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Nuovi esempi di solidarietà operaia in Europa …
La lotta più significativa in Gran Bretagna si è sviluppata nell’Irlanda del Nord dove, dopo decenni di guerra civile tra cattolici e protestanti, 800 impiegati delle poste si sono spontaneamente messi in sciopero a febbraio per due settimane e mezzo a Belfast contro le multe e le pressioni della direzione per imporre loro un forte aumento dei ritmi di lavoro. All’origine della lotta c’è stata la mobilitazione di questi lavoratori per impedire l’esecuzione delle misure disciplinari prese nei confronti di alcuni loro compagni di lavoro in due diversi uffici postali, uno “protestante”, l’altro “cattolico”. Il sindacato delle comunicazioni ha allora mostrato il suo vero volto e si è opposto allo sciopero. A Belfast, uno dei loro portavoce ha dichiarato: “Noi rifiutiamo lo sciopero e chiediamo ai lavoratori di tornare al lavoro perché esso è illegale”. Ma gli operai hanno proseguito la loro lotta fregandosene del carattere legale o non della loro lotta, dimostrando così di non aver affatto bisogno dei sindacati per organizzarsi.
In occasione di una manifestazione comune i lavoratori hanno superato la “frontiera” che separa i quartieri cattolici e protestanti e hanno sfilato assieme nelle strade della città, salendo prima per una grande arteria del quartiere protestante, per poi ridiscendere per un’altra del quartiere cattolico. In questi ultimi anni altre lotte, particolarmente nel settore della Sanità, avevano già mostrato una reale solidarietà tra operai di confessioni differenti. Ma è stata la prima volta che una tale solidarietà si è espressa apertamente tra operai “cattolici” e “protestanti” nel cuore di una provincia devastata e lacerata da decenni da una guerra civile sanguinosa.
In seguito i sindacati, aiutati dalle formazioni di estrema sinistra del capitale, hanno cambiato atteggiamento e hanno preteso di portare a loro volta la loro “solidarietà”, organizzando dei picchetti di sciopero in ogni ufficio postale. Ma questo in realtà ha permesso loro di rinchiudere i lavoratori nei rispettivi uffici postali, quindi di isolarli gli uni rispetto agli altri, in una parola di sabotare la lotta.
Nonostante questo sabotaggio, l’unità aperta degli operai cattolici e protestanti nelle strade di Belfast durante lo sciopero ha fatto rivivere la memoria delle grandi manifestazioni del 1932, quando i proletari dei due diversi campi si unirono per lottare contro la riduzione delle indennità di disoccupazione. Ma questo episodio avveniva in un periodo di sconfitta della classe operaia. Oggi esiste un maggior potenziale per rigettare, in futuro, le politiche di divisione che usa la classe dominante per meglio dominare la situazione e che hanno contribuito così fortemente a preservare l’ordine capitalista. Il grande apporto dell’ultimo sciopero è stata l’esperienza di un’unità di classe realizzata al di fuori del controllo dei sindacati. Questo apporto non vale solo per gli impiegati delle poste implicati in questa lotta ma per ogni lavoratore incoraggiato da questa espressione dell’unità di classe.
A Cottam, vicino Lincoln nella parte orientale del centro dell’Inghilterra, a fine febbraio una cinquantina di operai delle centrali elettriche si sono messi in sciopero per sostenere dei lavoratori immigrati di origine ungherese pagati in media la metà rispetto ai loro compagni inglesi. Questi lavoratori immigrati avevano anche un contratto di lavoro fortemente precario, essendo sotto la minaccia di licenziamento dall’oggi al domani o di essere trasferiti in ogni momento in un qualunque altro cantiere d’Europa. Ancora una volta i sindacati si sono opposti allo sciopero vista la sua “illegalità” poiché, sia per gli operai ungheresi che per quelli inglesi, non era stato deciso sulla base di un voto “démocratico”. Anche stampa e televisione hanno denigrato questo sciopero, un giornaletto locale è arrivato a riportare le proposte di un intellettuale il quale ha dichiarato che chiamare gli operai inglesi e ungheresi a mettersi assieme nei picchetti di sciopero dava un’immagine “sconveniente” e costituiva uno “snaturamento del senso dell’onore della classe operaia britannica”. Al contrario, per la classe operaia riconoscere che tutti gli operai difendono gli stessi interessi, quale che sia la nazionalità o le specificità salariali e di condizioni di lavoro, è un passo importante per entrare in lotta come una classe unita.
In Svizzera, a Reconvilier, 300 metallurgici della Swissmetal sono scesi in sciopero spontaneamente dalla fine di gennaio alla fine di febbraio in solidarietà con 27 loro compagni licenziati dopo un primo sciopero nel novembre 2004. Questa lotta si è sviluppata al di fuori dei sindacati, ma alla fine questi hanno organizzato la negoziazione con il padronato imponendo questo ricatto: o accettare i licenziamenti o non essere pagati per le giornate di sciopero, “sacrificare” o i posti di lavoro o i salari. Seguire la logica economica del sistema capitalista significava, secondo la formulazione utilizzata da un operaio di Reconvilier, “scegliere tra la peste ed il colera”. Accettare la logica del capitalismo non può che portare gli operai ad accettare sempre più nuovi “sacrifici”. D'altronde è già programmata un’altra ondata di licenziamenti per 120 operai. Ma questo sciopero è riuscito a porre chiaramente la questione della capacità degli scioperanti ad opporsi a questo ricatto ed a questa logica del capitale. Un altro operaio ha tratto questa lezione dalla sconfitta dello sciopero: “E’ stato un errore lasciare il controllo delle negoziazioni in altre mani”.
… ed in India
In India, meno di un anno fa, nel luglio 2005, si è sviluppata la lotta di migliaia di operai della Honda a Gurgaon, nella periferia di Delhi che, dopo essere stati raggiunti nella lotta da una massa di operai venuti da fabbriche vicine di un’altra città industriale ed aver ricevuto l’aiuto della popolazione, si erano imbattuti in una repressione poliziesca estremamente brutale e in un’ondata di arresti tra gli scioperanti.
Il 1° febbraio scorso 23.000 operai si sono messi in sciopero in un movimento che ha toccato 123 aeroporti del paese contro le minacce di licenziamenti. Questo sciopero è stata una risposta al pesante attacco della direzione che progettava di eliminare progressivamente il 40% degli effettivi, in particolare i lavoratori più anziani che rischiavano di non trovare più lavoro. A Delhi ed a Bombay, ed in gran parte anche a Calcutta, il traffico aereo è stato paralizzato per giorni. Lo sciopero è stato dichiarato illegale dalle autorità. Queste hanno mandato la polizia e le forze paramilitari in varie città, in particolare a Bombay, a manganellare gli operai e fargli riprendere il lavoro, in applicazione di una legge che permette la repressione per “atti illegali contro la sicurezza dell’aviazione civile”. Contemporaneamente, da buoni partner della coalizione governativa, sindacati e forze della sinistra radicale borghese negoziavano con il governo già dal 3 febbraio. Insieme hanno poi chiamato gli operai ad incontrare il Primo ministro e li hanno spinti a riprendere il lavoro in cambio di una vana promessa di questo di riesaminare il dossier del piano di licenziamenti negli aeroporti. L’altra tattica è stata quella di tendere alla divisione tra i lavoratori con un’efficace gioco dei ruoli tra chi si faceva sostenitore della resa e chi della continuazione dello sciopero.
La combattività operaia si è espressa anche nelle fabbriche Toyota vicino Bangalore dove gli operai hanno scioperato per 15 giorni a partire dal 4 febbraio contro l’aumento dei ritmi di lavoro, causa di un moltiplicarsi degli incidenti sul lavoro alle catene di montaggio da una parte, e dall’altra di una pioggia di multe. Queste penalità per “rendimento insufficiente” vengono sistematicamente prelevato dai salari. Anche qui, i lavoratori si sono spontaneamente scontrati all’opposizione dei sindacati che hanno dichiarato illegale lo sciopero. La repressione è stata feroce: 1.500 scioperanti su 2.300 sono stati arrestati per “turbativa della pace sociale”. Questo sciopero ha avuto il sostegno attivo di altri operai di Bangalore, il che ha costretto i sindacati e le organizzazioni della sinistra borghese a metter su un “comitato di coordinamento” nelle altre fabbriche della città a sostegno dello sciopero e contro la repressione degli operai della Toyota, per contenere e sabotare questo slancio spontaneo di solidarietà operaia. A metà febbraio altri operai, di altre imprese di Bombay sono venuti a manifestare il loro sostegno a 910 operai della Hindusthan Lever in lotta contro la soppressione di posti di lavoro.
Una maturazione internazionale delle lotte portatrici d’avvenire
Queste lotte confermano pienamente una svolta ed una maturazione, una politicizzazione nella lotta di classe che si è delineata con le lotte del 2003 contro la “riforma” delle pensioni, in particolare in Francia ed in Austria. La classe operaia aveva già manifestato chiaramente delle reazioni di solidarietà operaia che noi abbiamo regolarmente ripercosso nella nostra stampa, in opposizione al completo black-out dei media su queste lotte. Queste reazioni si sono espresse in particolare nello sciopero alla Mercedes-Daimler-Chrysler nel luglio 2004 dove gli operai di Brema scioperarono e manifestarono a fianco dei loro compagni di Sindelfingen-Stuttgart vittime del ricatto del licenziamento in cambio della rinuncia dei loro “privilegi”, quando la direzione dell’impresa si proponeva di trasferire 6.000 posti di lavoro dalla regione di Stoccarda verso il polo di Brema.
Stessa cosa con gli addetti ai bagagli e gli impiegati della British Airways all’aeroporto di Heatrhow che, nell’agosto 2005, nei giorni che hanno seguito gli attentati di Londra ed in piena campagna anti-terrorista della borghesia, si sono messi spontaneamente in sciopero per sostenere i 670 operai pakistani dell’impresa di ristorazione Gate-Gourmet minacciati di licenziamento.
Altri esempi: lo sciopero di 18.000 operai della Boeing per tre settimane nel settembre 2005 dove i lavoratori, rifiutando la nuova convenzione proposta dalla direzione per abbassare l’ammontare delle pensioni e dei rimborsi sanitari, si opponevano alla discriminazione delle misure tra i giovani ed i vecchi operai e tra le diverse fabbriche. Più esplicitamente ancora, al momento dello sciopero nella metropolitana ed i trasporti pubblici a New York nel dicembre scorso, alla vigilia di Natale, e quando l’attacco sulle pensioni toccava esplicitamente solo i futuri assunti, gli operai hanno dimostrato la loro capacità di rifiutare una tale misura di divisione. Lo sciopero ha avuto un ampio seguito, malgrado la pressione dei media, perché la maggior parte dei proletari avevano la piena coscienza di battersi per l’avvenire dei loro figli , per le generazioni a venire (il che smentisce clamorosamente la propaganda su di un proletariato americano integrato o inesistente e quando tradizionalmente i proletari negli Stati Uniti non vengono considerai come l’avanguardia del movimento operaio). Nello scorso dicembre alle fabbriche SEAT della regione di Barcellona gli operai si sono opposti ai sindacati che avevano firmato sulle loro spalle degli accordi vergognosi permettendo il licenziamento di 600 lavoratori.
In Argentina durante l’estate scorsa, la più grande ondata di scioperi da 15 anni a questa parte ha toccato principalmente gli ospedali ed i servizi della sanità, il settore alimentare, gli impiegati della metropolitana di Buenos Aires, i lavoratori dell’amministrazione comunale di varie province, i maestri delle scuole elementari. A varie riprese gli operi di settori diversi si sono uniti alle manifestazioni a sostegno degli scioperanti. In particolare i lavoratori del settore petrolifero, gli impiegati del settore giudiziario, gli insegnanti, i disoccupati hanno raggiunto nella lotta i loro compagni impiegati nell’amministrazione comunale di Caleta Olivia. A Neuquen i lavoratori del settore della sanità si sono uniti alla manifestazione dei maestri in sciopero. In un ospedale per bambini i lavoratori in lotta hanno preteso lo stesso aumento salariale per tutte le categorie professionali. Gli operai sono stati confrontati ad una repressione feroce e a delle vere e proprie campagne di denigrazione da parte dei media.
Non si tratta ancora di lotte di massa, ma sicuramente di manifestazioni significative di un cambiamento nello stato d’animo della classe operaia. Lo sviluppo di un sentimento di solidarietà di fronte ad attacchi molto pesanti e frontali, conseguenza dell’accelerazione della crisi economica e dell’empasse del capitalismo, tende ad affermarsi nella lotta al di là delle barriere che impongono dappertutto le differenti borghesie nazionali: la corporazione, la fabbrica, l’impresa, il settore, la nazionalità. Allo stesso tempo, la classe operaia è spinta a prendere in carico in prima persona le proprie lotte e ad affermarsi come tale, a prendere poco a poco fiducia nelle sue proprie forze. E’ anche portata a confrontarsi alle manovre della borghesia ed al sabotaggio dei sindacati per isolare ed intrappolare gli operai. In questo lungo e difficile processo di maturazione, la presenza di giovani generazioni di operai combattivi che non hanno subito l’impatto ideologico del riflusso della lotta di classe del “dopo 1989”, costituisce un importante fermento dinamico. Per questo le lotte attuali, nonostante tutti i loro limiti e le loro debolezze, costituiscono un incoraggiamento e sono portatrici di un avvenire per lo sviluppo della lotta di classe.
Wim, 24 mars 2006