Dall’Iran alla Siria, si accelerano le manovre imperialiste

Printer-friendly version
Il seguente articolo, tradotto da World Revolution (organo di stampa della CCI in Gran Bretagna), è stato scritto da un simpatizzante della nostra organizzazione, prima del recente attacco contro l’ambasciata britannica in Iran.

Il 29 novembre, degli studenti hanno fatto irruzione nell’edificio, causando danni agli uffici dell’ambasciata e a dei veicoli. Dominick Chilcott, l’ambasciatore britannico, in un’intervista alla BBC, ha accusato il regime iraniano di essere dietro questi attacchi “spontanei”. Per rappresaglia, il Regno Unito ha espulso l’ambasciata iraniana di Londra. Questi avvenimenti sono un nuovo episodio della crescente tensione in Medio Oriente tra l’Occidente e l’Iran, sulla questione delle armi nucleari della Siria. Il recente rapporto dell’AIEA (International Atomic Energy Agency) sul nucleare iraniano ha dichiarato che l’Iran aveva sviluppato un programma nucleare militare. In risposta, la Gran Bretagna, il Canada e gli Stati Uniti hanno introdotto delle nuove sanzioni. In questi ultimi giorni l’Iran ha affermato di aver abbattuto un drone americano che tentava di raccogliere informazioni militari. Rispetto alla Siria, l’articolo menziona la collaborazione tra il regime di Assad e la Guardia Rivoluzionaria Iraniana nel massacro della popolazione siriana. Nell’attacco all’ambasciata britannica, si è visto ugualmente un colpo di mano da parte della sezione giovanile del Basij, teleguidato da El-Assad.

Oltre alle rivalità interimperialiste, non dobbiamo mai dimenticare le rivalità interne all’interno delle stesse borghesie nazionali. L’estate scorsa è risultato chiaro che stava aumentando la distanza tra il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad e l’ayatollah Ali Khamenei. Malgrado le sue diatribe antisemite e la sua retorica piena di vaneggiamenti, Ahmadinejad rappresenta una frazione della borghesia iraniana che vuole mantenere qualche legame con l’Occidente. Khamenei aveva arrestato alcuni dei più stretti alleati di Ahmadinejad nel governo silurato. In risposta, Ahmadinejad si è messo “in sciopero” per 11 giorni, rifiutandosi di svolgere le sue funzioni di capo del governo. I recenti eventi relativi al saccheggio dell’Ambasciata britannica sono considerati da alcuni analizzatori politici come facenti parte di questa querelle. Si pensa che Khamenei e i suoi sostenitori conservatori siano dietro gli attacchi per minare la politica più conciliante di Ahmadinejad e fargli perdere credibilità in vista delle prossime elezioni del 2012.

Con l’aggravarsi delle tensioni tra l’Iran e l’Occidente, alcuni prevedono lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale. La questione è un’altra e bisogna chiedersi: i lavoratori del Medio Oriente e dell’Occidente sono pronti ad essere mobilitati a sostegno di un’altra grande guerra? In realtà i lavoratori di tutto il mondo sopportano il peso della crisi sulle loro spalle e cominciano a rispondere. La guerra significherebbe ancor più austerità, più violenza contro i lavoratori, più disperazione. I lavoratori non hanno alcun interesse in questi massacri imperialisti sanguinari e non sono disposti ad esservi arruolati in massa.

CCI (28 gennaio)

Contributo del compagno

Dopo otto mesi di proteste, nate all’interno di un movimento regionale e internazionale contro l’oppressione, la disoccupazione e la miseria, che ha coinvolto drusi, sunniti, cristiani, curdi, uomini, donne e bambini, gli avvenimenti in Siria hanno preso un aspetto sinistro. Se rispetto alla difesa dei propri interessi e della loro strategia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia diffidano di un attacco diretto contro l’Iran, tuttavia possono contribuire a un’aggressione al suo più stretto alleato, il regime di Assad in Siria, nella logica delle rivalità inter-imperialiste. Le brutali forze di sicurezza di Assad, con il supporto logistico di “300-400 Guardiani della Rivoluzione” d’Iran (The Guardian, 17 novembre 2011), hanno massacrato migliaia di persone e dato nascita alla falsa e ipocrita “preoccupazione per i civili” da parte delle tre maggiori potenze del fronte anti-iraniano citate sopra. Come nel caso della Libia, anche adesso gli Stati Uniti sono i “registi occulti” dell’operazione, questa volta spingendo la Lega araba, di cui la Siria era una potenza importante, a sospendere l’adesione di questo paese e sottomettendolo a delle ulteriori umilianti scadenze. Al contempo spinge la Lega araba a distaccarsi dagli alleati algerini, iracheni e libanesi di Assad. In prima fila tra i sostenitori di questa preoccupazione-bidone per la vita e l’integrità fisica della popolazione si trova il regime assassino dell’Arabia Saudita che, qualche tempo fa, aveva inviato circa 2.000 soldati delle sue truppe scelte, formate dalla Gran Bretagna, per schiacciare le dimostrazioni nel Bahrain e per proteggere gli interessi e le basi statunitensi e britanniche. Per colmo dell’ipocrisia, la conferma della sospensione da parte della Siria del suo “bagno di sangue” è stato fatto dalla riunione della Lega Araba nella capitale marocchina, Rabat, il 16 novembre, mentre le forze di sicurezza di questo paese stavano per attaccare e reprimere migliaia di suoi manifestanti. Esistono delle ramificazioni imperialiste più ampie rispetto all’azione della Lega araba, nel senso che le sue decisioni sono state condannate dalla Russia, ma sostenute dalla Cina.

La Gran Bretagna e gli Stati Uniti spingono in avanti in questa direzione non solo la Lega Araba, ma anche la potenza regionale che è la Turchia, che ha anche partecipato alle riunioni a Rabat. Dopo aver apparentemente scoraggiato lo Stato turco a stabilire una sorta di zona cuscinetto o una “no-fly zone” al confine tra la Turchia e la Siria, l’amministrazione americana ha cambiato idea. Così, Ben Rhodes, consigliere di Obama per la sicurezza nazionale, la settimana scorsa ha detto: “Salutiamo con forza l’atteggiamento di fermezza preso dalla Turchia ...”. Il leader in esilio dei Fratelli Musulmani in Siria ha anche dichiarato la settimana scorsa ai giornalisti che l’azione militare turca (“per proteggere i civili”, naturalmente) sarebbe accettabile (The Guardian, 18 novembre 2011). La possibilità di una zona cuscinetto lungo il confine pesantemente militarizzato turco-siriano permetterebbe al misterioso “Esercito siriano libero”, ben impiantato in Turchia (e in Libano) e, per ora numericamente inferiore all’esercito siriano, di muoversi con un armamento molto più pesante. In questa convergenza di interessi imperialisti si trovano gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, la maggior parte della Lega Araba, vari esponenti della sinistra, i Fratelli Musulmani ed gli jihadisti salafiti della Siria che hanno assunto un ruolo maggiore nell’opposizione ad Assad. Inoltre, la destabilizzazione della regione e la prospettiva di un aggravamento dei problemi sono ben evidenti in due cose: sia nel monito del presidente turco Gul rivolto alla Siria, che precisava che questa avrebbe dovuto pagare per il fatto di creare problemi nel sud-est curdo della Turchia; sia nella “rinnovata volontà di Washington di ignorare le incursioni militari turche contro le basi della guerriglia curda nel nord dell’Iraq” (The Guardian, 18 novembre 2011). Tutta questa instabilità, alimentata da queste potenze e questi interessi, rendono molto probabile l’intervento militare da parte della Turchia in territorio siriano. “L’esercito siriano libero” è stato anch'esso implicato in uccisioni settarie e di civili in Siria (Newsnight, 17 novembre 2011) e, poiché opera a partire dai suoi rifugiati al di fuori del paese, per combattere e uccidere le forze governative e la polizia, le rappresaglie ricadono sulla popolazione civile. Il Consiglio Nazionale Siriano, che ha fatto la sua comparsa il mese scorso, ha fatto appello ad un intervento militare contro le forze di Assad, mentre un’altra forza di opposizione, il Comitato di Coordinamento Nazionale, ha denunciato questa posizione. Il ministro francese degli Affari Esteri, Alain Juppé, ha già incontrato le forze di opposizione a Parigi e il segretario del Foreing Office inglese, Hague, li ha incontrati a Londra il 21 novembre. Non è stato precisato quali fossero queste “forze di opposizione” nè se includessero l’Esercito siriano libero, il Consiglio Nazionale siriano, il Comitato di Coordinamento Nazionale, l’opposizione curda, i Fratelli Musulmani e gli jihadisti salafiti. Inoltre, le coalizioni di opposizione includono degli stalinisti, undici organizzazioni curde, delle strutture tribali e di clan, più una quantità sconcertante di settori dagli interessi contrastanti. In ogni caso, Hague ha fatto appello ad un “fronte unito” ed ha nominato un “ambasciatore designato” per loro (BBC News, 21 novembre)!

Teheran, l’obiettivo finale.

Da diversi anni gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, Israele e l’Arabia Saudita hanno montato l’isteria anti-iraniana ed è questo che si nasconde dietro il loro sostegno all’opposizione siriana e la loro “preoccupazione per i civili”. Questa campagna è stata notevolmente potenziata con un recente rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), che lasciava intravedere una “possibile” dimensione militare alle ambizioni nucleari dell’Iran. Ma gli Stati Uniti accerchiano l’Iran da qualche tempo. Sul confine orientale dell’Iran ci sono oltre centomila soldati americani in Afghanistan, a nord-est, c’è il Turkmenistan, con le sue basi militari americane. Nel sud del Bahrain ci sono le basi navali americane e britanniche. Anche nel Qatar, c’è la sede del comando delle forze statunitensi e la marionetta anti-iraniana, l’Arabia Saudita. L’unico spazio dove l’Iran può respirare ora è attorno al suo confine occidentale con l’Iraq e anche qui le forze speciali statunitensi e britanniche hanno fatto una serie di incursioni dirette o indirette: nel 2007, Bush ha ottenuto l’approvazione del Congresso per un programma di 400 milioni di dollari per sostenere i gruppi “etnici”, mentre più di recente Seymour Hersh nel The Daily Telegraph e Brian Ross della ABC hanno avuto informazioni segrete sul gruppo di gangster terroristi iraniano Jundullah.. Il leader del gruppo, Abdolmalek Rigi, catturato dai servizi segreti iraniano mentre andava a Doha, ha affermato di essersi incontrato con la CIA alla base aerea americana di Manas nel Kirghizistan per dare il suo aiuto in degli attacchi terroristici in Iran.

Al largo delle coste dell’Iran, nel Golfo Persico e in tutta la regione del Golfo, vi è un’enorme concentrazione di navi da guerra americane: gli Stati Uniti vanno così a rafforzare la loro attività in Kuwait, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti. Recenti rivelazioni (The Guardian, 11 marzo 2011) hanno mostrato che la Gran Bretagna stava preparando dei piani di intervento con le forze americane per un possibile attacco navale ed aereo contro obiettivi in Iran.

A soli 1500 km circa di distanza si trova Israele, che possiede armi nucleari, che è stata coinvolta nell’attacco al virus Stuxnet, che è riuscita ad arrestare definitivamente all’incirca un quinto degli impianti nucleari dell'Iran, e che è coinvolta ancora nella morte di scienziati iraniani, tra cui un esperto nucleare di primo piano, il generale maggiore Moghaddam, ucciso con 16 altre persone in una enorme esplosione in una base dei Guardiani della Rivoluzionarie, nei pressi di Teheran, poco tempo fa. Ancora una volta, l’ipocrisia della democrazia supera la nostra fantasia: a dispetto della loro retorica sul disarmo, la British American Security Information Council afferma che gli Stati Uniti spenderanno 700 miliardi di dollari per l’ammodernamento dei loro impianti nucleari nel corso del prossimo decennio e che “altri paesi, tra cui Cina, India, Israele, Francia e Pakistan dovranno spendere ingenti somme per i sistemi missilistici tattici e strategici” (The Guardian, 31 ottobre 2011). La relazione prosegue affermando che “alle armi nucleari viene assegnato un ruolo che va oltre la dissuasione ... un ruolo da armi da guerra nella pianificazione militare”. Per quanto riguarda Israele, il rapporto dichiara: “... la dimensione delle testate nucleari dei missili da crociera della sua flotta sottomarina è aumentata e il paese sembra essere sulla buona strada, grazie al suo programma di lancio con il suo satellite lanciarazzi, per il futuro sviluppo di un missile balistico intercontinentale (ICBM)”.

La Gran Bretagna, che ha contribuito a fornire ad Israele delle armi nucleari, non è menzionata in questo rapporto commissionato da questo paese. Tutti sanno che un attacco all’Iran sarebbe una follia, anche il Mossad e lo Shin Bet, i servizi segreti per la sicurezza esterna ed interna di Israele. Utilizzando il loro canale abituale per produrre fughe di notizie contro i loro politici, il quotidiano kuwaitiano Al-Jarida, entrambe queste agenzie hanno espresso seri dubbi sull’attacco e il capo del Mossad, che è recentemente andato in pensione, Meir Dagan, ha definito la prospettiva di un attacco all’Iran “la più stupida delle idee” di cui avesse mai sentito parlare. Ma il fatto che sia stupida o irrazionale non la rende per questo improbabile: basta guardare le guerre in Iraq e l’incubo senza fine, del tutto irrazionale, in Afghanistan e Pakistan. La Siria è un altro passo visibile nella trasformazione della guerra segreta contro l’Iran. Ciò non ha nulla a che fare con “la protezione dei civili”, ma si identifica totalmente nel progredire degli obiettivi sempre più irrazionali imposti da un sistema capitalista in piena decadenza.

Baboon (21 novembre)

Geografiche: 

Questioni teoriche: