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La CCI ha tenuto il suo 19° congresso lo scorso maggio. Il congresso costituisce, in generale, il momento più importante della vita delle organizzazioni rivoluzionarie e, dal momento che queste sono parti integranti della classe operaia, è loro compito portare a conoscenza di quest’ultima le principali conclusioni del loro congresso. E’ quello che ci proponiamo con questo articolo. La prima cosa da segnalare subito è che lo stesso congresso ha messo in pratica questa volontà di apertura verso l’esterno dell’organizzazione visto che, oltre alle delegazioni delle sezioni della CCI erano presenti non solo dei suoi simpatizzanti o membri di circoli di discussione ai quali militanti della CCI partecipano, ma anche delle delegazioni di altri gruppi con cui la CCI è in contatto e in discussione, due gruppi della Corea e Opop del Brasile[1]. Altri gruppi erano stati invitati e avevano accettato l’invito, ma non sono potuti venire a causa degli ostacoli sempre più severi che la borghesia europea oppone ai cittadini dei paesi non europei.
Secondo gli statuti della nostra organizzazione:
«Il Congresso internazionale è l’organo sovrano della CCI. Come tale esso ha per compiti di:
- elaborare le analisi e gli orientamenti generali dell’organizzazione, in particolare per quanto riguarda la situazione internazionale;
- esaminare e fare il bilancio delle attività dell’organizzazione dopo il congresso precedente;
- definire le sue prospettive di lavoro per il futuro.»
E’ a partire da questi elementi che si può tirare il bilancio e gli insegnamenti del 19° congresso.
La situazione internazionale
Il primo punto che è importante affrontare è quello delle nostre analisi e discussioni sulla situazione internazionale. In effetti se l’organizzazione non è capace di elaborare una comprensione chiara di questa situazione, essa non è capace di intervenirvi in maniera appropriata. La storia ci ha insegnato come può essere catastrofica una valutazione sbagliata della situazione internazionale da parte delle organizzazioni rivoluzionarie. Come caso più drammatico si può ricordare la sottovalutazione del pericolo di guerra da parte della maggioranza della II Internazionale alla vigilia della prima carneficina imperialista mondiale, laddove nel periodo precedente, sotto l’impulso della Sinistra dell’Internazionale, i suoi congressi avevano correttamente messo in guardia contro questo pericolo e avevano chiamato il proletariato alla mobilitazione contro di esso.
Un altro esempio è quello dell’analisi fatta da Trotsky durante gli anni trenta, quando lui vedeva negli scioperi operai in Francia del 1936 o nella guerra civile in Spagna le premesse di una nuova ondata rivoluzionaria internazionale. Questa analisi lo portò a fondare, nel 1938, una «IV Internazionale» che doveva, di fronte alla «politica conservatrice dei partiti comunisti e socialisti», prendere il loro posto alla testa «delle masse di milioni di uomini [che] si impegnano senza tregua sulla via della rivoluzione». Questo errore contribuì fortemente al passaggio delle sezioni della IV Internazionale nel campo borghese nel corso della Seconda Guerra Mondiale : volendo ad ogni costo «restare incollati alle masse», esse si sono infognate nelle politiche della «Resistenza» condotte dai partiti socialisti e «comunisti», cioè nel sostegno al campo imperialista degli Alleati.
Per venire più vicini a noi, si è visto come certi gruppi che si richiamavano alla Sinistra Comunista siano rimasti ai margini dello sciopero generale del Maggio ’68 in Francia e dell’insieme del movimento internazionale di lotte operaie che l’hanno seguito, perché lo consideravano un «movimento di studenti». Si è anche assistito al triste destino di altri gruppi, che, considerando che il maggio ’68 fosse una «rivoluzione», sono caduti nella disperazione e sono infine scomparsi quando questo movimento non ha mantenuto le promesse che essi vi avevano visto.
Oggi è della più grande importanza per i rivoluzionari elaborare un’analisi corretta delle prospettive della situazione internazionale perché queste prospettive hanno acquisito, negli ultimi tempi, un’importanza tutta particolare.
Poiché in questo stesso numero pubblichiamo la risoluzione adottata dal Congresso non è necessario ritornare sui punti trattati in essa. Vogliamo sottolinearne solo gli aspetti più importanti.
Il primo, il più fondamentale è il passo decisivo fatto dalla crisi del capitalismo con la crisi del debito statale di certi Stati europei come la Grecia.
"Nei fatti, questo fallimento potenziale di un numero crescente di Stati costituisce una nuova tappa nello sprofondamento del capitalismo nella sua crisi irrisolvibile. Esso mette in rilievo i limiti delle politiche con cui la borghesia è riuscita a frenare l’evoluzione della crisi capitalista da diversi decenni. (…) le misure adottate dal G20 di marzo 2009 per evitare una nuova «grande depressione» sono significative della politica condotta da diversi decenni da parte della classe dominante : essa si riassume nell’iniezione nelle economie di masse considerevoli di crediti. Queste misure non sono nuove. Nei fatti da più di 35 anni esse costituiscono il cuore delle politiche portate avanti dalla classe dominante per cercare di sfuggire alla contraddizione principale del modo di produzione capitalista: la sua incapacità a trovare dei mercati solvibili capaci di assorbire la sua produzione (…) Il potenziale fallimento del sistema bancario e la recessione hanno obbligato tutti gli Stati a iniettare delle somme considerevoli nelle loro economie mentre le vendite erano in caduta libera per la riduzione della produzione. Per questo motivo i deficit pubblici hanno conosciuto, nella gran parte dei paesi, un aumento considerevole. Per i più esposti tra questi, come l’Irlanda, la Grecia o il Portogallo, ciò ha significato una situazione di potenziale fallimento, l’incapacità di pagare i loro funzionari e di rimborsare i loro debiti. (…) I “piani di salvataggio” di cui esse hanno beneficiato da parte della Banca europea e del Fondo monetario internazionale costituiscono dei nuovi debiti il cui rimborso si aggiunge a quello dei debiti precedenti. E’ più che un circolo vizioso, è una spirale infernale. (…) La crisi del debito sovrano dei PIIGS (Portogallo, Islanda, Irlanda, Grecia, Spagna) costituisce solo una parte infima del terremoto che minaccia l’economia mondiale. Non è certo perché beneficiano ancora per il momento del rating AAA come indice di fiducia delle agenzie di rating … che le grandi potenze industriali se la cavano molto meglio… la prima potenza mondiale corre il rischio di vedersi ritirata la fiducia “ufficiale” sulla sua capacità di rimborsare i suoi debiti, se non con un dollaro fortemente svalutato…per tutti i paesi, la situazione é solo peggiorata nonostante i diversi piani di rilancio…Pertanto il fallimento dei PIIGS costituisce solo la punta di un iceberg che nasconde il fallimento di un’economia mondiale che deve la sua sopravvivenza ormai da decenni alla disperata fuga in avanti nell’indebitamento. (…) la crisi dell’indebitamento marca l’entrata del modo di produzione capitalista in una nuova fase della sua crisi acuta in cui si aggravano ulteriormente la violenza e l’estensione delle sue convulsioni. Non c’è via di “uscita dal tunnel” per il capitalismo. Questo sistema può solo condurre la società in una crescente barbarie.”
Il periodo successivo al congresso ha confermato questa analisi. Da una parte, la crisi dei debiti sovrani dei paesi europei, che adesso è chiaro che non riguarda solo i «PIIGS» (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) ma minaccia tutta la zona Euro, ha cominciato ad occupare l’attualità in maniera sempre più insistente. E non è il presunto «successo» del vertice europeo del 22 luglio sulla Grecia che cambierà granché le cose. Tutti i precedenti vertici avevano preteso di aver risolto in maniera duratura le difficoltà incontrate da questo paese, e oggi vediamo con che efficacia!
D’altra parte, nello stesso momento, con le difficoltà incontrate da Obama per far adottare la sua politica economica, i mezzi di informazione «scoprono» che anche gli Stati Uniti sono afflitti da un debito sovrano colossale, il cui livello (130% del PIL) non ha niente da invidiare a quello dei PIIGS. Questa conferma delle analisi che erano state fatte al congresso non deriva da nessun merito speciale della nostra organizzazione. Il solo «merito» che noi rivendichiamo è quello di essere fedeli alle analisi classiche del movimento operaio che hanno sempre, dopo lo sviluppo della teoria marxista, messo in avanti il fatto che il modo di produzione capitalista, come i precedenti, non era che transitorio e che esso non potrà, alla fine, superare le sue contraddizioni economiche. E’ in questo quadro dell’analisi marxista che si è sviluppata la discussione al congresso. Si sono anche espressi diversi punti di vista, in particolare sulle cause ultime delle contraddizioni del capitalismo (che richiamano in gran parte quelli espressi nel nostro dibattito sul boom economico del dopoguerra[2]) o anche sulla possibilità che l’economia mondiale cada nell’iperinflazione a causa dell’utilizzazione sfrenata da parte degli Stati della stampa di carta moneta, in particolare gli Stati Uniti. Ma c’è stata una omogeneità reale nel sottolineare tutta la gravità della situazione attuale, come affermato nella risoluzione approvata all’unanimità.
Il congresso ha anche discusso sull’evoluzione dei conflitti imperialisti, come riportato nella risoluzione. Su questo piano i due anni che ci separano dal precedente congresso non hanno portato elementi fondamentalmente nuovi, se non una conferma del fatto che , malgrado tutti i suoi sforzi militari, la prima potenza mondiale si mostra incapace di ristabilire la leadership che aveva esercitato al momento della Guerra Fredda e che il suo impegno in Iraq e in Afganistan non hanno potuto stabilire una «Pax americana» sul mondo, al contrario: «Il “nuovo ordine mondiale” predetto 20 anni fa da Georg Bush padre, e che lui sognava sotto l’egida degli Stati Uniti, non può che presentarsi sempre più come un “caos mondiale”, un caos che le convulsioni dell’economia capitalista non potranno che aggravare ancora. “ (punto 8 della risoluzione).
Era naturalmente importante che il congresso si occupasse in particolare dell’attuale evoluzione della lotta di classe, dal momento che, al di là dell’importanza primaria che questa questione ha per i rivoluzionari, il proletariato si confronta oggi in tutti i paesi a degli attacchi senza precedenti alle sue condizioni di esistenza. Questi attacchi sono particolarmente brutali nei paesi messi sotto tutela dalla Banca Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, come la Grecia. Ma essi si scatenano in tutti i paesi con l’esplosione della disoccupazione e soprattutto a seguito della necessità per tutti i governi di ridurre i deficit di bilancio.
La risoluzione adottata al precedente congresso metteva avanti che: “la forma principale che prende oggi questo attacco,quella dei licenziamenti di massa, non favorisce, in un primo momento, l’emergenza di tali movimenti [lotte di massa] . Sarà in un secondo momento, quando essa sarà capace di resistere ai ricatti della borghesia, quando si imporrà l’idea che sono la lotta unita e solidale può frenare la brutalità degli attacchi della classe dominante, in particolare quando questa cercherà di far pagare a tutti i lavoratori gli enormi deficit statali che si accumulano oggi con i piani di salvataggio delle banche e di “rilancio” dell’economia, che lotte operaie di grande ampiezza potranno svilupparsi molto di più.”
Il 19° congresso ha constatato che: “I due anni che ci separano dal precedente congresso hanno ampiamente confermato questa previsione. Questo periodo non ha conosciuto lotte ampie contro i licenziamenti di massa e contro la crescita senza precedenti della disoccupazione subiti dalla classe operaia nei paesi più sviluppati. Al contrario, è a partire dagli attacchi portati direttamente dai governi in applicazione dei piani di “risanamento dei conti pubblici” che hanno cominciato a svilupparsi delle lotte significative.”
Tuttavia il Congresso ha dovuto constatare che: “Questa risposta è ancora molto timida, particolarmente là dove questi piani di austerità hanno preso le forme più violente, in paesi come la Grecia o la Spagna per esempio dove, tuttavia, la classe operaia aveva dato prova nel recente passato di una combattività relativamente importante. In un certo modo sembra che la brutalità stessa degli attacchi provochi un sentimento d’impotenza nei ranghi operai, tanto più che questi attacchi sono condotti da governi “di sinistra”.
In seguito la classe operaia ha mostrato in questi stessi paesi che essa non si rassegnava. Lo si è visto in particolare in Spagna,dove il movimento degli «Indignati» è diventato per parecchi mesi una specie di «faro» per gli altri paesi d’Europa o di altri continenti.
Questo movimento è cominciato nel momento stesso in cui si svolgeva il congresso e questo non ha potuto, evidentemente, discuterne. Viceversa il congresso si è soffermato sui movimenti sociali che avevano toccato i paesi arabi alla fine dello scorso anno. In proposito non c’è stata una omogeneità totale, anche per il loro carattere inedito, ma l’insieme del congresso si è ritrovato sull’analisi che si trova nella risoluzione: «i movimenti più di massa che si sono conosciuti nel corso dell’ultimo periodo non sono venuti dai paesi più industrializzati ma dai paesi della periferia del capitalismo, particolarmente in un certo numero di paesi del mondo arabo, e specificamente la Tunisia e l’Egitto dove, alla fine, dopo aver tentato di soffocarli con una feroce repressione, la borghesia è stata costretta a licenziare i dittatori del posto. Questi movimenti non erano delle lotte operaie classiche come ce n’erano state in questi stessi paesi in un recente passato (vedi ad esempio le lotte a Gafsa in Tunisia nel 2008 o gli ampi scioperi nell’industria tessile in Egitto, durante l’estate del 2007, che ricevettero la solidarietà attiva da parte di numerosi altri settori). Infatti hanno preso spesso la forma di rivolte sociali in cui si trovavano associati ogni sorta di settore della società: lavoratori del settore pubblico e privato, disoccupati, ma anche dei piccoli commercianti, degli artigiani, le professioni libere, la gioventù scolarizzata, ecc. E’ per questo che il proletariato, il più delle volte, non è comparso direttamente in maniera distinta (come è apparso, per esempio, negli scioperi in Egitto verso la fine delle rivolte), ancor meno assumendo il ruolo di forza dirigente. Tuttavia, all’origine di questi movimenti (cosa che si rifletteva in molte delle rivendicazioni portate avanti) si trovano fondamentalmente le stesse cause che sono all’origine delle lotte operaie negli altri paesi: l’aggravamento considerevole della crisi, la miseria crescente che questa provoca all’interno di tutta la popolazione non sfruttatrice. E se in generale il proletariato non é apparso direttamente come classe in questi movimenti, la sua impronta era ben presente in questi paesi dove ha avuto un peso notevole, particolarmente attraverso la profonda solidarietà che si è manifestata nelle rivolte, la loro capacità di evitare di lanciarsi in atti di violenza cieca e disperata malgrado la terribile repressione che hanno dovuto affrontare. In fin dei conti, se la borghesia in Tunisia e in Egitto si é finalmente decisa, spinta anche dai buoni consigli della borghesia americana, a sbarazzarsi dei vecchi dittatori, è in gran parte a causa della presenza della classe operaia in questi movimenti.”
Questo riemergere della classe operaia nei paesi della periferia del capitalismo ha portato il congresso a tornare all’analisi elaborata dalla nostra organizzazione al momento dello sciopero di massa del 1980 in Polonia: «Allora la CCI aveva messo avanti, basandosi sulle posizioni elaborate da Marx ed Engels, che è dai paesi centrali del capitalismo, e in particolare dai vecchi paesi industriali dell’Europa occidentale, che verrà il segnale della rivoluzione proletaria mondiale, grazie alla concentrazione del proletariato in questi paesi, e più ancora per la sua esperienza storica, che gli danno le migliori armi per smascherare finalmente le trappole ideologiche più sofisticate messe in atto da lungo tempo da parte della borghesia. Così una delle tappe fondamentali del movimento della classe operaia mondiale nel futuro sarà costituita non solo dallo sviluppo di lotte di massa nei paesi dell’Europa occidentale, ma anche per la loro capacità a smascherare le trappole democratiche e sindacali, in particolare attraverso la presa in mano delle lotte da parte dei lavoratori stessi. Questi movimenti costituiranno un faro per la classe operaia mondiale, ivi compresa quella della principale potenza capitalista, gli Stati Uniti, la cui caduta in una miseria crescente, una miseria che tocca già decine di milioni di lavoratori, sta per trasformare il ‘sogno americano’ in un vero incubo.»
Questa analisi ha conosciuto una prima verifica con il recente movimento degli ‘Indignati’. Mentre i manifestanti di Tunisi o del Cairo imbracciavano la bandiera nazionale come emblema della loro lotta, le bandiere nazionali erano assenti nella maggior parte delle città europee alla fine della scorsa primavera (in Spagna in particolare). Certo, il movimento degli ‘indignati’ è ancora fortemente intriso di illusioni democratiche, ma esso ha il merito di mettere in evidenza che ogni Stato, anche il più ‘democratico’ e anche se vestito di ‘sinistra’, è un nemico feroce degli sfruttati.
L’intervento della CCI nello sviluppo delle lotte della classe
Come si è ricordato prima, la capacità delle organizzazioni rivoluzionarie di analizzare correttamente la situazione storica in cui esse si trovano, anche sapendo eventualmente rimettere in discussioni delle analisi che sono state inficiate dalla realtà dei fatti, condiziona la qualità, nella forma come nel contenuto, del loro intervento in seno alla classe operaia, cioè, in fin dei conti, della loro capacità di essere all’altezza delle responsabilità per cui quest’ultima le ha fatte sorgere.
Il 19° congresso della CCI, sulla base dell’esame della crisi economica, dei terribili attacchi che questa scatenerà contro la classe operaia e sulla base delle prime risposte di questa a questi attacchi, ha considerato che noi stiamo entrando in un periodo di sviluppo di lotte proletarie ben più intense e massicce di quelle che si sono avute dal 2003 ad oggi. In questo campo, forse ancora più che in quello dell’evoluzione della crisi che lo condiziona fortemente, è difficile fare delle previsioni a breve termine. Sarebbe illusorio cercare dove e quando si svilupperanno le prossime lotte importanti della classe. Quello che è importante fare, piuttosto, è tracciare una tendenza generale ed essere particolarmente vigilanti di fronte all’evoluzione della situazione per poter reagire rapidamente ed in modo appropriato quando questa lo richiederà sia in termini di prese di posizione che di intervento diretto nelle lotte.
Il 19° congresso ha valutato che il bilancio dell’intervento della CCI dopo il precedente congresso era indiscutibilmente positivo. Tutte le volte che è stato necessario, e spesso in maniera molto rapida, prese di posizione sono state pubblicate in numerose lingue sul nostro sito internet e sulla nostra stampa cartacea dei diversi paesi. Nella misura delle nostre deboli forze, questa è stata diffusa largamente nelle manifestazioni che hanno accompagnato i movimenti sociali che ci sono stati nello scorso periodo, in particolare al momento del movimento contro la riforma delle pensioni nell’autunno 2010 in Francia o al momento delle mobilitazioni della gioventù scolarizzata contro gli attacchi che toccavano in particolare gli studenti provenienti dalla classe operaia (come l’aumento consistente delle tasse di iscrizione nelle università britanniche alla fine del 2010). Parallelamente la CCI ha tenuto delle riunioni Pubbliche in numerosi paesi e su diversi continenti sui movimenti sociali in corso. Ancora, dei militanti della CCI sono intervenuti, ogni volta che è stato possibile, nelle assemblee, nei comitati di lotta, nei circoli di discussione, nei forum Internet per sostenere le analisi e le posizioni dell’organizzazione e partecipare al dibattito internazionale che questi movimenti avevano suscitato.
Questo bilancio non è un atto propagandistico destinato a consolare i militanti o ingannare quelli che leggeranno questo articolo. Esso può essere verificato, e contestato, da tutti quelli che hanno seguito le attività della nostra organizzazione, dal momento che stiamo parlando di attività pubbliche.
Il congresso ha anche tirato un bilancio positivo del nostro intervento verso elementi e gruppi che difendono delle posizioni comuniste o che si avvicinano a queste posizioni.
In effetti, la prospettiva di uno sviluppo significativo delle lotte operaie porta con sé quella della formazione di minoranze rivoluzionarie. Prima ancora che il proletariato mondiale non si sia impegnato in lotte di massa, si è potuto constatare (come era stato riscontrato già nella risoluzione adottata dal 17° congresso[3]) che questa formazione cominciava a intravedersi, come conseguenza del fatto che a partire dal 2003 la classe operaia aveva cominciato a superare il riflusso che aveva subito in seguito al crollo del cosiddetto blocco ‘socialista’ nel 1989 e alle forti campagne sulla ‘fine del comunismo’, se non addirittura ‘fine della lotta di classe’. In seguito, anche se in maniera ancora timida, questa tendenza si è confermata, il che ha portato allo stabilirsi di contatti e discussioni con elementi e gruppi in un numero significativo di paesi. «Questo fenomeno di sviluppo di contatti riguarda sia paesi in cui la CCI non ha sezioni, che altri in cui è già presente. Tuttavia l’afflusso dei contatti non è immediatamente riscontrabile a livello di ogni paese in cui la CCI esiste. Si può anche dire che le sue manifestazioni più evidenti sono ancora riservate a una minoranza delle sezioni della CCI.» (Presentazione al congresso del rapporto sui contatti).
Nei fatti, molto spesso, i nuovi contatti della nostra organizzazione sono apparsi in paesi in cui non esiste (o non esiste ancora) una sua sezione. E’ quello che si è potuto constatare per esempio al momento della conferenza ‘panamericana’ che si è tenuta nel novembre 2010 e in cui erano presenti, oltre ad Opop e altri compagni del Brasile, dei compagni del Perù, di S. Domingo e dell’Equador[4]. Per lo sviluppo di questi contatti «il nostro intervento verso questi ultimi ha conosciuto una accelerazione molto importante, che ha richiesto un investimento militante e finanziario superiore a quanto avevamo fatto nel passato per questa attività, cosa che ha permesso che abbiano avuto luogo gli incontri e le discussioni più numerose e ricche della nostra esistenza» (Rapporto sui contatti presentato al congresso).
Questo rapporto «mette l’accento sulle novità della situazione riguardante i contatti, in particolare la nostra collaborazione con gli anarchici. Noi siamo riusciti, in certe occasioni, a fare causa comune nelle lotte con elementi o gruppi che si trovano nel nostro stesso campo, quello dell’internazionalismo.» (Presentazione del rapporto al congresso). Questa collaborazione con elementi e gruppi che si richiamano all’anarchismo ha suscitato al nostro interno numerose e ricche discussioni che ci hanno permesso di conoscere meglio i diversi aspetti di questa corrente e in particolare di capire tutta l’eterogeneità esistente al suo interno (dal puro gauchisme, pronto a sostenere ogni tipo di movimenti o ideologie borghesi, come il nazionalismo, fino ad elementi chiaramente proletari e difensori di un internazionalismo irreprensibile).
«Un’altra novità è a nostra collaborazione, a Parigi, con elementi che si richiamano al trotskysmo (…) Essenzialmente questi elementi (…) erano molto attivi [durante la mobilitazione contro la riforma delle pensioni] nel senso di favorire la presa in carico da parte della classe operaia delle sue lotte, al di fuori del quadro sindacale e favorivano lo sviluppo della discussione tra i lavoratori, proprio come avrebbe fatto la CCI. Perciò noi avevamo tutte le ragioni per associarci ai loro sforzi. Che poi il loro atteggiamento fosse in contraddizione con la pratica classica del trotzkismo, non può che andarci bene.» (Presentazione del rapporto)
Così il congresso ha potuto tirare un bilancio positivo della politica della nostra organizzazione verso gli elementi che difendono le posizioni rivoluzionarie o che si stanno avvicinando ad esse. Questa è una parte importante del nostro intervento verso la classe operaia, quella che partecipa alla futura costituzione di un partito rivoluzionario, indispensabile per il trionfo della rivoluzione comunista[5].
Le questioni di organizzazione
Ogni discussione sulle attività di una organizzazione rivoluzionaria deve puntare al bilancio del suo funzionamento. E’ su questo piano che il congresso, sulla base dei differenti rapporti, ha constatato le più grandi debolezze nella nostra organizzazione. Abbiamo già trattato pubblicamente, nella nostra stampa o anche in riunioni pubbliche, delle difficoltà organizzative che la CCI ha potuto conoscere per il passato. Non è esibizionismo, ma una pratica classica del movimento operaio. Il congresso si è lungamente soffermato su queste difficoltà e in particolare sullo stato a volte degradato del tessuto organizzativo e del lavoro collettivo che pesa su un certo numero di sezioni. Noi non pensiamo che la CCI conosce oggi una crisi come fu il caso nel 1981, 1993 o 2001. Nel 1981 ci fu l’abbandono da parte di una fetta significativa dell’organizzazione dei principi politici e organizzativi su cui essa era stata fondata, cosa che provocò convulsioni abbastanza serie e in particolare la perdita della metà della nostra sezione in Gran Bretagna. Nel 1993 e nel 2001, la CCI ha dovuto affrontare delle difficoltà di tipo clanico che avevano provocato il rigetto della lealtà organizzativa e nuove perdite di militanti (in particolare dei membri della sezione di Parigi nel 1995 e dei membri dell’organo centrale nel 2001)[6]. Tra le cause di queste due ultime crisi, la CCI ha identificato il peso delle conseguenze del crollo del blocco ‘socialista’, che ha provocato un riflusso importante nella coscienza del proletariato mondiale, e più in generale della decomposizione sociale che affligge oggi la moribonda società capitalista. Le cause delle difficoltà attuali sono in parte dello stesso ordine, ma esse non comportano fenomeni di perdita di convinzione o di slealtà. Tutti i militanti delle sezioni in cui queste difficoltà si manifestano sono fermamente convinti della validità della lotta condotta dalla CCI, sono totalmente leali verso di essa e continuano a manifestare la loro devozione nei suoi confronti. Mentre la CCI ha dovuto far fronte al periodo più nero conosciuto dalla classe operaia dalla fine della controrivoluzione marcata dal botto del Maggio 1968 in Francia, quello di un riflusso generale della sua coscienza e della sua combattività a partire dall’inizio degli anni ’90, questi militanti sono rimasti «fedeli al loro posto». Molto spesso questi compagni si conoscono e militano insieme da più di trenta anni. Per questo spesso ci sono tra di loro legami di amicizia e fiducia solidi. Ma i piccoli difetti, le piccole debolezze, le differenze di carattere che ognuno deve poter accettare presso gli altri hanno spesso condotto allo sviluppo di tensioni o di una difficoltà crescente a lavorare insieme per decine di anni in piccole sezioni che non sono state irrigate di ‘sangue nuovo’, di nuovi militanti, proprio a causa del riflusso generale subito dalla classe operaia. Oggi questo ‘sangue nuovo’ comincia ad alimentare certe sezioni della CCI, ma è chiaro che questi nuovi membri non potranno essere correttamente integrati se non con un miglioramento del suo tessuto organizzativo. Il congresso ha discusso con molta franchezza di queste difficoltà, cosa che ha spinto qualcuno dei gruppi invitati a parlare anch’esso delle proprie difficoltà organizzative. Tuttavia non è stata apportata nessuna ‘soluzione miracolosa’ a queste difficoltà che erano state già in precedenti congressi. La risoluzione sulle attività che il congresso ha adottato ricorda il comportamento che l’organizzazione ha già adottato e chiama l’insieme dei militanti e sezioni a prenderlo in carico con più sistematicità:
«A partire dal 2001, la CCI si è impegnata in un progetto teorico ambizioso che è stato concepito, tra l’altro, per spiegare e sviluppare cosa è la militanza comunista (e quindi lo spirito di partito). C’è voluto uno sforzo creativo per capire a livello più profondo:
· le radici della solidarietà e della fiducia proletaria;
· la morale e la dimensione etica del marxismo;
· la democrazia e il democraticismo e la loro ostilità verso la militanza comunista;
· la psicologia e l’antropologia e il loro rapporto con il progetto comunista;
· il centralismo e il lavoro collettivo;
· la cultura del dibattito proletario;
· il marxismo e la scienza
In breve, la CCI si è impegnata in uno sforzo per ristabilire una migliore comprensione della dimensione umana dell’obiettivo comunista e dell’organizzazione comunista, per riscoprire l’ampiezza della visione della militanza che si è quasi perduta nel corso della controrivoluzione e quindi per premunirsi contro la riapparizione di circoli, di clan che si sviluppano in un’atmosfera di ignoranza o di negazione di queste questioni più generali di organizzazione e di militanza.» (Punto 10)
«La realizzazione dei principi unitari dell’organizzazione – il lavoro collettivo – richiede lo sviluppo di tutte le qualità umane in legame con lo sforzo teorico per comprendere la militanza comunista in maniera positiva come esposto nel punto 10. Ciò significa che il rispetto reciproco, la solidarietà, i riflessi alla cooperazione, uno spirito caloroso di comprensione e di simpatia per gli altri, i legami sociali e la generosità devono svilupparsi.» (Punto 15)
La discussione su "Marxismo e scienza"
Una delle insistenze delle discussioni e della risoluzione adottata dal congresso è stata sulla necessità di approfondire gli aspetti teorici delle questioni a cui siamo confrontati. E’ perciò che, come nel precedente congresso, anche questo ha consacrato un punto del suo ordine del giorno a una questione teorica: «Marxismo e scienza» che costituisce anche l’occasione, come abbiamo fatto per la maggior parte delle altre questioni teoriche discusse al nostro interno, per la pubblicazione di uno o più documenti. Perciò non riporteremo qui gli elementi della discussione, che faceva seguito a numerose discussioni che si erano tenute prima all’interno delle sezioni. Quello che vogliamo segnalare è la grande soddisfazione che le delegazioni hanno avuto da questa discussione, soddisfazione che deve molto ai contributi di uno scienziato, Chris Knight[7], che noi abbiamo invitato a partecipare a una parte del congresso. Non è la prima volta che la CCI invitava uno scienziato ad un suo congresso. Due anni fa, Jean Louis Dessalles era venuto a presentare le sue riflessioni sull’origine del linguaggio, cosa che aveva provocato delle discussioni partecipate e interessanti[8]. Come prima cosa vogliamo ringraziare Chris Knight di aver accettato il nostro invito e ci teniamo a salutare la qualità dei suoi interventi, insieme al loro carattere vivace ed accessibile a dei non specialisti come lo sono la maggior parte dei militanti della CCI. Chris Knight è intervenuto in tre occasioni[9]. Ha preso la parola nel dibattito generale e tutti i partecipanti sono stati impressionati non solo dalla qualità dei suoi argomenti, ma anche dalla notevole disciplina che ha saputo dimostrare, rispettando strettamente il tempo per l’intervento e il quadro del dibattito (disciplina che a volte si fa fatica ad imporre a molti membri della CCI). In seguito egli ha presentato, in maniera molto evocativa, un riassunto della sua teoria sull’origine della civilizzazione e del linguaggio umano, evocando la prima delle ‘rivoluzioni’ conosciute dall’umanità, in cui le donne hanno giocato un ruolo motore (idea che egli riprende da Engels), rivoluzione che è stata seguita da molte altre, consentendo così ogni volta alla società di progredire. Egli vede la rivoluzione comunista come punto culminante di questa serie di rivoluzioni e considera che, come in precedenza, l’umanità dispone dei mezzi per portarla a termine.
Il terzo intervento di Chris Knight è stato un saluto molto simpatico che egli ha indirizzato al nostro congresso.
Dopo il congresso, l’insieme delle delegazioni ha valutato che la discussione su ‘Marxismo e scienza’, e la partecipazione di Chris Knight ad essa, hanno costituito uno dei momenti più interessanti e soddisfacenti del congresso, un momento che incoraggia l’insieme delle sezioni a proseguire e approfondire l’interesse per le questioni teoriche.
Prima di passare alla conclusione di questo articolo, dobbiamo segnalare che i partecipanti al 19° congresso della CCI (delegazioni, gruppi e compagni invitati), che si è tenuto 140 anni, quasi negli stessi giorni, dopo la settimana di sangue che mise fine alla Comune di Parigi, ci hanno tenuto a salutare la memoria dei combattenti di questo primo tentativo rivoluzionario del proletariato[10].
Noi non tiriamo un bilancio trionfalistico del 19° congresso della CCI, soprattutto per il fatto che questo congresso ha dovuto prendere atto delle difficoltà organizzative che la nostra organizzazione sta incontrando, difficoltà che essa dovrà superare se vuole continuare ad essere presente agli appuntamenti che la storia dà alle organizzazioni rivoluzionarie. Quello che ci attende è quindi una battaglia lunga e difficile. Ma questa prospettiva non la avanziamo per scoraggiarci. Dopo tutto, anche la lotta dell’insieme della classe operaia è lunga e difficile, seminata di trappole e di sconfitte. Quello che questa prospettiva deve ispirare ai militanti è la ferma volontà di portare fino in fondo questa lotta. D’altra parte una delle caratteristiche fondamentali di ogni militante comunista è di essere un combattente.
CCI (31/07/2011)
[1] Opop era già presente ai due precedenti congressi della CCI. Per la sua presentazione, vedere gli articoli dedicati al 17° e 18° congresso della CCI nel numero 29 della Rivista Internazionale e sul nostro sito in italiano alla pagina ICC on line 2009.
[2] Vedere in merito l’articolo in italiano sulla Rivista Internazionale n° 30 nonché le Revue Internationale n° 133, 135, 136, 138 e 141.
[3] “Oggi, come nel 1968, la ripresa delle lotte della classe è accompagnata da una riflessione in profondità di cui l'emergere di nuovi elementi che che si avvicinano alle posizioni della Sinistra Comunista costituisce la punta emergente dell'iceberg” (punto 17).
[4] Vedere l'articolo 5ª Conferencia Panamericana de la Corriente Comunista Internacional - Un paso importante hacia la unidad de la clase obrera.
[5] Il congresso ha discusso e fatta sua una critica contenuta nel rapporto sui contatti riguardante la seguente formulazione contenuta nella risoluzione sulla situazione internazionale del 16° Congresso della CCI: «la CCI costituisce già lo scheletro del futuro partito». In effetti, «non è possibile definire fin da adesso la forma che prenderà la partecipazione organizzativa della CCI alla formazione del futuro partito, perché questo dipenderà dallo stato generale e dalla configurazione del nuovo ambiente internazionalista ma anche della nostra stessa organizzazione». Chiarito questo, la CCI ha la responsabilità di mantenere vivo e di arricchire il patrimonio che ha ereditato dalla Sinistra Comunista per poterla consegnare alle generazioni attuali e future di rivoluzionari, e quindi al futuro partito. In altri termini, essa ha la responsabilità di partecipare alla funzione di ponte fra l'ondata rivoluzionaria degli anni '17-23 e la futura ondata rivoluzionaria.
[6] Questi elementi che abbandonano la loro lealtà verso l'organizzazione sono spesso trascinati in una traiettoria che noi abbiamo definita «parassitaria»: pur avendo la pretesa di continuare a difendere le «vere posizioni dell’organizzazione», essi consacrano l'essenziale dei loro sforzi a denigrarla e a cercare di discreditarla. Noi abbiamo dedicato un documento al fenomeno del parassitismo politico (Vedere «Costruzione dell’organizzazione dei rivoluzionari: tesi sul parassitismo» sulla Rivista Internazionale n° 22). Bisogna notare che certi compagni della CCI, pur riconoscendo questo tipo di comportamento e rivendicando la necessità di difendere fermamente l’organizzazione contro di essi, non condividono questa analisi del parassitismo, disaccordo che si è espresso al congresso.
[7] Chris Knight è un universitario britannico che ha insegnato Antropologia fino al 2009 al London East College. E’ in particolare l’autore di Blood Relations, Menstruation and the Origins of Culture di cui abbiamo reso conto sul nostro sito in inglese (https://en.internationalism.org/2008/10/Chris-Knight) e che si appoggia in maniera molto fedele sulla teoria dell’evoluzione di Darwin così come sui lavori di Marx e soprattutto di Engels (in particolare L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato). Si dice 100% marxista in antropologia. E’ anche un militante politico che anima il gruppo Radical Antropology che ha come uno dei suoi principali modi di intervento l’organizzazione di rappresentazioni di teatro di strada che denunciano e ridicolizzano le istituzioni capitaliste. E’ stato escluso dall’Università per aver organizzato delle manifestazioni contro la tenuta del G20 a Londra nel marzo 2009. In particolare è stato accusato di «istigazione all’omicidio» per aver appeso un manichino rappresentante banchieri e aver esposto un cartello che diceva «Eat the banquers» (Mangiate i banchieri). Noi non condividiamo una certo numero di posizioni politiche o dei modi di azione di Chris Knigt ma, avendo discusso con lui per un certo tempo, ci teniamo ad affermare la nostra convinzione della sua totale sincerità, della sua reale devozione alla causa dell’emancipazione del proletariato e della sua accanita convinzione che la scienza e la conoscenza sono delle armi fondamentali di questa. Per questo vogliamo indirizzargli la nostra calorosa solidarietà di fronte alle misure repressive di cui è stato oggetto (licenziamento, arresto).
[8] Vedere l’articolo sul 18° congresso della CCI citato sopra.
[9] Pubblicheremo sul nostro sito internet degli estratti degli interventi di Chris Knight.
[10] I partecipanti al 19° Congresso della CCI dedicano questo congresso alla memoria dei combattenti della Comune di Parigi, caduti, esattamente 140 anni fa, di fronte alla borghesia scatenata che ha fatto pagare loro la volontà di partire all’«assalto del cielo».
Nel maggio 1871, per la prima volta nella Storia, il proletariato ha fatto tremare la classe dominante. E’ questa paura della borghesia di fronte ai becchini del capitalismo che spiega la furia e la barbarie della sanguinosa repressione degli insorti della Comune.
L'esperienza della Comune di Parigi ha apportato delle lezioni fondamentali alle successive generazioni della classe operaia. Lezioni che le hanno permesso di impegnarsi nella Rivoluzione russa nel 1917.
I combattenti della Comune di Parigi, caduti sotto la mitraglia del capitale, non avranno versato il loro sangue inutilmente se nelle lotte future la classe operaia sarà capace di ispirarsi alla Comune di Parigi per rovesciare il capitalismo.
"La Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, come l’araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri hanno per urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori, la storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna dalla quale non riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti." (Karl Marx, La guerra civile in Francia).