Lampedusa. Solidarietà di classe contro le politiche bestiali della borghesia

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La politica del governo Berlusconi nei confronti dell’immigrazione “clandestina” (1) non è propria di questo governo, né dei governi di destra in generale. Il governo “progressista” di Zapatero, nell’ottobre 2005, ha fatto di peggio: è arrivato addirittura a far sparare dalla propria polizia sugli emigranti che cercavano di scavalcare il muro di confine con il Marocco (2). La ragione principale di questa politica di esclusione di una immigrazione regolare è che, oggi che la crisi impone ai vari capitali nazionali di risparmiare all’osso sulla forza lavoro, l’immigrato è preferibile clandestino perché così può essere più facilmente ricattabile, sfruttato al massimo possibile finché serve e, quando non serve più, buttato fuori senza pietà. Basta questo per capire che gli emigranti non sono altro che parte della classe operaia, che da quando esiste il capitalismo è stata destinata ad essere sfruttata finché possibile e buttata via quando non serve più a produrre profitto per il capitale.

Ma c’è un altro motivo per cui questo governo accentua tanto la sua fissazione sull’immigrazione clandestina: quello di creare una psicosi per cui il clandestino è un pericolo, per il tuo posto di lavoro, per la tua donna, per la tua civiltà. E’ questa un’altra maniera per dare, da una parte, un’ennesima falsa giustificazione al peggioramento delle condizioni di esistenza dei lavoratori italiani (disoccupazione, criminalità, degrado sociale), dall’altra cercare di dividere la classe operaia, per mettere gli uni contro gli altri, così come in Inghilterra la borghesia ha cercato di mettere i lavoratori inglesi contro quelli italiani che “rubavano” loro il posto di lavoro (3). E per facilitarsi questo compito, la borghesia, e i suoi servi dei mezzi di comunicazione, non esitano ad inventarsi situazioni di contrapposizione e di lotta tra operai indigeni e operai immigrati. E’ questo che è stato fatto, per esempio, sui mezzi di comunicazione europei a proposito della recente protesta della popolazione di Lampedusa contro i piani del governo di far diventare quest’isola un campo di concentramento per immigrati, nell’attesa di rispedirli indietro. Questa protesta è stata presentata come una protesta contro gli immigrati, come una volontà della popolazione di rifiuto degli immigrati. In Italia però non si è potuto falsificare altrettanto facilmente quello che è veramente accaduto: le proteste della popolazione sono state unicamente rivolte contro il governo, contro il suo progetto di costruire un altro centro di “accoglienza”, che in realtà servirebbe solo a giustificare il mancato trasferimento degli immigrati in terraferma e verso una possibilità di lavoro; verso gli immigrati sono state viceversa espresse solo comprensione e solidarietà: “ ‘Vogliono militarizzarci, quest’isola vive di turismo che è il nostro pane quotidiano, ed il ministro Maroni non può permettersi di distruggere anni ed anni di fatiche’ è la protesta dei lampedusani (…)” (Repubblica, 23/01/2009). “Fanno pena, noi non ce l’abbiamo con loro, anzi, noi vogliamo che il rischio che hanno corso per raggiungere l’Italia abbia un senso, che vadano via dall’isola per cercare un lavoro al nord o in Europa, dice un’anziana lampedusana, che ha portato con sé un giaccone del marito per regalarlo al clandestino che la segue come un cucciolo” (Repubblica, 25/01/2009). E non si tratta di parole di circostanza, di scuse per coprire solo una volontà di liberarsi di questa presenza. Infatti la solidarietà è stata concreta e si è manifestata in tutti e due i sensi: “Alcune centinaia di clandestini hanno approfittato di un momento di distrazione delle forze dell’ordine, scappando da tutti i lati; molti si sono uniti alla protesta dei lampedusani e, fino a ieri notte numerosi extracomunitari giravano indisturbati per le strade di Lampedusa” (Repubblica, 24/01/2009). “Pare che siano amici da sempre, lampedusani e immigrati, familiarizzano, vanno a prendere qualcosa al bar(…) Cantano e brindano assieme, un paio di loro vengono accompagnati nelle case dei lampedusani, dove, dopo settimane e settimane, fanno finalmente una doccia. (…) Un’altra vedetta arriva col fiato in gola nella tenda dei manifestanti e annuncia che un paio di nordafricani sono stati intercettati dalla polizia e manganellati. Molti protestano, dicono che non possono picchiarli e si dirigono verso il luogo indicato” (Repubblica, 25/01/2009).

Queste citazioni, prese da un giornale borghese e non da una cronaca di giovani idealisti, bastano a dimostrare come si sono effettivamente svolte le cose a Lampedusa: manifestazioni comuni fra popolazione indigena e immigrati e solidarietà con questi. E questo mostra tutta la differenza fra la classe operaia e la borghesia: mentre quest’ultima accatasta come bestie gli immigrati in centri che di accoglienza non hanno niente, la popolazione di Lampedusa li ha accolti nelle proprie case e li ha aiutati, con quel senso della solidarietà che appartiene solo alla classe operaia!

Helios

1. Che è tale semplicemente perché non esiste una immigrazione “ufficiale”, “legale”.

2. “Crisi dell’emigrazione alla frontiera Spagna-Marocco: l’ipocrisia della borghesia democratica”, CCI on-line 2005

3. “Scioperi nelle raffinerie di petrolio e nelle centrali elettriche inglesi: la lotta di classe deve unire tutti i lavoratori!”, CCI on-line 2009

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