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L’esplosione di collera e la rivolta delle giovani generazioni proletarizzate in Grecia non sono per niente un fenomeno isolato particolare. Affondano le loro radici nella crisi mondiale del capitalismo ed il loro scontro con la repressione violenta mette a nudo la vera natura della borghesia e del terrore di Stato. Esse si situano direttamente nella scia della mobilitazione su un terreno di classe delle giovani generazioni in Francia contro il CPE (Contratto di Primo Impiego) del 2006 ed la LRU (Legge sulla Riforma dell'Università) del 2007, in cui gli studenti ed i liceali si riconoscono innanzitutto come proletari in rivolta contro le loro future condizioni di sfruttamento. L’insieme delle borghesie dei principali paesi europei del resto l’ha ben compreso esternando i suoi timori di contagio delle esplosioni sociali di fronte all'aggravamento della crisi. Così, e ciò è significativo, la borghesia in Francia infine ha fatto marcia indietro sospendendo precipitosamente il suo programma di riforma dei licei. Del resto, il carattere internazionale della contestazione e della combattività studentesca, soprattutto la liceale, già si esprime fortemente.
In Italia, due mesi di mobilitazione studentesca sono stati caratterizzati da massicce manifestazioni che si sono svolte il 25 ottobre ed il 14 novembre, dietro lo slogan "La crisi, non la vogliamo pagare noi", contro il decreto Gelmini contestato a causa dei tagli di bilancio nel settore scolastico e delle sue conseguenze: particolarmente il non rinnovo dei contratti di 87 000 insegnanti precari e di 45 000 lavoratori ATA (personale amministrativo, tecnico e ausiliario) ed anche di fronte alla riduzione dei fondi pubblici per l'Università[1].
In Germania, il 12 novembre, 120 000 liceali sono scesi in strada nelle principali città del paese (con slogan tipo: “Il capitalismo è la crisi” a Berlino, o assediando il parlamento provinciale come ad Hannover).
In Spagna, il 13 novembre, centinaia di migliaia di studenti hanno manifestato in più di 70 città del paese contro le nuove direttive europee (direttive di Bologna) sulla riforma dell’insegnamento superiore ed universitario che generalizza la privatizzazione delle facoltà e moltiplica gli stage nelle imprese.
La rivolta delle giovani generazioni di proletari di fronte alla crisi ed al deterioramento del loro livello di vita si estende anche ad altri paesi: a gennaio 2009 Vilnius (Lituania), Riga (Lettonia) e Sofia (Bulgaria) hanno conosciuto movimenti di sommosse repressi duramente dalla polizia. In Senegal, a dicembre 2008, scontri violenti contro la miseria crescente, mentre i manifestanti chiedevano una quota dei fondi minerari sfruttati da Arcelor Mittal, hanno provocato due morti a Kégoudou, a 700 km nel Sud est di Dakar. In Marocco, 4000 studenti di Marrakech già si erano rivoltati all’inizio di maggio 2008 per un’intossicazione alimentare che aveva colpito 22 di loro in un ristorante universitario. In seguito alla repressione violenta del movimento con arresti, pesanti pene di prigione e torture, tali sommosse si sono moltiplicate.
Molti di loro si sono riconosciuti nella lotta degli studenti in Grecia.
L’ampiezza di questa mobilitazione di fronte alle stesse misure dello Stato non ha niente di sorprendente. La riforma del sistema educativo intrapreso a scala europea serve a condizionare le giovani generazioni operaie ad un avvenire bloccato ed a generalizzare la precarietà e la disoccupazione.
Il rifiuto e la rivolta delle nuove generazioni di studenti proletari contro questo muro di disoccupazione e questo oceano di precarietà che il sistema capitalista in crisi riserva loro suscitano ovunque la simpatia dei proletari di ogni generazione.
Violenza minoritaria o lotta massiccia contro lo sfruttamento ed il terrore di Stato?
I media agli ordini della propaganda menzognera del capitale hanno continuamente cercato di deformare la realtà sugli avvenimenti in Grecia dopo l’omicidio, il 6 dicembre, del quindicenne Alexis Andréas Grigoropoulos, colpito da un proiettile sparato dalla polizia. Essi hanno presentato gli scontri con la polizia come semplici episodi limitati ad un pugno di autonomi anarchici e di studenti estremisti di sinistra provenienti da famiglie agiate, o di vandali emarginati. Non hanno smesso di diffondere in televisione immagini di scontri violenti con la polizia e soprattutto scene di sommosse di giovani con passamontagna che danno fuoco alle automobili, che frantumano vetrine di negozi o di banche, e che saccheggiano magazzini.
Questo è proprio lo stesso metodo di falsificazione della realtà adottato in Francia all'epoca della mobilitazione anti-CPE del 2006, quando quest’ultima fu assimilata alle sommosse nelle periferie dell'anno precedente. Lo stesso grossolano metodo fu adottato contro gli studenti che lottavano contro la LRU nel 2007 in Francia paragonati a “terroristi” e anche ai “Khmer rossi”!
Pur se il centro delle agitazioni ha avuto luogo nel quartiere universitario greco, Exarchia, è difficile far credere oggi che questi movimenti di rivolta sarebbero solo opera di bande di teppisti o di attivisti anarchici visto che si sono estesi molto velocemente all'insieme delle principali città del paese e persino alle isole (Chios, Samos) ed a città turistiche come Corfù, Heraklion a Creta.
In effetti, le rivolte si sono estese a 42 prefetture della Grecia ed anche in città dove non c’erano mai state manifestazioni. Più di 700 licei ed un centinaio di università sono state occupate.
Le ragioni della collera
C’erano tutte le condizioni affinché il malcontento di una larga parte delle giovani generazioni operaie, prese dall’angoscia e private di avvenire, esplodesse in Grecia che è un concentrato del vicolo cieco riservato dal capitalismo alle giovani generazioni operaie: quando quelli che sono chiamati "la generazione 600 euro" entrano nella vita attiva, hanno l'impressione di essere truffati. La maggior parte degli studenti deve svolgere due lavori quotidiani per sopravvivere e proseguire gli studi: questi consistono in piccoli lavori non dichiarati e sottopagati; ed anche in caso di impieghi ben rimunerati, una parte del loro stipendio non è dichiarata e ciò impedisce loro di usufruire di certi diritti, in particolare si ritrovano privi di sicurezza sociale; le loro ore supplementari non sono pagate e talvolta restano in famiglia fino a 35 anni per mancanza di redditi sufficienti per potersi pagare un tetto. Il 23% dei disoccupati in Grecia è costituito da giovani: ufficialmente il tasso di disoccupazione da 15 a 24 anni è del 25,2%. Così leggiamo su un giornale in Francia[2]: "Questi studenti non si sentono più protetti da niente: la polizia gli spara addosso, la scuola li intrappola, l'impiego li abbandona, il governo mente loro". La disoccupazione dei giovani e le loro difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro hanno creato e diffuso un clima di inquietudine, di collera e di insicurezza generalizzata. La crisi mondiale sta producendo nuove ondate di licenziamenti massicci. Nel 2009, è prevista una nuova perdita di 100 000 impieghi in Grecia e ciò corrisponde al 5% di disoccupazione in più. Nello stesso tempo, il 40% dei lavoratori guadagna meno di 1100 euro lordi e la Grecia conosce il tasso più elevato di lavoratori poveri dei 27 Stati dell'UE: il 14%.
D’altra parte, non sono stati solo i giovani a scendere nelle strade, ma anche insegnanti mal pagati e molti salariati, in preda agli stessi problemi, alla stessa miseria ed animati dallo stesso sentimento di rivolta. La brutale repressione del movimento, di cui l'omicidio di questo adolescente di 15 anni è stato l'episodio più drammatico, ha solamente amplificato questa solidarietà che si mescola al malcontento sociale generalizzato. Come viene riportato da uno studente, molti genitori di alunni sono stati profondamente impressionati e si sono anche ribellati: “i nostri genitori hanno scoperto che i loro figli possono morire così per strada, sparati da un poliziotto”[3] e hanno preso coscienza del deterioramento di una società dove i loro figli non avranno il loro stesso livello di vita. Nelle numerose manifestazioni, essi sono stati testimoni dei violenti pestaggi, degli arresti brutali, di spari ad altezza d’uomo effettuati dai poliziotti antisommossa (i MAT ) con le loro armi di servizio.
Gli occupanti del Politecnico, importante luogo della contestazione studentesca, hanno denunciato il terrore di Stato, ma questa collera contro la brutalità della repressione la si ritrova anche in tutte le manifestazioni con slogan tipo: "Proiettili per i giovani, soldi per le banche". Ancora con maggiore chiarezza, un partecipante del movimento ha dichiarato: "Non abbiamo né lavoro né denaro e lo Stato, in fallimento con la crisi, risponde a tutto ciò dando armi ai poliziotti"[4].
Questa collera non è nuova: gli studenti greci si erano già largamente mobilitati nel giugno 2006 contro la riforma universitaria la cui privatizzazione implicava l'esclusione degli studenti di famiglie modeste. Anche la popolazione aveva manifestato la sua collera contro l'incurie del governo all'epoca degli incendi dell'estate 2007 che avevano provocato 67 morti; un governo che non sempre ha indennizzato le numerose vittime che avevano perso le loro case o i loro beni. Ma sono stati soprattutto i salariati a mobilitarsi massicciamente contro la riforma delle pensioni all’inizio 2008 con due giornate di sciopero generale, molto seguite, in due mesi, con manifestazioni che ogni volta hanno riunito più di un milione di persone contro la soppressione della pensione anticipata per le professioni più usuranti e la rimessa in discussione del diritto delle operaie di pretendere la pensione fin dai 50 anni.
Di fronte alla collera dei lavoratori, lo sciopero generale del 10 dicembre inquadrato dai sindacati è servito da contromossa per cercare di deviare il movimento, con il PS e PC in testa che reclamavano le dimissioni del governo attuale ed elezioni legislative anticipate. Ciò non è servito a canalizzare la collera ed a porre fine al movimento, malgrado le molteplici manovre dei partiti di sinistra e dei sindacati per tentare di destabilizzare la dinamica d’estensione delle lotte e gli sforzi di tutta la borghesia e dei suoi media per isolare i giovani dalle altre generazioni e dall'insieme della classe operaia spingendoli in scontri sterili con la polizia. Durante queste giornate e queste notti, gli scontri sono stati incessanti: le violente cariche poliziesche a forza di manganelli e di granate lacrimogene si sono risolte in arresti e pestaggi a decine.
Sono proprio le giovani generazioni di operai ad esprimere chiaramente il sentimento di disillusione e di nausea rispetto ad un apparato politico reazionario e corrotto. Dal dopoguerra, tre famiglie si dividono il potere, e da più di trent'anni, le dinastie dei Caramanlis (a destra) e dei Papandreu (a sinistra) regnano alternativamente da soli sul paese a forza di bustarelle e scandali. I conservatori sono arrivati al potere nel 2004 dopo un periodo di super intrallazzi dei socialisti negli anni 2000. Molti rigettano l'inquadramento di un apparato politico e sindacale totalmente discreditato: "Il feticismo del denaro si è impossessato della società. Allora i giovani vogliono una rottura con questa società senza anima e cieca"[5]. Oggi, con lo sviluppo della crisi, questa generazione di proletari non solo ha preso coscienza dello sfruttamento capitalista che vive sulla sua pelle, ma esprime anche la coscienza della necessità di una lotta collettiva adottando spontaneamente i metodi e la solidarietà DI CLASSE. Al posto di affondare nella disperazione, trae fiducia da sé stessa, dalla sicurezza di essere portatrice di un altro avvenire e impiega ogni sua energia per insorgere contro la putrefazione della società che la circonda. I manifestanti rivendicano con fierezza il loro movimento: "siamo un'immagine del futuro di fronte ad un'immagine molto scura del passato".
Se la situazione ricorda maggio 68, la coscienza della posta in gioco va molto oltre.
La radicalizzazione del movimento
Il 16 dicembre, gli studenti invadono per alcuni minuti la stazione televisiva governativa Net e svolgono sotto gli schermi uno striscione che proclama: "Smettetela di guardare la televisione. Tutti in strada!" e lanciano anche quest’appello: "Lo stato uccide. Il vostro silenzio lo arma. Occupazione di tutti gli edifici pubblici"! La sede della polizia antisommossa di Atene viene attaccata ed un suo furgone è incendiato. Queste azioni sono subito denunciate dal governo come un "tentativo di capovolgimento della democrazia", ed anche condannate dal PC greco (KKE). A Salonicco, le sezioni locali del sindacato GSEE e dell'ADE-DY, la federazione dei funzionari, tentano di confinare gli scioperanti in un assembramento di fronte alla Borsa del lavoro. Tuttavia gli studenti liceali ed universitari con la loro determinazione riescono ad attirare gli scioperanti nella manifestazione. 4000 studenti e lavoratori sfilano nelle vie della città. Già l’11 dicembre alcuni militanti dell'organizzazione studentesca del Partito comunista (PKS) avevano tentato di bloccare le assemblee per impedire le occupazioni, (Università del Pantheon, Scuola di Filosofia dell'Università di Atene). I loro tentativi sono falliti mentre le occupazioni si sono sviluppate ad Atene e nel resto della Grecia. Nel quartiere di Agios Dimitrios, il municipio è occupato con un'assemblea generale alla quale hanno partecipato più di 300 persone di ogni generazione. Il 17, l’edificio sede del principale sindacato del paese, la Confederazione Generale dei Lavoratori in Grecia, GSEE, ad Atene, è occupato dai lavoratori che si proclamano insorti. Questi invitano tutti i proletari a fare di questo posto un luogo di assemblee generali aperte a tutti i salariati, agli studenti ed ai disoccupati. Uno scenario identico, con occupazioni ed assemblee generali aperte a tutti, ha avuto luogo anche all'Università di Economia di Atene ed al Politecnico.
Pubblichiamo la dichiarazione di questa lavoratori in lotta per contribuire a rompere il "cordone sanitario" dei media menzognero su queste lotte e che le presenta come violente sommosse animate da alcuni giovani teppisti anarchici che terrorizzerebbero la popolazione. Questo testo, al contrario, mostra la forza del sentimento di solidarietà operaia che anima questo movimento e che agisce anche da legame tra le differenti generazioni di proletari!
"O determineremo noi la nostra storia o lasceremo che essa venga determinata senza di noi. Noi, lavoratori manuali, impiegati, disoccupati, interinali e precari, locali o immigrati, non siamo dei telespettatori passivi. Dall'omicidio di Alexandros Grigoropoulos la sera di sabato 6, partecipiamo alle manifestazioni, agli scontri con la polizia, alle occupazioni del centro delle città come dei dintorni. Abbiamo molte volte lasciato il lavoro ed i nostri obblighi quotidiani per scendere in strada con gli studenti ed altri proletari in lotta.
ABBIAMO DECISO DI OCCUPARE L'EDIFICIO DELLA CONFEDERAZIONE GENERALE DEI LAVORATORI IN GRECIA (GSEE):
Per trasformarla in uno spazio di libera espressione ed un punto di appuntamento per i lavoratori.
Per dissipare i miti incoraggiati dai media sull'assenza dei lavoratori negli scontri, sulla rabbia di questi ultimi giorni che sarebbe opera solo di circa 500 "incappucciati", "teppisti", con altre storie strampalate, e con la presentazione da parte dei telegiornali dei lavoratori come vittime di questi scontri, mentre la crisi capitalista in Grecia e nel mondo produce innumerevoli licenziamenti che i media ed i loro dirigenti considerano "un fenomeno naturale".
Per smascherare il ruolo vergognoso della burocrazia sindacale nel lavoro di sabotaggio contro l'insurrezione, ma anche in generale. La Confederazione generale dei lavoratori in Grecia (GSEE), e tutto l'intero apparato sindacale che la sostiene da decine e decine di anni, sabota le lotte, contratta la nostra forza lavoro con delle briciole, perpetua il sistema di sfruttamento e di schiavitù salariata. L'atteggiamento del GSEE mercoledì scorso parla da solo: il GSEE ha annullato la manifestazione degli scioperanti, già programmata, ripiegando precipitosamente su un breve assembramento sulla piazza Syntagma, assicurandosi nello stesso tempo di una rapida dispersione dei partecipanti, per paura che questi possano essere infettati dal virus dell'insurrezione.
Per aprire questo spazio, per la prima volta, come continuazione dell'apertura sociale creata dalla stessa insurrezione, spazio che è stato costruito col nostro contributo ma di cui siamo stati fino ad ora esclusi. Durante tutti questi anni, abbiamo affidato il nostro destino a salvatori di ogni natura, e alla fine abbiamo perso la nostra dignità. Come lavoratori, dobbiamo cominciare ad assumerci le nostre responsabilità, e smettere di riporre le nostre speranze nei leader "saggi" o in rappresentanti "competenti". Dobbiamo cominciare a parlare con la nostra voce, incontrarci, discutere, decidere ed agire per noi stessi. Contro gli attacchi generalizzati che subiamo la sola soluzione è la creazione di collettivi di resistenza "di base".
Per propagare l'idea dell'auto organizzazione e della solidarietà sui posti di lavoro, del metodo dei comitati di lotte e dei collettivi di base, abolire le burocrazie sindacali.
Durante tutti quest’anni, abbiamo subito la miseria, la rassegnazione, la violenza al lavoro.
Ci siamo abituati a contare i nostri feriti, i nostri morti - i sedicenti "incidenti sul lavoro".
Ci siamo abituati a ignorare che gli immigrati, nostri fratelli di classe, vengono uccisi. Siamo stanchi di vivere con l'ansia di avere assicurato il salario, di essere tassati e di garantirci una pensione che adesso somiglia ad un sogno lontano.
Lottiamo anche per non abbandonare le nostre vite nelle mani dei padroni e dei rappresentanti sindacali, come non abbandoneremo gli insorti arrestati nelle mani dello Stato e dei meccanismi giuridici!
LIBERAZIONE IMMEDIATA DEI DETENUTI!
RITIRO DELLE DENUNCE CONTRO I FERMATI!
AUTO ORGANIZZAZIONE DEI LAVORATORI!
SCIOPERO GENERALE!
ASSEMBLEA GENERALE DEI LAVORATORI NEGLI EDIFICI LIBERATI DEL GSEE"[6]
La sera del 17 dicembre, una cinquantina di bonzi e membri del servizio d’ordine sindacale tentano di riprendersi i locali ma vengono messi in fuga dall’intervento di studenti (in maggioranza anarchici, dell’Università di Economia, anch’essa occupata e trasformata in luogo di riunione e di discussione aperta a tutti gli operai) che vengono a dar man forte agli occupanti gridando a squarciagola "Solidarietà"!
Inoltre, l'associazione degli immigrati albanesi diffonde, per proclamare la sua solidarietà al movimento, un testo intitolato "Questi giorni sono anche i nostri!"
In modo significativo, una piccola minoranza di questi occupanti ha diffuso il seguente messaggio: "Panagopulos, il segretario generale del GSEE, ha dichiarato che noi non siamo dei lavoratori, perché i lavoratori sono al lavoro. Questo fatto, tra l’altro, rivela proprio che cosa è in realtà il ‘mestiere’ di Panagopulos. Assicurarsi che i lavoratori stiano buoni al lavoro e fare tutto ciò che è in suo potere perché i lavoratori vadano a lavorare.
Ma da una decina di giorni, i lavoratori non solo non sono al lavoro, ma li ritroviamo nelle strade. E questa è una realtà che nessun Panagopulos al mondo può nascondere (…) Siamo lavoratori, disoccupati (che paghiamo con il licenziamento le nostre partecipazioni agli scioperi indetti dal GSEE, mentre i sindacalisti sono ricompensati con promozioni), noi lavoriamo sotto contratto precario passando da un piccolo lavoro all’altro, lavoriamo senza sicurezza in modo formale o informale nei programmi di stage o negli impieghi sovvenzionati per diminuire il tasso di disoccupazione. Siamo una parte di questo mondo e siamo qui. Siamo dei lavoratori insorti, punto e basta.
Ogni moneta della nostra paga è pagato col nostro sangue, il nostro sudore, la violenza al lavoro, con teste, ginocchia, polsi, mani, e piedi rotti per incidenti di lavoro.
Il mondo intero è fabbricato da noi, lavoratori. (...)
Proletari dell'edificio GSEE liberato".
Gli appelli ad uno sciopero generale a tempo indeterminato a partire dal 18 si moltiplicano. I sindacati per questo giorno sono costretti ad indire uno sciopero di tre ore nei servizi pubblici.
Il mattino del 18 un altro liceale di 16 anni, partecipando ad un sit-in nei pressi della sua scuola in una periferia di Atene, è ferito da un colpo di pistola. Lo stesso giorno, parecchie sedi radio o televisive vengono occupate dai manifestanti, principalmente a Tripoli, Chania e Salonicco. Il palazzo della camera di commercio è occupato a Fatras dove si ripetono nuovi scontri con la polizia. La gigantesca manifestazione ad Atene viene repressa violentemente: per la prima volta, nuovi tipi di armi sono utilizzati dalle forze antisommossa: gas paralizzanti e granate assordanti. Un volantino diretto contro il "terrore dello Stato" è firmato "dalle ragazze in rivolta" e circola a partire dall'Università di Economia.
Il movimento percepisce confusamente i suoi limiti geografici: è per tale motivo che accoglie con entusiasmo le manifestazioni di solidarietà internazionale, in particolare a Berlino, a Roma, a Mosca, a Montreal o a New York e ne fa l'eco: "questo sostegno è molto importante per noi. Gli occupanti del Politecnico chiamano a "una giornata internazionale di mobilitazione contro gli omicidi di Stato" per il 20 dicembre; ma per vincere l'isolamento di questo movimento proletario in Grecia, la sola via, la sola prospettiva è lo sviluppo della solidarietà e della lotta di classe a scala internazionale che si esprime più chiaramente di fronte alla crisi mondiale.
Una maturazione portatrice di avvenire
A partire dal 20 dicembre violenti combattimenti di strada hanno luogo e la morsa si chiude in particolare intorno al Politecnico assediato dalle forze di polizia che minacciano di dare l'assalto. L'edificio del sindacato GSEE occupato viene abbandonato il 21/12 a seguito di una decisione del comitato di occupazione votata in Assemblea Generale. Il comitato di occupazione del Politecnico di Atene il 22 dicembre pubblica un comunicato che dichiara tra l’altro: "Siamo per l'emancipazione, la dignità umana e la libertà. Non è necessario spararci addosso i vostri gas lacrimogeni, già piangiamo sufficientemente da soli".
Con molta maturità, conformemente alla decisione presa dell'assemblea generale all'Università di Scienze Economiche, gli occupanti di quest’università utilizzano l’appello per la manifestazione del 24 contro la repressione poliziesca ed in solidarietà con gli arrestati come momento propizio per evacuare il palazzo in massa ed in sicurezza: "sembra esserci un consenso sulla necessità di lasciare le università e in generale di seminare lo spirito della rivolta nella società". Questo esempio sarà seguito nelle ore successive dalle assemblee generali delle altre università occupate evitando la trappola di restare chiusi dentro e di uno scontro diretto con la polizia. Sono evitati il bagno di sangue ed una più violenta repressione. Le assemblee generali hanno anche denunciato, come un atto di provocazione poliziesca, i colpi di arma da fuoco sparati contro un mezzo della polizia e rivendicati da una sedicente “Azione popolare”.
Il comitato di occupazione del Politecnico evacua simbolicamente l'ultimo bastione di Atene a mezzanotte del 24 dicembre. "L'assemblea generale e solo essa deciderà se, e quando, lasceremo l'università (…): il punto cruciale è che spetta agli occupanti, e non alla polizia, decidere del momento in cui bisogna lasciare i luoghi".
Prima, il comitato di occupazione ha pubblicato una dichiarazione: "terminando l'occupazione del Politecnico dopo 18 giorni, mandiamo la nostra più calorosa solidarietà a tutte le persone che hanno fatto parte di queste rivolte nelle differenti maniere, non solo in Grecia ma anche nei numerosi paesi europei, americani, dell’Asia ed in Oceania. Per tutti quelli che abbiamo incontrato e con cui continuiamo insieme a combattere per la liberazione dei prigionieri di questa rivolta, ed anche fino alla liberazione sociale mondiale".
In certi quartieri gli abitanti si sono impossessati degli altoparlanti, installati dalla municipalità per trasmettere canti natalizi, per leggere al microfono comunicati che, tra l’altro, chiedono, la liberazione immediata dei detenuti, il disarmo della polizia, lo scioglimento delle squadre antisommossa e l'abolizione delle leggi antiterroristiche. A Volos, la stazione radio municipale e gli uffici del giornale locale sono stati occupati per parlare degli avvenimenti e delle loro esigenze. A Lesvos, dei manifestanti hanno installato degli altoparlanti nel centro della città e hanno trasmesso dei messaggi. A Ptolemaida o a loannina, un albero di Natale è stato decorato con le foto del giovane liceale ucciso e delle manifestazioni e con le rivendicazioni del movimento.
Il sentimento di solidarietà si è nuovamente manifestato spontaneamente e con forza il 23 dicembre, dopo l'aggressione di un'impiegata dell'impresa di pulizia Oikomet, subappalto della compagnia della metropolitana di Atene (Athens Piraeus Electric Railway - ISAP -) con dell'acido solforico sul volto mentre ritornava dal lavoro. Alcune manifestazioni di solidarietà si sono svolte ed il 27 dicembre 2008 la sede della metropolitana di Atene è stata occupata mentre a Salonicco è la sede del GSEE ad essere occupata. Le due occupazioni hanno organizzato una serie di manifestazioni, di concerti di solidarietà e di "contro-informazione", occupando, per esempio, il sistema degli altoparlanti della stazione di metropolitana per leggere dei comunicati.
L'assemblea ad Atene ha dichiarato nel suo testo:
"Quando attaccano uno di noi, attaccano tutti noi!
Oggi, occupiamo l’ufficio centrale dell’ ISAP (metropolitana di Atene) come una prima risposta all'attacco omicida con il vetriolo sul volto di Constantina Kuneva il 23 dicembre, mentre ritornava dal lavoro. Constantina è in terapia intensiva all'ospedale. La settimana scorsa, ha litigato con la compagnia rivendicando tutto il premio di Natale per lei ed i suoi colleghi, denunciando gli atti illegali dei padroni. Già precedentemente, sua madre è stata licenziata dalla stessa compagnia. Lei stessa è stata trasferita lontano dalla sua prima stazione di lavoro. Sono comportamenti molto diffusi nel settore delle compagnie di pulizia che assumono lavoratori precari. (...) Oikomet (…) ha per proprietario un membro del PASOK (il partito socialista greco). In questa azienda che adopera ufficialmente 800 lavoratori (i lavoratori parlano del doppio, dal momento che negli ultimi tre anni hanno lavorato più di 3000) il comportamento mafioso illegale dei padroni è un fenomeno quotidiano. I lavoratori sono obbligati per esempio, a firmare dei contratti bianchi (le condizioni sono scritte successivamente dai padroni) che non hanno mai l'opportunità di rivedere. Lavorano 6 ore e sono pagati solo per 4,5 (salario lordo), per non superare le 30 ore, altrimenti devono essere iscritti nella categoria dei lavoratori ad alto rischio. I padroni li terrorizzano, li spostano, li licenziano e li minacciano a dimissioni forzate. Constantina è una di noi. La lotta per la DIGNITA’ e la SOLIDARIETA’ è la NOSTRA lotta".
Nello stesso tempo, l'assemblea d’occupazione del GSEE di Salonicco pubblicava un testo di cui riproduciamo degli estratti: "Oggi occupiamo la sede dei Sindacati di Salonicco per opporci all'oppressione che si manifesta attraverso gli omicidi ed il terrorismo contro i lavoratori; (...) facciamo appello a tutti i lavoratori per unirsi a questa lotta comune. (...) L'assemblea aperta di coloro che occupano la centrale sindacale che è di campi politici differenti, sindacalisti, studenti, immigrati e compagni stranieri ha adottato questa decisione comune:
- Continuare l'occupazione;
- Organizzare un assembramento in solidarietà con Constantina Kuneva; (...)
- Organizzare delle azioni di informazioni e di presa di coscienza delle città vicine;
- Organizzare un concerto nel Centro per raccogliere del denaro per Constantina".
Peraltro, questa assemblea dichiarava:
In nessuna parte nella piattaforma [dei sindacati], viene fatto riferimento alle cause della disuguaglianza e della miseria e delle strutture gerarchiche nella società. (...) Le Confederazioni Generali ed i Centri sindacali in Grecia sono parti intrinseche del regime al potere; i loro membri di base e gli operai devono girar loro la schiena, e (…) creare un polo autonomo di lotta diretto da loro stessi (…). Se i lavoratori prendono a carico le loro lotte e rompono la logica di essere rappresentati dai complici dei padroni, ritroveranno la loro fiducia e migliaia di essi riempiranno le strade nei prossimi scioperi. Lo Stato e le sue squadracce assassinano delle persone.
Auto-organizzazione! Lotte di autodifesa sociale! Solidarietà con i lavoratori immigrati e con Constantina Kuneva!"
All’inizio di gennaio 2009, manifestazioni hanno ancora luogo in tutto il paese in solidarietà con i prigionieri. 246 persone sono fermate di cui 66 sono ancora in prigione preventiva. Ad Atene 50 immigrati sono fermati nei primi tre giorni del movimento di rivolta, con pene che vanno fino a 18 mesi di prigione emesse senza interpreti e che si ritrovano minacciati di espulsione.
Il 9 gennaio giovani e poliziotti si sono di nuovo scontrati ad Atene, al termine di un corteo nella centro della città di circa 3000 insegnanti, studenti ed alunni. I loro striscioni raffiguravano slogan come: "Denaro per la scuola e non per i banchieri", "Abbasso il governo degli assassini e della povertà". Ingenti forze antisommossa hanno caricato a più riprese per disperderli, effettuando nuove numerose interpellanze.
Come in Grecia, ovunque, con la precarietà, i licenziamenti, la disoccupazione, i salari di miseria imposti dalla sua crisi mondiale, lo Stato capitalista non può che portare più polizia e repressione. Solo lo sviluppo internazionale della lotta e della solidarietà di classe tra operai, impiegati, studenti, disoccupati, lavoratori precari, pensionati, di ogni generazione, può aprire la via ad una prospettiva futura per abolire questo sistema di sfruttamento.
W. (18 gennaio 2009)
[1] Vedere l’articolo sul nostro sito Web: Mobilitazione massiccia contro la riforma dell’insegnamento in Italia.
[2] Marianne n°608 del 13 dicembre: “Grecia: le lezioni di una sommossa”.
[3] Libération del 12/12/2008.
[4] Le Monde del 10/12/2008.
[5] Marianne del 13 dicembre.
[6] La maggior parte dei testi riprodotti o le informazioni di stampa locale sono stati tradotti da siti anarchici come: indymedia, cnt-ait.info, dndf.org, emeutes.wordpress.com in francese o su libcom.org in inglese.