Crisi economica e decomposizione spingono al caos la situazione politica italiana

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C’è voluto l’autorevole intervento di Ciampi per cercare di richiamare l’apparato politico della borghesia italiana ad una maggiore serietà e, soprattutto, a un maggiore impegno per fare fronte a una situazione economica che non fa che peggiorare. Ed in effetti questa estate è successo di tutto. A partire dalle intercettazioni telefoniche che hanno mostrato una strana confidenza tra il governatore della Banca d’Italia Fazio e il banchiere Fiorani, aspirante scalatore della Banca Antonveneta, e cioè tra il controllore e il controllato, che ha minato in maniera pesante la credibilità di Fazio, e quindi della Banca Centrale, che è un problema non solo di immagine, ma pesantemente concreto: una Banca Centrale non credibile implica una sfiducia dei mercati verso l’economia di quel paese con il conseguente rischio di fuga di capitali, paura di investire, e così via. Il che per un paese che è già in recessione è un rischio mortale.

Ed il governo, che sta lì, come diceva Marx, per curare gli affari della borghesia, si mostra a sua volta sempre meno all’altezza della situazione, al punto che dall’opposizione arrivano richieste esplicite di dimissioni e nuove elezioni e le cosiddette “forze sociali”, sindacati e Confindustria, esprimono anche esse senza riserve la loro insoddisfazione per l’insufficienza del governo. Ciononostante la farsa continua e ancora di recente abbiamo dovuto assistere a uno scenario in cui il governatore Fazio, scoperto con le mani nella marmellata, sfiduciato da destra e da sinistra, iscritto nel registro degli indagati del tribunale di Roma, ha continuato imperterrito a rimanere al suo posto forte sia del fatto che legislazione italiana, per preservare l’autonomia della Banca d’Italia, non aveva previsto la possibilità di una sua rimozione da parte del potere politico, sia della sostanziale omertà di Berlusconi e di ampi settori della destra, tra cui la Lega. L’incapacità a far dimettere Fazio, le dimissioni del ministro dell’economia Siniscalco alla vigilia della presentazione della legge finanziaria, che dovrebbe indicare la cura per la malattia mortale da cui è afflitta l’economia borghese, il ritorno del già contestato Tremonti sullo stesso ministero dell’economia e i continui litigi tra i partiti della maggioranza, completano effettivamente un quadro che fa preoccupare la borghesia italiana, per cui Ciampi, che per il ruolo che occupa riesce ad avere una visione meno particolaristica e partigiana, è dovuto intervenire a più riprese.

Come spiegare questa situazione? Alla stessa maniera con cui si spiega la situazione del capitalismo mondiale, perché se in Italia le cose assumono una dimensione estrema e paradossale, è l’insieme del capitalismo mondiale che è afflitto da una malattia incurabile, che è la sua decadenza, arrivata ormai alla fase della decomposizione.

E’ la decadenza storica del capitalismo come sistema sociale che rende impossibile il superamento della crisi economica. Questa tende a diventare permanente, solo apparentemente superata nelle fasi di ricostruzione che seguono alle guerre generalizzate - che sono l’unico sbocco che il capitale sa trovare a questa situazione di crisi economica - per poi tornare puntuale, perché non c’è una soluzione alla decadenza del capitalismo.

Oggi che la guerra generalizzata non è possibile perché il proletariato non è stato sconfitto e piegato alle esigenze del capitale, la crisi devasta lo stesso il pianeta e la vita delle persone: con il deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro, con l’inquinamento che è alla base del carattere catastrofico di fenomeni estremi della natura, con le guerre localizzate che le varie borghesie scatenano comunque per contendersi il controllo delle zone strategiche.

In questa situazione di stallo storico, in cui la borghesia non può indirizzare la società verso la sua “soluzione” alla crisi, e cioè la guerra generalizzata, ma allo stesso tempo il proletariato non riesce a imboccare la strada che può portare all’unica alternativa che la storia offre all’umanità, cioè la rivoluzione proletaria, la società si deteriora giorno dopo giorno, la crisi economica rovina sempre più le condizioni di vita, la mancanza di una prospettiva storica evidente favorisce i comportamenti individualisti, e questo innanzitutto nella classe borghese, una classe di individualisti in competizione continua. Questa è  la situazione che abbiamo chiamato di decomposizione, in cui non solo la vita sociale imputridisce sempre più (microcriminalità, droga, perdita di valori, ecc.), ma la classe dominante scatena tutti le sue peggiori caratteristiche: il ciascuno per se, l’egoismo, l’irresponsabilità verso l’interesse collettivo, ecc.

Questo quadro, che vale, dove più, dove meno, per l’intero mondo capitalista (1), è alla base dei comportamenti, altrimenti incomprensibili, della classe politica italiana, di destra o sinistra che sia. Comportamenti che non fanno che aggravare la situazione, perché se è vero che il sistema capitalista è un malato incurabile, il fatto che i medici che dovrebbero occuparsene non sanno cosa fare e pensano solo a litigare non può avere come risultato altro che l’aggravamento della situazione.

Sarebbe però illusorio pensare che la borghesia riconosca il fallimento del suo sistema e si faccia da parte, anzi, essa non fa che continuare a mentire e a rilanciare le proprie mistificazioni.

E’ questo che spiega le grandi campagne sulle elezioni che da mesi attraversano tutta l’Europa: dalla campagna sulla costituzione europea in Francia, alle elezioni politiche in Germania, alla campagna  elettorale in Italia, che dura ormai in maniera ininterrotta dalle elezioni regionali in poi (nonostante che teoricamente le prossime politiche dovrebbero svolgersi tra più di sei mesi). Con queste campagne la classe borghese vuole da un lato cercare di convincere i proletari che con le elezioni possono cambiare qualcosa, dall’altro cercano di impedire loro di riflettere sul cammino da intraprendere per difendere i propri interessi di classe, da quelli immediati a quelli storici.

E’ questo che spiega anche le grandi polemiche sulle misure economiche del governo Berlusconi: criticando la finanziaria per la sua inefficacia, la sinistra vuole far credere che con lei al governo le scelte potrebbero essere diverse, meno antipopolari e più efficaci per rilanciare l’economia.

Ed invece ai proletari deve essere chiaro che la borghesia non ha niente da offrire, che non c’è via d’uscita alla crisi, che ogni frazione borghese non può che continuare a chiedere sacrifici. Non è forse questo che è successo prima con la scusa del risanamento del bilancio statale per rispettare i parametri di Maastricht (raggiunti alla fine degli anni novanta e già di nuovo superati, e non solo in Italia, ma anche in Francia, Germania, Grecia, ecc.), o per stare nell’euro, come ci dicevano i governi di centrosinistra, e poi a causa delle politiche neoliberiste di Berlusconi (politiche che avrebbero la giustificazione che il mercato, lasciato libero, risolve da solo i problemi dell’economia).

La realtà è che nonostante i sacrifici fatti dai proletari la situazione non ha fatto che peggiorare, ed oggi Berlusconi vuole tappare le falle con altri tagli ai servizi pubblici. Ma non bisogna illudersi che la sinistra farebbe qualcosa di diverso, anzi.

Perciò l’unica strada è quella della difesa intransigente delle proprie condizioni di vita, contro le politiche della borghesia, la sua crisi e la sua decomposizione.

Helios ,30 settembre 2005

1. Basta per tutti l’esempio dei comportamenti della maggiore potenza mondiale, gli USA, la cui classe politica mente spudoratamente per giustificare le proprie avventure guerriere, non mostra nessun interesse per i problemi ambientali (gli USA non rispettano nemmeno il protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni inquinanti), non protegge nemmeno più la propria popolazione distogliendo risorse umane e materiali dalla protezione della popolazione alle esigenze della guerra.

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