Olimpiadi di Parigi: una indecente fastosità ad immagine del sistema capitalista in putrefazione

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Qui a Parigi dal 26 luglio all'11 agosto, si svolgeranno i Giochi Olimpici, a cui seguiranno dal 28 agosto all'8 settembre i Giochi Paraolimpici e, a quanto pare, non sotto i migliori auspici. In un contesto di guerre in Europa e di forti tensioni geopolitiche, di crisi economiche e di incertezze politiche, le folle non hanno alcun motivo per entusiasmarsi. Alle consuete preoccupazioni dei parigini esposti da mesi ai disagi dei preparativi, bisogna aggiungere l'enorme aumento dei prezzi dei trasporti urbani e, soprattutto, la vera e propria “caccia ai poveri” che si è impadronita della capitale.

Una vera e propria “pulizia sociale”

Per non sporcare “l’immagine della Francia” e del grande spettacolo previsto sulle rive della Senna, la borghesia si è impegnata senza tante cerimonie ad espellere gli “indesiderabili”. Stiamo quindi assistendo a uno “spostamento massiccio e forzato di popolazioni altamente precarie. Dal 2021-2022, abbiamo constatato un aumento del 40% degli sfratti da insediamenti informali (squat, baraccopoli, tendopoli, ecc.) situati vicino ai siti olimpici di Parigi e Saint-Denis, nonché dei 25 spazi di intrattenimento, sparsi per tutta la capitale. Includendo migranti, minori non accompagnati, senzatetto e persino lavoratrici del sesso”[1]. Per lo Stato conta solo la sua immagine sulla scena internazionale!

Il numero degli espulsi è anche aumentato improvvisamente con l’avvicinarsi delle scadenze olimpiche. La “caccia ai poveri” ha portato all’apertura in alcune regioni (Lione, Marsiglia, Tolosa, Bordeaux, Besançon, Rouen, Orléans, ecc.) di centri chiamati ipocritamente “di accoglienza temporanei”. Senza troppo rumore, si susseguono autobus che trasportano gli indesiderabili in questi luoghi volutamente fuori mano. Alla fine, molti di loro si ritrovano di nuovo in strada… ma comunque lontani dalla “festa dello sport”!

Il rafforzamento della sorveglianza e della repressione

Questa barbara e disumana impresa è strettamente legata ad un’ossessione per la sicurezza che implica anche un rafforzamento senza precedenti dello Stato, attraverso il suo sistema di sorveglianza e repressione. Mentre la crisi del sistema capitalista e le tensioni sociali che l’accompagnano si aggravano, questo tipo di manifestazione, che si tratti dei Giochi Olimpici o di altre grandi competizioni internazionali, porta le forze di repressione a occupare militarmente i luoghi ed a dispiegare mezzi di proporzioni inedite, apertamente totalitari.

Già durante le precedenti Olimpiadi europee, quelle di Londra del 2012, il sistema di sicurezza era assimilabile ad una vera e propria operazione militare: “12.000 agenti di polizia in servizio e 13.500 soldati a disposizione, vale a dire più delle truppe inglesi schierate in Afghanistan (9.500 soldati)! Più dei 20.000 soldati della Wehrmacht presenti a Monaco nel 1936! A questi dobbiamo aggiungere altri 13.300 agenti di sicurezza privati! Un dispositivo missilistico terra-aria ultraveloce era stato installato su un edificio, in una zona densamente popolata, vicino al principale sito olimpico per completare lo scudo antiaereo[2].

Le risorse impiegate per queste nuove Olimpiadi saranno, però, molto maggiori. Il fabbisogno giornaliero di agenti di sicurezza è stimato tra 22.000 e 32.000 e si parla addirittura di mobilitare l'esercito! Ma la novità è l’utilizzo della videosorveglianza algoritmica, ovvero lo sfruttamento dell’intelligenza artificiale, con quasi 15.000 videocamere[3], per una sorveglianza poliziesca fuori dalla norma.  Queste telecamere sono in grado di analizzare il comportamento degli individui e persino di raccogliere dati biometrici. Non c’è dubbio che questi dispositivi verranno utilizzati anche dopo le Olimpiadi, come ogni messa in opera di eventi “eccezionali”, preparando in tal modo, in definitiva, la formalizzazione del riconoscimento facciale (per il momento praticato ma non autorizzato). Ciò che la Cina ha attuato per controllare la sua popolazione ha fatto diventare verdi d’invidia tutti gli Stati “democratici”. Del resto, questa tecnologia molto invasiva è già stata sperimentata in Francia in diverse città: l'esempio più noto è quello della città di Nizza.

Non c’è da illudersi, questi dispositivi “testati” mirano chiaramente ad affermarsi per anticipare qualsiasi movimento di protesta sociale. Le Olimpiadi sono una manna dal cielo per preparare la repressione delle future lotte operaie!

Cattiva gestione e corruzione

Naturalmente, di fronte alle preoccupazioni e alle critiche, la borghesia ha affermato che queste Olimpiadi erano benefiche per l’occupazione e l’economia. La realtà è molto meno rosea. Se alcuni buoni affari permettono a certe imprese di riempirsi le tasche, gran parte dell'attività corrisponde all’attivazione dei settori improduttivi, per non parlare degli scandali di corruzione che sono già cominciati ad emergere. Gran parte dell'attività sarà generata anche dal lavoro gratuito, quello dei 45.000 volontari impiegati durante tutta la durata delle Olimpiadi. Come al solito vedremo fiorire una marea di slogan pubblicitari e gli spettatori saranno sottoposti al tradizionale bombardamento pubblicitario. Ma l’occupazione reale non sarà né sostenibile né all’altezza delle aspettative.

Contrariamente all’idea di una possibile “spinta” per l’economia, bisognerà contare solo su “benefici economici molto limitati, o addirittura nulli nel medio termine […] non si prevede alcun impatto macroeconomico significativo”[4]. In generale, le Olimpiadi hanno piuttosto appesantito le economie, se non le hanno addirittura mandate in default. L’esempio dei Giochi di Rio è molto significativo a questo proposito: oltre allo scandaloso spostamento forzato di popolazioni e ad un inquinamento ambientale, oltre ad alcuni scandali finanziari, i risultati di questi Giochi di Rio hanno prodotto un deficit abissale (equivalente a 130 milioni di euro).

Un enorme megafono per la propaganda nazionalista

Allora qual è lo scopo delle Olimpiadi? La visione condivisa da tutta la borghesia può essere riassunta in questo intervento di Christophe Lepetit, responsabile degli studi economici presso il Centro di diritto ed economia dello sport (CDES): “Non ospitiamo un evento sportivo per generare crescita economica, ma per ragioni geopolitiche e sociali, per il posizionamento internazionale della Francia. Cosa dovremmo intendere per “ragioni geopolitiche e sociali”? Nient'altro che la propaganda nazionalista volta a rafforzare il sentimento di appartenenza ad una “patria”. Ma attraverso l’esaltazione e le manifestazioni nazionaliste apparentemente “innocue” e “gioiose”, attraverso la celebrazione dell’“unità” e della “grandezza” nazionale, la borghesia cerca soprattutto di promuovere l’adesione ai propri interessi economici e imperialisti che richiedono sacrifici. Da qui questa ennesima grandiosa cerimonia. “La messa in scena di eventi sportivi a scopo propagandistico, contrariamente a quanto suggerisce la storia ufficiale, non è una particolarità del nazismo o dello stalinismo, ma una pratica generalizzata in tutti i paesi. Per convincersene basta ricordare i protocolli e gli splendori d'apertura dei Giochi Olimpici di Pechino nel 2008 o di Londra nel 2012, o anche l'ingresso delle nazionali di calcio in occasione delle grandi partite, per esserne convinti. I grandi spettacoli sportivi possono suscitare forti emozioni collettive, guidando facilmente le menti verso un universo di codici e simboli nazionali […]. Spesso accompagnate da musica militare, le competizioni internazionali sono sistematicamente precedute o chiuse dagli inni nazionali: “In questi scontri è in gioco il prestigio nazionale; il rito sportivo è quindi a questo livello un rito di scontro tra nazioni”. In questi brevi istanti di unione nazionale, le classi sociali vengono “sciolte”, negate, spettatori apertamente chiamati ad alzarsi e cantare con lo sguardo fisso sulla bandiera nazionale o sulla squadra che la incarna con i suoi colori[5]

In realtà, è per queste ragioni, soprattutto ideologiche, che le Olimpiadi vengono organizzate, con l'obiettivo di promuovere il veleno nazionalista e, per il Paese organizzatore, di “mantenere il suo rango internazionale”. In questo caso, per lo Stato francese, l’opportunità di migliorare la propria immagine di leader europeo all’interno della vacillante coppia franco-tedesca e oscurare temporaneamente il suo declino militare e politico sulla scena imperialista, in seguito agli insuccessi africani e alle numerose pressioni subite in Pacifico. Questi Giochi mirano anche a emarginare e isolare ulteriormente la Russia esercitando pressioni politiche contro di essa.

Al momento in cui scriviamo questo testo, il grande clamore mediatico, a parte il ridicolo percorso della fiamma olimpica, non è ancora realmente iniziato. Ma non c’è dubbio che ci sarà un enorme clamore patriottico. Di fronte a questa nuova campagna ideologica, in un contesto in cui il militarismo è onnipresente, non possiamo che ricordare le parole di Rosa Luxemburg al tempo della Grande Guerra, durante le prime sanguinose ecatombi : "Gli interessi nazionali sono solo una mistificazione che mira a mettere le masse popolari al servizio del loro nemico mortale: l’imperialismo”[6]. Uno degli obiettivi principali di questi Giochi è proprio questo!

WH, 11 luglio 2024

 

[1] . “Per le Olimpiadi, migranti, prostitute, senzatetto vengono espulsi in massa”, Reporterre (26 giugno 2024).

[2] “Lo sport nel capitalismo decadente (dal 1914 ai giorni nostri) (Storia dello sport nel capitalismo, parte II)”, in Révolution Internationale n. 438 (2012), https://fr.internationalism.org/content/5626/sport-capitalisme-decadent-1914-a-nos-jours-histoire-du-sport-capitalisme-ii

[3] Secondo Katia Roux, di Amnesty International-Francia, questa sorveglianza automatizzata “non ha mai dimostrato la sua efficacia contro la criminalità e il terrorismo, mentre si sono avverate le sue conseguenze sulle libertà fondamentali”.

[4] “I Giochi Olimpici, un buco finanziario per la Francia?” Euractiv (10 maggio 2024).

[5] “Lo sport nel capitalismo decadente (dal 1914 ai giorni nostri) (Storia dello sport nel capitalismo, parte II)”, in Révolution Internationale n. 438 (2012).

[6] Brochure di Junius (1915).

 

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