Una riflessione a proposito di un’intervista ad un’operaia della GKN

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Qui di seguito pubblichiamo una lettera ricevuta da un nostro simpatizzante a proposito di una intervista trasmessa per televisione di un’operaia della GKN, l’azienda di Campi Bisenzio, Firenze, appartenente ad una multinazionale britannica che si occupa principalmente della realizzazione di componenti destinate alle industrie del settore automobilistico. Come è noto i 422 lavoratori di questa azienda sono stati tutti licenziati in tronco da un giorno all’altro, senza alcun preavviso, e la cosa che ha fatto ghiacciare il sangue a questi lavoratori e all’opinione pubblica è il fatto che, oltre alla mancanza di preavviso, il licenziamento sia arrivato in maniera del tutto anonima, tramite posta mail agli organi sindacali. È su questo che l’operaia dell’intervista interviene, e il nostro contatto insiste, parlando giustamente di un padrone sempre più impersonale, sempre più lontano e irraggiungibile, tanto che non puoi neanche sapere e capire chi sia e come sia fatto. Ma proprio l’impersonalità del padrone, non più identificabile in una persona fisica ma piuttosto in una finanziaria, in una S.p.a. o altra entità astratta, deve incoraggiare i proletari a capire che la lotta non va portata contro questo o quel padrone, ma contro l’intero sistema capitalista che sorregge e cui appartengono i vari padroni. L’altro aspetto molto interessante della lettera è il suggerimento che l’intervista all’operaia della GKN esprima una presa di coscienza da parte di alcuni proletari e che sia una manifestazione di una più generale maturazione sotterranea della coscienza di classe. Noi siamo d’accordo anche su questa seconda riflessione. Anche se con grandi difficoltà, la classe non è politicamente spenta e cerca di tirare le lezioni dalle proprie sconfitte, come nel caso dei licenziamenti di questo periodo. L’obiettivo è dunque che questi sprazzi di lucidità non restino isolati, pena il loro possibile inaridimento, ma che si connettano con quelli di altri gruppi di proletari in un processo di mutuo rafforzamento, in una dinamica di crescita collettiva in cui chi sta più avanti trascina gli altri nel processo di chiarimento e di presa di coscienza. Naturalmente i rivoluzionari e tutti i compagni di avanguardia della classe hanno in questo un ruolo importante da svolgere.

La lettera del compagno

Cari compagni, vi invio questo contributo per la prossima riunione online, perché voglio farvi partecipi di una certa sensazione che ho provato nell’ascoltare in video un’intervista di un giornalista ad un’operaia della GKN, in presidio permanente, dopo che una mail inviata lo scorso 9 luglio dai dirigenti dell’azienda ai soli rappresentanti sindacali annunciava la chiusura dell’impianto ed il licenziamento per tutti i 422 lavoratori. Ecco cosa risponde l’operaia alla giornalista che le chiedeva cosa si prova di fronte ad una situazione del genere:

Operaia: “Innanzitutto rabbia e poi inquietudine. Inquietudine verso un sistema che manca completamente di rispetto alla persona. Un sistema che è invisibile come lo abbiamo visto con il covid. Ed è il nemico peggiore. Un ente finanziario invisibile fatto di dividendi di percentuali ecc. ecc. è come una sorta di virus. Il sentimento che prevale è rabbia ed inquietudine per non sapere chi hai davanti, di non avere un interlocutore visibile. Pur non essendo una persona come me, entra però in casa tua e si prende tutto.”

Come vi dicevo sopra, sono stato molto colpito da questa breve intervista perché mi aspettavo una delle solite risposte che ascoltiamo spesso da parte di operai in lotta - e soprattutto da elementi sindacalizzati - di aziende che stanno chiudendo. Risposte cariche di illusioni nell’Azienda e nello Stato, tipo: noi produciamo degli ottimi prodotti, ricercati sul mercato, l’azienda è in attivo, l’azienda siamo noi, è la nostra casa, siamo increduli e non ci spieghiamo il comportamento dei dirigenti. Speriamo che lo Stato possa fare qualcosa. Ecc. ecc.

Invece, nel suo volto e nelle sue parole, ho colto un qualcosa di diverso, un qualcosa di intenso, di genuinamente proletario che forse è frutto di una importante riflessione da parte di questa operaia. Una riflessione che l’ha fatta andare oltre le solite frasi, soprattutto nell’esprimere quella certa impotenza di fronte ad un sistema che oramai è impersonale e che si prende tutto. Intendiamoci, il termine sistema può essere, nella testa di questa operaia, anche riferito a quello finanziario. Ma l’impersonalità del nemico di classe è una definizione che troviamo nella tradizione marxista e che attualmente, insieme ad altri, costituisce uno dei fattori di disorientamento del proletariato e dell’ulteriore abbassamento della sua coscienza di classe. Non credo che io stia dando i numeri se a partire da questa intervista, ma non solo perché vi sono tante altre espressioni similari, penso che una certa riflessione di classe cominci a serpeggiare nei ranghi operai e tra i più colpiti dalla crisi e nella giusta direzione. In altre parole ho avuto la sensazione che l’operaia intervistata - arrabbiata ed indignata - si stia chiedendo, anche se con domande non ancora nette, in che mondo disumano si vive, che futuro abbiamo di fronte a noi e soprattutto chi ne possa essere il vero responsabile. E secondo me ciò non è cosa da poco.

La talpa, di fronte ai durissimi colpi della crisi economica, se in questo momento, pur lottando, dimostra ancora stupore e disorientamento, sta comunque sforzandosi di comprendere meglio che cosa le stia accadendo. E nonostante la martellante mistificazione svolta dalla borghesia per nascondere il fallimento globale del proprio sistema, sostenuta in questo da tutti i partiti, quelli di sinistra in particolare, e dai sindacati più “radicati” nei ranghi operai, la classe, costretta a scavare e a riscavare per la sua sopravvivenza, sta comunque riflettendo e soprattutto si sta chiedendo se ci può essere qualche reale via d’uscita da questo putrido impasse sociale.

Un saluto

R.

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