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In continuità con la Dichiarazione congiunta dei gruppi della Sinistra Comunista Internazionale sulla guerra in Ucraina, il 4 maggio scorso si è tenuta in Italia una riunione pubblica on line organizzata dalla CCI e dall’Istituto O. Damen (IOD) dal titolo “La guerra imperialista in Ucraina e i compiti dei rivoluzionari”. La discussione, che ha visto la partecipazione di un numero significativo di compagni, si è sviluppata a partire da una introduzione comune CCI-IOD e pienamente condivisa da Internationalist Voice, che ha anche partecipato alla riunione stessa attraverso un contributo al dibattito, e da International Communist Perspective (Korea). La stessa riunione pubblica, con la stessa introduzione, è stata organizzata anche in lingua inglese, spagnola e francese, coinvolgendo nel dibattito un gran numero di elementi da diversi paesi del mondo.
Tutte le riunioni hanno sostenuto la gravità della situazione storica attuale espressa dalla guerra imperialista in Ucraina e della responsabilità delle avanguardie rivoluzionarie di fronte ad essa, sostenendo pertanto sia la Dichiarazione congiunta che l’introduzione alla discussione. Un bilancio sull’importanza politica di queste riunioni e degli elementi centrali del dibattito sarà pubblicato in seguito.
Qui pubblichiamo l’introduzione fatta a queste riunioni e due contributi che dei nostri simpatizzanti ci hanno inviato come riflessione ulteriore a seguito della riunione del 4 maggio.
Salutiamo caldamente questi due contributi. Non solo per il loro contenuto, ma anche e soprattutto perché esprimono una consapevolezza dell’importanza del ruolo delle organizzazioni politiche del proletariato per la prospettiva rivoluzionaria ed al tempo stesso l’idea che la difesa dei principi e dei metodi propri del movimento operaio non possono essere delegati alle sole organizzazioni ma devono essere fatte proprie da ogni compagno che li condivide.
Introduzione
1. Gli orrori cui cercano di abituarci giorno dopo giorno con la guerra in Ucraina costituiscono la vera natura della società capitalista. Le migliaia di morti che si accumulano settimana dopo settimana, soprattutto tra civili inermi oltre che tra giovani russi e ucraini mandati ad ammazzarsi sotto l’imposizione delle leggi marziale, intere città completamente distrutte da un dispiegamento di armi di primo ordine, milioni di profughi di donne, bambini e anziani alla ricerca di un rifugio, spesso colpiti essi stessi nella fuga o bloccati affamati e senza risorse in scantinati bui. Il capitalismo mostra così, ancora una volta, il suo vero volto, un volto di morte e distruzione che appartiene a tutti i paesi, grandi e piccoli, cosiddetti aggressori e aggrediti.
2. Per trascinare i proletari nell’atmosfera di guerra la propaganda occidentale non esita a battere sulla questione della difesa del popolo aggredito dall’invasore. Non passa giorno che Zelensky non compaia in televisione per chiedere nuove armi per difendersi. Cambiano le guerre, i tempi, ma la borghesia non rinuncia mai a far passare i suoi interessi per quelli di tutto il popolo, le sue guerre come guerre di difesa nazionale. L’ha fatto nella II guerra mondiale chiamando alla lotta partigiana contro il fascismo e il nazismo, l’aveva già fatto nella I guerra mondiale quando ogni singolo paese belligerante dichiarava di essere l’aggredito e che occorreva rispondere all’aggressore. Oggi il copione si ripete immutato. Quelle stesse potenze che cercano di presentarsi come i difensori dell’Ucraina aggredita, USA e paesi europei principalmente, sono essi stessi degli aggressori provocando la Russia con la sottrazione alla sua influenza dei vari paesi della ex-area sovietica e la loro annessione nella NATO, alleanza prettamente militare. Lo stesso stato ucraino non smette di pretendere la carneficina di migliaia di uomini costretti a non lasciare il paese per servire la patria, ovvero gli interessi dell’imperialismo ucraino.
3. La gravità di questa guerra, che riporta il conflitto in piena Europa coinvolgendo direttamente Russia e Ucraina, i due più grandi paesi del continente, e con alle spalle immediatamente la NATO e gli USA e sullo sfondo la Cina, con in più il rischio di incidenti nucleari o finanche dell’uso di armi nucleari, non ha certo bisogno di essere spiegata. D’altra parte la situazione si presenta particolarmente delicata per il proletariato che in questa fase si ritrova stordito dagli avvenimenti e finanche con una certa difficoltà a riconoscersi come classe sociale sfruttata da questo sistema. Di fronte a questo scenario i rivoluzionari non possono attendere il risveglio del proletariato, devono loro prendere l’iniziativa e assumere le loro responsabilità. Ma quali sono oggi i compiti delle avanguardie rivoluzionarie? Per rispondere dobbiamo guardare all’indietro nella storia del Movimento Operaio.
4. E naturalmente il riferimento più immediato non può che essere Zimmerwald. Quello che ha animato i partecipanti alla Conferenza di Zimmerwald del settembre 1915 è la denuncia della guerra come un’espressione della barbarie del capitalismo, smascherando e denunciando le posizioni difensive dell’uno o dell’altro campo in lotta, senza cadere nella trappola di difendere l’uno o l’altro. Non sono gli appelli alla pace rivolti ai potenti del mondo che potranno fermare la guerra, ma la risposta della classe alla barbarie capitalista attraverso la trasformazione della guerra imperialista in guerra di classe per rovesciare il sistema, come rivendicato già nel VII Congresso della II Internazionale a Stoccarda nel 1907 sia da Lenin che dalla Luxemburg. Questo spirito di unirsi sui principi malgrado le divergenze nell’analisi permetterà appunto a Zimmerwald di diventare il riferimento che è oggi per noi rivoluzionari. E proprio a proposito di Zimmerwald lo stesso Lenin, noto per la sua intransigenza, sviluppava le seguenti considerazioni a proposito del Manifesto di Zimmerwald subito dopo la Conferenza:
“Il nostro Comitato centrale doveva firmare questo manifesto timoroso e inconseguente? Noi pensiamo di sì (…). Noi non abbiamo nascosto le nostre opinioni, le nostre parole d’ordine, la nostra tattica. (…). Abbiamo diffuso, stiamo diffondendo e continueremo a diffondere le nostre opinioni con la stessa energia con cui lo farà il manifesto. È un fatto che questo manifesto è un passo avanti verso una vera lotta contro l'opportunismo, verso una rottura con esso. Sarebbe settario rifiutarsi di fare questo passo avanti insieme alla minoranza dei socialisti tedeschi, francesi, svedesi, norvegesi e svizzeri, quando abbiamo piena libertà e piena possibilità di criticare l'incoerenza e di lavorare per cose più grandi. Sarebbe una cattiva tattica di guerra rifiutarsi di aderire al crescente movimento internazionale di protesta contro il social-sciovinismo solo perché questo movimento è lento, perché fa "solo" un passo avanti e perché è pronto e disposto a fare un passo indietro domani e fare la pace con il vecchio Ufficio Socialista Internazionale.”[1]
Come si vede da questo passaggio di Lenin, le divergenze tra i rivoluzionari dell’epoca non hanno mai impedito di prendere delle posizioni in comune, pur proseguendo nella polemica reciproca. Nell’aprile del 1915 Rosa Luxemburg scrive Junius brochure e Lenin nel 1916 polemizza con Rosa con L’imperialismo, fase suprema del capitalismo. Pertanto, una dichiarazione in comune non è né il sostituto né un impedimento a una discussione e un confronto tra rivoluzionari, può essere piuttosto uno stimolo.
5. Dunque, rispetto alla situazione attuale, che compiti hanno oggi i rivoluzionari? Noi pensiamo che, sulla traccia di quanto prodotto dalle precedenti generazioni di rivoluzionari, un primo compito sia sviluppare un’analisi la più lucida possibile degli avvenimenti in corso, confrontandosi e polemizzando con altre posizioni presenti nel campo rivoluzionario per promuovere la massima chiarezza di cui ha bisogno il proletariato in questo momento. Ma che un secondo compito, non secondario rispetto al primo enunciato, sia quello di esprimere con una sola voce la denuncia della barbarie capitalista della guerra da parte delle varie organizzazioni internazionaliste, a partire da quelle che sono l’espressione dell’eredità della sinistra comunista. In questo senso la CCI ha promosso un appello a tali organizzazioni per redigere una dichiarazione congiunta di condanna della guerra[2], per dire quale è la posizione del proletariato di fronte alla situazione attuale, per affermare la necessità di difendere l'internazionalismo di fronte alla guerra imperialista. Come sapete questa dichiarazione è stata sottoscritta per il momento da altre tre organizzazioni a livello mondiale: l’Istituto Onorato Damen, Internationalist Voice e International Communist Perspective (Corea). Per quanto ridotto sia il numero di gruppi che hanno sottoscritto la dichiarazione contro la guerra, non deve sfuggire l’enorme importanza che questa assume per il futuro della lotta di classe. Nel caso del Manifesto di Zimmerwald, indirizzato ai proletari di tutta l’Europa e adottato all’unanimità dai socialisti di dodici paesi, questo ebbe un notevole impatto sugli operai e sui soldati. Tradotto e diffuso in diverse lingue, per lo più sotto forma di volantini e opuscoli clandestini, il Manifesto apparve come una protesta vivente degli internazionalisti contro la barbarie. Di fronte alla gravità della situazione, le ambiguità contenute nel Manifesto passarono in secondo piano nella mente dei lavoratori che videro in esso la prima manifestazione dell'internazionalismo. Noi dobbiamo dunque difendere e rafforzare questa Dichiarazione comune che è solo il primo atto, il primo nucleo di attività intorno al quale progressivamente sarà possibile aggregare altre forze rivoluzionarie nella chiarezza delle reciproche posizioni verso la costruzione del futuro partito.
6. Occorre anche segnalare che, se le organizzazioni che hanno risposto positivamente sono solo 3, è perché altre o non hanno risposto (PCI - Le Proletaire e PCI - Il Partito) o hanno risposto negativamente (PCI - Il Programma e la TCI). In particolare, mentre Il Programma ha declinato l’invito dicendo che:
“non è il momento delle chiacchiere, ma di mettere in pratica le immutate e immutabili direttive della preparazione rivoluzionaria”
la TCI ha dato la seguente risposta:
“In passato abbiamo sempre trovato che le nostre prospettive sono completamente diverse e rendono impossibile qualsiasi dichiarazione congiunta più profonda e questo è diventato ancora più pronunciato nel tempo. Così, anche se non siamo in linea di principio contrari ad una qualche forma di dichiarazione congiunta, potremmo trovare gli stessi vecchi problemi.”
Per aggiungere poco dopo: “… può darsi che sia anche necessario guardare oltre la “sinistra comunista” (che nonostante la nostra recente crescita rimane tristemente piccola) ma a coloro che condividono la nostra prospettiva di classe se non la nostra precisa politica. Lo slogan "NO War But the Class War" non solo pone questa domanda agli altri gruppi politici ma li avvicina ulteriormente alla prospettiva della sinistra comunista.”[3]
7. Di fatto il rifiuto della TCI va di pari passo con l’adesione a iniziative di base che non corrispondono, a nostro avviso, alle esigenze del momento. Noi pensiamo che questi gruppi, rifiutando di aderire all’appello per una iniziativa comune tra le forze della sinistra comunista, vengano meno alla tradizione del Movimento Operaio e specificamente della Sinistra Comunista che proprio da Zimmerwald ebbe le sue origini. Noi proponiamo dunque che la discussione si focalizzi in particolare su questa iniziativa della Dichiarazione comune e di ciò che essa comporta e che la discussione stessa sia un momento di preparazione alla lotta, valutando reciprocamente come meglio utilizzare questo processo di azione comune per amalgamare, con le organizzazioni rivoluzionarie oggi aderenti, anche la disponibilità dei singoli compagni.
Corrente Comunista Internazionale Istituto Onorato Damen