Darwinismo e marxismo (Anton Pannekoek) I parte

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Il 2009 è stato denominato, dalle istituzioni scientifiche, dalle case editrici e dai media, “Anno Darwin”. Infatti esso corrisponde al bicentenario della nascita di Charles Darwin, 12 febbraio 1809, ed ai 150 anni dalla pubblicazione del primo dei suoi lavori fondamentali “Sull’origine delle Specie attraverso la Selezione Naturale”, il 24 novembre 1859. Oggi ci troviamo di fronte ad una moltitudine di conferenze, libri, riviste e trasmissioni televisive che trattano di Darwin e della sua teoria. Tutti questi eventi, se qualche volta permettono di farsi un’idea più precisa della teoria di Darwin, finiscono per circondarla di una fitta nebbia nella quale è difficile orientarsi. Questo dipende in parte dal fatto che molti autori, conferenzieri e giornalisti, presentati come “specialisti di Darwin”, fino ad un anno fa non conoscevano niente di Darwin. Per questi ed i loro datori di lavoro l’anno Darwin è soprattutto una buona opportunità per aumentare la propria notorietà o i propri redditi, grazie ad una lettura veloce di qualche articolo di Wikipedia. Ma c’è un’altra causa del fenomeno di annebbiamento delle concezioni di Darwin. Fin dalla loro esposizione ne “L’origine delle specie”, esse hanno costituito una posta ideologica e politica di prim’ordine: se da un lato assestavano un colpo severo ai dogmi religiosi dell’epoca, dall’altro sono state immediatamente strumentalizzate dai vari ideologi della borghesia. E ciò è riscontrabile ancora oggi presenti nelle molteplici interpretazioni e falsificazioni di cui la teoria di Darwin continua a essere oggetto. Per permettere ai nostri lettori di avere una visione più chiara ripubblichiamo (in due parti) l’opuscolo di Anton Pannekoek, “Darwinismo e Marxismo”, scritto nel 1909 in occasione del centenario della nascita di Darwin e che resta, nella sostanza, sempre di attualità.

Il marxismo si è sempre interessato all’evoluzione delle scienze come parte integrante dello sviluppo delle forze produttive della società ed anche perché ha considerato che la prospettiva del comunismo non può basarsi semplicemente su un’esigenza morale di giustizia, come ritenevano “i socialisti utopici” del passato, ma su una conoscenza scientifica della società umana e della natura alla quale essa appartiene. È per questo che, ben prima della pubblicazione dell’opuscolo di Pannekoek, lo stesso Marx regalò, nel giugno 1873, una copia della sua opera principale, Il Capitale, a Charles Darwin con una dedica. In effetti, Marx ed Engels avevano riconosciuto nella sua teoria dell’evoluzione nel campo dello studio degli organismi viventi, un passo analogo a quella del materialismo storico, come dimostrano questi due brani della loro corrispondenza: “Questo Darwin, che sto studiando, è veramente sensazionale. Sinora non è mai stato fatto un tentativo di un tale spessore per dimostrare l’esistenza di uno sviluppo storico nella natura”. (Engels a Marx, 11 dicembre 1859). “Ecco il libro che contiene la base, nella storia naturale, per le nostre idee”. (Marx ad Engels, 19 dicembre 1860)[1].

Il testo di Pannekoek, scritto in maniera molto semplice, ci fornisce un eccellente riassunto della teoria dell’evoluzione delle specie. Ma Pannekoek non era solamente un uomo di scienza erudito (era, infatti, un rinomato astronomo). Era innanzitutto un marxista ed un militante del movimento operaio. Per questo nel suo opuscolo “Darwinismo e Marxismo” si sforza di criticare ogni tentativo di applicare schematicamente e meccanicamente la teoria di Darwin della selezione naturale alla specie umana. Pannekoek mette in evidenza con chiarezza le analogie tra marxismo e darwinismo e spiega l’utilizzazione della teoria della selezione naturale, da parte dei settori più progressisti della borghesia, contro le vestigia reazionarie del feudalesimo. Inoltre critica anche la strumentalizzazione fraudolenta da parte della borghesia della teoria di Darwin contro il marxismo, in particolare le derive del “darwinismo sociale”, ideologia sviluppata in particolare dal filosofo britannico Herbert Spencer (oggi ripresa dagli ideologi del liberismo per giustificare la concorrenza capitalista, la legge della giungla, il ciascuno per sé e l’eliminazione dei più deboli).

Di fronte alla ricomparsa di credenze oscurantiste generate nella notte dei tempi, in particolare del “creazionismo” con la sua reincarnazione del “disegno intelligente” secondo cui l’evoluzione degli organismi viventi, e la stessa apparizione dell’uomo, corrisponderebbero ad un “piano” prestabilito da una “intelligenza superiore” di natura divina, tocca ai marxisti riaffermare il carattere scientifico e materialista della teoria di Darwin e sottolineare il salto considerevole che ha fatto compiere alle scienze naturali.

E’ evidente che l’opuscolo di Pannekoek deve essere situato nel contesto delle conoscenze scientifiche della sua epoca ed alcuni suoi punti di vista, sviluppati nella seconda parte, sono oggi superate da un secolo di ricerche e di scoperte scientifiche (in particolare quelle della paleoantropologia e della genetica). Ma nella sostanza il suo contributo (redatto in olandese, e finora a nostra conoscenza mai stato tradotto in italiano)[2] resta un apporto inestimabile alla storia del movimento operaio.

CCI (19 aprile 2009)

L’opuscolo di Anton Pannekoek

I. Il Darwinismo

Pochi scienziati hanno segnato così tanto il pensiero della seconda metà del 19° secolo quanto Darwin e Marx. I loro apporti hanno rivoluzionato la concezione che le masse si erano fatte del mondo. Per decenni i loro nomi sono stati sulla bocca di tutti ed i loro lavori sono oggi al centro di intellettuali che corredano le lotte sociali. La ragione risiede nel contenuto altamente scientifico di tali lavori.

L’importanza scientifica del darwinismo e del marxismo risiede nella loro fedeltà rigorosa alla teoria dell’evoluzione, vertente, il primo, sul campo del mondo organico, quello degli oggetti animati, l’altro sul campo sociale. Tuttavia, tale teoria dell’evoluzione non era per niente nuova: aveva avuto i suoi sostenitori prima di Darwin e di Marx; anche il filosofo Hegel ne aveva fatto il punto centrale della sua filosofia. Pertanto è necessario esaminare da vicino gli apporti di Darwin e di Marx in questo campo.

La teoria secondo la quale le piante e gli animali si sono sviluppati gli uni a partire dagli altri si incontra per la prima volta nel 19° secolo. Fino ad allora, alla domanda: “Da dove vengono le migliaia e le centinaia di migliaia di differenti tipi di piante e di animali che noi conosciamo?”, si rispondeva: “Dai tempi della creazione, li ha creati tutti Dio, ciascuno secondo la sua specie”. Questa primitiva teoria era conforme all’esperienza acquisita e alle migliaia di dati disponibili sul passato. Secondo questi dati, tutte le piante e tutti gli animali conosciuti erano sempre stati identici. Sul piano scientifico l’esperienza era espressa nel seguente modo: “Tutte le specie sono invariabili perché i genitori trasmettono le loro caratteristiche ai loro figli”.

Tuttavia, a causa di certe particolarità tra le piante e gli animali, divenne necessario ipotizzare un’altra concezione. Così queste particolarità sono state organizzate in modo accurato secondo un sistema che fu iniziato dallo scienziato svedese Linneo. Secondo questo sistema, gli animali sono divisi in regni (phylum), essi stessi divisi in classi, le classi in ordini, gli ordini in famiglie, le famiglie in generi, ogni genere contiene delle specie. Più le caratteristiche degli esseri viventi sono simili, più, in questo sistema, sono vicini gli uni agli altri, e più il gruppo al quale appartengono è piccolo. Tutti gli animali classificati come mammiferi presentano le stesse caratteristiche generali nella loro forma corporale. Gli animali erbivori, i carnivori e le scimmie che appartengono ad ordini differenti, sono ulteriormente differenziati. Gli orsi, i cani ed i gatti che sono degli animali carnivori, hanno molto più punti in comune nella loro forma corporale quanto non ne abbiano con i cavalli o le scimmie. Questa similitudine aumenta in modo evidente quando si esaminano delle varietà della stessa specie; il gatto, la tigre ed il leone si somigliano sotto ogni aspetto e differiscono dai cani e dagli orsi. Se lasciamo la classe dei mammiferi e ci orientiamo verso altre classi, come quelle degli uccelli o dei pesci, troviamo maggiori differenze tra le classi che all’interno di una stessa classe. Persiste, tuttavia, sempre una somiglianza nella formazione del corpo, dello scheletro e del sistema nervoso. Queste caratteristiche spariscono quando lasciamo questa divisione principale che abbraccia tutti i vertebrati, per osservare i molluschi (animali a corpo molle) o i polpi.

L’insieme del mondo animale può essere dunque organizzato in divisioni e suddivisioni. Se ogni specie differente di animale fosse stata creata totalmente indipendentemente dalle altre, non ci sarebbe stata alcuna ragione per l’esistenza di tali categorie. Non ci sarebbe stata alcuna ragione per non esistere mammiferi a sei zampe. Bisognerebbe quindi supporre che, al momento della creazione, Dio abbia seguito il piano del sistema di Linneo e creato tutto secondo questo piano. Fortunatamente, disponiamo di un’altra spiegazione. La similitudine nella costruzione del corpo può essere dovuta ad un vero rapporto di parentela. Secondo questa concezione, la similitudine delle particolarità indica in quale misura il rapporto è vicino o lontano, proprio come la somiglianza tra fratelli e sorelle sono maggiori che tra parenti più lontani. Pertanto le specie animali non sono state create in maniera individuale, ma sono discese le une dalle altre. Formano un tronco che è cominciato su delle basi semplici e che si è sviluppato continuamente; gli ultimi rami, più magri, sono costituiti dalle specie che esistono attualmente. Tutte le specie di gatti discendono da un gatto primitivo che, come il cane primitivo e l’orso primitivo, è il discendente di un certo tipo primitivo di animale carnivoro. L’animale carnivoro primitivo, l’animale con gli zoccoli primitivo e la scimmia primitiva sono discesi da un mammifero primitivo, ecc.

Questa teoria della filiazione è stata difesa da Lamarck e da Geoffroy St Hilaire. Tuttavia, non ha avuto l’approvazione generale. Questi naturalisti non hanno potuto provare la precisione di questa teoria e, di conseguenza, essa è restata allo stato di ipotesi, di semplice supposizione. Ma quando è arrivato Darwin, con la sua opera principale, L’origine delle Specie, ha aperto le menti d’incanto; la sua teoria evoluzionista è stata accettata immediatamente come una verità altamente dimostrata. Da allora, la teoria evoluzionista è diventata inseparabile dal nome di Darwin. Perché?

Ciò è dovuto in parte al fatto che con l’esperienza è stato accumulato sempre più materiale a sostegno di questa teoria. Sono stati trovati degli animali che non potevano essere collocati chiaramente nella classificazione, come i mammiferi ovipari, pesci provvisti di polmoni, ed animali vertebrati senza vertebre. La teoria della filiazione affermava che questi erano semplicemente delle vestigia della transizione tra i principali gruppi. Gli scavi hanno rivelato dei resti fossilizzati che sembravano differenti dagli animali che vivono oggigiorno. Questi resti hanno in parte rivelato di essere forme primitive degli animali della nostra epoca e hanno mostrato che gli animali primitivi si sono evoluti gradualmente per diventare gli animali di oggi. Poi si è sviluppata la teoria cellulare; ogni pianta, ogni animale è costituita da milioni di cellule e si è sviluppato attraverso divisioni e differenziazioni continue a partire da cellule uniche. Una volta arrivati così lontano, pensare che gli organismi più evoluti siano discesi da esseri primitivi costituiti da una sola cellula, non è sembrato più una cosa assurda.

Tutte queste nuove esperienze tuttavia non potevano elevare la teoria ad un livello di verità dimostrata. La migliore prova dell’esattezza di questa teoria sarebbe stata poter osservare con i propri occhi una vera trasformazione di una specie animale in un’altra. Ma è impossibile. Come dunque dimostrare che una specie animale si trasforma in un altra? Lo si può fare mostrando la causa, la forza che determina un tale sviluppo. Darwin ha fatto questo. Darwin ha scoperto il meccanismo dello sviluppo animale e, con esso, ha provato che in certe condizioni certe specie animali si trasformavano necessariamente in altre specie animali. Illustriamo questo meccanismo.

Il suo principale fondamento è la natura della trasmissione: i genitori trasmettono le loro particolarità ai loro figli, ma allo stesso tempo, i figli divergono dai loro genitori in certi aspetti e differiscono anche tra loro. È per questa ragione che gli animali della stessa specie non sono del tutto simili, ma differiscono in tutte le direzioni a partire da un tipo medio. Senza questa variazione sarebbe impossibile che una specie animale si trasformi in un’altra. Ciò che è necessario alla formazione di una nuova specie è che la divergenza a partire dal tipo centrale cresca e che vada avanti nella stessa direzione fino a diventare così importante che il nuovo animale non somiglia più a quello da cui è disceso. Ma quale è questa forza che provocherebbe sempre una variazione crescente nella stessa direzione?

Lamarck ha dichiarato che il cambiamento era dovuto all’uso intenso di certi organi; a causa dell’esercizio continuo di certi organi, questi si perfezionavano sempre più. Proprio come i muscoli delle gambe degli uomini si rinforzano correndo molto, allo stesso modo il leone ha acquistato delle zampe potenti e la lepre delle zampe veloci. Allo stesso modo le giraffe hanno sviluppato il lungo collo per raggiungere e mangiare le foglie degli alberi; a forza di estendere il collo, certi animali a collo corto hanno sviluppato un lungo collo da giraffa. Per molto tempo questa spiegazione non è stata credibile e non spiegava perché la rana dovesse essere verde per proteggersi.

Per risolvere questa questione Darwin si è orientato verso un altro campo di esperienza. L’allevatore e l’orticoltore sono capaci di sviluppare in modo artificiale nuove razze e nuove varietà. Quando un orticoltore vuole sviluppare, a partire da una certa pianta, una varietà che ha dei grandi fiori, tutto ciò che deve fare è sopprimere, prima della maturità, tutte le piante che hanno fiori piccoli e preservare quelle che li hanno grandi. Se ripete questo per alcuni anni di seguito, i fiori saranno sempre più grandi, perché ogni nuova generazione somiglia alla precedente, ed il nostro orticoltore, avendo sempre selezionato i fiori più grandi, al fine della propagazione, riesce a sviluppare una pianta che ha dei fiori molto grandi. Attraverso una tale azione, a volte deliberata e a volte accidentale, gli uomini hanno sviluppato un gran numero di razze dei nostri animali domestici che differiscono dalla loro forma di origine molto più di quanto differiscono tra loro altre specie selvagge.

Se chiedevamo ad un allevatore di sviluppare un animale a collo lungo a partire da un animale a collo corto, questo non gli sembrerebbe impossibile. Tutto ciò che dovrebbe fare, sarebbe selezionare quelli con colli relativamente più lunghi, di incrociarli, di sopprimere i giovani dai colli corti e di incrociare di nuovo quelli che hanno un collo lungo. Ripetendo ciò ad ogni nuova generazione, il risultato sarebbe che il collo diventerebbe sempre più lungo ottenendo così un animale somigliante alla giraffa.

Un tale risultato è raggiunto perché c'è una volontà definita, con un obiettivo definito che, allo scopo di allevare una certa varietà, seleziona alcuni animali. In natura, non esiste una tale volontà e tutte le variazioni vengono attenuate dall’incrocio; è impossibile dunque che un animale continui ad allontanarsi dal tronco comune originario e prosegua nella stessa direzione fino a diventare una specie completamente diversa. Quale è dunque la forza che in natura seleziona gli animali come fa un allevatore?

Darwin ha meditato molto tempo su questo problema prima di trovarne la soluzione nella “lotta per l’esistenza”. In questa teoria abbiamo un riflesso del sistema produttivo dell’epoca in cui ha vissuto Darwin, perché la lotta della concorrenza capitalista gli è servita da modello per la lotta per l’esistenza che prevaleva in natura. Questa soluzione non gli si è presentata grazie alle proprie osservazioni. Gli sono venute dalla lettura dei lavori dell’economista Malthus. Questi ha tentato di spiegare che tanta miseria, carestia e privazioni nel mondo borghese sono dovute al fatto che la popolazione aumenta più velocemente dei mezzi di sussistenza esistenti. Non c'è abbastanza cibo per tutti: dunque gli individui devono lottare gli uni contro gli altri per la loro esistenza, e in questa lotta molti soccombono. Con questa teoria la concorrenza capitalista così come la miseria esistente venivano dichiarate inevitabili leggi naturali. Nella sua autobiografia Darwin dichiara che è il libro di Malthus che l’ha spinto a pensare alla lotta per l’esistenza.

“Nell’ottobre 1838, quindici mesi dopo che ebbi cominciato la mia inchiesta sistematica, mi capitò di leggere, per distrarmi, il saggio di Malthus sulla Popolazione; e siccome ero ben preparato, a causa delle mie lunghe osservazioni sulle abitudini degli animali e delle piante, ad apprezzare la presenza universale della lotta per l’esistenza, fui subito colpito dall’idea che, in queste circostanze, le variazioni favorevoli tenderebbero ad essere preservate, e le sfavorevoli ad essere annientate. Il risultato di ciò sarebbe la formazione di nuove specie. Avevo, dunque, finalmente trovato in ciò una teoria su cui lavorare”.

È un dato di fatto che l’aumento delle nascite degli animali supera quello della quantità di cibo necessario alla loro sussistenza. Non c’è nessuna eccezione alla regola secondo la quale il numero degli esseri organici tende a crescere ad una certa velocità tale che la terra verrebbe velocemente invasa completamente dalla discendenza di una sola coppia se una parte di questa non fosse distrutta. È per tale ragione che deve intervenire una lotta per la sopravvivenza. Ogni animale tenta di vivere, fa del suo meglio per nutrirsi e cerca di evitare di essere mangiato da altri. Con le sue particolarità e le sue armi specifiche lotta contro tutti gli elementi antagonisti, contro gli animali, contro il freddo, il caldo, la siccità, le inondazioni, ed altre circostanze naturali che possono minacciare di distruggerlo. Soprattutto lotta contro gli animali della sua stessa specie che vivono allo stesso modo, possiedono le stesse caratteristiche, utilizzano le stesse armi e vivono della stesso cibo. Questa lotta non è diretta; la lepre non lotta direttamente contro la lepre, né il leone contro il leone a meno che sia una lotta per la femmina - ma è una lotta per l’esistenza, una corsa, una lotta competitiva. Non tutti possono raggiungere l’età adulta; la maggior parte vengono distrutti e solo quelli che vincono la corsa sopravvivono. Ma chi sono quelli che la vincono? Quelli che, per le loro caratteristiche, per la loro struttura corporea, sono più adatti a trovare del cibo o sfuggire al nemico; in altri termini, sopravvivranno quelli che riescono meglio ad adattarsi alle condizioni esistenti. “Poiché il numero degli individui che nascono è sempre maggiore rispetto a quello di coloro che sopravvivono, la lotta per la sopravvivenza deve ricominciare senza tregua e la creatura che possiede un certo vantaggio rispetto agli altri sopravvivrà ma, poiché le sue caratteristiche particolari sono trasmesse alle nuove generazioni, è la stessa natura che sceglie, e la nuova generazione nascerà con caratteristiche differenti rispetto alla precedente”.

Qui abbiamo un altro schema per comprendere l’origine della giraffa. Quando l’erba non cresce in certi luoghi, gli animali devono nutrirsi di foglie d’alberi e tutti quelli il cui collo è troppo corto per raggiungere queste foglie periranno. È la stessa natura che seleziona e la natura seleziona solamente quelli che hanno colli lunghi. In riferimento alla selezione realizzata dall’allevatore, Darwin ha chiamato questo processo “la selezione naturale”.

Questo processo produce necessariamente nuove specie. Poiché nascono troppi individui di una stessa specie, più di quanto le riserve di cibo ne permettono la sussistenza, essi tentano continuamente di estendersi su una superficie più vasta. Per procurarsi il cibo quelli che vivono nei boschi vanno verso le praterie, quelli che vivono sul suolo vanno nell’acqua, e quelli che vivono sulla terra si arrampicano sugli alberi. In queste nuove condizioni, un’attitudine o una variazione sono spesso adeguate mentre non lo erano precedentemente, ed esse si sviluppano. Gli organi cambiano con il modo di vita. Si adattano alle nuove condizioni e, a partire dalla vecchia specie, una nuova si sviluppa. Questo movimento continuo delle specie esistenti che si ramificano in nuovi rami porta all’esistenza di queste migliaia di animali differenti che vanno a differenziarsi sempre più.

La teoria di Darwin non solo spiega così la filiazione generale degli animali, la loro trasmutazione e la loro formazione a partire dagli esseri primitivi, ma anche l’adattamento meraviglioso che esiste in tutta la natura. Questo meraviglioso adattamento poteva spiegarsi prima solo attraverso il saggio intervento di Dio. Adesso questa filiazione naturale è compresa chiaramente. Perché questo adattamento non è nient’altro che l’adattamento ai mezzi di esistenza. Ogni animale ed ogni pianta sono esattamente adattati alle circostanze esistenti, perché tutti quelli che sono meno conformi, sono meno adattati e sono sterminati nella lotta per l’esistenza. Le rane verdi, che provengono dalle rane brune, devono preservare il loro colore protettivo perché tutte quelle che deviano da questo colore vengono più rapidamente scoperte dai nemici e vengono distrutte oppure trovano maggiori difficoltà a nutrirsi e muoiono.

È in questo modo che Darwin ci ha mostrato, per la prima volta, che le nuove specie si sono sempre formate a partire dalle vecchie. La teoria trasformista, che fino a quel momento non era che una semplice presunzione indotta a partire da numerosi fenomeni che non potevano essere spiegati in nessuno altro modo, ha guadagnato così la certezza di un funzionamento necessario di forze specifiche e che poteva essere provato. È una delle ragioni principali per la quale questa teoria si è imposta tanto velocemente nelle discussioni scientifiche ed ha attirato l’attenzione del pubblico.

II. Il marxismo

Quando si rivolge l’attenzione al marxismo, notiamo immediatamente una grande somiglianza col darwinismo. Come per Darwin, l’importanza scientifica del lavoro di Marx consiste nell’aver scoperto la forza motrice, la causa dello sviluppo sociale. Egli non ha dovuto dimostrare che un tale sviluppo esisteva; tutti sapevano che, dai tempi più primitivi, nuove forme sociali avevano continuamente soppiantato le vecchie; ma le cause e gli scopi di questo sviluppo restavano sconosciuti.

Nella sua teoria Marx è partito dalle conoscenze di cui disponeva alla sua epoca. La grande rivoluzione politica che ha conferito all’Europa l’aspetto che ha, la rivoluzione francese, era nota a tutti per essere stata una lotta per la supremazia, condotta dalla borghesia contro la nobiltà e la monarchia. Dopo questa lotta nuove lotte di classe hanno avuto luogo. La lotta fatta in Inghilterra dai capitalisti industriali contro i proprietari fondiari dominava la politica; allo stesso tempo, la classe operaia si rivoltava contro la borghesia. Quali erano questi classi? In cosa differivano le une dalle altre? Marx ha mostrato che queste distinzioni di classe erano dovute alle differenti funzioni che ciascuna giocava nel processo produttivo. È nel processo di produzione che le classi hanno la loro origine, ed è questo processo che determina a quale classe si appartiene. La produzione non è nient’altro che il processo di lavoro sociale attraverso il quale gli uomini ottengono i loro mezzi di sussistenza a partire dalla natura. È questa produzione dei beni materiali necessari alla vita che costituisce il fondamento della società e che determina le relazioni politiche, le lotte sociali e le forme della vita intellettuale.

I modi di produzione sono continuamente cambiati nel tempo. Da dove sono venuti questi cambiamenti? Il modo di lavorare ed i rapporti di produzione dipendono dagli attrezzi con cui le persone lavorano, dallo sviluppo della tecnica e dai mezzi di produzione in generale. E’ perché nel Medioevo si lavorava con attrezzi rudimentali, mentre oggi si lavora con macchine gigantesche, che in quell’epoca si aveva il piccolo commercio ed il feudalismo, mentre adesso si ha il capitalismo. È anche per questa ragione che nel Medioevo la nobiltà feudale e la piccola borghesia erano le classi più importanti, mentre adesso la borghesia ed il proletariato costituiscono le classi principali.

È lo sviluppo degli strumenti, di questo materiale tecnico che gli uomini mettono in opera, che è la causa principale, la forza motrice di tutto lo sviluppo sociale. Va da sé che gli uomini tentano sempre di migliorare questi strumenti così che il loro lavoro sia più facile e più produttivo, e la pratica che acquistano utilizzando questi strumenti, li porta a sua volta a sviluppare e perfezionare il loro pensiero. In ragione di questo sviluppo ha luogo un progresso, lento o veloce, della tecnica che allo stesso tempo trasforma le forme sociali del lavoro. Questo conduce a nuovi rapporti di classe, a nuove istituzioni sociali ed a nuove classi. Allo stesso tempo sorgono lotte sociali, cioè politiche. Le classi che dominavano nel vecchio processo di produzione tentano di conservare artificialmente le loro istituzioni, mentre le classi ascendenti cercano di promuovere il nuovo processo di produzione; e conducendo delle lotte di classe contro la classe dirigente e conquistando il potere, preparano il campo per un nuovo sviluppo senza ostacoli della tecnica.

Così la teoria di Marx ha rivelato la forza motrice ed il meccanismo dello sviluppo sociale. Con ciò ha dimostrato che la storia non è qualche cosa di erratico e che i diversi sistemi sociali non sono il risultato del caso o di avvenimenti aleatori, ma che esiste uno sviluppo regolare in una direzione definita. Egli ha anche provato che lo sviluppo sociale non cessa col nostro sistema, perché la tecnica si sviluppa continuamente.

Pertanto i due insegnamenti, quello di Darwin e quello di Marx, uno nel campo del mondo organico e l’altro nel campo della società umana, hanno elevato la teoria dell’evoluzione al livello di una scienza positiva.

In tal modo hanno reso la teoria dell’evoluzione accettabile per le masse in quanto concezione di base dello sviluppo sociale e biologico.

III. Il marxismo e la lotta di classe

Benché sia vero che, affinché una teoria abbia un’influenza duratura sullo spirito umano, è necessario che abbia un valore altamente scientifico, ciò non è tuttavia sufficiente. È capitato spesso che una teoria scientifica di grande importanza per la scienza non abbia suscitato nessuno interesse, se non per alcuni uomini istruiti. Possiamo citare, per esempio, la teoria dell’attrazione universale di Newton.

Questa teoria è la base dell’astronomia ed è grazie a questa teoria che conosciamo gli astri e possiamo prevedere la traiettoria di certi pianeti e le eclissi. Tuttavia, quando la teoria di Newton sull’attrazione universale è apparsa, solo alcuni scienziati inglesi vi hanno aderito. Le grandi masse non hanno dimostrato nessuna attenzione per tale teoria. E’ stata conosciuta dalle masse attraverso un libro popolare di Voltaire scritto solo mezzo secolo più tardi.

Non c’è niente di strano in questo. La scienza è diventata una specialità per un certo gruppo di uomini istruiti ed i suoi progressi riguardano solo loro, proprio come la fonderia è la specialità del fabbro ed ogni miglioramento nella fusione del ferro riguarda solamente lui. Solo una conoscenza di cui tutti possono servirsi e che si rivela come una necessità vitale per tutti può suscitare l’adesione delle grandi masse. Pertanto quando vediamo che una teoria scientifica suscita entusiasmo e passione nelle grandi masse, ciò può essere attribuito al fatto che questa teoria serve loro come arma nella lotta di classe. Perché è la lotta di classe che mobilita la grande maggioranza della società.

Si può constatare ciò in modo più chiaro col marxismo. Se gli insegnamenti economici di Marx fossero stati senza importanza per la lotta di classe moderna, solo alcuni economisti professionisti gli avrebbero dedicato del tempo. Ma per il fatto che il marxismo serve da arma ai proletari nella loro lotta contro il capitalismo, le lotte scientifiche si concentrano su questa teoria. È grazie al favore che quest’ultima ha reso loro che milioni di persone onorano il nome di Marx pur conoscendo poco i suoi lavori e che questo nome è disprezzato da altre migliaia che non comprendono niente della sua teoria. È grazie al grande ruolo che la teoria marxista gioca nella lotta di classe che questa è studiata assiduamente dalle grandi masse e che domina lo stato d’animo umano.

La lotta di classe proletaria è esistita prima di Marx, perché essa è il frutto dello sfruttamento capitalista. Era del tutto naturale che gli operai, essendo sfruttati, pensassero ad un altro sistema sociale dove lo sfruttamento fosse abolito e lo rivendicavano. Ma tutto ciò che potevano fare era sperarlo e sognarlo. Non erano certi che sarebbe stato possibile realizzarlo. Marx ha dato al movimento operaio ed al socialismo una base teorica. La sua teoria sociale ha mostrato che i sistemi sociali si sono sviluppati in un movimento continuo all’interno del quale il capitalismo costituisce solamente una forma temporanea. Il suo studio del capitalismo ha mostrato che, a causa del perfezionamento costante della tecnica, il capitalismo deve cedere necessariamente il posto al socialismo. Questo nuovo sistema di produzione può essere edificato solo dai proletari attraverso la loro lotta contro i capitalisti il cui interesse è di mantenere il vecchio sistema di produzione. Il socialismo è dunque il prodotto e lo scopo della lotta di classe proletaria.

Grazie a Marx la lotta di classe proletaria ha preso una forma completamente diversa. Il marxismo è diventato un’arma nelle mani dei proletari; al posto di vaghe speranze, ha dato loro uno scopo positivo e, evidenziando con chiarezza lo sviluppo sociale, ha dato forza al proletariato e allo stesso tempo ha creato la base per l’adozione di una tattica corretta. È a partire dal marxismo che gli operai possono provare il carattere transitorio del capitalismo così come la necessità e la certezza della loro vittoria. Allo stesso tempo il marxismo ha spazzato via le vecchie visioni utopiche secondo cui il socialismo sarebbe stato instaurato grazie all’intelligenza ed alla buona volontà dell’insieme degli uomini saggi che consideravano il socialismo come una rivendicazione di giustizia e di moralità; come se l’obiettivo fosse l’edificazione di una società infallibile e perfetta. La giustizia e la morale cambiano col sistema di produzione ed ogni classe se ne fa una concezione diversa. Il socialismo non può essere ottenuto che dalla classe che ha interesse al socialismo e non si tratta di stabilire un sistema sociale perfetto, ma di un cambiamento nei modi di produzione che conduce ad una tappa superiore e cioè alla produzione sociale.

Poiché la teoria marxista dello sviluppo sociale è indispensabile ai proletari nelle loro lotte, i proletari cercano di integrarla nel loro essere; domina il loro pensiero, i loro sentimenti, tutta la loro concezione del mondo. Poiché il marxismo è la teoria dello sviluppo sociale, all’interno del quale ci troviamo, il marxismo si pone dunque all’epicentro dei grandi scontri intellettuali che accompagnano la nostra rivoluzione economica.

IV. Il darwinismo e la lotta di classe

Che il marxismo abbia acquistato la sua importanza e la sua posizione grazie unicamente al ruolo che occupa nella lotta di classe proletaria è noto a tutti. Col darwinismo, invece, le cose sembrano differenti ad un osservatore superficiale, perché esso tratta di una nuova verità scientifica che deve far fronte all’ignoranza ed ai pregiudizi religiosi. Tuttavia non è difficile vedere che in realtà il darwinismo ha dovuto subire le stesse vicissitudini del marxismo. Il darwinismo non è una semplice teoria astratta adottata dal mondo scientifico dopo essere stata discussa e messa alla prova in maniera puramente obiettiva. No, immediatamente dopo la sua apparizione, il darwinismo ha avuto i suoi sostenitori entusiasti ed i suoi avversari accaniti; anche il nome di Darwin è stato onorato dalle persone che avevano compreso qualche cosa della sua teoria e screditato da altri che non conoscevano niente della sua teoria se non che “l’uomo discende dalla scimmia” e che erano incontestabilmente incompetenti per giudicare con scientifica esattezza la teoria di Darwin o la sua falsità. Anche il darwinismo ha sostenuto un ruolo nella lotta di classe ed è a causa di questo ruolo che si è diffuso tanto velocemente e che ha avuto dei sostenitori entusiasti e degli avversari accaniti.

Il darwinismo è servito da strumento alla borghesia nella sua lotta contro la classe feudale, contro la nobiltà, i diritti del clero e dei signori feudali. Era una lotta completamente diversa dalla lotta che conducono oggi i proletari. La borghesia non era una classe sfruttata che lottava per sopprimere lo sfruttamento. Oh no! Ciò che la borghesia voleva era sbarazzarsi dei vecchi poteri dominanti che intralciavano la sua strada. La borghesia voleva governare da sola e basava le sue esigenze sul fatto che era la classe più importante che dirigeva l’industria. Quali argomenti poteva opporle la vecchia classe, la classe che era diventata solamente un parassita inutile? Questa si appoggiava sulla tradizione, sui suoi vecchi diritti “divini”. Erano quelli i suoi pilastri. Grazie alla religione i preti mantenevano la grande massa nella sottomissione e la preparavano ad opporsi alle esigenze della borghesia.

E’ stato proprio per difendere i suoi interessi che la borghesia si è trovava costretta a scalzare il diritto “divino” dei governanti. Le scienze naturali sono diventate un’arma da opporre alla credenza ed alla tradizione; sono state messe avanti la scienza e le leggi della natura di recente scoperta; è con queste armi che la borghesia ha condotto la sua lotta. Se le nuove scoperte potevano dimostrare che ciò che i preti insegnavano era falso, l’autorità “divina” di questi preti si sarebbe sgretolata ed i “diritti divini” sui quali la classe feudale basava i propri privilegi sarebbero stati distrutti. E’ pur vero che la classe feudale non è stata vinta solo in questo modo; il potere materiale può essere rovesciato solamente dal potere materiale; ma le armi intellettuali diventano delle armi materiali. È per questa ragione che la borghesia ascendente ha accordato una tale importanza alla scienza della natura.

Il darwinismo è arrivato al momento giusto. La teoria di Darwin secondo la quale l’uomo è il discendente di un animale inferiore, distruggeva tutto il fondamento del dogma cristiano. È per questa ragione che, appena il darwinismo ha fatto la sua apparizione, la borghesia se n’è impossessata con molto zelo.

Ciò non avvenne in Inghilterra. Qui vediamo ancora una volta fino a che punto la lotta di classe fosse importante per la propagazione della teoria di Darwin. In Inghilterra la borghesia dominava già da parecchi secoli e, nell’insieme, non aveva nessun interesse ad attaccare o a distruggere la religione. È per questa ragione che, sebbene questa teoria sia stata largamente letta in Inghilterra, essa ha appassionato poche persone; è stata considerata semplicemente come una teoria scientifica senza grande importanza pratica. Lo stesso Darwin la considerava tale e, per paura che la sua teoria urtasse i pregiudizi religiosi regnanti, ha evitato volontariamente di applicarla immediatamente agli uomini. Solamente dopo numerosi aggiustamenti e dopo che altri lo fecero prima di lui, decise di andare avanti. In una lettera a Haeckel deplorava il fatto che la sua teoria andasse ad urtare tanti pregiudizi ed incontrava tanta indifferenza, per cui non si aspettava di vivere abbastanza per vederla superare questi ostacoli.

Ma in Germania le cose erano totalmente differenti; e Haeckel ha risposto con ragione a Darwin che in Germania la sua teoria aveva incontrato un’accoglienza entusiasta. In effetti, quando apparve la teoria di Darwin, la borghesia si stava preparando ad un nuovo attacco contro l’assolutismo ed gli junker[3]. La borghesia liberale era diretta dagli intellettuali. Ernesto Haeckel, un grande scienziato e tra i più audaci, nel suo libro Natürliche Schöpfungsgeschichte, trasse immediatamente le più audaci conclusioni contro la religione. Il darwinismo, mentre incontrava l’entusiasta accoglienza da parte della borghesia progressista, veniva combattuto aspramente dai reazionari.

La stessa lotta ebbe luogo anche in altri paesi europei. Dovunque la borghesia liberale progressista doveva lottare contro le forze reazionarie. I reazionari detenevano o tentavano di ottenere, con l’aiuto dei loro sostegni religiosi, il potere disputato. In queste circostanze, anche le discussioni scientifiche si conducevano con l’ardore e la passione di una lotta di classe. Gli scritti che apparivano pro o contro Darwin avevano un carattere di polemica sociale, nonostante portassero il nome di autori scientifici. Se molti scritti popolari di Haeckel, considerati da un punto di vista scientifico, sono molto superficiali, di contro gli argomenti e le proteste dei suoi avversari danno prova di un’incredibile stupidità di cui non si può trovare equivalente che negli argomenti utilizzati contro Marx.

La lotta condotta dalla borghesia liberale contro il feudalismo non l’obiettivo di andare fino in fondo. Ciò in parte era dovuto al fatto che dovunque apparivano proletari socialisti che minacciavano tutti i poteri dominanti, ivi compreso quello della borghesia. La borghesia liberale si calmò e le tendenze reazionarie presero il sopravvento. Il vecchio ardore per combattere la religione si spense completamente e, anche se i liberali ed i reazionari continuavano a combattersi, in realtà essi si avvicinavano. L’interesse per la scienza come arma rivoluzionaria nella lotta di classe manifestata prima era sparito interamente, mentre la tendenza reazionaria cristiana che voleva che il popolo conservasse la sua religione si imponeva sempre più in modo potente e brutale.

Anche la stima per la scienza subiva un cambiamento di pari passo col bisogno di quest’ultima. Prima la borghesia istruita aveva fondato sulla scienza una concezione materialista dell’universo nella quale vedeva la soluzione all’enigma di questo. Adesso il misticismo prendeva il sopravvento; tutto ciò che era stato risolto dalla scienza appariva molto insignificante, mentre tutto ciò che non lo era stato assumeva una grande importanza, abbracciando le più importanti domande della vita. Uno stato d’animo di scetticismo, di critica e di dubbio si imponeva sul precedente spirito entusiasta in favore della scienza.

Questo si percepì anche nella posizione presa contro Darwin. “Che cosa dimostra la sua teoria? Lascia l’enigma dell’universo senza soluzione! Da dove viene questa natura meravigliosa della trasmissione, da dove viene questa capacità degli esseri animati a cambiare in modo così appropriato?” È là che risiede l’enigma misterioso della vita che non può essere risolto con principi meccanici. Che cosa resta dunque del darwinismo alla luce di quest’ultima critica?

Naturalmente gli avanzamenti della scienza hanno permesso un rapido progresso. La soluzione ad un problema fa apparire sempre nuovi problemi da risolvere che erano nascosti sotto la teoria della trasmissione. Questa teoria, che Darwin aveva dovuto accettare come base di ricerca, continuava ad essere studiata ed ebbe luogo un’aspra discussione a proposito dei fattori individuali dello sviluppo e della lotta per l’esistenza. Mentre alcuni scienziati rivolgevano la loro attenzione alla variazione, che consideravano il prodotto dell’esercizio e dell’adattamento alla vita (secondo il principio stabilito da Lamarck), altri scienziati come Weissman rigettavano espressamente questa idea. Mentre Darwin ammetteva solo dei cambiamenti progressivi e lenti, de Vries scopriva dei casi di variazioni veloci e dei salti che avevano portato all’apparizione improvvisa di nuove specie. Tutto questo, mentre si rinforzava e si sviluppava la teoria della filiazione, dava in certi casi l’impressione che le notizie scoperte smantellavano la teoria di Darwin e ogni nuova scoperta veniva di conseguenza salutata dai reazionari come prova del fallimento del darwinismo. Allo stesso tempo, la concezione sociale sulla scienza rifluiva. Gli scienziati reazionari proclamavano che era necessario un elemento spirituale. Il soprannaturale ed il misterioso che il darwinismo aveva spazzato via dovevano essere reintrodotti dalla finestra. Era l’espressione di una tendenza reazionaria crescente in seno a questa classe che all’inizio si era fatta portabandiera del darwinismo.

V. Il darwinismo contro il socialismo

Il darwinismo è stato di un’utilità inestimabile alla borghesia nella sua lotta contro i poteri del passato. Era del tutto naturale dunque che la borghesia lo utilizzasse contro il suo nuovo nemico, il proletariato; non perché i proletari si opponevano al darwinismo, ma per la ragione inversa. Quando il darwinismo fece la sua apparizione l’avanguardia proletaria, i socialisti, salutarono la teoria darwiniana perché vedeva nel darwinismo una conferma ed un compimento della propria teoria; non, come alcuni superficiali avversari credevano, perché si voleva fondare il socialismo sul darwinismo, ma nel senso che la scoperta darwiniana - che dimostrava che anche nel mondo organico, apparentemente stazionario, esisteva uno sviluppo continuo - costituisce una conferma ed un magnifico compimento della teoria marxista dello sviluppo sociale.

Era tuttavia normale che la borghesia si servisse del darwinismo contro i proletari. La borghesia doveva far fronte a due eserciti e le classi reazionarie lo sapevano bene. Quando la borghesia attaccava la loro autorità, queste additavano i proletari e mettevano in guardia la borghesia contro ogni frazionamento dell’autorità. Agendo così, i reazionari cercavano di spaventare la borghesia affinché rinunciasse ad ogni attività rivoluzionaria. Naturalmente i rappresentanti borghesi rispondevano che non c’era niente da temere; che la loro scienza confutava solamente l’autorità senza fondamento della nobiltà e li sosteneva nella loro lotta contro i nemici dell’ordine.

Durante un congresso di naturalisti il politico e scienziato reazionario Virchow accusò la teoria darwinista di sostenere il socialismo. “Fate attenzione a questa teoria, dice ai Darwinisti, perché questa teoria è legata strettamente a quella che ha causato tanto terrore nel paese vicino”. Questa allusione alla Comune di Parigi, fatta durante l’anno celebre per la caccia ai socialisti, dovette avere molto effetto. Che dire, tuttavia, della scienza di un professore che attacca il darwinismo argomentando che (una teoria) non è corretta perché è pericolosa! Questo rimprovero, di essere alleato ai rivoluzionari rossi, contrariò molto Haeckel, difensore di questa teoria. Questi non poté sopportarlo. Immediatamente dopo tentò di dimostrare che era precisamente la teoria darwiniana che dimostrava il carattere indifendibile delle rivendicazioni socialiste, e che darwinismo e socialismo “si sostengono reciprocamente come il fuoco e l’acqua”.

Seguiamo le controversie di Haeckel dove si ritrovano le idee principali della maggior parte degli autori che basano sul darwinismo i loro argomenti contro il socialismo.

Il socialismo è una teoria che presuppone l’uguaglianza naturale tra le persone e che si sforza di promuovere l’uguaglianza sociale; uguaglianza dei diritti, dei doveri, uguaglianza di proprietà e del suo godimento. Il darwinismo, al contrario, è la prova scientifica della disuguaglianza. La teoria della filiazione stabilisce che lo sviluppo animale va nel senso di una differenziazione o di una divisione del lavoro sempre più grande; più l’animale è superiore e si avvicina alla perfezione, più la disuguaglianza è importante. E ciò vale anche per la società. Anche qui vediamo la grande divisione del lavoro tra i mestieri, tra le classi, ecc., e più la società è sviluppata più aumentano le disuguaglianze nella forza, l’abilità, il talento. Bisogna dunque raccomandare la teoria della filiazione come “il migliore antidoto alla rivendicazione socialista di egualitarismo totale”.

Ciò si applica anche, ma in misura ancora maggiore, alla teoria darwiniana della sopravvivenza. Il socialismo vuole abolire la concorrenza e la lotta per l’esistenza. Ma il darwinismo ci insegna che questa lotta è inevitabile e che è una legge naturale per l’insieme del mondo organico. Non solo questa lotta è naturale, ma è anche utile e salutare. Questa lotta determina una perfezione crescente e questa perfezione consiste sempre più nell’eliminazione crescente di ciò che è inadatto. Solo la minoranza selezionata, coloro che sono qualificati per resistere alla concorrenza, può sopravvivere; la grande maggioranza deve sparire. Ci sono molti chiamati, ma pochi eletti. Allo stesso tempo la lotta per l’esistenza ha come risultato la vittoria dei migliori, mentre i meno buoni ed i disadattati devono essere eliminati. Ci si può lamentare, proprio come ci si lamenta che tutti dobbiamo morire, ma il fatto non può essere né negato né cambiato.

Vogliamo sottolineare come un piccolo cambiamento di parole quasi simili serva alla difesa del capitalismo. Darwin ha parlato, a proposito della sopravvivenza dei più adatti, di coloro che meglio si adattano alle condizioni. Vedendo che in questa lotta quelli che sono meglio organizzati prevalgono sugli altri, i vincitori furono chiamati i vigilanti e, in seguito, i “migliori”. Questa espressione è stata introdotta da Herbert Spencer. Essendo i vincitori nel loro campo, i vincitori della lotta sociale, i grandi capitalisti, si sono proclamati i migliori.

Haeckel ha mantenuto questa concezione e l’ha sempre confermata. Nel 1892 dice: “Il darwinismo, o la teoria della selezione, è interamente aristocratica; è basata sulla sopravvivenza del migliore. La divisione del lavoro apportata dallo sviluppo è responsabile di una variazione sempre più grande nel carattere, di una disuguaglianza sempre più grande tra gli individui, nella loro attività, la loro educazione e la loro condizione. Più la cultura umana è avanzata, maggiori sono la differenza ed il fossato tra le differenti classi esistenti. Il comunismo e le rivendicazioni di uguaglianza di condizione e di attività sostenute dai socialisti sono sinonimi di ritorno agli stadi primitivi della barbarie”.

Il filosofo inglese Herbert Spencer aveva già, prima di Darwin, una teoria sullo sviluppo sociale. Era la teoria borghese dell’individualismo basata sulla lotta per l’esistenza. Più tardi ha messo questa teoria in relazione stretta col darwinismo. “Nel mondo animale, diceva, i vecchi, i deboli ed i malati sono sempre annientati e solo gli elementi forti ed in buona salute sopravvivono. La lotta per l’esistenza serve dunque alla purificazione della razza, proteggendola dalla degenerazione. Essa è l’effetto benefattore di questa lotta perché, se questa lotta cessasse e ciascuno fosse certo di provvedere alla sua esistenza senza la minima lotta, la razza degenererebbe necessariamente. Il sostegno portato ai malati, ai deboli ed ai disadattati porta una degenerazione generale della razza. Se la simpatia, che trova la sua espressione nella carità, superasse dei limiti ragionevoli, mancherebbe il suo obiettivo; al posto di diminuire aumenterebbe la sofferenza per le nuove generazioni. L’effetto benefico della lotta per l’esistenza si percepisce meglio presso gli animali selvaggi. Essi sono tutti forti ed in buona salute perché hanno dovuto patire migliaia di pericoli i quali hanno eliminato necessariamente tutti quelli che non erano adattati. Negli uomini e negli animali domestici, la debolezza e la malattia sono generalizzate perché i malati ed i deboli sono preservati. Il socialismo, avendo per obiettivo la soppressione della lotta per l’esistenza nel mondo umano, porterà necessariamente una degenerazione mentale e fisica sempre crescenti”.

Sono questi i principali argomenti di coloro che utilizzano il darwinismo per difendere il sistema borghese. Per quanto potenti potessero sembrare a prima vista questi argomenti, non fu difficile per i socialisti demolirli. In sostanza questi non sono che i vecchi argomenti utilizzati contro il socialismo, rivestiti a nuovo con la terminologia darwiniana, ed essi mostrano un’ignoranza totale del socialismo e del capitalismo.

Quelli che paragonano l’organizzazione sociale al corpo dell’animale trascurano il fatto che gli uomini non differiscono tra loro come differiscono le cellule o gli organi, ma solamente per il livello delle loro capacità. Nella società la divisione del lavoro non può arrivare fino a far scomparire tutte le capacità a profitto di una sola. Inoltre, chiunque comprenda qualche cosa di socialismo sa che la divisione efficace del lavoro non termina con il socialismo, ma che, per la prima volta, con il socialismo sarà possibile una vera divisione. La differenza tra gli operai, tra le loro capacità, i loro impieghi non sparirà; ciò che cesserà sarà la differenza tra gli operai e gli sfruttatori.

Se è vero che nella lotta per l’esistenza gli animali fisicamente più forti, sani e bene adattati sopravvivono, ciò non si verifica con la concorrenza capitalista. Qui la vittoria non dipende dalla perfezione di quelli che sono impegnati nella lotta. Mentre il talento per gli affari e la forza possono giocare un ruolo nel mondo piccolo borghese, con l’ulteriore sviluppo della società, il successo dipende sempre più dal possesso del capitale. Il grande capitale vince sul più piccolo, anche se quest’ultimo si trova in mani più qualificate. Non sono le qualità personali, ma il possesso del denaro che decide chi sarà il vincitore nella lotta per la sopravvivenza. Quando i proprietari di piccoli capitali spariscono non periscono in quanto uomini ma in quanto capitalisti; non sono eliminati dalla vita, ma dalla borghesia. Dunque, la concorrenza che esiste nel sistema capitalista è qualche cosa di diverso, nelle sue esigenze ed i suoi risultati, dalla lotta animale per l’esistenza.

Le persone che periscono in quanto persone sono membri di una classe completamente differente, una classe che non partecipa alla lotta della concorrenza. Gli operai non fanno concorrenza ai capitalisti, vendono loro solamente la propria forza di lavoro. Poiché non hanno nessuna proprietà, non hanno neanche l’opportunità di misurare le loro grandi qualità, né di entrare in corsa con i capitalisti. La loro povertà e la loro miseria non possono essere attribuite al fatto che perdono in una lotta concorrenziale a causa della loro debolezza; è perché sono pagati molto male per la loro forza lavoro che i loro figli, anche se nascono forti ed in buona salute, muoiono in tanti; mentre i bambini nati da genitori ricchi, anche se sono nati malati, sopravvivono grazie all’alimentazione ed alle numerose cure che sono portate loro. I bambini dei poveri non muoiono perché sono malati o deboli, ma per ragioni esterne. È il capitalismo che crea tutte queste condizioni sfavorevoli con lo sfruttamento, la riduzione dei salari, le crisi di disoccupazione, alloggi malsani e le lunghe ore di lavoro. È il sistema capitalista che fa perire tanti esseri forti e sani.

Così i socialisti mostrano che, a differenza del mondo animale, la lotta concorrenziale che esiste tra gli uomini non favorisce i migliori ed i più qualificati, ma annienta molti individui forti e sani a causa della loro povertà, mentre i ricchi, sebbene deboli e malati, sopravvivono. I socialisti mostrano che la forza personale non è il fattore determinante, ma che quest’ultimo è qualche cosa di esterno all’uomo; è il possesso del denaro che determina chi sopravvivrà e chi morirà.

Anton Pannekoek



[1] Bisogna rilevare che, qualche tempo dopo, in un’altra lettera ad Engels, datata 18 giugno 1862, Marx ritornerà sul suo giudizio facendo questa critica a Darwin: “E’ notevole vedere come Darwin riconosce negli animali e nelle piante la sua società inglese, con la sua divisione del lavoro, la sua concorrenza, le sue aperture di nuovi mercati, le sue ‘invenzioni’ e la sua ‘malthusiana’lotta per la vita’. È il bellum omnium contra omnes (la guerra di tutti contro tutti) di Hobbes, e ciò ricorda Hegel nella Fenomenologia, dove la società civile interviene in quanto ‘regno animale’ dello spirito, mentre in Darwin è il regno animale che interviene in quanto società civile”. (Marx-Engels, Corrispondenza). In seguito, Engels riprenderà, in parte, questa critica di Marx ne L’Anti-Dühring (dove farà allusione alla “cantonata malthusiana” di Darwin) e nella Dialettica della natura. Più avanti ritorneremo su ciò che va considerato come un’interpretazione erronea dell’opera di Darwin da parte di Marx ed Engels.

[2] La traduzione è stata effettuata dalla versione inglese (1912, Nathan Weiser) e migliorata poi sulla base dell’originale in olandese.

[3] Gli junker costituivano l’aristocrazia terriera (ndr).