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Personalità della classe politica (come Bertrand Delanoë che pretende, con la mano sul cuore, di non essere stato in grado di denunciare l’attacco ai “diritti dell’uomo”), giornalisti, specialisti ed “inviati speciali” sono invitati in televisione per un grande dibattito “democratico” sulla situazione in Tunisia che adesso viene seguita ora dopo ora. E ovviamene, tutto questo gentile mondo adesso prende ipocritamente le distanze dal regime di Ben Ali e glorifica “il coraggio e la dignità del popolo tunisino” (come ha detto Barak Obama) che ha potuto, “da solo”, liberarsi del dittatore!
La caduta di Ben Ali è oggi “La” questione in tutti i quotidiani mentre per circa un mese il calvario della popolazione tunisina in preda ad una repressione selvaggia non ha fa consumare molto inchiostro. Una tale ipocrisia non è gratuita. Se i mass media ci inondano ora di informazioni, dopo settimane di silenzio, non è certamente perché la classe dominante degli Stati democratici sarebbe oggi “al fianco del popolo tunisino”, come ha affermato con gran cinismo il governo francese (che 3 giorni prima si proponeva di dare una mano alle forze di repressione di Ben Ali dopo che l’esercito aveva deciso di non sparare sulla popolazione!). Se la borghesia dei paesi democratici, con tutto il suo apparato di manipolazione mediatica, adesso incensa la “rivoluzione del popolo tunisino” è perché vi vede un proprio tornaconto.
La disfatta di Ben Ali le dà una nuova opportunità di scatenare una campagna gigantesca che mira ad elogiare i vantaggi della “democrazia” e della mascherata elettorale.
I mass media borghesi continuano a mentire quando montano oggi lo sciopero degli avvocati del 6 gennaio che alcuni presentano come l’elemento motore della sommossa che avrebbe fatto cadere la dittatura di Ben Ali. Mentono quando sostengono che c’è una gioventù colta che appartiene alla “classe media” che ha fatto cadere il dittatore. Mentono quando mettono avanti l’idea che la sola aspirazione della classe sfruttata e delle giovani generazioni che sono state al centro del movimento è quella della libertà d’espressione. Mentono quando nascondono le ragioni profonde della rabbia: la miseria e la disoccupazione che tocca il 55% dei giovani laureati ed ha causato molti suicidi all’inizio del movimento. E’ questa realtà, risultante dall’aggravamento della crisi economica mondiale, che si sforza di mascherare la campagna mediatica, orchestrata attorno alla caduta di Ben Ali. Quest’entusiasmo dei media per la “rivoluzione tunisina” mira ad intossicare la coscienza degli sfruttati, a portare le loro lotte contro la miseria e la disoccupazione sul campo della difesa dello Stato democratico borghese che non è altro che la forma più subdola, più ipocrita della dittatura del capitale.
Sofiane, 14 gennaio 2011
(da Révolution Internationale, ICConline)