Tolto Berlusconi resta la crisi e le batoste sulla pelle degli proletari

Printer-friendly version

Le dimissioni di Berlusconi richieste all’infinito da tutti o quasi tutti, non solo in Italia ma da tutto il mondo, hanno fatto tirare un respiro di sollievo a chi pensava di essere arrivato al bordo del precipizio. Il colpo finale glielo ha dato lo spread[1], che si innalzava giorno dopo giorno. 

Chi poteva a questo punto “salvare” l’Italia e di conseguenza l’Europa se non uno “al di sopra” delle parti, uno che non si rispecchiasse nelle logiche parlamentari e dei partiti. Uno che non aveva nulla da perdere, qualunque cosa facesse. Uno delle istituzioni, insomma. E come si usava nel medioevo e forse anche prima, gli è arrivata l’investitura di duca, ovvero senatore, in modo che nessuno avesse da ridire sul suo incarico da Primo Ministro. Il governo cosiddetto tecnico da lui organizzato sembra un commando militare per operazioni speciali. Eseguire un compito, vita o morte! Qualcuno ha cercato di trovare delle macchie nella vita di questo o quel ministro, cosa facile nel governo precedente, ma qui subito è stato messo a tacere. Sono tutti esperti. In che cosa? Nel dare una casa ai senzatetto? Nel dare un lavoro ai disoccupati? Nel risanare i conti scovando evasori e svuotando le casseforti dei miliardari? Potremmo continuare ad elencare le cose che si potrebbero fare ma che nessun governo farà mai. Niente di tutto questo.

Farà ciò che hanno sempre fatto tutti i governi dei padroni, da che mondo è mondo, ma lo farà sommando tutto ciò che hanno fatto prima. Inutile andare nei dettagli perché i media ne dicono tanti e Monti potrebbe modificarne alcuni dopo il dibattito parlamentare. Comunque è sicuro che pagheremo più tasse sia dirette (casa, imposta comunale, ecc.) sia indirette (tagli ai servizi che ricadranno sui cittadini). Pagheremo di più perché, mentre i prezzi galoppano, i salari e le pensioni resteranno bloccati. Pagheremo di più perché lavoreremo di più, molto di più. Altro che vivere di più! Aumenterà la mortalità perché molti non si cureranno, non faranno analisi cliniche, risparmieranno sul cibo, sulle medicine, sul riscaldamento e così via. Perché moriranno sul lavoro a causa di incidenti dovuti a vecchiaia e a stanchezza - dovendo fare straordinari - e a mancata prevenzione. E se non moriranno, molti avranno una pessima vecchiaia con malattie dovute allo stress, con misere pensioni, mancanza di trattamenti sanitari. Fermiamoci qui per ora.

Questo governo non può fare diversamente dall’attaccare lavoratori e pensionati perché deve avere la fiducia del parlamento e i deputati e i senatori sono espressione della borghesia. Forse sotto la pressione dell’opinione pubblica, che si aspettava una manovra cosiddetta più equa, farà qualche concessione togliendo qualche briciola a dei settori della borghesia.

Ma come mai questo governo riesce a fare una manovra così spregiudicata?

Ci riesce perché non ha nulla da perdere: Monti e i suoi ministri non hanno un partito alle spalle da proteggere per gli anni a venire, non hanno elettori che possono perdere, non hanno interessi particolari da difendere. E soprattutto questo governo è sostenuto da tutti i media perché è autorevole, non concede spazio agli scandali di qualsiasi natura e fa sentire sulle spalle di tutti la spada di Damocle del debito pubblico e dell’eventuale crollo dell’euro.

Ma questa pazzesca manovra che cambierà la vita a milioni di lavoratori, trattenendoli sul posto di lavoro fino a 65-70 anni, impedendo a milioni di giovani di avere un ruolo sociale, che affamerà i pensionati, servirà a qualcosa? Cioè riuscirà a riportare un benché minimo ritorno ad una vita normale senza sussulti continui, dove si possa ricominciare a pensare al futuro, farsi una famiglia, avere dei figli, dormire insomma sonni tranquilli anche se con qualche spesa? Riuscirà a rimettere a posto i conti dello Stato e a dare ripresa allo sviluppo economico?

No! Niente di tutto questo! Perché?

Facciamo un po’ di conti con cifre tonde.

Il debito dello Stato a tutt’oggi si aggira attorno ai 1.900 miliardi di euro. Gli interessi annui su questo debito sono all’incirca 80 miliardi[2]. I tassi pagati anni fa erano più bassi, oggi tutti i BTP e simili in scadenza vengono rifinanziati a tassi elevati, vedi l’aumento del cosiddetto spread. Questo significa che ogni anno lo Stato deve non solo far quadrare i conti tra entrate ed uscite (pareggio di bilancio) ma anche avere un surplus per coprire e non aggravare il debito statale. Per ottenere il pareggio di bilancio lo Stato dovrebbe fare delle politiche che portino ad un tasso di crescita del Pil, cioè più investimenti, più esportazioni con un aumento della produttività e diminuzione dei costi (pensione, lavoro, scuola, sanità, ecc.) e nello stesso tempo effettuare una gigantesca dismissione dei suoi beni sia immobiliari sia di partecipazione azionaria. E in tempi di crisi chi acquista?

Su Wikipedia c’è una trattazione matematica della questione del debito e delle varie possibili soluzioni molto precisa che esamina il caso Italia con numeri simili alla nostra realtà[3], da cui si arriva a capire che partendo da un Pil di 1666 miliardi di € e con un debito al 120% del Pil, con tassi di interesse al 7%, affinché si verifichi il pareggio di bilancio, occorre che vi sia un avanzo primario di 118 miliardi di €, cioè che le entrate siano più delle uscite di 118 miliardi di €.

Quindi, per ottenere ogni anno una cifra del genere, lo Stato deve svenarsi dal punto di vista dei suoi beni e deve svenare fino all’inverosimile i lavoratori e i pensionati oltre che ridurre all’osso le prestazioni sulla salute e l’educazione dei suoi cittadini. E tutto per il solo pareggio di bilancio (interessi compresi) senza scalfire il debito, che resterebbe identico. Ma con la crisi economica mondiale, con le politiche aggressive di Stati meglio dotati, l’Italia avrà enormi difficoltà a non aggravare il debito in valore assoluto e in rapporto al PIL. Dopotutto i grafici che rappresentano il debito di tutti i paesi evidenziano come non ci sia scampo alla sua crescita. La situazione è simile a quella che ha ogni persona caduta sotto le grinfie degli usurai, una volta che non si riesce a ripagare il debito entro brevi tempi ci si impoverisce sempre più, svendendo tutto e finendo per... dichiarare fallimento! Ma prima che avvenga questo fallimento, la situazione sociale diventerebbe insostenibile dal punto di vista delle classi sfruttate, la miseria e la povertà la farebbero da padroni, le speranze di vita media crollerebbero, la delinquenza sarebbe inimmaginabile.

Data questa situazione, qualsiasi risposta alle manovre del governo Monti che resti nell’ambito delle compatibilità dello Stato (facciamo pagare l’Ici alla Chiesa cattolica, non paghiamo il debito, facciamo un’imposta patrimoniale, no alle spese militari, etc.) non farebbe che bloccare qualsiasi iniziativa di classe. La questione del debito è irrisolvibile mentre è possibile fare in modo che gli attacchi contro la classe non siano facilmente attuabili, dando una risposta massiccia e unitaria da parte di tutti i lavoratori, studenti, pensionati. Ciò è possibile se ci si libera delle catene sindacali e dell’ideologia borghese che dice che siamo tutti sulla stessa barca che rischia di affondare.

Non è vero che siamo tutti sulla stessa barca. Gli sfruttati hanno la possibilità e la capacità di sganciare la decomposta barca borghese e liberarsi di tutti i fardelli di questa società senza futuro.

Oblomov, 10 dicembre 2011

link interessanti:

it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_debito_pubblico

www.dt.mef.gov.it//it/debito_pubblico/_link_rapidi/debito_pubblico.html

 

[1] Lospread Btp-Bund” altro non è che la differenza (spread in inglese) tra i rendimenti dei Bund (titoli tedeschi) e dei Btp (titoli di stato italiani). Come si calcola ? Si prende un Btp a 10 anni e si calcola il rendimento a scadenza. Poi si prende un Bund a 10 anni e si calcola il rendimento a scadenza. Facendo la differenza tra questi due rendimenti si ottiene lo spread.

[2] Da “Via d’uscita dal labirinto del debito” su Il Sole 24 ore del 24 agosto 2011: “L’intero mondo avanzato si è perso nel labirinto del debito, da cui è difficilissimo uscire una volta che vi si è entrati, come dimostra l’esperienza italiana. Infatti, un Paese come il nostro, con un debito pubblico di 1.900 miliardi di euro in gran parte ereditato dal passato, se vuole mantenere tale debito semplicemente invariato in livello assoluto deve conseguire un bilancio statale rigorosamente in pareggio. Il che significa non soltanto avere entrate superiori alle spese di esercizio ma anche in grado di pagare gli enormi interessi sul debito stesso, pari attualmente a circa 80 miliardi all’anno. Per ‘neutralizzare’ questa cifra il nostro avanzo primario dovrebbe essere già ora di pari entità. Vale a dire che le attuali entrate dovrebbero essere superiori alle normali spese di esercizio di circa 5 punti percentuali di Pil. Il che, purtroppo, per il momento è solo un obiettivo che stiamo cercando faticosamente di raggiungere.

A fine 2010, infatti, il nostro bilancio primario era quasi in pareggio, tra i migliori in Europa, pari a -0,1 punti di Pil, ma il deficit statale complessivo era comunque ancora del 4,6%, composto, per l’appunto, di 4,5 punti di interessi sul debito e solo di un modesto disavanzo primario di 0,1 punti.

Con la manovra attualmente in via di definizione, resasi necessaria per il precipitare degli eventi, per l’impennata dei tassi e per dare di conseguenza un chiaro segnale di reazione ai mercati, l’Italia dovrebbe raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, cioè assai prima di tutti gli altri grandi Paesi europei e degli Stati Uniti.

Vale a dire che a quella data il nostro surplus primario annuale sarà finalmente di circa 80 miliardi di euro: la cifra necessaria per pagare completamente gli interessi. A quel punto e solo allora il livello assoluto del nostro debito pubblico, che sarà arrivato intanto a 2mila miliardi di euro, smetterà di crescere. Ma a quella data, assumendo che nel frattempo la crescita nominale del Pil possa essere stata almeno del 3% annuo, il nostro debito pubblico sarà ancora pari a circa il 118% del Pil, cioè di un punto soltanto inferiore a oggi. Come abbattere dunque questo rapporto ancora troppo elevato persino nel fatidico 2013?” st.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-08-23/uscita-labirinto-debito-223808_PRN.shtml.

Geografiche: 

Situazione italiana: