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Il “dibattito” sul “diritto” dei gay o delle lesbiche a sposarsi legalmente e a beneficiare, grazie a questo riconoscimento giuridico, dei vantaggi finanziari concessi alle coppie eterosessuali sposate, è da tempo una di quelle questioni che la classe dominante tira fuori periodicamente dal suo cappello per farne un tema a sensazione, soprattutto in tempo di elezioni. In questo articolo, vogliamo mettere in evidenza l’ipocrisia della classe dominante, di sinistra, di centro e di destra, che tratta il problema o dal punto di vista “umanitario” - la sinistra ed il centro – o con un approccio moralista-religioso, la destra. L’amministrazione Obama ama presentarsi come “liberale” e “progressista”, da cui i suoi appelli a ritornare sulle leggi contro il matrimonio gay passate in alcuni Stati (e più recentemente con un referendum nella Carolina del nord), senza tuttavia cercare di rendere il matrimonio gay un “diritto” costituzionale”. La destra ha bisogno di rispondere alle paure e all’esagerazione dell’insicurezza della sua base elettorale particolarmente conservatrice, da cui i discorsi contro il matrimonio gay del candidato del Partito repubblicano, Mitt Romney. Tutto il “dibattito” è in realtà uno stratagemma dell’amministrazione Obama per attirare i giovani e gli “indipendenti di spirito”, oltre all’elettorato gay e spingere Romney a screditarsi nei confronti degli Evangelisti se non risponde chiaramente e con forza contro il matrimonio gay. L’ulteriore spostamento a destra di Romney rischia di alienargli il settore indeciso e indipendente dell’elettorato. Chiaramente, questo atteggiamento legalista è del tutto ipocrito. Essa si propone di utilizzare una situazione che è certamente vissuta come drammatica e umiliante da gay e lesbiche, per alimentare le divisioni, l’animosità e altre incomprensioni per profitto politico. Inoltre, l’opposizione veemente che a volte la destra esprime nei confronti del matrimonio gay non deve farci credere che la legalizzazione di un aspetto della vita personale possa ostacolare in qualche modo il sistema stabilito dello sfruttamento capitalistico.
Oggi, se si accende il televisore e ci si sposta con il telecomando su un qualunque nuovo canale borghese importante, ci sono buone probabilità di sentire un “dibattito sui diritti dei gay”. E’ interessante notare come i media borghesi amino mettere il dito sulle differenze di vedute tra esseri umani, insistendo proprio sui punti su cui c’è meno accordo tra le persone. Ma la borghesia ed i suoi portavoce sulla stampa sono estremamente ipocriti. Soprattutto quando dei punti di vista “parziali” sono così malvisti nel clima politico attuale. Adesso, alcune frazioni della classe dominante affermano di sostenere il matrimonio gay. Inoltre, essi sostengono di farlo con un sentimento umanitario più profondo, riferendosi spesso alla lotta per i diritti dei gay, come ad una lotta per l’“uguaglianza” o i “diritti civili”.
Allora noi dobbiamo chiederci: “uguaglianza” in nome di che cosa? E per quali persone nella società? “L’eguaglianza nei confronti del matrimonio” è questa una rivendicazione adeguata della classe operaia? La libertà sessuale è di per sé possibile nel capitalismo? Come lavoratori, dobbiamo rispondere negativamente a tutte queste domande. Costruire un mondo libero dall’omofobia e dell’etero sessismo, nel quale ogni individuo sia visto e trattato come un essere umano piuttosto che come una categoria, è impossibile nel capitalismo.
Da qualche tempo, elementi della classe politica borghese sostengono il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso. I loro argomenti sono spesso assonanti con quelli usati per i lavoratori. Dicono che la legalizzazione del matrimonio omosessuale potrebbe migliorare la qualità della vita dei lavoratori gay poiché questi avrebbero accesso ai benefici per l’assicurazione, il divorzio, i diritti di proprietà, ecc. Ma nel capitalismo, le relazioni umane sono ridotte ad un rapporto di scambio. Le emozioni diventano dei semplici prodotti di consumo e di finanze per la borghesia. Possiamo così vedere la necessità di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma chiediamoci pure qual è il concetto di matrimonio in generale nel capitalismo.
Marx e Engels hanno scritto nel Manifesto del Partito Comunista che: “La borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto familiare e lo ha ricondotto a un puro rapporto di denaro”, continuando così più avanti: “Il proletario è senza proprietà; il suo rapporto con moglie e figli non ha più nulla in comune con il rapporto familiare borghese (…) Su che cosa si basa la famiglia attuale, la famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Una famiglia completamente sviluppata esiste soltanto per la borghesia: ma essa ha il suo complemento nella coatta mancanza di famiglia del proletario e nella prostituzione pubblica.”
Così, secondo la definizione data da Marx ed Engels del matrimonio nel capitalismo, possiamo cominciare a capire che “pari diritti nei confronti del matrimonio” è un’espressione che si applica solo a coloro che possono permettersi i benefici del matrimonio, benefici che si applicano solo alle classi proprietarie, solo a persone che possono permettersi un matrimonio legale. Il matrimonio riguarda fondamentalmente i diritti di proprietà e di successione. Per la borghesia, il matrimonio non ha nulla a che fare con il reciproco rispetto e l’amore - è solo una questione di possesso, di appropriazione e di diritti di proprietà.
Perché abbiamo bisogno che la borghesia ci dica cos’è il matrimonio e con chi possiamo o non possiamo sposarsi? Come abbiamo già scritto in Internationalism n°130 e in altri articoli della stampa della CCI, una società comunista sarà al contrario “una società al di là della famiglia in cui i rapporti umani sono regolati dall’amore reciproco e dal rispetto e non dalla sanzione di una legge dello Stato”.
Lo Stato democratico borghese ei suoi agenti non pongono mai questioni sui diritti dei gay in termini di bisogni umani. Quali sono i bisogni dei gay e delle lesbiche? O ancora quali sono i bisogni degli esseri umani in generale? Non c’è dubbio che la repressione delle comunità gay è reale. Vediamo l’omofobia, l’etero-sessismo, il patriarcato manifestarsi dappertutto nel capitalismo. Il bullismo nei confronti di giovani gay e lesbiche, per esempio, è stato recentemente descritto come “epidemico” da parte dei media borghesi. Molti eventi traumatici in cui degli omosessuali vengono aggrediti portano alla depressione e perfino, in alcuni casi, al suicidio.
Ma la borghesia che fa per risolvere questi problemi? Che leggi adotta? Esistono delle leggi riguardanti questi problemi sociali? No! Il dibattito è quasi sempre rinchiuso nel quadro della religione o del moralismo. Nei media più seguiti in particolare, e soprattutto nella retorica della classe dominante. Perché tutti i discorsi così ostentati sui “diritti umani”, che sono approvati dallo Stato capitalista e riconosciuti sotto forma del diritto, non possono nulla per sradicare la bigotteria religiosa e moralista vecchia di secoli. Le persone religiose sono “accusate” per il loro atteggiamento arretrato, cosa che favorisce la polarizzazione su questa atmosfera di caccia alle streghe. In situazioni come questa, legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso non può che aiutare lo Stato capitalista ad apparire come un’entità “giusta” e “benefica”.
Anche se c’è un’oncia di sincerità nel sostegno della classe dominante al matrimonio tra persone dello stesso sesso, ciò viene da loro bisogno di distogliere l’attenzione dei lavoratori e di annegarli nel circo della politica elettorale e del legalismo. Naturalmente è vero che il crescente sostegno alla libertà sessuale fa parte dello sviluppo, da parte dell’umanità, di una maggiore comprensione scientifica e di un più forte senso di solidarietà umana in generale. Ma la cosa non riguarda la classe dominante, e perché dovrebbe? Se hai dei soldi, i tuoi diritti non saranno mai minacciati o messi in discussione. “L’uguaglianza di fronte al matrimonio” non è uguale ad una buona relazione o a un’eguaglianza economica: essa risale ad una dominazione di classe accresciuta da parte della borghesia.
Le lotte sociali che riguardano solo parzialmente i problemi fondamentali del capitalismo, pur essendo espressione di problemi sociali reali che esistono nella società, sviano i proletari dalle loro discussioni e dai loro compiti rivoluzionari. Abbiamo già visto come la borghesia possa fissarsi sul dibattito sui diritti degli omosessuali, quasi fino all’ossessione. Ma questa fissazione esiste anche tra quelli che pretendere di essere “rivoluzionari”.
Molte persone usano un linguaggio esclusivamente indirizzato ai lavoratori per “organizzarli” intorno ad un grande problema sociale, che attraversa le classi. L’argomento secondo il quale i diritti dei gay ci avvicinerebbero ad una “piena uguaglianza” è del tutto fuori proposito; un principio fondamentale dei comunisti è che la piena parità è impossibile sotto il capitalismo. Perché mai i rivoluzionari dovrebbero combattere per “avvicinarsi” ad una società egualitaria? Noi dobbiamo combattere contemporaneamente contro tutte le ingiustizie del capitalismo! Molti di questi stessi “rivoluzionaria” descrivono le decisioni elettorali e legali a favore del matrimonio gay come delle “vittorie” per i lavoratori. Ma queste “vittorie” non fanno altro che rafforzare il ricorso alla società civile borghese.
I politici legalisti e democratici non hanno nulla da offrire alla classe operaia. La vera emancipazione dell’umanità non può venire che dalla rivoluzione della classe operaia. I lavoratori sostengono sempre i gay e gli omosessuali, soprattutto in una società in cui sono considerati come stranieri e ridicolizzati in modo così terribile. Ma dobbiamo essere vigili nei riguardi delle campagne borghesi che accompagnano questi dibattiti. Spesso ci distraggono e ci fanno perdere di vista l’obiettivo finale che è la fine di ogni forma di repressione e sfruttamento di chiunque sulla terra.
Jam (11 giugno 2012)