineare che, sebbene la morale trova la sua base biologica negli istinti sociali, la sua evoluzione è inseparabile dalla partecipazione alla cultura umana. La liberazione della specie umana dal regno animale non dipende solamente dallo sviluppo del pensiero, ma anche dall'educazione e dalla raffinatezza delle emozioni. Tolstoj aveva dunque ragione di sottolineare il ruolo, nel progresso umano, dell'arte - in senso lato - accanto a quello della scienza.
"Proprio come, grazie alla capacità degli uomini di comprendere i pensieri espressi in parole, ogni essere umano può conoscere tutto ciò che l'insieme dell'umanità ha realizzato per lui nel campo del pensiero... allo stesso modo, grazie alla capacità umana, attraverso l'arte di essere toccato dai sentimenti degli altri, può accedere alle emozioni dei suoi contemporanei, a quelle che altri esseri umani, di migliaia di anni prima, hanno provato e diventa possibile per lui esprimere i propri sentimenti agli altri. Se gli esseri umani non avessero avuto la possibilità, la capacità di assorbire per mezzo delle parole, tutti i pensieri di quelli che hanno vissuto prima di loro e di comunicare i loro propri pensieri ad altri, sarebbero come animali selvaggi o come un Gaspard Hauser. Se non avessero quest'altra capacità umana di essere colpiti dall'arte, gli esseri umani sarebbero certamente ad un livello ancora molto più basso dei selvaggi e più estranei ed ostili gli uni agli altri".6
L'etica precede il marxismo
L'etica è la teoria della morale, ed ha per obiettivo di comprendere meglio il suo ruolo, di migliorare e di sistematizzare il suo contenuto ed il suo campo di azione. Sebbene l'etica sia una disciplina teorica, il suo scopo è sempre stato pratico. Un'etica che non contribuisce a migliorare i comportamenti umani nella vita reale è per definizione senza valore. L'etica è apparsa e si è sviluppata in quanto scienza filosofica, non solo per ragioni storiche ma anche perché la morale non è un oggetto preciso ma un rapporto che abbraccia l'insieme della vita umana e la coscienza. Dalla filosofia greca classica fino a Spinoza e Kant, l'etica è sempre stata concepita come una sfida essenziale alla quale si sono confrontati i più grandi cervelli dell'umanità.
Malgrado la moltitudine degli orientamenti e delle risposte secondo i differenti tipi di società, uno scopo comune ha sempre caratterizzato l'etica, principalmente da Socrate in poi. È la risposta alla questione: come l'uomo può riuscire a costruire il benessere universale per l'insieme della sua specie? L'etica è sempre stata un'arma di lotta, in particolare un'arma della lotta di classe. Il confrontarsi con la malattia e con la morte, con i conflitti di interesse e con la sofferenza morale, è stato spesso un potente stimolante per lo studio dell'etica. Ma mentre la morale, per quanto rudimentali possano essere le sue manifestazioni, è una condizione molto vecchia dell'esistenza della società umana (ed esisteva già nelle prime società primitive) l'etica è un fenomeno molto più recente ed è apparsa con la società divisa in classi. Il bisogno di orientare consapevolmente il comportamento e la vita di ciascuno è il prodotto della natura della vita sociale che è diventata sempre più complessa con l'apparizione delle classi sociali. Nella società primitiva, la solidarietà tra gli uomini ed il senso della loro attività era dettata direttamente dalla più rude delle penurie. La libertà di scelta individuale non esisteva ancora. È nel contesto della contraddizione crescente tra vita privata e vita pubblica, tra i bisogni degli individui e quelli della società, che una riflessione teorica sul comportamento ed i suoi principi hanno preso corpo. Questa riflessione è inseparabile dall'apparizione di un atteggiamento critico nei confronti della società e della volontà di cambiarla in modo cosciente e ponderata. Così, se la scomparsa della comunità primitiva e l'apparizione della società di classi costituiscono una condizione per un tale percorso, l'apparizione dell'etica - come quella della filosofia in generale - è stimolata in particolare dallo sviluppo della produzione di merci, come avvenne per la Grecia antica. Non solo l'apparizione dell'etica ma la sua evoluzione dipendeva anche e fondamentalmente dallo sviluppo delle forze produttive, in particolare delle basi economiche, materiali della società.
Con la società di classi, le esigenze morali ed i costumi cambiano necessariamente poiché ogni formazione sociale fa apparire una morale che corrisponde ai suoi bisogni. Quando le morali stabilite dalle classi dominanti entrano in contraddizione con lo sviluppo storico, diventano sorgente di una sofferenza terribile, aumentano il ricorso alla violenza fisica e psichica per imporsi e conducono ad un disorientamento generalizzato, ad un'ipocrisia latente, ma anche all'auto-flagellazione, in particolare in seno alle classi sfruttate. Queste fasi di declino delle società costituiscono una sfida particolare per l'etica e quest'ultima si adopera a formulare dei nuovi principi che avranno presa sulle masse e le orienteranno solamente in una fase ulteriore.
Tuttavia, lo sviluppo dell'etica è lungi da essere un riflesso meccanico, passivo, delle basi economici della società. Possiede una propria dinamica interna, come già l'aveva illustrato l'evoluzione del primo materialismo, quello dei materialisti greci i cui contributi all'etica appartengono ancora all'eredità teorica inestimabile dell'umanità. Questa dinamica interna dell'etica si rivela nel perseguimento della sua preoccupazione centrale: l'aspirazione alla felicità per l'insieme dell'umanità. Già Eraclito poneva la domanda centrale dell'etica: il rapporto tra l'individuo e le società, tra ciò che fanno realmente gli individui e ciò che dovrebbero fare nell'interesse generale. Ma questa filosofia "della natura" era incapace di dare una spiegazione materialista delle origini della morale ed in particolare della buona coscienza. Di più, la sua insistenza unilaterale sulla causalità, a detrimento del lato "teleologico" dell'esistenza dell'uomo (attività ponderata in vista di uno scopo cosciente), gli impediva di dare risposte soddisfacenti alle domande etiche tra le più fondamentali per l'avvenire della specie umana (come il rapporto dell'uomo con la propria limitatezza, con la propria morte e con quella dei suoi simili specialmente di fronte alla guerra ed altri conflitti mortali).
E' per tale motivo che l'evoluzione sociale obiettiva, ma anche l'assenza di risposta alle domande morali poste, hanno aperto la via all'idealismo filosofico. Questo idealismo è apparso nello stesso momento in cui una nuova credenza religiosa, il monoteismo, fondata sulla fede in un unico Dio, salvatore dell'umanità ed unico in grado di aprire le porte della felicità universale in un paradiso celeste. L'apparizione della morale idealistica non era più basata sulla spiegazione della natura ma sull'esplorazione della vita spirituale. Questo comportamento non è riuscito a liberarsi totalmente del pensiero animistico e magico delle società primitive ed è culminato nella seguente visione secondo cui l'essenza umana sarebbe divisa in due parti, una spirituale, morale, e l'altra materiale, corporale. L'uomo sarebbe in qualche modo metà-angelo, metà-animale.
È solamente col materialismo rivoluzionario della borghesia ascendente dell'Europa occidentale che il trionfo dell'idealismo morale è stato messo seriamente in discussione. Questo nuovo materialismo postulava che le pulsioni naturali dell'uomo contenevano il germe di tutto ciò che è bene, rendendo il vecchio ordine sociale responsabile di tutto il male. Da questa scuola di pensiero sono generate non solo le armi teoriche della rivoluzione borghese ma anche il socialismo utopico (Fourier nei materialisti francesi, Owen ed il sistema "utilitarista" di Bentham).
Ma questo materialismo della borghesia rivoluzionaria era incapace di spiegare l'origine della morale. Le morali non possono essere spiegate "naturalmente" perché la natura umana contiene già la morale. Questa teoria rivoluzionaria non poteva spiegare neanche la propria origine. Se l'uomo, alla sua nascita, è solamente una pagina bianca, una tabula rasa, come afferma questo materialismo borghese, e se la sua natura di essere sociale è determinata solamente dalla sua impregnazione nell'ordine sociale esistente, da dove vengono le idee rivoluzionarie, quale è l'origine dell'indignazione morale - questa condizione indispensabile per una società nuova e migliore? Il fatto che il materialismo borghese abbia combattuto il pessimismo dell'idealismo (che nega ogni possibilità di un progresso morale nel mondo reale dell'uomo) costituisce il suo grande contributo. Tuttavia, malgrado il suo ottimismo apparentemente senza limiti, questo materialismo fin troppo meccanico e metafisico non offriva che una base poco solida ad una reale fiducia nell'umanità. In definitiva, in questa visione del mondo incarnato dalla filosofia dei lumi, è l'uomo "illuminato" che doveva apparire come la sola sorgente della perfezione morale della specie umana.
Il fatto che il materialismo borghese non sia riuscito a spiegare le origini della morale ha contribuito alla ricaduta di Kant nell'idealismo morale quando cerca di spiegare il fenomeno della buona coscienza. Dichiarando che "la legge morale dentro noi" era una "cosa in sé", esistente a priori, all'infuori del tempo e dello spazio, Kant dichiarava in effetti che non possiamo conoscere le origini della morale.
Così, malgrado tutti questi contributi inestimabili alla storia dell'umanità, che costituiscono i pezzi di un puzzle ancora sparpagliato, è solo il proletariato che sarà in grado, grazie alla teoria marxista, di dare una risposta coerente e soddisfacente a questa questione sulle origini della morale.Il marxismo e le origini della morale
Per il marxismo, l'origine della morale risiede nella natura interamente sociale, collettiva, della specie umana. Questa morale è non solo il prodotto dei profondi istinti sociali ma anche della dipendenza della specie al riguardo del lavoro collettivo, associato e pianificato, e dell'apparato produttivo sempre più complesso che questo esige. La base, il cuore della morale, è il riconoscimento della necessità della solidarietà di fronte alla fragilità biologica dell'essere umano. Questa solidarietà (che le scoperte scientifiche recenti, in particolare in antropologia e paleontologia hanno messo del resto in evidenza) costituisce il denominatore comune di tutto ciò che è stato positivo e duraturo durante la storia della morale. In quanto tale, la solidarietà è al tempo stesso la misura del progresso morale e l'espressione della continuità di questa storia malgrado tutte le rotture e regressioni.
Questa storia è caratterizzata dal riconoscimento che le probabilità di sopravvivenza sono tanto più grandi quanto la società (o la classe sociale) è più unificata, la sua coesione più solida, e più grande l'armonia tra tutte le sue parti. Ma lo sviluppo della morale attraverso i secoli non è solamente una questione di sopravvivenza per la specie umana. Condiziona sempre più l'apparizione di forme compiute e complesse di collettività umane che sono loro stesse la condizione dello sviluppo delle potenzialità dell'uomo e della società. Peraltro non è che stabilendo rapporti con gli altri che gli esseri umani possono scoprire la loro propria umanità. La ricerca pratica degli interessi collettivi è il mezzo dell'elevazione morale dei membri della società. La vita più ricca è quella che è più ancorata nella società.
La ragione per la quale solo il proletariato poteva rispondere alla domanda dell'origine e della essenza della morale, risiede nel fatto che la prospettiva di una comunità mondiale unificata, una società comunista, costituisce la chiave per apprendere la storia della morale. Il proletariato è la prima classe della storia che non abbia interessi particolari da difendere e che sia unito da una vera socializzazione della produzione, base materiale di un livello qualitativamente superiore della solidarietà umana.
L'etica materialista del marxismo, grazie alla sua capacità di integrare le scoperte scientifiche (specialmente quelle di Darwin a cui Marx voleva dedicare Il Capitale) permette dunque di comprendere che l'uomo, in quanto prodotto dell'evoluzione, non è, in effetti, un tabula rasa alla nascita. Porta con sé, "nel mondo" una serie di bisogni sociali generati delle sue origini animali (per esempio il bisogno di tenerezza e di affetto senza cui il neonato non può svilupparsi ed anche sopravvivere).
Ma i progressi della scienza hanno rivelato anche quanto l'uomo sia un combattente nato. E' proprio ciò che gli ha permesso di partire alla conquista dal mondo, di dominare le forze della natura, di trasformare la sua vita sociale sviluppandola su tutto il pianeta. La storia mostra così come egli non si rassegna in genere di fronte alle difficoltà. La lotta dell'umanità non può che basarsi su una serie di istinti che ha ereditato dal regno animale: quelli dell'auto-conservazione, della riproduzione sessuale, della protezione dei suoi piccoli, ecc. Nella cornice della società, questi istinti di conservazione della specie non hanno potuto svilupparsi che condividendo le sue emozioni con i suoi simili. Se è vero che queste qualità sono il prodotto della socializzazione, non è meno vero che sono queste qualità che, di conseguenza, rendono possibile la sua vita in società. La storia dell'umanità ha dimostrato anche che l'uomo può e deve mobilitare egualmente un potenziale di aggressività senza di cui non può difendersi contro un ambiente naturale ostile.
Ma le basi della combattività della specie umana sono molto più profonde di ciò, e sono ancorate soprattutto nella cultura. L'umanità è l'unica parte della natura che, attraverso il processo del lavoro, si trasforma. Ciò significa che, nel lungo processo di umanizzazione, trasformazione della "scimmia in uomo", la coscienza è diventata il principale strumento della lotta dell'umanità per la sua sopravvivenza. Ogni volta che l'uomo ha raggiunto uno scopo, ha modificato il suo ambiente naturale e si è dato dei nuovi obiettivi più elevati. Ciò che ha necessitato di conseguenza un nuovo sviluppo della sua natura di essere sociale.
Il metodo scientifico del marxismo ha svelato le origini biologiche, "naturali" della morale e del progresso sociale. Poiché ha scoperto le leggi del movimento della storia umana e superato il punto di vista metafisico, il marxismo ha dato risposta a delle domande che il vecchio materialismo borghese era incapace di dare. Facendo ciò, ha dimostrato la relatività, ma anche la validità relativa, dei differenti sistemi morali nella storia. Ha rivelato la loro dipendenza al riguardo dello sviluppo delle forze produttive e, a partire da un certo periodo storico, della lotta di classe. Con essa, ha posto le basi teoriche di un superamento pratico di ciò che fu uno dei più grandi flagelli dell'umanità fino ai nostri giorni: la tirannide fanatica, dogmatica di ogni sistema morale.
Mostrando che la storia ha un senso e forma un tutto coerente, il marxismo ha superato la falsa scelta tra il pessimismo morale dell'idealismo e l'ottimismo ristretto del materialismo borghese. Dimostrando l'esistenza di un progresso morale nella storia dell'umanità, ha allargato le basi della fiducia del proletariato nel futuro.
Malgrado la nobile semplicità dei principi comunitari della società primitiva, le loro virtù erano legate al compimento cieco di riti e di superstizioni che non potevano essere messi in questione, e non sono stati mai il risultato di una scelta cosciente. È solamente con l'apparizione di una società di classi (in Europa, all'apogeo della società schiavistica) che gli esseri umani hanno potuto acquistare un valore morale indipendente dalle relazioni di sangue. Quest'acquisizione è stata il prodotto della cultura, della rivolta degli schiavi e degli altri strati oppressi. È importante notare che le lotte delle classi sfruttate, anche quando non contenevano prospettive rivoluzionarie, hanno arricchito l'eredità morale dell'umanità, attraverso la cultura dello spirito di ribellione e di indignazione, della conquista di un rispetto per il lavoro umano, della difesa della dignità di ogni essere umano. La ricchezza morale della società non è mai il semplice risultato della costellazione economica, sociale, culturale del momento. È il prodotto di un accumulazione storica. Come l'esperienza e la sofferenza di una vita lunga e difficile contribuiscono alla maturazione di quelli che non sono stati abbattuti, così l'inferno della società di classi contribuisce allo sviluppo della nobiltà morale dell'umanità, purché questa società possa essere rovesciata.
Bisogna aggiungere che il materialismo storico ha sciolto la vecchia opposizione che frenava i progressi dell'etica, tra istinto e coscienza, tra causalità e teleologia. Le stesse leggi obiettive dello sviluppo storico sono manifestazioni dell'attività umana. Esse appaiono come esterne solo perché gli scopi che gli uomini si danno dipendono dalle circostanze che il passato ha tramandato al presente. Considerata in modo dinamica, nel movimento del passato verso il futuro, l'umanità è al tempo stesso il risultato e la causa del cambiamento. In questo senso, la morale e l'etica sono contemporaneamente prodotti e fattori attivi della storia.
Rivelando la vera natura della morale, il marxismo è invece capace di influire sul suo corso, affilandolo come un'arma della lotta di classe del proletariato.La lotta contro la morale borghese
La morale proletaria si sviluppa combattendo i valori dominanti; essa non si tiene in disparte. Il cuore della morale della società borghese è contenuto nella generalizzazione della produzione di merci. Ciò determina il suo carattere essenzialmente democratico che ha sostenuto un ruolo altamente progressista nella dissoluzione della società feudale ma che rivela il suo lato più irrazionale col declino del sistema capitalista.
Il capitalismo ha sottomesso l'insieme della società, ivi compresa la stessa forza lavoro, alla quantificazione del valore di scambio. Il valore dell'essere umano e della sua attività produttiva non risiede più nella sua qualità umana concreta né nel suo contributo particolare alla collettività. Non può più essere misurato che in modo quantitativo rispetto agli altri ed ad una media astratta che si impone alla società come una forza indipendente e cieca. Introducendo la concorrenza tra gli uomini, obbligandoli a scontrarsi costantemente gli uni agli altri, il capitalismo erode la solidarietà umana alla base della società. Facendo astrazione delle qualità reali degli esseri umani, ivi compreso delle loro qualità morali, sabota anche la base della morale. Sostituendo la domanda "che posso portare come contributo alla comunità?" con la domanda "quale è il mio valore in seno alla comunità"? (ricchezza, potere, prestigio), mette in discussione la possibilità stessa di una comunità umana.
La tendenza della società borghese è di erodere le esperienze morali dell'umanità che si sono accumulate durante migliaia di anni, dalla semplice tradizione di ospitalità e di rispetto degli altri nella vita quotidiana fino al riflesso elementare di portare assistenza a quelli che ne hanno bisogno.
Con l'entrata del capitalismo nella sua fase terminale, quella della decomposizione, questa tendenza inerente al capitalismo prende il sopravvento. La natura irrazionale di questa tendenza, incompatibile a lungo termine con la preservazione della società, si rivela nella necessità per la stessa borghesia, nell'interesse del suo sistema, di ricorrere ai ricercatori che fanno delle investigazioni e sviluppano delle strategie contro il "mobbing", la persecuzione morale, ai pedagoghi incaricati di insegnare agli scolari come gestire i conflitti. Parimenti, la qualità sempre più rara di saper lavorare in equipe è considerata oggi come la qualifica più ricercata per l’assunzione in numerose imprese.
Ciò che è specifico al capitalismo, è lo sfruttamento sulla base della "libertà" e della "uguaglianza" giuridica degli sfruttati. Da cui il carattere essenzialmente ipocrita della morale borghese. Ma questa specificità modifica anche il ruolo che la violenza gioca in seno alla società.
Contrariamente a ciò che proclamano gli apologeti del capitalismo, quest'ultimo non fa meno uso della forza rozza rispetto agli altri modi di produzione, ma va ben oltre. Tuttavia, come lo sviluppo dello stesso processo di sfruttamento è basato ormai sui rapporti economici e non sulla costrizione fisica, il capitalismo ha operato un salto qualitativo nell'uso della violenza indiretta, morale, psichica. La calunnia, la distruzione della personalità individuale, la ricerca di capri espiatori, l'isolamento sociale, la demolizione sistematica della dignità umana e della fiducia in sé, sono diventati degli strumenti quotidiani di controllo sociale. Più ancora, questa violenza è diventata la manifestazione della libertà democratica, l'ideale morale della società borghese. Più la borghesia ricorre a questa violenza indiretta ed al dominio della sua morale contro il proletariato, più rafforza la sua dittatura.
La morale del proletariato
La lotta del proletariato per il comunismo costituisce da tempo e fino ad ora, il punto di arrivo della morale dell'umanità. Ciò significa che la classe operaia ha ereditato dall'accumulazione dei frutti della civiltà, li ha sviluppati ad un livello qualitativamente superiore, salvandoli così dalla liquidazione da parte della decomposizione capitalista. Uno dei principali scopi della rivoluzione comunista, è la vittoria degli istinti sociali sulle pulsioni anti-sociali. Come Engels spiegava ne L'Anti-Dühring, una morale realmente umana, al di là delle contraddizioni di classe, diventerà possibile solamente in una società dove le stesse contraddizioni di classe ma anche la loro memoria saranno sparite nella pratica della vita quotidiana.
Il proletariato integra nel suo movimento antiche regole della comunità come le più recenti e complesse esperienze delle manifestazioni della cultura morale. Si tratta proprio di regole elementari come l'interdizione del furto e dell'omicidio che non sono solo regole d'oro della solidarietà e della fiducia reciproca per il movimento operaio, ma una barriera insostituibile contro l'influenza morale estranea della borghesia e del sottoproletariato.
Il movimento operaio si nutre egualmente dello sviluppo della vita sociale, della preoccupazione per la vita degli altri, della protezione dei bambini, dei vecchi, dei più deboli e di quelli che ne hanno bisogno. Sebbene l'amore dell'umanità non sia appannaggio del proletariato, come ha affermato Lenin, questa riappropriazione da parte della classe operaia è necessariamente un elemento critico che mira a superare l'inesperienza, la grettezza di spirito ed il provincialismo degli strati e delle classi sfruttate non proletarizzate.
L'apparizione della classe operaia come portatrice di progresso morale è una perfetta dimostrazione della natura dialettica dello sviluppo sociale. Dividendo radicalmente i produttori dai mezzi di produzione e con la loro sottomissione completa alle leggi del mercato, il capitalismo ha creato per la prima volta una classe sociale spossessata della sua umanità. La genesi della classe operaia moderna è dunque la storia della dissoluzione della vecchia comunità sociale e delle sue esperienze. Questa dislocazione della comunità umana originaria ha generato lo sradicamento, il vagabondaggio e la criminalizzazione di milioni di uomini, di donne e di bambini. Posti al di fuori della sfera della società, erano condannati ad un processo senza precedenti di abbrutimento e di degradazione morale. All'alba del capitalismo, i quartieri operai nelle regioni industrializzate erano dei campi fertili per l'ignoranza, il crimine, la prostituzione, l'alcolismo, l'indifferenza e la disperazione.
Nel suo studio sulla classe operaia in Inghilterra, Engels era già capace di notare che i proletari che avevano una coscienza di classe costituivano il settore della società più nobile, il più umano e più suscettibile ad essere rispettato. Più tardi, facendo il bilancio della Comune di Parigi, Marx ha messo in evidenza l'eroismo, lo spirito di sacrificio e la passione per il suo compito erculeo della Parigi che si batteva, lavorava e pensava, all'opposto della Parigi parassita, scettica ed egoista della borghesia.
Questa trasformazione del proletariato, dalla perdita alla conquista della propria umanità, è l'espressione della sua natura specifica di classe sfruttata e rivoluzionaria al tempo stesso. Il capitalismo ha dato nascita alla prima classe della storia che non può affermare la sua umanità ed esprimere la sua identità ed i suoi interessi di classe se non attraverso lo sviluppo della solidarietà. Come mai prima, la solidarietà è diventata l'arma della lotta di classe ed il mezzo specifico attraverso cui l'appropriazione, la difesa ed il più grande sviluppo della cultura umana diventano possibili. Come Marx dichiarava nel 1872: "Cittadini! Ricordiamoci il principio fondamentale dell'Internazionale: la solidarietà. Solo quando avremo stabilito questo principio vitale su delle basi sicure presso i lavoratori di tutti i paesi saremo capaci di compiere il grande scopo finale che ci siamo prefissato. La trasformazione deve prendere posto nella solidarietà, è ciò che ci insegna la Comune di Parigi.7
Questa solidarietà del proletariato è il prodotto della lotta di classe. Senza il combattimento costante tra i proprietari delle fabbriche ed i lavoratori, Marx ci dice che: "la classe operaia della Gran Bretagna e dell'Europa intera sarebbe una massa umile, oppressa, dal debole carattere, esausta, la cui emancipazione sulla base della sua forza sarebbe completamente impossibile come quella degli schiavi dell'antica Grecia e di Roma".8
E Marx aggiunge: "per apprezzare correttamente il valore degli scioperi e delle coalizioni, noi non dobbiamo cadere nella delusione per l'apparente inconsistenza dei risultati economici, ma conservare, sopratutto, lo spirito delle conseguenze morali e politiche".
Questa solidarietà va di pari passo con l'indignazione morale dei lavoratori confrontati al degrado delle loro condizioni di vita. Questa indignazione è una condizione, non solo della loro lotta e della difesa della loro dignità ma anche della nascita della loro coscienza. Dopo avere definito il lavoro in fabbrica come un mezzo di abbrutimento degli operai, Engels conclude che se i lavoratori sono "non solo capaci di salvare la loro salute, ma di sviluppare ed affinare anche la loro comprensione ad un livello più elevato rispetto ad altri" 9 ciò avviene solamente attraverso l'indignazione di fronte al loro destino e all'immoralità e la cupidigia della borghesia.
La liberazione del proletariato dalla carcassa paternalista del feudalismo gli ha permesso di sviluppare la dimensione globale, politica di questi "risultati morali" e dunque di prendere a cuore la sua responsabilità al riguardo della società tutta intera. Nel suo libro sulle classi lavoratrici in Inghilterra, Engels ricorda come, in Francia la politica e, in Gran Bretagna, l'economia hanno liberato i lavoratori dalla loro "apatia nei riguardi degli interessi generali dell'umanità", un'apatia che li rendeva "morti spiritualmente".
Per la classe operaia, la sua solidarietà non è uno strumento tra altri da utilizzare quando se ne sente il bisogno. È l'essenza stessa della lotta e dell'esistenza quotidiana della classe operaia. E' per tale motivo che l'organizzazione e la centralizzazione delle sue lotte sono la manifestazione vivente di questa solidarietà.
L'elevazione morale del movimento operaio è inseparabile dalla formulazione del suo scopo storico. Durante i suoi studi sui socialisti utopisti, Marx riconosceva l'influenza etica delle idee comuniste attraverso le quali "si fabbrica la nostra coscienza". Nel suo libro "Il socialismo e le Chiese", Rosa Luxemburg ricordava anche che il tasso di criminalità si era abbassato nei quartieri industriali di Varsavia appena gli operai sono diventati socialisti.
La più alta espressione, da tempo e fino ad ora, della solidarietà umana, del progresso etico della società è l'internazionalismo proletario. Questo principio è il mezzo indispensabile della liberazione della classe operaia che pone le basi della futura comunità umana. Il carattere centrale di questo principio ed il fatto che solo la classe operaia possa difenderlo, sottolinea tutta l'importanza dell'autonomia morale del proletariato nei confronti delle altre classi e strati della società. È indispensabile per gli stessi operai coscienti liberarsi da soli del modo di pensare e dei sentimenti della popolazione in senso largo, in modo da opporre la propria morale a quella della classe dominante.
La solidarietà non è solamente un mezzo indispensabile per realizzare lo scopo comunista, ma è anche l'essenza di questo scopo.
Le rivoluzioni hanno sempre generato un rinnovo morale della società. Non possono sorgere ed essere vittoriose senza che le masse non si siano impossessate, già prima, dei nuovi valori e delle nuove idee che galvanizzano il loro spirito di combattimento, il loro coraggio e la loro determinazione. La superiorità dei valori morali del proletariato costituisce uno dei principali mezzi della sua capacità a trascinarsi dietro gli altri strati non sfruttatori. Sebbene sia impossibile sviluppare completamente una morale comunista in seno alla società di classe, i principi della classe operaia stabiliti dal marxismo annunciano il futuro e contribuiscono a tracciare la sua strada. Attraverso la sua stessa lotta, la classe operaia adatta sempre più i suoi comportamenti ed i suoi valori ai propri bisogni ed ai suoi scopi, acquistando così una nuova dignità umana.
Il proletariato non ha bisogno di illusioni morali, ed egli detesta l'ipocrisia. Il suo interesse è di sbarazzare la morale da tutte le illusioni e da tutti i pregiudizi. In quanto prima classe della società che ha una comprensione scientifica di questa, il proletariato è il solo che possa fare valere quest'altra preoccupazione della morale che è la verità. E non è un caso se il giornale del partito bolscevico si chiamava proprio la "Pravda" (La "Verità").
Come per la solidarietà, questa rettitudine prende un senso nuovo e più profondo. Di fronte al capitalismo che non può esistere senza menzogna ed inganni e che mistifica la realtà sociale, facendo in modo che i rapporti tra gli uomini appaiono come i rapporti tra oggetti, lo scopo del proletariato è fare apparire la verità come il mezzo indispensabile della sua propria liberazione. È per ciò che il marxismo non ha tentato mai di minimizzare l'importanza degli ostacoli sulla via della vittoria, né rifiutato di riconoscere una sconfitta. La prova più dura della rettitudine è di essere vero nei confronti di sé stessi. E ciò che è valido per le classi lo è anche per gli individui. Certamente questa ricerca per comprendere la propria realtà può essere dolorosa e non deve essere intesa in un senso assoluto. Ma l'ideologia e l'auto-mistificazione sono in contraddizione diretta con gli interessi della classe operaia.
In effetti, mettendo la ricerca della verità al centro delle sue preoccupazioni, il marxismo è l'erede di ciò che di meglio l'etica scientifica dell'umanità ha prodotto. Per il proletariato, la lotta per la chiarezza è il valore più importante. L'atteggiamento che consiste nell'evitare e sabotare i dibatti ed il chiarimento è un insulto a questo valore, poiché un tale comportamento spalanca sempre la porta alla penetrazione di ideologie e di comportamenti estranei al proletariato.
Peraltro, la lotta per il comunismo pone al proletariato nuove domande e lo mette di fronte a nuove dimensioni dell'azione etica. La lotta per la presa del potere pone, per esempio, direttamente la questione dei rapporti tra gli interessi del proletariato e quelli dell'umanità nel suo insieme che, in questa tappa della storia, corrispondono gli uni agli altri senza essere tuttavia identici. Di fronte alla scelta tra socialismo e barbarie, la classe operaia deve assumere consapevolmente le sue responsabilità al riguardo dell'umanità come un tutto. Nel settembre-ottobre 1917, quando le condizioni dell'insurrezione erano mature e di fronte al pericolo che l'estensione della rivoluzione poteva fallire e determinare sofferenze terribili per il proletariato mondiale, Lenin sosteneva che bisognava "correre il rischio" perché era la sorte della stessa civiltà che era in gioco. Parimenti, la politica di trasformazione economica dopo la presa del potere mette la classe operaia davanti alla necessità di sviluppare in modo cosciente dei nuovi rapporti tra gli uomini ed il resto della natura nella misura in cui questi rapporti non possono essere più quelli di un "vincitore in campo conquistato" (Engels, Anti-Dühring).
CCI
1. Per un'idea dei comportamenti degli elementi della FICCI, vedere i nostri articoli " Minacce di morte contro i militanti della CCI" in particolare,"Le riunioni pubbliche della CCI vietate agli spioni", "I metodi polizieschi della FICCI", rispettivamente nei nn. 355, 338 e 330 di Révolution Internationale, così come "Conferenza straordinaria della CCI: La lotta per la difesa dei principi organizzativi" nella Révue Internationale n. 110 e "16° Congresso della CCI : prepararsi alla lotta di classe ed alla 'comparsa di nuove forze rivoluzionarie" nella Révue Internationale n. 122.
2. Questa visione è sviluppata in particolare nel testo "La questione del funzionamento dell'organizzazione nella CCI" pubblicato nella Révue Internationale n. 109.
3. Josef Dietzgen: "The Religione of Sociale Democracy - Sermons", 1870, capitolo V.
4. Anton Pannekoek, Anthropogenesis, A study in the Origin of Man, 1944.
5. Lenin: Stato e rivoluzione.
6. Tolstoj: What is art? 1897. In un contributo al Neue Zeit su questo saggio, Rosa Luxemburg ha dichiarato che formulando un tale punto di vista, Tolstoj manifestava più socialismo e materialismo storico rispetto alla maggior parte di ciò che era pubblicato nella stampa del partito.
7. Marx: "Discorso" al Congresso dell'Aia dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIT), 1872.
8. Marx: "La politica russa rispetto all'Inghilterra" - Il movimento operaio in Inghilterra, 1853.
9. Engels: La condizione delle classi lavoratrici in Inghilterra, 1845. Capitolo: "Le differenti branche di lavoro. L'operaio di fabbrica in senso stretto (Schiavitù, regole di fabbrica)".
Teleologico da teleologia:
Concezione e indirizzo che, presupposta l’esistenza di una legge di finalità che governa e regola lo sviluppo di tutte le cose, analizza e studia il manifestarsi e l’attuarsi di tale legge nel divenire dell’universo.
Deontologia:
L'insieme delle regole morali che disciplinano l'esercizio di una determinata professione o comunque di una funzione.
Utilitarismo:
concezione filosofica che pone l'utilità come motivo fondamentale dell'agire umano: la sua teorizzazione più famosa e significativa è quella fornita da J. Bentham (1748-1832), per cui l'etica, nell'esigenza di superare il limite edonistico o egoistico nella concezione dell'utile, viene impostandosi su un principio quantitativo piuttosto che qualitativo, riassumibile nella formula secondo cui ‘il bene è la maggior felicità del maggior numero’.
Edonistico: da edonismo
Concezione filosofica secondo la quale il piacere è il bene sommo dell'uomo ed il suo conseguimento il fine esclusivo della vita.
Empatia:
In psicologia, la capacità di porsi nella situazione di un'altra persona, con nessuna o scarsa partecipazione emotiva; diverso quindi da simpatia, che implica sempre nel soggetto questa partecipazione.
Animistico: da animismo
Concezione tipica dei popoli primitivi, secondo cui ogni fenomeno o cosa dell'universo sono dotati di anima e vivono di una loro vita, spesso creduta divina e degna di culto.