Inviato da CCI il
TESTO DI ORIENTAMENTO
1) Dei 15 paesi che compongono l'Unione Europea, 13 hanno oggi dei governi diretti da partiti socialdemocratici o a partecipazione socialdemocratica (solo la Spagna e l'Irlanda fanno eccezione). Questa realtà evidentemente è stata oggetto di analisi e di commenti da parte dei giornalisti borghesi così come dei gruppi rivoluzionari. Così, per uno "specialista" di politica internazionale come Alexandre Adler: "le sinistre europee hanno almeno un obiettivo unico: la conservazione dello stato provvidenza, la difesa di una sicurezza comune degli europei" (Courrier International, n°417). Allo stesso modo, Le Proletaire dell'autunno 1998 consacra un articolo a questa questione in cui afferma con ragione che l'attuale predominio della socialdemocrazia alla testa della maggior parte dei paesi europei corrisponde ad un politica deliberata e coordinata a scala internazionale della borghesia contro la classe operaia. Tuttavia, tanto nei commenti borghesi che nell'articolo di Le Proletaire non si capisce la specificità di questa politica rispetto a quella portata avanti dalla classe dominante nei periodi passati a partire dalla fine degli anni '60. Dobbiamo dunque capire le cause del fenomeno politico al quale assistiamo attualmente a livello europeo ed anche a livello mondiale (con la presenza dei democratici alla testa dell'esecutivo degli Stati Uniti). Ciò detto, prima di ricercare queste cause, occorre rispondere ad una domanda: Possiamo interpretare il dato di fatto indiscutibile della presenza quasi egemonica dei partiti socialdemocratici alla guida dei paesi dell'Europa occidentale come l’espressione di un fenomeno generale con delle cause comuni per tutti i paesi oppure dobbiamo pensare che si tratti di una coincidenza casuale di una serie di situazioni particolari e specifiche a ogni paese?
2) Il marxismo si distingue dall’atteggiamento empirico per il fatto che non trae le sue conclusioni a partire dai soli fatti osservati in un dato momento, ma interpreta e integra questi fatti in una visione storica e globale della realtà sociale. Essendo un metodo vivente, esso si preoccupa di esaminare in permanenza questa realtà senza mai esitare a mettere in discussione le analisi elaborate in precedenza:
- sia perché esse potrebbero essersi rivelate sbagliate (il metodo marxista non ha mai preteso di prevenire ogni errore)
- sia perché potrebbero essere sorte nuove condizioni storiche tali da rendere caduche le analisi precedenti.
In ogni caso, il metodo marxista non deve essere considerato come un dogma intangibile di fronte al quale la realtà non avrebbe altra alternativa che piegarsi. Una tale concezione del marxismo è quella dei bordighisti (o del defunto FOR che negava la realtà della crisi perché non corrispondeva ai suoi schemi). Ma non è quella che la CCI ha ereditato da Bilan e dall'insieme della Sinistra Comunista. Se il metodo marxista si guarda bene dal basarsi sui soli fatti immediati e rifiuta di sottomettersi alle "evidenze" celebrate dagli ideologi della borghesia, esso è obbligato tuttavia a tenere conto in permanenza di questi fatti. Di fronte al fenomeno della massiccia presenza della sinistra alla guida dei paesi europei, si può evidentemente cercare di trovare per ogni paese delle ragioni specifiche che spieghino i motivi di una tale disposizione delle forze politiche. Per esempio, noi abbiamo attribuito all'estrema debolezza politica e alle divisioni della destra in Francia il ritorno della sinistra al governo nel 1997. Ugualmente abbiamo visto che hanno giocato un ruolo importante nella costituzione del governo di sinistra delle considerazioni di politica estera, in Italia contro il "polo" di Berlusconi favorevole all'alleanza con gli Stati Uniti, o in Gran Bretagna, dove i conservatori erano profondamente divisi in rapporto all'Unione Europea e agli Stati Uniti. Tuttavia, voler fare scaturire la situazione politica attuale in Europa dalla semplice somma delle situazioni particolari dei singoli paesi che la compongono sarebbe un esercizio vano e contrario allo spirito marxista. Infatti, secondo il metodo marxista, la quantità diviene, in alcune circostanze, una qualità nuova. Quando si constata che mai, da quando hanno raggiunto il campo borghese, tanti partiti socialisti sono stati simultaneamente al governo (anche se tutti lo erano stati in un momento o un altro), quando si vede che anche in paesi importanti come la Gran Bretagna e la Germania (dove la borghesia abitualmente padroneggia molto bene il suo gioco politico) la sinistra è stata installata al governo in modo deliberato dalla borghesia, è necessario considerare che si tratta di una "qualità" nuova che non può ridursi alla semplice sovrapposizione di "casi particolari". (1)
D’altra parte è proprio questa l’impostazione che noi abbiamo seguito quando abbiamo messo in evidenza il fenomeno della "sinistra all'opposizione", alla fine degli anni '70. Così il testo adottato dal 3° congresso della CCI, che dava il quadro della nostra analisi sulla sinistra all'opposizione, cominciava con il tenere conto del fatto che nella maggior parte dei paesi europei, la sinistra era stata estromessa dal potere:
“Basta dare uno sguardo per constatare che .. l'arrivo della sinistra al potere non si è verificato; anzi, la sinistra in questo ultimo anno è stata sistematicamente estromessa dal potere nella maggior parte dei paesi d'Europa. Basti citare il Portogallo, l'Italia, la Spagna, i paesi scandinavi, la Francia, il Belgio, la Gran Bretagna così come Israele per constatarlo. Restano praticamente solo due paesi in Europa dove la sinistra è al potere: la Germania e l'Austria." (“All'opposizione come al governo, la 'sinistra' contro la classe operaia”, Revue Internationale n° 18).
3) Nell'analisi delle cause che motivano la venuta della sinistra al governo in questo o quel paese europeo, occorrerà tenere conto dei fattori specifici (per esempio, nel caso della Francia, l'estrema debolezza della "destra la più stupida al mondo"). Tuttavia, è fondamentale che i rivoluzionari siano capaci di dare all'insieme del fenomeno una risposta globale e la più completa possibile. È’ ciò che la CCI aveva fatto nel 1979, durante il suo 3° congresso, a proposito della sinistra all'opposizione, e il miglior modo di riprendere questo lavoro è ricordare con quale metodo abbiamo analizzato questo fenomeno all'epoca:
“In seguito all'apparizione della crisi e alle prime manifestazioni della lotta operaia, la sinistra al governo era la risposta più adeguata del capitalismo nei primi anni (…), la sinistra, ponendo la sua candidatura al governo, assolveva efficacemente alla sua funzione di inquadramento del proletariato, smobilitandolo e paralizzandolo con le sue mistificazioni sul "cambiamento" e sull'elettoralismo.
La sinistra doveva restare ed è restata in questa posizione finché questa le permetteva di assolvere alla sua funzione. Non si tratta dunque di un errore che avremmo commesso in passato ma di qualcosa di differente e di più sostanziale, d'un cambiamento che è intervenuto nell'allineamento delle forze della borghesia. Sarebbe un grave errore non riconoscere in tempo questo cambiamento e continuare a ripetere nel vuoto frasi sul 'pericolo della sinistra al potere'. Prima di proseguire l'esame del perché di questo cambiamento e del suo significato, occorre insistere in modo particolare sul fatto che non si tratta di un fenomeno circostanziale e limitato a questo o quel paese, ma di un fenomeno generale, valido a breve termine e forse a medio termine, per l'insieme dei paesi occidentali. (…)
Dopo aver efficacemente realizzato il suo compito d'immobilizzazione della classe operaia negli ultimi anni, la sinistra al potere o in marcia verso il potere oggi non può più assumere questa funzione che ponendosi all'opposizione. Le ragioni di questo cambiamento sono molteplici: esse dipendono certamente dalle condizioni particolari specifiche ai diversi paesi, ma questi sono motivi secondari; le principali ragioni risiedono nell'usura subita dalla sinistra e il lento sganciamento rispetto alle mistificazioni della sinistra da parte delle masse operaie. La recente ripresa delle lotte operaie e la loro radicalizzazione ne sono la testimonianza evidente.
Ricordiamo i tre criteri emersi durante le analisi e le discussioni anteriori sulla sinistra al potere:
- necessità di rafforzamento delle misure di capitalismo di Stato;
· migliore integrazione nel blocco occidentale sotto il dominio del capitale degli Stati Uniti;
- inquadramento efficace della classe operaia e immobilizzazione delle sue lotte.
La sinistra riuniva meglio e con più efficacia queste tre condizioni, e gli Stati Uniti, leader del blocco, appoggiavano volentieri il suo arrivo al potere con delle riserve tuttavia nei confronti dei PC. (…) Ma se gli Stati Uniti restavano quantomeno diffidenti per ciò che concerne i PC, il loro sostegno al permanere o all'arrivo dei socialisti al potere, dovunque fosse possibile, era totale. (…)
Ritorniamo ai criteri per la sinistra al potere. Esaminandoli da vicino vediamo che anche se la sinistra li rappresenta meglio, questi non sono tutti patrimonio esclusivo della sinistra. I primi due, le misure di capitalismo di stato e l'integrazione nel blocco, possono perfettamente essere portati a termine, se la situazione lo esige, da altre forze politiche della borghesia, come i partiti di centro o della destra. (2) (…) Al contrario, il terzo criterio, l'inquadramento della classe operaia, è appannaggio proprio ed esclusivo della sinistra. È’ la sua funzione specifica, la sua ragione d'essere.
Questa funzione, la sinistra non la compie unicamente, e neanche generalmente al potere. (...) In genere, la partecipazione della sinistra al potere è assolutamente necessaria in due situazioni precise:
1) nella Sacra Unione in vista della guerra per trascinare gli operai alla difesa nazionale;
2) in una situazione rivoluzionaria per ostacolare la marcia della rivoluzione.
Al di fuori di queste due situazioni estreme, nelle quali la sinistra non può non esporsi apertamente come difensore incondizionato del regime borghese affrontando apertamente e violentemente la classe operaia, la sinistra deve sempre vegliare a non svelare troppo la sua vera identità e la sua funzione capitalista e a mantenere la mistificazione che la sua politica porta alla difesa degli interessi della classe operaia. (…). Pertanto, anche se la sinistra come ogni partito borghese aspira 'legittimamente' ad accedere al potere statale, si deve tuttavia notare una differenza che distingue questi partiti degli altri partiti della borghesia per ciò che concerne la loro presenza al potere. Questi partiti della sinistra pretendono essere dei partiti 'operai' e come tali sono obbligati a presentarsi davanti agli operai con una maschera, una fraseologia 'anticapitalista ' di lupi con addosso la pelle di montone. Il loro soggiorno al potere li mette in una situazione ambivalente più difficile di ogni altro partito chiaramente borghese. Un partito apertamente borghese esegue al potere ciò che diceva di fare, la difesa del capitale, e non si trova affatto discreditato facendo una politica antioperaia. È esattamente lo stesso sia all'opposizione che al governo. È tutto il contrario per ciò che riguarda i partiti cosiddetti 'operai'. Essi devono avere una fraseologia operaia e una pratica capitalista, un linguaggio nell'opposizione e una pratica assolutamente opposta nel governo. (…) Dopo una prima esplosione di malcontento e di convulsioni sociali che aveva sorpreso la borghesia, neutralizzata solo dalla 'sinistra al potere' , con il continuo aggravamento della crisi, le illusioni della sinistra al potere che si dissipano, la ripresa della lotta che s'annuncia, diviene urgente che la sinistra ritrovi il suo posto nell'opposizione e radicalizzi la sua fraseologia per poter controllare questa ripresa delle lotte che s'avvicina. Evidentemente, questo non può essere un fatto definitivo, ma è attualmente e per il prossimo futuro un fatto generale. (3)” (ibid.)
4) Il testo del 1979, come si vede, ricordava la necessità di esaminare il fenomeno dello spiegamento delle forze politiche alla testa degli Stati borghesi sotto tre angoli differenti:
- le necessità della borghesia di fronte alla crisi economica;
- gli imperativi imperialisti di ogni borghesia nazionale;
- la politica da fare di fronte al proletariato.
Esso affermava inoltre che questo ultimo aspetto è, in ultima istanza, il più importante nel periodo storico aperto con la ripresa proletaria alla fine degli anni 1960.
Nella comprensione della presente situazione è un fattore che la CCI ha già preso in conto sin dal gennaio 1990 durante il crollo del blocco dell'est e l'arretramento della coscienza ch'esso aveva provocato nella classe operaia: "È per questa ragione, in particolare, che conviene aggiornare l'analisi sviluppata dalla CCI sulla 'sinistra all'opposizione'. Questa carta era necessaria alla borghesia dalla fine degli anni '70 e per tutti gli anni '80 a causa della dinamica generale della classe operaia verso scontri sempre più determinati e coscienti, per il crescente rigetto delle mistificazioni democratiche, elettorali e sindacali. (…) Invece, il riflusso attuale della classe operaia non impone più alla borghesia, per un certo tempo, l'utilizzazione prioritaria di questa strategia." (Revue Internationale n° 61)
Tuttavia, ciò che all'epoca era concepito come una possibilità s'impone oggi come una regola quasi generale (più generale ancora di quella della sinistra all'opposizione nel corso degli anni '80). Dopo aver visto la possibilità del fenomeno è importante dunque capire le cause della sua apparizione prendendo in conto i tre fattori enunciati sopra.
5) La ricerca delle cause del fenomeno dell'egemonia della sinistra alla testa dei paesi europei deve basarsi sulla presa in conto delle caratteristiche specifiche del periodo attuale. Questo lavoro è presente nei tre rapporti sulla situazione internazionale presentati al congresso e non c'è motivo di ritornarci qui in modo dettagliato. È’ tuttavia importante paragonare la situazione attuale con quella degli anni '70 quando la borghesia giocò la carta della sinistra al governo o in marcia verso il governo.
Sul piano economico, gli anni '70 sono i primi anni della crisi aperta del capitalismo. Infatti, è soprattutto a partire dalla recessione del 1974 che la borghesia prende coscienza della gravità della situazione. Tuttavia, malgrado la violenza delle convulsioni di questo periodo, la classe dominante s'aggrappa alle illusioni che queste potranno essere superate. Attribuendo le sue difficoltà all'aumento dei prezzi del petrolio in seguito alla guerra del Kippur del 1973, essa spera di superarle con una stabilizzazione dei prezzi petroliferi e l'utilizzazione di altre risorse energetiche. Scommette inoltre su di un rilancio basato sui crediti di grande entità (attinti dai "petrodollari") che sono prestati ai paesi del terzo mondo. Infine, essa s'immagina che nuove misure di capitalismo di Stato di tipo neo-keynesiano permetteranno di stabilizzare i meccanismi dell'economia in ogni paese.
Sul piano dei conflitti imperialisti, si assiste al loro aggravamento principalmente per lo sviluppo della crisi economica anche se questo aggravamento è ancora ben al di qua di quello degli inizi degli anni '80. La necessità di una maggiore disciplina all'interno di ciascuno dei due blocchi costituisce un dato importante delle politiche borghesi (è così che in un paese come la Francia, l'arrivo di Giscard d'Estaing nel 1974 mette fine alle velleità "d'indipendenza" che caratterizzano il periodo gaullista).
Sul piano della lotta di classe, questo periodo è caratterizzato dalla forte combattività che si è sviluppata in tutti i paesi del mondo sulla scia del maggio 1968 in Francia e del "maggio rampante" italiano del 1969; una combattività che in un primo tempo sorprese la borghesia.
Su questi tre aspetti, la situazione attuale si distingue in modo notevole da quella degli anni '70.
Sul piano economico, è da molto tempo che la borghesia ha perduto le sue illusioni su di una "uscita" dalla crisi. Malgrado le campagne del periodo passato sui benefici della "mondializzazione", essa non dà per scontato di ritornare ai bei tempi gloriosi anche se spera ancora di limitare i danni. Ma anche questa ultima speranza è stata gravemente intaccata dall'estate 1997 con il crollo dei "draghi" e delle "tigri" seguito dalla quello della Russia e del Brasile nel 1998.
Sul piano dei conflitti imperialisti la situazione si è modificata radicalmente: oggi non esistono più i blocchi imperialisti. Ma gli scontri militari non sono cessati. Si sono invece aggravati, moltiplicati e avvicinati ai paesi centrali, soprattutto alle metropoli dell'Europa occidentale. Essi sono in più caratterizzati dalla tendenza ad una partecipazione sempre più diretta delle grandi potenze, particolarmente della prima tra di esse, allorché gli anni ‘70 conoscevano un certo disimpegno di queste, particolarmente degli Stati Uniti che lasciavano il Vietnam.
Sul piano delle lotte operaie, il periodo attuale è ancora segnato dall'arretramento della combattività e della coscienza provocato dagli avvenimenti della fine degli anni '80 (crollo del blocco dell'est e dei regimi "socialisti"), inizio anni '90 (guerra del Golfo, guerra in Yugoslavia, ecc.) anche se delle tendenze ad una ripresa della combattività si fanno sentire e si constata una fermento politico in profondità ancora molto minoritario.
Infine, è importante sottolineare il nuovo fattore che tocca la vita della società d'oggi e che non esisteva nel corso degli anni '70: l'entrata nella fase di decomposizione del periodo di decadenza del capitalismo.
6) Quest'ultimo fattore è da prendere in considerazione per capire il fenomeno attuale dell'arrivo della sinistra al governo. La decomposizione tocca tutta la società e in primo luogo la sua classe dominante: la borghesia. Questo fenomeno è particolarmente spettacolare nei paesi della periferia e costituisce un fattore d'instabilità crescente che spesso alimenta gli scontri imperialisti. Abbiamo messo in evidenza che nei paesi più sviluppati, la classe dominante è molto più capace di controllare gli effetti della decomposizione ma nello stesso tempo si può costatare che non li può prevenire totalmente. Uno degli esempi più spettacolari è certamente la buffonata del "Monicagate" all’interno della prima borghesia mondiale che, se può mirare ad un riorientamento della politica imperialista di questa, provoca nello stesso tempo un danno sensibile alla sua autorità.
Nel ventaglio dei vari partiti borghesi, non tutti i settori sono toccati nello stesso modo dal fenomeno della decomposizione. Tutti i partiti borghesi hanno evidentemente per vocazione la conservazione a breve e lungo termine degli interessi globali del capitale nazionale. Tuttavia, in questo ventaglio, i partiti che hanno una maggiore coscienza della loro responsabilità sono in genere i partiti di sinistra perché questi sono meno legati agli interessi a breve termine di questo o quel settore capitalista e anche perché la borghesia ha già attribuito loro un ruolo di primo piano nei momenti decisivi della vita della società (guerre mondiali e soprattutto periodi rivoluzionari). Evidentemente, i partiti di sinistra sono lo stesso toccati dagli effetti della decomposizione la corruzione, gli scandali, le tendenze alle scissioni, ecc. Tuttavia gli esempi di paesi come l'Italia o la Francia mettono in evidenza ch'essi sono, per le loro caratteristiche, più risparmiati rispetto alla destra da questi effetti. In questo senso, uno degli elementi che permette di spiegare l'arrivo di partiti di sinistra al governo in molti paesi consiste nella maggiore resistenza di questi partiti alla decomposizione, e soprattutto la loro maggiore coesione (il che è valido anche per un paese come la Gran Bretagna dove i conservatori erano molto più divisi che i laburisti). (4)
Un altro fattore legato alla decomposizione che permette di spiegare i "successi" attuali della sinistra è la necessità di ridare tono alla mistificazione democratica ed elettorale. L'affossamento dei regimi stalinisti ha costituito un fattore molto importante di rilancio di queste mistificazioni, e particolarmente presso gli operai che, fintanto che esisteva un sistema presentato come diverso dal capitalismo, poteva nutrire la speranza di un’alternativa al capitalismo (anche se si facevano poche illusioni sulla realtà dei paesi "socialisti"). Tuttavia la guerra del Golfo del 1991 ha dato un colpo alle illusioni democratiche. In più, la disillusione generale verso i valori tradizionali della società che caratterizza la decomposizione, e che si esprime principalmente attraverso l'atomizzazione e il "ciascuno per sé", non poteva non aver effetti sull'impatto ideologico delle istituzioni classiche degli Stati capitalisti, e particolarmente sulla base di questi, i meccanismi democratici ed elettorali. E giustamente, la vittoria elettorale della sinistra nei paesi dove, conformemente alle necessità della borghesia, la destra aveva governato per un lungo periodo (soprattutto in due paesi molto importanti come la Germania e la Gran Bretagna) ha potuto costituire un fattore importante di rianimazione delle mistificazioni elettorali.
7) L'aspetto conflitti imperialisti (che occorre d'altronde collegare alla questione della decomposizione: crollo del blocco dell'Est, "ciascuno per sé" nell'arena internazionale) costituisce un fattore importante dell’arrivo della sinistra al governo in molti paesi. Abbiamo già visto che il necessario riorientamento della diplomazia dell'Italia a scapito dell'alleanza americana aveva costituito un fattore di primo piano della disgregazione e scomparsa della Democrazia Cristiana in questo paese e anche della caduta del "polo" di Berlusconi (più favorevole agli Stati Uniti). Abbiamo visto ugualmente che la maggior omogeneità dei laburisti in Gran Bretagna a favore di una politica più aperta verso l'Unione Europea era uno dei motivi della scelta di Blair per la borghesia britannica. Infine l'arrivo al governo in Germania dei settori politici più lontani dall’hitlerismo che si erano anche confezionati un vestito "pacifista" (socialdemocratici e soprattutto "verdi"), costituisce un miglior paravento all'affermazione delle mire imperialiste di questo paese, principale rivale, sul lungo periodo, degli Stati Uniti. Tuttavia c'è un altro elemento da prendere in considerazione e che si applica anche ai paesi dove (come in Francia) non c'è differenza tra la destra e la sinistra nella politica internazionale. Si tratta della necessità per ogni borghesia dei paesi centrali di una crescente partecipazione ai conflitti militari che sconvolgono il mondo e della natura stessa di questi conflitti. In effetti, questi si presentano come orribili massacri di popolazioni civili di fronte ai quali la "comunità internazionale" deve far valere "il diritto" e organizzare delle missioni "umanitarie". Dal 1990, la quasi totalità degli interventi militari delle grandi potenze (e particolarmente quello in Yugoslavia) si è nascosta dietro questa maschera e non ha addotto il motivo della difesa degli "interessi nazionali". E per condurre le guerre "umanitarie" è chiaro che la sinistra è meglio piazzata della destra (anche se quest'ultima può farlo), perché una delle sue carte più giocate è proprio quella della "difesa dei diritti dell'uomo". (5)
8) Anche sul piano della gestione della crisi economica esistono degli elementi che vanno a favore dell'arrivo della sinistra al governo nella maggioranza dei paesi. È’ evidente lo scacco delle politiche ultra liberali di cui Reagan e Thatcher erano i rappresentanti più in vista. Naturalmente la borghesia non può fare altro che continuare i suoi attacchi economici contro la classe operaia così come certamente non ritornerà sulle privatizzazioni che le hanno permesso:
- di alleggerire i deficit del budget statale;
- di rendere più redditizie un certo numero di attività economiche;
- di evitare la politicizzazione immediata dei conflitti sociali che si può avere quando il padrone è lo Stato in prima persona.
Detto ciò, il fallimento delle politiche ultra-liberali (che si è espresso particolarmente con la crisi asiatica) porta acqua ai difensori della politica di un maggior intervento dello Stato. Ciò è valido a livello di discorsi ideologici: è necessario che la borghesia faccia finta di correggere ciò che può presentare come derivante da suoi errori, l'aggravamento della crisi, al fine di evitare che questa favorisca la presa di coscienza del proletariato. Ma è lo stesso valido a livello di politiche reali: la borghesia prende coscienza degli "eccessi" della politica "ultra-liberale". Nella misura in cui la destra era fortemente segnata da questa politica del "meno Stato", la sinistra è per il momento la più indicata per mettere in opera un tale cambiamento (anche se è noto che anche la destra può prendere questo tipo di misure, come lo ha fatto negli anni '70 con Giscard d'Estaing in Francia e, anche se oggi è un uomo di destra, Aznar, che in Spagna si richiama alla politica del laburista Blair). La sinistra non può ristabilire il “welfare state” ma fa finta di non tradire completamente il suo programma ristabilendo un maggiore intervento dello Stato nell'economia.
Inoltre, lo scacco della "globalizzazione senza briglie" che si è soprattutto concretizzato nella crisi asiatica costituisce un fattore supplementare che porta acqua al mulino della sinistra. Quando la crisi aperta si è sviluppata, a partire dagli anni '70, la borghesia ha capito che non doveva rifare gli errori che avevano contribuito ad aggravare la crisi degli anni '30. In particolare, malgrado tutte le tendenze che venivano alla luce in questo senso occorreva combattere la tentazione di un ripiegamento su se stessi, del protezionismo e dell’autarchia che rischiavano di portare un colpo fatale al commercio internazionale. Per questo la Comunità Economica Europea ha potuto proseguire il suo cammino fino ad arrivare all'Unione Europea e all'attuazione dell’Euro. Sempre per questo, è stata messa in piazza l'Organizzazione Mondiale del Commercio, per limitare i diritti doganali e favorire gli scambi internazionali. Tuttavia, questa politica di apertura dei mercati ha costituito un fattore importante d'esplosione della speculazione finanziaria (che costituisce lo "sport" favorito dei capitalisti in periodo di crisi quando si spostano dall'investimento nella produzione, che ha scarse prospettive redditizie) Speculazione finanziaria i cui pericoli sono stati messi alla luce dal crollo dei paesi asiatici. Anche se la sinistra non rimetterà, fondamentalmente, in causa la politica della destra in questo campo, essa è più favorevole ad una maggiore regolamentazione dei flussi finanziari internazionali. (regolamentazione di cui la "tassa Tobin" è una delle formule) che permette di limitare gli eccessi della "globalizzazione". Facendo ciò, la sua politica mira a creare una specie di cordone sanitario attorno ai paesi più sviluppati permettendo di limitare l'impatto delle convulsioni che toccano i paesi della periferia.
9) La necessità di far fronte allo sviluppo della lotta di classe costituisce un fattore essenziale dell'arrivo della sinistra al governo nel periodo attuale. Ma prima di determinarne le ragioni occorre notare le differenze tra la situazione attuale e quella del periodo precedente. Negli anni '70, l'arrivo della sinistra al governo veniva presentata alle masse operaie con argomenti del tipo:
- bisogna portare avanti una politica economica radicalmente differente da quella della destra, una politica "socialista", per rilanciare l'economia e "far pagare i ricchi"(6);
- per non compromettere questa politica o permettere alla sinistra di vincere le lezioni occorre limitare le lotte sociali.
In parole povere, si può dire che "l'alternativa di sinistra" aveva la funzione di canalizzare il malcontento e la combattività degli operai nelle urne elettorali.
Oggi i diversi partiti di sinistra che sono andati al governo vincendo le elezioni sono ben lontani dall'usare il linguaggio "operaio" che utilizzavano all'inizio degli anni '70. Gli esempi che colpiscono di più sono quelli di Blair che si fa l'apostolo d'una terza via e di Schröder difensore d'un "nuovo centro". Infatti non si tratta di canalizzare verso le urne una combattività ancora molto debole, ma di darsi i mezzi affinché una volta al governo la sinistra non abbia un linguaggio molto diverso da quello usato durante la campagna elettorale, e ciò al fine di evitare un rapido discredito come era successo negli anni '70 (per esempio, i laburisti inglesi arrivati al governo agli inizi del 1974 sullo slancio dello sciopero dei minatori dovettero uscirne nel 1979 di fronte ad una combattività che raggiunse livelli eccezionali nel corso dello stesso anno). Il fatto che la sinistra oggi abbia un aspetto molto più "borghese" rispetto agli anni '70, è dovuto alla debolezza attuale della combattività operaia. Questo permette alla sinistra di rimpiazzare la destra al governo senza troppi contraccolpi. Tuttavia la presenza generalizzata della sinistra nei governi dei paesi più avanzati non è solo un fenomeno "per difetto", legato alla debolezza della classe operaia. Essa gioca anche un ruolo "positivo" per la borghesia di fronte al suo nemico mortale. E ciò sia a medio che a breve termine.
A medio termine, l'alternanza ha due effetti: da una parte ha dato nuovo credito al processo elettorale; dall’altra permette ai partiti di destra di rinforzarsi all'opposizione (7) al fine di poter meglio giocare il loro ruolo quando riapparirà una situazione che renderà necessaria la sinistra all'opposizione con una destra "dura" al potere. (8)
Nell'immediato, il linguaggio "moderato" della sinistra per far passare i suoi attacchi permette d'evitare le esplosioni di combattività favorite dalle provocazioni del linguaggio duro della destra modello Thatcher. Ed è questo uno degli obiettivi importanti della borghesia. Nella misura in cui, come già messo in evidenza, una delle condizioni essenziali che permette alla classe operaia di riguadagnare il terreno perso con il crollo del blocco dell'est e di riprendere il suo processo di presa di coscienza, è costituito dallo sviluppo delle sue lotte, la borghesia cerca oggi di guadagnare più tempo possibile, anche se sa che non potrà sempre giocare questa carta.
10) Appare così chiaro che, tra i differenti fattori che motivano attualmente l'utilizzazione da parte della borghesia della carta della sinistra al governo, la gestione della crisi, i conflitti imperialisti e la politica di fronte alla minaccia proletaria, è quest'ultimo fattore che assume l’importanza maggiore. Quest’importanza è tanto più grande per il fatto che nel fattore gestione della crisi, uno degli aspetti essenziali della politica della sinistra non è tanto nelle misure concrete che essa è portata a prendere (e che anche la destra può adottare) quanto nella sua capacità di tenere un discorso diverso da quello della destra che si trovava al governo fino a poco tempo prima. In questo senso, è per la sua funzione ideologica che la sinistra è particolarmente preziosa in rapporto alla gestione della crisi, una funzione ideologica che s'indirizza all'insieme della società ma particolarmente alla classe che si contrappone alla borghesia, il proletariato. Lo stesso vale per la questione concernente i conflitti imperialisti Il contributo essenziale che la sinistra può apportare alla politica di guerra della borghesia, è darle una copertura "umanitaria" adeguata, il che è proprio del dominio ideologico e della mistificazione che, anche qui, si rivolge all'insieme della popolazione ma principalmente alla classe operaia, unica forza che può essere di ostacolo alla guerra imperialista.
In fin dei conti, il ruolo essenziale che gioca il fattore difesa contro la classe operaia nella politica attuale della sinistra al governo, costituisce un'ulteriore illustrazione dell'analisi sviluppata dalla CCI da più di 30 anni: il rapporto di forza generale tra le classi, il corso storico, non è a favore della borghesia (controrivoluzione, corso alla guerra mondiale) ma a favore del proletariato (uscita dalla controrivoluzione, corso verso scontri di classe). L'arretramento subito da quest'ultimo con il crollo dei regimi stalinisti e le campagne sulla "morte del comunismo", fondamentalmente, non ha rimesso in causa questo corso storico.
11) La presenza massiccia dei partiti di sinistra nei governi europei costituisce un elemento significativo e molto importante della situazione attuale. Le differenti borghesie nazionali non la giocano questa carta ciascuna nel proprio cantuccio. Già nel corso degli anni '70, quando la carta della sinistra al governo o in marcia verso il governo fu giocata in alcuni paesi europei, la borghesia ebbe il sostegno del presidente democratico degli Stati Uniti Carter. Negli anni 80 la carta della sinistra all'opposizione e di una destra "dura" al potere trovò in Ronald Reagan (come in Margaret Thatcher) il suo più eminente rappresentante. A quest'epoca, la borghesia elaborava la sua politica a livello dell'insieme del blocco occidentale. Oggi i blocchi sono scomparsi e le tensioni imperialiste continuano ad aggravarsi tra gli Stati Uniti e numerosi paesi europei. Tuttavia, di fronte alla crisi e alla lotta di classe, le principali borghesie del mondo hanno a cuore continuare a coordinare la loro politica. Il 21 settembre 1998 si è tenuto a New York un incontro al vertice per un’internazionale di "centrosinistra" dove Tony Blair ha celebrato il "centro radicale" e Romano Prodi "l'Ulivo mondiale", mentre Bill Clinton, si compiaceva nel vedere "la terza via estendersi nel mondo" (9). Ma queste manifestazioni entusiaste dei principali dirigenti della borghesia non devono nascondere la gravità della situazione che costituisce la tela di fondo e la ragione essenziale della strategia attuale della borghesia.
E’ probabile che la borghesia manterrà ancora per un po' questa strategia. In particolare è indispensabile che i partiti di destra recuperino le forze e la coesione che permetterà loro di riprendere il loro posto alla guida dello Stato. D'altronde, il fatto che l’andata della sinistra al governo in un gran numero di paesi (e particolarmente in Gran Bretagna e in Germania) sia stata fatta a "freddo", in un clima di debole combattività operaia (contrariamente, per esempio, a ciò che è successo in Gran Bretagna nel 1974), con un programma elettorale molto vicino a quello che è poi stato effettivamente applicato, significa che la borghesia ha l'intenzione di giocare questa carta ancora per un certo tempo. Infatti, uno degli elementi decisivi che determinerà il momento del ritorno della destra sarà il riemergere sulla scena delle lotte di massa del proletariato. Nell'attesa di questo momento, mentre il malcontento operaio arriva ancora ad esprimersi solo in modo limitato e spesso isolato, tocca "alla sinistra della sinistra" canalizzare questo malcontento. Come abbiamo già visto, la borghesia non può lasciare sguarnito il terreno sociale. Per questo si assiste oggi ad una certa risalita delle forze di estrema sinistra del capitale (soprattutto in Francia) e, in certi paesi, i partiti socialisti al governo hanno cercato di prendere le distanze dalle organizzazioni sindacali, le quali possono così permettersi di avere un linguaggio "un po' contestatario". Tuttavia, il fatto che in Italia un settore di Rifondazione Comunista abbia deciso di continuare a sostenere il governo e che in Francia la CGT abbia deciso durante il suo ultimo congresso di condurre una politica più "moderata" mette in evidenza che non c'è ancora urgenza per la classe dominante.
1. Bisogna notare che in Svezia dove, durante le ultime elezioni la socialdemocrazia ha ottenuto la più bassa percentuale dal 1928, la borghesia ha ugualmente fatto appello a questo partito (con il sostegno del partito stalinista) per dirigere gli affari di Stato.
2. Questa è un’idea che la CCI aveva già sviluppato più volte in precedenza: "così risulta che i partiti di sinistra non sono i rappresentanti esclusivi della tendenza generale verso il capitalismo di Stato, che in periodi di crisi, questa si manifesta con una tale forza, che qualunque sia la tendenza politica al potere, questa non può far altro che prendere misure di statalizzazione, dato che la sola differenza che può sussistere tra destra e sinistra sul metodo per far tacere il proletariato è carota o bastone." (Révolution Internationale n° 9, maggio-giugno 74). Come si vede, l'analisi che abbiamo sviluppato al 3° congresso non cadeva dal cielo ma scaturiva da un quadro che avevamo elaborato cinque anni prima.
3. La possibilità per un partito di sinistra di giocare meglio il suo ruolo restando nell'opposizione piuttosto che andando al potere non era una idea nuova nella CCI. Cinque anni prima scrivevamo a proposito della Spagna: "[il PCE] è sempre di più sopraffatto nelle lotte attuali e ... rischia, oltre che eventuali posti governativi, di non poter controllare la classe come è sua compito; in questo caso, la sua efficacia antioperaia sarebbe ben più grande restando all'opposizione" (Révolution Internationale n° 11, settembre 1974)
4. Tuttavia è importante sottolineare ciò che è detto sopra: la decomposizione tocca in modo molto differente la borghesia secondo che si tratti di paesi sviluppati o di paesi arretrati. Nei paesi con una borghesia vecchia, l'apparato politico di questa, compreso i suoi settori di destra tra i più vulnerabili, è generalmente capace di padroneggiare la situazione e di evitare le convulsioni che invece toccano i paesi del terzo mondo o certi paesi dell'antico impero sovietico.
5. Dopo che questo testo è stato redatto, la guerra in Yugoslavia ha apportato una sorprendente illustrazione di questa idea. Gli attacchi della NATO sono stati presentati unicamente come "umanitari" con l'obiettivo di proteggere le popolazioni albanesi del Kossovo contro i soprusi di Milosevic. Tutti i giorni lo spettacolo televisivo della tragedia dei rifugiati albanesi è venuto a rafforzate la tesi nauseante della "guerra umanitaria". In questa campagna ideologica bellicista, la “sinistra della sinistra” rappresentata dai "verdi" si è particolarmente distinta. E’ stato il leader dei verdi tedeschi, Joshka Fischer a portare avanti l’azione di diplomazia militare tedesca in nome degli ideali "pacifisti" e "umanitari" nei quali si era distinto in passato. Lo stesso, in Francia, dove allorché il partito socialista è esitante sulla questione dell'intervento terrestre, sono i verdi che in nome "dell'urgenza umanitaria" richiedono un intervento. La sinistra di oggi ritrova gli accenti dei suoi antenati degli anni '30 che reclamavano "armi per la Spagna" e non volevano lasciare a nessuno il primo posto nella propaganda bellica in nome dell'antifascismo.
6. Era l'epoca in cui Mitterrand (sì Mitterrand e non un qualsiasi gauchiste!) parlava con fervore nei suoi discorsi elettorali di "rottura con il capitalismo".
7. Di regola "le cure d'opposizione" costituiscono una buona terapia per le forze borghesi logorate da una lunga presenza al potere. Tuttavia questa non è efficace dappertutto. Il ritorno all'opposizione della destra francese, in seguito alla sconfitta elettorale della primavera 1997, ha significato per essa una nuova catastrofe. Questo settore dell'apparato politico borghese non smette di mostrare le sue incoerenze e divisioni, cosa che non avrebbe potuto fare se fosse rimasto al potere. Ma è vero che abbiamo a che fare con "la destra più stupida del mondo". A questo proposito, è difficile considerare come lascia intendere Le Prolétaire nel suo articolo, che deliberatamente Chirac, per permettere al partito socialista di prendere la direzione del governo, ha provocato le elezioni anticipate nel 1997. Si sa che la borghesia è machiavellica ma ci sono dei limiti. E Chirac, che ha già dei "limiti", non ha certamente desiderato la sconfitta del suo partito che ricopre attualmente un ruolo di secondo piano.
8. Nota posteriore al Congresso della CCI. Le elezioni europee del giugno 1999, che hanno visto nella maggioranza dei paesi (e particolarmente in Germania e Gran Bretagna) una sensibile risalita della destra sono la prova che la cura all'opposizione comincia a dare i suoi effetti a questo settore dell'apparato politico della borghesia. La controprova notevole è evidentemente quella della Francia dove queste elezioni hanno rappresentato per la destra una nuova catastrofe, non tanto sul numero dei voti ma su quello delle sue divisioni che toccano proporzioni grottesche.
9. Bisogna notare che la carta della sinistra al governo giocata oggi dalla borghesia dei paesi più avanzati trova (al di là delle particolarità locali) una certa eco in certi paesi della periferia. La recente elezione in Venezuela – avvenuta con il sostegno della "Sinistra rivoluzionaria" (MIR) e degli stalinisti - dell'ex colonnello golpista Chavez a scapito della destra (COPEI) e di un partito socialdemocratico (Accion Democratica) particolarmente screditato, s'avvicina alla formula della sinistra al governo. Anche in Messico si assiste alla risalita della sinistra PRD di Cardenas (figlio di un vecchio presidente), che ha già tolto la direzione della capitale al PRI (al potere da otto decenni) e che ha beneficiato recentemente del sostegno discreto dello stesso Bill Clinton.