Problemi della lotta di classe (II). LA NATURA ANTIOPERAIA DEL SINDACATO

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Questo articolo é il seguito di quello pubblicato sul n°46 di Rivoluzione Internazionale a proposito della polemica sorta tra Operai Contro (nei n. 29 e 30) e l'Organizzazione Comunista Internazionalista (nel "Che fare" n°5) sull’atteggiamento da avere nei confronta del sindacato e delle manifestazioni sindacali. Questa questione é di cruciale importanza per la classe operaia confrontata sempre più nelle sue lotte con l’ostacolo sindacale nelle sue diverse manifestazioni “ufficiali” o “di base”.

Nella prima parte di quest’articolo abbiamo mostrato il carattere demagogico dell’antisindacalismo di facciata con cui tanti sindacalisti di base cercano di rifarsi una verginità. Nei fatti la loro rottura col sindacato non é altro che la rottura con la necessità di fare i conti con il sindacalismo, l’illusione che sia possibile evitare lo scontro frontale con il sindacato (é il caso ad esempio di Operai Contro). Abbiamo anche mostrato come, invece, i rivoluzionari devono intervenire all’interno delle lotte (anche quelle gestite dal sindacato) per combattere il sabotaggio che di esse fa il sindacato e spingerle verso l’estensione, l’unificazione e l’autorganizzazione.

In questa seconda parte mostreremo come l’OCI sia ottimamente in grado di criticare il falso antisindacalismo di gruppi come Operai Contro o altri, ma sia totalmente incapace di criticare il suo vero opportunismo verso i sindacati. Vedremo inoltre come la radice di entrambe le deviazioni si trovi nell’incapacità di comprendere che nella fase di decadenza del capitalismo il sindacato non é un alleato dello stato borghese, ma una sua parte integrante. Ogni altra visione non può portare che a concezioni opportuniste e devianti (come organismi “operai-borghesi” o difensori di “aristocrazia operaia” o di “ceti emergenti”) che sono del tutto incapaci di recidere il cordone ombelicale con la piovra sindacale.

In fabbrica, in piazza, opposizione AL sindacato, non opposizione DEL sindacato

Il fatto che Democrazia Proletaria, le varie sette trotzkiste, le miriadi di circoli e collettivi locali stagnanti nella palude fra DP ed i resti dell’Autonomia, contribuiscano in vario modo a fiancheggiare lo sforzo di irreggimentazione sindacale, può stupire solo chi non ha ancora capito che quest’area esiste proprio per questo e che, giustamente, cerca di fare bene il proprio mestiere. E’ invece lecito stupirsi quando anche i gruppi effettivamente proletari, come l’Organizzazione Comunista Internazionalista, non si vergognano di confondersi con questa gente, grazie ad una politica di sostanziale codismo verso i sindacati. In effetti, se si legge l’ampia risposta dedicata nel giornale “Che fare”[1] alla redazione di Operai Contro ed a un gruppo di compagni di Firenze[2], a prima vista non si può che essere d’accordo con la massa di argomentazioni ed esempi tendenti a dimostrare la follia di ogni politica che abbandoni al suo destino la massa che ancora segue – bestemmiando - il sindacato, per dedicarsi all’esclusivo compito di “organizzare le avanguardie” che col sindacato hanno già rotto (ammesso e non sempre concesso che lo abbiano fatto veramente). Si critica inoltre l’illusione - condivisa dai compagni fiorentini, ma anche da molti compagni che fanno riferimento ad Operai Contro - che smettendo di lavorare nei CdF per lavorare in organismi parasindacali, ma formalmente indipendenti dal sindacato, si faccia chissà quale passo avanti.

Purtroppo i compagni dell’OCI non ne traggono la conclusione che “l’alternativa per i comunisti non é dunque lavorare nei sindacati ufficiali o in quelli alternativi, l’alternativa rivoluzionaria al sindacato é stare fuori da entrambi e lavorare verso i proletari che vi sono imprigionati” (Rivoluzione Internazionale n°46). La conclusione dell’OCI é che bisogna stare in tutti i sindacati, quelli ufficiali e quelli alternativi, in modo da “stare in contatto” con i proletari. In una parola, se i compagni di Firenze si illudono di stare con un piede fuori dal sindacato, i compagni dell’OCI sono perfettamente coscienti di starci ben piantati dentro con tutti e due i piedi, e sono felici di starci. Vedremo dopo come questa scelta abbia radici profonde, basate sull’idea che il sindacato resti in ogni caso un organismo “operaio-borghese”, che almeno in parte difende gli interessi di classe.

Occupiamoci invece subito di come questa visione d’insieme trasformi la giusta idea che non ci si può astenere per principio dal partecipare agli scioperi convocati dal sindacato, in una pratica di codismo bello e buono verso il sindacato.

Nella prima parte di quest’articolo abbiamo chiarito che, in certe condizioni, i rivoluzionari possono e debbono chiamare i proletari a partecipare a scioperi indetti dal sindacato. La prima condizione é che le manifestazioni offrano a lavoratori di diverse fabbriche e diversi settori la possibilità di lottare insieme e prendere direttamente contatto fra loro. Tutto questo é evidentemente possibile se esiste una tendenza da parte dei proletari, almeno quelli di avanguardia, ad organizzarsi, a porsi come punto di riferimento, a darsi i mezzi per prendere in prima persona questi contatti. Ovviamente questo non vuol dire che non si può intervenire se prima non é stata costituita una “organizzazione operaia” alternativa, magari nazionale! Vuol dire invece che chi si prende la responsabilità politica di invitare gli operai ad intervenire alle manifestazioni sindacali, deve anche prendersi la responsabilità di dire chiaro e tondo agli operai che parteciparci non deve significare accodarsi alle processioni sindacali, ma darsi da fare, organizzarsi per, nella manifestazione stessa, prendere contatto con gli altri lavoratori, discutere con loro su come proseguire insieme quella lotta, e che pertanto lo scontro col sindacato sarà inevitabile. E’ dunque chiaro che l’invito all’unificazione delle lotte ed all’organizzazione diretta dei lavoratori costituisce la sola base possibile per intervenire nelle iniziative sindacali.

Come si comporta l’OCI? Nel supplemento speciale de “II Lavoratore Comunista” dedicato al rinnovo dei contratti dell’auto, l’OCI dà agli operai le seguenti indicazioni:

  1. partecipare in massa agli scioperi convocati dal sindacato. E qui saremmo d’accordo, se si precisasse a quali condizioni;
  2. aprire immediatamente le differenti vertenze aziendali. E qui si va già in una direzione opposta a quella dell’unificazione delle lotte;
  3. esigere la convocazione di una conferenza dei delegati del settore auto. E qui la contrapposizione con la nostra concezione dell’intervento dei rivoluzionari é totale.

Invece di chiamare i lavoratori a muoversi per prendere contatto con lavoratori di altri settori, li si chiude nel quadro sindacale di categoria. Invece di chiamare i lavoratori ad organizzarsi autonomamente a lottare contando solo sulle proprie forze, li si invita a far conto sulle strutture di base del sindacato, a sostenerle nella loro azione. In queste condizioni, l’invito a partecipare alle manifestazioni sindacali, significa consegnare gli operai mani e piedi legati al sindacato.

Ma, come si sa, “anno nuovo, vita nuova!”, e così dopo che i ferrovieri francesi hanno bloccato per un mese mezza Europa con uno sciopero diretto dai coordinamenti sorti spontaneamente dalle assemblee operaie, ecco che l’OCI si presenta con un volantino dove si afferma che “i ferrovieri francesi insegnano che non manca ai proletari la capacità di organizzarsi, anche quando il sindacato non li organizza” (dal volantino dell’11/1/87). Parole sante, ma quanto stonate in bocca a chi per mesi e mesi ha detto esattamente il contrario!

Con questo ennesimo zig-zag, l’OCI non dimostra di non essere alla coda del sindacato, dimostra solo che, oltre che alla coda del sindacato, é anche alla coda degli avvenimenti, incapace di dare una linea politica coerente ai proletari che pretende di influenzare in senso rivoluzionario.

Sindacato “riformista ed operaio-borghese” o ingranaggio dello Stato borghese?

Noi pensiamo che il sindacato riformista dell’epoca imperialista (...) è si legato al capitalismo (...) ma vi é legato in maniera diversa dal padronato, dal governo e dall’esercito (...). Esso é e resta un’organizzazione operaio-borghese, costretta a riferire i termini della difesa reale del capitalismo a quelli di una difesa (resa oggettivamente sempre più improbabile) degli interessi immediati della classe”.

Questa citazione, presa dall’articolo sul “Che Fare” n°5, mostra chiaramente le radice teorica della confusione dell’OCI sulla questione sindacale. L’errore di fondo consiste nel parlare della “epoca imperialista” come se l’imperialismo fosse una particolare politica di questo o quel paese e non invece la fase conclusiva del capitalismo stesso, entrato nel suo periodo finale di decadenza a partire dalla I Guerra Mondiale[3]. In termini concreti, il fatto che il capitalismo sia un sistema sociale decadente significa che non é più capace di assicurare miglioramenti durevoli alla classe operaia. I temporanei miglioramenti che la classe ha strappato in certi periodi di questo secolo sono legati ai periodi di ripresa economica basata sulla ricostruzione dopo le distruzioni sempre più enormi delle varie guerre imperialiste. Finito il respiro del ciclo di ricostruzione, la crisi torna immancabile ad inghiottire i modesti ed illusori miglioramenti conseguiti dagli operai.

In una parola, il capitalismo non é più in grado di concedere che migliorino effettivamente le condizioni di vita della classe operaia. Allora, se il riformismo non può più esistere, come fa ad esistere un sindacato (o un partito) che sia riformista effettivamente e non solo a chiacchiere? Le riforme (tranne quelle antioperaie) sono scomparse e sono rimaste solo le chiacchiere sulle “riforme di struttura”, la cui unica ragione di essere é quella di fare fessi gli operai, convincendoli che con un voto ben dato, un piano di investimenti ben studiato, si può uscire dalla crisi e modificare il capitalismo nella direzione di una “società giusta”.

E’ vero che il sindacato é legato al capitalismo “in maniera diversa”, dalla magistratura o dalla polizia, ma questo dipende appunto dalla funzione specifica del sindacato (e delle forze di opposizione in generale) che é quella di ostacolare la lotta operaia dall’interno della lotta stessa, utilizzando un linguaggio “operaio” e se occorre “rivoluzionario” per deviare la combattività operaia. Il sindacato non deve quindi “riferire ai termini di una difesa degli interessi immediati della classe” la difesa reale del capitalismo facendo un po’ l’una, un po’ l’altra, come afferma l’OCI. Più semplicemente il sindacato é costretto dalla sua funzione specifica a nascondere, camuffare, abbellire la sua difesa del capitalismo sotto la maschera di una difesa degli interessi immediati della classe. Non é dunque un organismo operaio-borghese, ma un ingranaggio essenziale dello Stato borghese, essenziale perché capace di presentarsi agli operai con un “volto operaio”.

Se ci si rifiuta di accettare questa realtà di fatto, bisogna necessariamente concludere - come fa l’OCI - che se il sindacato in quanto borghese si scontra con gli operai, in quanto operaio “si espone anche sull’altro fianco: quello della reazione borghese” contro la quale gli operai debbono essere pronti a difenderlo. Infatti, nel momento in cui il sindacato stava strangolando nell’isolamento lo sciopero dei minatori inglesi, i compagni dell’OCI si sono presi la briga di andare fino in Inghilterra per diffondere fra i minatori un documento che li invitava a difendere dall’attacco borghese il sindacato (che li stava strangolando) ed il Partito Laburista (che quando era al governo aveva inaugurato la ristrutturazione delle miniere, poi portata avanti dalla Tatcher)! Questo miserabile episodio – che i compagni dell’OCI non amano affatto ricordare – non è una clamorosa, ma casuale sbandata: è la conclusione logica di un’analisi teorica che mira solo a nascondere il dato di fatto della totale integrazione di tutti i sindacati nello Stato borghese.

Il sindacato difende gli “strati alti” dei lavoratori o l’interesse dell’economia nazionale?

Se l’OCI arriva almeno a concedere che il sindacato è per metà apparato borghese e per metà organismo di difesa economica, il composito schieramento dei falsi anti-sindacali e veri sindacalisti di base non arriva neanche a questo. Per la Federazione delle Rappresentanze Sindacali di Base discutere su quale é oggi la natura dei sindacati é una perdita di tempo: l’unico problema é che “i lavoratori oggi, nel nostro paese, non hanno più il sindacato” (NOI-RdB, n°11, marzo ‘85). Il problema, ad esempio, che in tutti i paesi i sindacati sono contro gli operai non esiste: é solo nel nostro paese che, chissà perché, il sindacato ha tradito. Bisogna dunque costruirne un altro, aderendo alle RdB che sono state già riconosciute ufficialmente dalla Federazione Mondiale dei Sindacati che fa capo ai padroni del Kremlino, partecipando al suo Congresso Mondiale fianco a fianco con sindacati come la CGT francese. Su questo tipo di “critica del sindacato” non é il caso di spendere ulteriori parole …

Abbastanza diversa é la posizione del giornale Operai Contro per cui il sindacato che già difendeva gli strati alti degli operai (l’aristocrazia operaia), oggi difende anche “i quadri ed i tecnici, considerati ‘ceti emergenti’” (Operai Contro n°35, novembre '86). Come si vede, il centro di questa posizione è che il sindacato, lungi dall’essere diventato un apparato borghese per il controllo della classe operaia, é e rimane un organismo di difesa economica, il cui unico problema é che per una disgraziata circostanza (il tradimento dei capi? Una linea sbagliata?) invece di difendere gli operai difende qualcun altro.

Un tentativo di rendere più credibile questa tesi, iniziando ad ammettere che fra sindacato e Stato c'é forse qualche punto di contatto, si trova nell’articolo “Che cosa sono oggi i sindacati” in Operai Contro n°33, luglio '86. Senza mai menzionare la parola tabù di capitalismo di Stato, si parte comunque dall’idea generale che la fase attuale del capitalismo sia caratterizzata dal crescente intervento dello Stato nell’economia. Di conseguenza “lo Stato assorbe e surroga funzioni dapprima gestite sia da singoli capitalisti sia dai sindacati, sia da entrambi congiuntamente. Ai sindacati viene lasciata la rappresentanza della forza-lavoro” che però é “delimitata dalla sua compatibilità con la sfera generale di competenza statale”. Ora, queste frasi o non significano niente, oppure significano che lo Stato ha integrato al suo interne l’attività sindacale e che quest'ultima si limita al controllo ed alla gestione della merce forza-lavoro in modo da farne rientrare i costi nella “sfera generale” della programmazione statale. In parole povere, il sindacato è l’agenzia statale incaricata del settore operaio. Invece l’articolista, non si sa come, ne tira la conclusione-premessa che “il sindacato difende tutt’ora gli interessi immediati dei lavoratori, ma ... dal punto di vista del capitale”. A questo punto bisogna finirla con i giri di parole e le frasi ad effetto, ed essere chiari: questa frase vuol dire che nei fatti ... non li difende, oppure vuol dire che li difende effettivamente, ma non fino in fondo (cioè il sindacato é “esitante”, “inconseguente” come da sempre sostiene la sinistra sindacale)? Per fare un esempio concreto, le 113.000 lire medie in tre anni che i sindacati hanno contrattato per gli statali, sono l’espressione di una difesa reale del salario, con il solo limite della compatibilità col bilancio statale, oppure é la cifra che Stato e sindacati sono stati costretti a spendere per far passare in cambio il blocco per due anni degli scatti di anzianità ed un forte aumento dello sfruttamento (mobilità, produttività , ecc.)? Per Operai Contro, un organismo responsabile di simili contratti anti-operai è un “organismo di difesa immediata degli interessi operai”. Ma allora, scusate, le altre Agenzie Statali che distribuiscono ai proletari pensioni e sussidi di cassaintegrazione senza neanche chiedere niente in cambio, che cosa sono, organismi di difesa immediata dei pensionati e cassintegrati? O sono direttamente il partito di classe? No, sono dei semplici ingranaggi dello Stato, funzionali alla conservazione della pace sociale, esattamente come i sindacati che, non a caso, sono per legge alla direzione di molte di queste agenzie (per esempio, l’INPS).

La crisi mondiale del capitalismo lavora a distruggere le illusioni sui sindacati

Tutta una serie di elementi che collaborano con Operai Contro pensano di affermare una posizione radicale sostenendo che “oggi, il sindacato non difende più neanche gli interessi immediati degli operai” e non si rendono conto che così riaffermano che fino a qualche anno fa invece li difendeva! La verità è che il sindacato che oggi firma contratti totalmente antioperai è lo stesso che nella prima metà degli anni ‘70 firmava contratti con consistenti aumenti salariali. Quello che é cambiato é la gravita della crisi, che riduce le briciole disponibili per tenere buoni gli operai e rende più difficile mascherare la natura borghese ed antioperaia dei sindacati.

Questa é la realtà di fatto. Questa é la conclusione cui l’insieme delle avanguardie operaie dovrà necessariamente arrivare, se vuole rompere effettivamente con la paralizzante palude del sindacalismo di base.

Beyle



[1] “Una discussione con Operai Contro ed altri compagni”, Che Fare n°5.

[2] Vedi i loro contributi apparsi sul n°20 del Bollettino dei Coordinamenti dei Comitati contro la Repressione.

[3] L’entrata del capitalismo nella sua fase di decadenza e la conseguente integrazione nello Stato dei sindacati, sono analizzati negli opuscoli “La decadenza del capitalismo” ed “I sindacati contro la classe operaia”, che possono essere richiesti al nostro indirizzo.

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