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L'avvenire dell'umanità non sta nella scheda elettorale ma nella lotta di classe
Per parecchie settimane, il proletariato in Europa ha subito la frenesia mediatica delle consultazioni elettorali. Con il suo cinismo abituale la borghesia, che controlla l'insieme dei mezzi di informazione, ha sfruttato l'opportunità di relegare in secondo piano gli orrori della barbarie del suo sistema. Le notizie sull'Iraq che affonda in una ferocia sempre più omicida, quelle sulla carestia che minaccia circa un terzo della popolazione nigeriana e su tante altre situazioni drammatiche del pianeta, hanno ceduto il posto ai molteplici scenari ed alla messe in opera del circo elettorale.
Sia che si tratti del referendum sulla Costituzione europea, organizzato dalle borghesie francesi ed olandesi, delle elezioni legislative in Gran Bretagna o dell'elezione in Renania del Nord-Vestfalia, la regione più popolata della Germania, ogni volta, è l'insieme delle forze borghesi (partiti di sinistra, di destra, di estrema destra, estremisti, sindacati) che orchestra il battage elettorale.
Drammatizzando l'importanza del referendum europeo (in particolare con l’affermazione che l'avvenire dell'Europa passa attraverso il voto "popolare"), chiamando a votare pro o contro la politica di austerità del governo Schröder, pro o contro il governo Blair che ha "mentito" sugli obiettivi della guerra in Iraq, invariabilmente la classe dominante offre ai proletari uno sfogo al malessere sociale.
Il rifiuto di partecipare al circo elettorale non si impone in modo evidente al proletariato perché questa mistificazione è legata strettamente a ciò che costituisce il cuore dell'ideologia della classe dominante, la democrazia. Tutta la vita sociale nel capitalismo è organizzata dalla borghesia intorno al mito dello Stato "democratico" (1). Questo mito è fondato sulla falsa idea che tutti i cittadini sono "uguali" e "liberi" di "scegliere", attraverso il loro voto, i rappresentanti politici desiderati ed che il parlamento è il riflesso della "volontà popolare" (2). Questa truffa ideologica è difficile da sventare da parte della classe operaia perché la mistificazione elettorale si basa in parte su certe verità che impediscono ogni riflessione sull'utilità o meno del voto. La borghesia, ad esempio, per sviluppare la sua propaganda si basa sulla storia del movimento operaio, ricordandone le lotte eroiche per conquistare il diritto di voto. A tale scopo non esita a fare uso della menzogna ed a falsificare gli avvenimenti. I partiti di sinistra ed i sindacati ricordano continuamente le lotte passate della classe operaia per ottenere il suffragio universale. I trotskisti, pur relativizzando l'importanza delle elezioni per il proletariato, non perdono l'opportunità di partecipare a queste rivendicando le posizioni della III Internazionale sulla "tattica" del "parlamentarismo rivoluzionario" o sull'utilizzazione delle elezioni come tribuna con la pretesa di far ascoltare la voce degli interessi operai e difendere la politica di una sedicente sinistra "anti-capitalista." In quanto agli anarchici, certi partecipano mentre altri invitano all'astensione. Di fronte a tutto questo guazzabuglio ideologico, in particolare quello che pretende di basarsi sull'esperienza e le tradizioni della classe operaia, è necessario ricordare le vere posizioni difese dal movimento operaio e dalle sue organizzazioni rivoluzionarie sulla questione elettorale, considerandola non in sé, ma in funzione dei differenti periodi dell'evoluzione del capitalismo e dei bisogni della lotta rivoluzionaria del proletariato.
La questione elettorale nel 19° secolo nella fase ascendente del capitalismo
Con lo sviluppo del modo di produzione capitalista, la borghesia abolisce la servitù ed estende il salariato per i bisogni della sua economia. Il Parlamento è l'arena dove i differenti partiti, rappresentanti delle differenti cricche che esistono in seno alla borghesia, si affrontano per decidere della composizione e degli orientamenti del governo incaricato dell'esecutivo. Il Parlamento è il centro della vita politica borghese ma, in questo sistema democratico parlamentare, solo i notabili sono elettori. I proletari non hanno il diritto alla parola, né il diritto di organizzarsi. Sotto l'impulso della I e poi della II Internazionale, gli operai intraprendono delle vigorose lotte sociali, spesso al prezzo della vita, per ottenere dei miglioramenti delle condizioni di vita (riduzione del tempo di lavoro dalle 14 o dalle 12 alle 10 ore, interdizione del lavoro dei bambini e dei lavori faticosi per le donne). Nella misura in cui il capitalismo era ancora un sistema in piena espansione, il suo capovolgimento attraverso la rivoluzione proletaria non era ancora all'ordine del giorno. È questa la ragione per la quale la lotta rivendicativa sul campo economico, per mezzo dei sindacati e dei suoi partiti politici in campo parlamentare, permetteva al proletariato di strappare al sistema riforme a suo vantaggio. "Una tale partecipazione gli permetteva al tempo stesso di fare pressione in favore di queste riforme, di utilizzare le campagne elettorali come mezzo di propaganda e di agitazione intorno al programma proletario e di utilizzare il Parlamento come tribuna di denuncia dell'ignominia della politica borghese. È per ciò che la lotta per il suffragio universale ha costituito, per tutto il 19° secolo, in un gran numero di paesi, una delle opportunità maggiori di mobilitazione del proletariato" (3) Sono queste posizioni che Marx ed Engels difenderanno lungo tutto questo periodo di ascesa del capitalismo per spiegare il loro sostegno alla partecipazione del proletariato alle elezioni.
La corrente anarchica, invece, si è opposta a questa politica fondata su una visione storica ed una concezione materialista della storia. L'anarchismo si è sviluppato nella seconda metà del 19° secolo come prodotto della resistenza degli strati piccolo-borghesi (artigiani, commercianti, contadini) al processo di proletarizzazione che li privava della loro passata "indipendenza" sociale. La visione degli anarchici della "rivolta" contro il capitalismo era puramente idealistica ed astratta. Non è un caso se una gran parte degli anarchici, tra cui Bakunin figura leggendaria di questa corrente, non vedeva il proletariato come classe rivoluzionaria ma tendeva a sostituirgli la nozione borghese di "popolo", inglobando tutti quelli che soffrono, qualunque sia il loro posto nei rapporti di produzione, qualunque sia la loro capacità ad organizzarsi, a diventare coscienti di sé come forza sociale. In questa logica, per l'anarchismo la rivoluzione è possibile in ogni momento e per tale motivo ogni lotta per le riforme costituisce fondamentalmente un ostacolo alla prospettiva rivoluzionaria. Per il marxismo questo radicalismo di facciata non illude per molto tempo, nella misura in cui esprime "l'incapacità degli anarchici a comprendere che la rivoluzione proletaria, la lotta diretta per il comunismo, non era ancora all'ordine del giorno perché il sistema capitalista non aveva ancora esaurito la sua missione storica, e che il proletariato era di fronte alla necessità di consolidarsi come classe per strappare tutte le riforme possibili alla borghesia col fine, innanzitutto, di rafforzarsi per la futura lotta rivoluzionaria. In un periodo in cui il Parlamento era una vera arena di lotta tra frazioni della borghesia, il proletariato aveva i mezzi per entrarvi senza subordinarsi alla classe dominante; questa strategia è diventata impossibile solo con l'entrata del capitalismo nella sua fase decadente, totalitaria" (4).
La questione elettorale nel 20° secolo, nella fase di decadenza del capitalismo
Con l'entrata nel 20° secolo, il capitalismo ha conquistato il mondo e, cozzando contro i limiti della sua espansione geografica, incontra anche la limitazione obiettiva dei mercati e degli sbocchi alla sua produzione. I rapporti di produzione capitalista si trasformano in ostacoli allo sviluppo delle forze produttive. Il capitalismo, come un tutto, entra allora in un periodo di crisi e di guerre di dimensione mondiale (5).
Un tale sconvolgimento senza precedenti nella vita del capitalismo, determina una modifica profonda del modo di esistenza politica della borghesia, del funzionamento del suo apparato statale e delle condizioni e dei mezzi della lotta del proletariato. Il ruolo dello Stato diventa preponderante perché è il solo in grado di assicurare "l'ordine", il mantenimento della coesione di una società capitalista dilaniata dalle sue contraddizioni. I partiti borghesi diventano, in modo sempre più evidente, degli strumenti dello Stato incaricati di fare accettare la politica di quest'ultimo. Così, gli imperativi della Prima Guerra mondiale e l'interesse nazionale non autorizzano il dibattito democratico al Parlamento ma impongono una disciplina assoluta a tutte le frazioni della borghesia nazionale. In seguito questo stato di fatto si mantiene e si rafforza. Il potere politico tende allora a spostarsi dal legislativo verso l'esecutivo ed il Parlamento borghese diventa un guscio vuoto che non ha più nessun ruolo decisionale. Questa è la realtà che nel 1920, al suo II congresso, l'Internazionale Comunista va a caratterizzare chiaramente: "L'atteggiamento della III Internazionale verso il parlamentarismo non è determinato da una nuova dottrina, ma dalla modifica del ruolo del Parlamento stesso. Nell'epoca precedente il Parlamento in quanto strumento del capitalismo in via di sviluppo ha, in un certo senso, lavorato al progresso storico. Ma nelle condizioni attuali, all'epoca dello scatenamento imperialista, il Parlamento è diventato tutto un strumento di menzogna, di inganno, di violenza, ed un esasperante mulino a vento... Attualmente il Parlamento non può essere in nessun caso, per i comunisti, il teatro di una lotta per le riforme e per il miglioramento della sorte della classe operaia, come fu per il passato. Il centro di gravità della vita politica si è spostato fuori del Parlamento, ed in maniera definitiva" (6).
È oramai fuori questione per la borghesia accordare quale che sia il campo, economico o politico, riforme reali e durature per le condizioni di vita della classe operaia. È l'inverso che impone al proletariato: sempre più sacrifici, miseria, sfruttamento e barbarie. I rivoluzionari sono allora unanimi nel riconoscere che il capitalismo ha raggiunto dei limiti storici e che è entrato nel suo periodo di declino, di decadenza come testimonia lo scatenamento della Prima Guerra mondiale. L'alternativa era oramai: socialismo o barbarie. L'era delle riforme era chiusa definitivamente e gli operai non avevano più niente da conquistare sul campo delle elezioni.
Tuttavia si sviluppa un dibattito centrale nel corso degli anni 1920 in seno all'Internazionale Comunista sulla possibilità, difesa da Lenin e dal partito bolscevico, di utilizzare la "tattica" del "parlamentarismo rivoluzionario". Di fronte alle innumerevoli questioni suscitate dall'entrata del capitalismo nel suo periodo di decadenza, il passato continuava a pesare sulla classe operaia e le sue organizzazioni.
La guerra imperialista, la rivoluzione proletaria in Russia, poi il riflusso dell'ondata di lotte proletarie a livello mondiale a partire dal 1920 ha portato Lenin ed i suoi compagni a pensare di distruggere dall'interno il Parlamento o utilizzare la tribuna parlamentare in modo rivoluzionario, come aveva fatto Karl Liebknecht nel parlamento tedesco per denunciare la partecipazione alla Prima Guerra mondiale. In effetti questa "tattica" erronea porterà la III Internazionale sempre più verso il compromesso con l'ideologia della classe dominante. Peraltro, l'isolamento della rivoluzione russa, l'impossibilità della sua estensione verso il resto dell'Europa con lo schiacciamento della rivoluzione in Germania, trascineranno i bolscevichi e l'Internazionale, poi i partiti comunisti, verso un opportunismo sfrenato. Questo opportunismo li porterà a rimettere in discussione le posizioni rivoluzionarie del 1° e del 2° Congresso dell'Internazionale Comunista per affondare nella degenerazione nei congressi successivi, fino al tradimento e all'avvento dello stalinismo che fu la testa d'ariete della controrivoluzione trionfante (7).
E' proprio contro questa degenerazione e questo abbandono dei principi proletari che reagirono le frazioni più a sinistra nei partiti comunisti. A cominciare dalla Sinistra italiana con Bordiga alla sua testa che, già nel 1918, preconizzava il rigetto dell'azione elettorale. Conosciuta inizialmente come "Frazione comunista astensionista", questa si è costituita formalmente dopo il Congresso di Bologna nell'ottobre 1919 e, in una lettera mandata da Napoli a Mosca, affermava che un vero partito che doveva aderire all'Internazionale Comunista, non poteva crearsi che su basi antiparlamentariste (8). Le sinistre tedesche ed olandesi andranno a loro volta a sviluppare la critica del parlamentarismo ed a sistematizzarla. Anton Pannekoek denuncia chiaramente la possibilità di utilizzare il Parlamento per i rivoluzionari, perché una tale tattica poteva condurli solamente a fare dei compromessi, delle concessioni all'ideologia dominante. Essa mirava solo ad dare una parvenza di vita a queste istituzioni moribonde, ad incoraggiare la passività dei lavoratori mentre la rivoluzione necessita, per il capovolgimento del capitalismo e l'instaurazione della società comunista, della partecipazione attiva e cosciente dell'insieme del proletariato.
Negli anni 1930 la Sinistra italiana, attraverso la sua rivista Bilan, dimostrerà in modo concreto come le lotte dei proletari francesi e spagnoli erano state deviate verso un terreno elettorale. Bilan affermava a giusta ragione che era stata la "tattica" dei fronti popolari nel 1936 a permettere il reclutamento del proletariato come carne da cannone nella seconda carneficina imperialista mondiale. Alla fine di questo spaventoso olocausto, è la Sinistra comunista di Francia che pubblicava la rivista Internationalisme (da cui ha avuto origine la CCI) che farà la denuncia più chiara della "tattica" del parlamentarismo rivoluzionario: "La politica del parlamentarismo rivoluzionario ha contribuito largamente a corrompere i partiti della III Internazionale e le frazioni parlamentari sono servite a rafforzare l'opportunismo, tanto nei partiti della III come precedentemente nei partiti della II Internazionale. La verità è che il proletariato non può utilizzare per la sua lotta emancipatrice "il mezzo di lotta politica" proprio della borghesia e destinato al suo asservimento…In effetti, il parlamentarismo rivoluzionario in quanto attività reale non è mai esistito per la semplice ragione che l'azione rivoluzionaria del proletariato quando gli si presenta, suppone la sua mobilitazione di classe su un piano extra-capitalista, e non prese di posizioni all'interno della società capitalista" (9) Oramai, l'antiparlamentarismo, la non partecipazione alle elezioni, è una frontiera di classe tra organizzazioni proletarie ed organizzazioni borghesi. In queste condizioni, da più di 80 anni le elezioni sono utilizzate su scala mondiale da tutti i governi, qualunque sia il loro colore politico, per deviare il malcontento operaio su un campo sterile e dar credito al mito della "democrazia". D'altra parte non è un caso se oggi, contrariamente al 19° secolo, gli Stati "democratici" combattono così accanitamente l'astensionismo e la disaffezione verso i partiti, perché la partecipazione degli operai alle elezioni è essenziale per perpetuare l'illusione democratica. Tutto questo è stato dimostrato in modo flagrante, dalle elezioni in Europa che, su questo piano, costituiscono un “caso da manuale”.
Le elezioni sono solamente una mistificazione e "l'Europa sociale" una menzogna
Contrariamente alla indigesta propaganda che ci ha presentato la vittoria del "No" alla Costituzione europea, tanto in Francia che in Olanda, come una "vittoria del popolo", lasciando intendere che sono le urne che governano, bisogna riaffermare che le elezioni sono una pura mascherata. Sicuramente vi possono essere delle divergenze in seno alle differenti frazioni che compongono lo Stato borghese sul modo di difendere al meglio gli interessi del capitale nazionale ma, fondamentalmente, la borghesia organizza e controlla la carnevalata elettorale affinché il risultato sia conforme ai suoi bisogni in quanto classe dominante. A tal fine lo Stato capitalista organizza, pianifica, manipola, utilizza i suoi media. Tuttavia, si possono verificare degli "incidenti", come capita spesso in Francia (oggi con la vittoria del No al referendum, nel 2002 con il Fronte Nazionale in seconda posizione alle elezioni presidenziali, nel 1997 con la vittoria della sinistra alle legislative anticipata o nel 1981 con quella di Mitterrand alle presidenziali) che però non significano affatto la benché minima rimessa in causa dell'ordine capitalista. Una tale difficoltà da parte della borghesia francese a far uscire dalle urne quello che lei vuole, rivela una debolezza storica ed un arcaismo del suo apparato politico (10), che non esistono nei paesi come la Germania o la Gran Bretagna (11).
Ma questa debolezza non significa per niente che il proletariato può approfittarne per imporre un altro orientamento alla politica della borghesia. Ogni proletario lo può constatare sulla base della propria esperienza di partecipazione alla mascherata elettorale: dalla fine degli anni 1920 e fino ad oggi, qualunque sia il risultato delle elezioni, che sia la destra o la sinistra ad uscirne vittoriosa, alla fine è sempre la stessa politica anti-operaia ad essere attuata.
In altri termini, lo Stato "democratico" riesce sempre a difendere gli interessi della classe dominante e del capitale nazionale, indipendentemente dai risultati delle consultazioni elettorali organizzate con sempre maggior frequenza (12).
La focalizzazione orchestrata dalla borghesia europea intorno al referendum sulla Costituzione è riuscita a captare l'attenzione degli operai ed a persuaderli che la costruzione dell'Europa era un obiettivo importate per il loro avvenire e quello dei loro figli. Menzogna! Niente è più falso! Ciò che era in gioco, attraverso l'adozione di questa nuova Costituzione, era per la classe dominante degli Stati fondatori dell'Europa, in un contesto di allargamento a 25 paesi membri, la capacità di poter esercitare in seno alle istituzioni europee un'influenza equivalente a quella che avevano prima dell'arrivo dei nuovi Stati-membri, che hanno solo fatto diminuire il peso relativo di ciascuno.
La classe operaia non deve partecipare alle lotte di influenza tra le frazioni della borghesia. In effetti, questa Costituzione europea non faceva che prendere atto di una politica già operante oggi, una politica in ogni caso estranea agli interessi di classe. La classe operaia sarà sfruttata con il "No" come lo sarebbe stata con un "Sì".
La classe operaia deve rigettare tanto l'illusione di potere utilizzare il parlamento nazionale nella sua lotta contro lo sfruttamento capitalista che l'illusione di poterlo fare con il parlamento europeo (13).
In questo concerto di ipocrisia e di raggiro, la palma d’oro va, da una parte, alle forze di sinistra che si sono raggruppate per dire No alla Costituzione e che pretendono che si può costruire un' "altra Europa", “più sociale" e, dall'altra, ai populisti di ogni risma che sfruttano la paura, la disperazione, l'incertezza per l’avvenire l'avvenire esistenti nella popolazione ed in una parte della classe operaia.
Come in Francia ed in Germania, per esempio, l'Olanda vive un aggravamento della disoccupazione il cui tasso è passato dal 2% nel 2003 al 8% oggi, e nuovi attacchi rimettono in causa la protezione sociale. E’ del resto di fronte all’intensificazione di questi attacchi che anche in questo paese abbiamo potuto vedere l’inizio di un’ampia mobilitazione sociale. Il ritorno del proletariato sulla scena sociale (14) implica, inevitabilmente, che si sta sviluppando una riflessione sul significato della disoccupazione massiccia, sugli attacchi a ripetizione, sullo smantellamento dei sistemi pensionistici e di assistenza sociale. In prospettiva, la politica anti-operaia della borghesia e la risposta proletaria possono sfociare solo su una presa di coscienza crescente in seno alla classe operaia del fallimento storico del capitalismo. È proprio per sabotare questo inizio di presa di coscienza che i promotori di una Europa "più sociale" si agitano tanto, chiedendo allo Stato capitalista di arbitrare il conflitto tra classi sociali opposte ed esortando gli operai a mobilitarsi per rigettare il liberismo con il solo obiettivo di sottometterli meglio alla mistificazione dello Stato "sociale", questa nuova fantasia e paccottiglia ideologica che viene sostenuta nei salotti dell'altermondialismo (15). Tutta questa propaganda ideologica serve a recuperare il malcontento sociale per riportarlo verso il campo borghese delle urne. Il referendum è stato presentato come lo strumento per rifiutare una politica, per esprimere il malcontento, ma ha anche costituito uno sfogo al malcontento sociale che non smette di accumularsi da anni. Del resto le forze della sinistra "anticapitalista" gridano vittoria e già chiamano gli operai a restare mobilitati per le prossime scadenze elettorali dove "si tratterà di trasformare, ancora con le urne, la vittoria del No al referendum". La stessa politica incanalamento del malcontento sociale l’abbiamo vista in Germania dove gli operai sono stati portati a sancire la coalizione di Schröder nell'ultima elezione regionale nella Renania del nord.
Nella fase decadente dei modi di produzione precedenti al capitalismo, una tattica deliberata, consapevolmente ponderata da parte delle classi dominanti consisteva nel fornire agli sfruttati l'opportunità di sfogarsi nelle giornate di carnevale, dove tutto era permesso, durante i combattimenti a morte o le competizioni sportive, nelle tribune degli stadi.
Allo stesso scopo, la borghesia ha dato sistematicità all'abbrutimento attraverso le competizioni sportive ed utilizza oggi il circo elettorale come sfogo alla collera operaia. Non solo la borghesia sprofonda il proletariato nel depauperamento assoluto, ma in più l'umilia dandogli "giochi e circo elettorale". Il proletariato non deve partecipare alla fabbricazione delle proprie catene, ma a romperle!
Al rafforzamento dello stato capitalista, gli operai devono rispondere con la volontà della sua distruzione!
Oggi, come ieri e domani, il proletariato non ha la scelta. O si lascia trascinare sul campo elettorale, sul campo degli Stati borghesi che organizzano il suo sfruttamento e la sua oppressione, campo dove può essere solamente atomizzato ed indebolito nella sua resistenza agli attacchi del capitalismo in crisi, oppure sviluppa le sue lotte collettive, in modo solidale ed unito, per difendere le sue condizioni di vita. Solo potrà ritrovare ciò che fa la sua forza come classe rivoluzionaria: la sua unità e la sua capacità di lottare al di fuori e contro le istituzioni borghesi (parlamento ed elezioni), in vista del capovolgimento del capitalismo. Solo così potrà, in futuro, edificare una nuova società sbarazzata dallo sfruttamento, dalla miseria e dalle guerre.
L'alternativa che si pone oggi è dunque la stessa di quella indicata dalle sinistre marxiste negli anni 1920: elettoralismo e mistificazione della classe operaia o sviluppo della coscienza di classe ed estensione delle lotte verso la rivoluzione!
1. Vedi il nostro articolo "La menzogna dello stato democratico", nella Révue Internationale n. 76.
2. Come contributo alla difesa della democrazia borghese si può citare Le Monde diplomatique, il cantore del movimento altermondialista il cui radicalismo ha partorito una nuova parola d’ordine "rivoluzionaria". "Un'altra Europa è possibile" esulta il suo editoriale del mese di giugno, intitolato "Speranze" (per la vittoria del No al referendum e per la mobilitazione popolare). Secondo quest'ultimo questa vittoria "costituisce da sola un successo insperato per la democrazia" che permette di affermare che "Il popolo ha fatto il suo grande ritorno…".
3. Piattaforma della CCI.
4. Vedi il nostro articolo "Anarchismo o comunismo" nella Révue Internationale n. 79.
5. Vedi il nostro opuscolo La Decadenza del capitalismo.
6. Vedi "La questione parlamentare nell'Internazionale Comunista", Edizione "Programma comunista" del P.C.I (Partito comunista internazionale).
7. Vedi il nostro opuscolo "Il terrore stalinista: un crimine del capitalismo, non del comunismo".
8. Nei fatti è stato il sostegno implicito dell'IC al 2° Congresso mondiale alla tendenza intransigente di Bordiga che farà uscire la Frazione comunista astensionista dall'isolamento minoritario nel partito. Vedi il nostro libro La Sinistra comunista d'Italia.
9. Questo articolo di Internationalisme n. 36 luglio 1948, è riprodotto nella Révue Internationale n. 36.
10. Le debolezze congenite della destra in Francia hanno radici nella storia stessa del capitalismo francese, contrassegnato dal peso della piccola e media impresa, del settore agricolo e del piccolo commercio. Questi arcaismi hanno sempre pesato sull'apparato politico che non è riuscito mai a far nascere un grande partito di destra direttamente legato alla grande industria ed alla finanza, come il partito conservatore in Gran Bretagna o il partito cristiano-democratico in Germania. Al contrario, la Seconda Guerra mondiale vedrà l'irruzione del gaullismo che va a segnare profondamente la vita della borghesia francese, i cui discendenti sono rappresentati dalle scorie dell'UMP. Per ulteriori spiegazioni su questa questione leggere il nostro articolo sul referendum in Francia in Révolution Internationale n. 357.
11. La rielezione di Blair è stata fatta con l'approvazione di tutta la classe politica, sindacati compresi. Questo socialdemocratico è stato rieletto perché è stato capace di attuare tanto sul piano economico che imperialista, la politica a cui aspirava maggiormente lo Stato britannico. La controversia intorno alle "menzogne" di Blair sulle armi di distruzione di massa in Iraq ha permesso di mobilitare l'elettorato popolare al quale è stata data l'illusione di una possibile contestazione attraverso le urne che obbligherebbe il capo dei laburisti a tenere conto dell'opinione del suo popolo. In effetti, come si è visto al momento dello scoppio delle ostilità in Iraq e fino ad oggi, la "democrazia" capitalista è perfettamente capace di assorbire l'opposizione pacifista alla guerra e mantenere l'impegno militare che reputa necessario per preservare i suoi interessi. Anche per la Germania, la sconfitta di Schröder all'elezione regionale in Renania del nord Vestfalia (1/3 della popolazione tedesca) e la vittoria del CDU corrisponde ai bisogni del capitale tedesco. Questa sconfitta implica la tenuta di elezioni anticipate in autunno permettendo al nuovo governo di essere investito della "volontà popolare" per perseguire la politica di "riforme" necessaria per il capitale tedesco per non segnare il passo. Come è probabile, la CDU andrà a prevalere e ciò permetterà al SPD di rifarsi una "verginità" nell'opposizione. La coalizione rosso/verde al governo dal 1998 è difatti considerevolmente screditata nei confronti della classe operaia, a causa della disoccupazione massiccia (più di 5 milioni di persone) e per le misure di austerità draconiane prodotte dal piano "Agenda 2010".
12. I nostri compagni di Internationalisme gia nel maggio 1946 denunciavano con lungimiranza, nel loro giornale L'etincelle (La scintilla), il referendum in Francia per la Costituzione della 4a Repubblica: "Per deviare l'attenzione dalle masse affamate dalle cause della loro miseria, il capitalismo monta la scena della commedia elettorale e li distrae con i referendum. Per distrarli dai crampi dei loro ventri affamati, si dà loro schede elettorali da digerire. Al posto del pane, si getta loro una "costituzione" da rosicchiare".
13. Vedi il nostro articolo "L'allargamento dell'unione europea", Révue Internationale n. 112.
14. Vedi "Risoluzione sulla situazione internazionale del 16mo congresso della CCI" in questo stesso numero.
15. Vedi articolo "L'altermondialismo, una trappola ideologica contro il proletariato", Révue Internationale n. 116.
D. (26 giugno 2005)
Il 19° secolo è il periodo del pieno sviluppo del capitalismo durante il quale la borghesia utilizza il suffragio universale ed il Parlamento per lottare contro la nobiltà e le sue frazioni retrograde. Come sottolinea Rosa Luxemburg, nel 1904, nella suo testo Socialdemocrazia e parlamentarismo "Il parlamentarismo, lungi dall' essere un prodotto assoluto dello sviluppo democratico, del progresso dell'umanità e di altre belle cose di questo genere, è al contrario una forma storica determinata dal dominio di classe della borghesia ed è solo il risvolto di questo dominio, della sua lotta contro il feudalismo. Il parlamentarismo borghese è una forma vivente fino a che dura il conflitto tra la borghesia ed il feudalesimo".
Grazie a queste campagne di mistificazioni elettorali la classe dominante ha potuto evitare la messa sotto accusa del capitalismo mascherando il fallimento del suo modo di produzione. Di fronte all'angoscia dell'avvenire, alla paura della disoccupazione, alla notevole austerità e precarietà che sono al centro delle preoccupazioni operaie attuali, la borghesia utilizza e sfrutta le sue scadenze elettorali per confondere la riflessione degli operai su queste questioni, sfruttando le illusioni, ancora molto forti in seno al proletariato, verso la democrazia ed il gioco elettorale.