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Nei recenti articoli[1], abbiamo mostrato come il movimento Black Lives Matter (BLM) si situa su un terreno completamente borghese, con vaghe rivendicazioni come "la parità dei diritti", "trattamento equo" o alcune più specifiche come "non finanziare la polizia". In nessuna maniera, neanche minimamente, questo movimento di protesta è stato capace di mettere in discussione i rapporti di produzione capitalistici che stabiliscono la subordinazione e l'oppressione della classe operaia come uno dei pilastri del dominio capitalista.
Ma questo significa forse che la classe operaia non può offrire alcuna alternativa ad altri strati non sfruttatori o a minoranze discriminate nella società capitalista che sono soggette a forme di oppressione particolarmente violente? Al contrario, nel corso della sua storia, la classe operaia, negli Stati Uniti come in altre parti del mondo, ha dimostrato la sua capacità di compiere passi significativi per superare le barriere della divisione etnica, a condizione che essa lotti sul proprio terreno di classe e con le proprie prospettive proletarie.
Una delle prime manifestazioni di vera solidarietà operaia con una minoranza etnica si ebbe nel 1892 a New Orleans, quando tre sindacati chiesero migliori condizioni di lavoro. Il "Bureau del commercio di New Orleans" tentò di dividere i lavoratori sulla base di criteri razziali invitando a negoziare i due sindacati a maggioranza bianca, respingendo invece quello a maggioranza nera. In risposta a questa manovra del Bureau, i tre sindacati lanciarono un appello allo sciopero comune che fu seguito all'unanimità.
Un altro momento importante fu la difesa organizzata della classe operaia in Russia contro i pogrom antisemiti nell'ottobre 1905, durante l'anno della prima rivoluzione in Russia. Durante quel mese, i cosiddetti Cento Neri, bande organizzate sostenute dalla polizia segreta dello Zar, uccisero migliaia di persone e mutilarono altre decine di migliaia in circa 100 città in tutto il paese. In risposta a questi massacri, il Soviet di Pietrogrado lanciò un appello agli operai di tutto il paese a imbracciare le armi per difendere i distretti operai contro i successivi pogrom.
Un altro eroico esempio di solidarietà proletaria avvenne nel febbraio 1941 nei Paesi Bassi, 80 anni fa. La causa immediata fu l'arresto di 425 ebrei ad Amsterdam e la loro deportazione in un campo di concentramento in Germania. Questo primo raid nei Paesi Bassi su una frangia della popolazione perseguitata e terrorizzata provocò una forte indignazione tra gli operai di Amsterdam e delle città vicine. L'attacco agli ebrei fu vissuto come un attacco all'intera popolazione proletaria di Amsterdam. L'indignazione superò la paura. La risposta fu: "Scendiamo in sciopero!"
Nei Paesi Bassi gli ebrei non erano visti come stranieri. In particolare ad Amsterdam, dove viveva la stragrande maggioranza della popolazione ebraica, erano visti come parte integrante della popolazione. Inoltre, Amsterdam aveva il più grande proletariato ebraico dell'Europa occidentale, paragonabile solo a quello di Londra dopo i pogrom russi. L'orientamento di una parte significativa di questo proletariato ebraico era verso il movimento operaio e all'inizio del secolo molti di loro abbracciarono il socialismo. Nella prima metà del ventesimo secolo, molti di questi proletari svolsero un ruolo importante nelle organizzazioni operaie olandesi. Come indichiamo nel libro La Gauche hollandaise (La sinistra olandese)[2], nelle settimane che precedettero lo sciopero, un gruppo internazionalista, il Fronte Marx-Lénine-Luxemburg (MLL-Front) aveva già chiaramente espresso le sue posizioni in merito alle atrocità commesse dalle bande fasciste e chiamato i lavoratori a difendersi. “In tutti i quartieri operai dovranno essere formate milizie di autodifesa. La difesa contro la brutalità dei banditi nazionalsocialisti deve essere organizzata. Ma gli operai dovranno usare le loro armi anche sul terreno economico. Agli atti scandalosi dei fascisti si deve rispondere con scioperi di massa”. (Spartacus n.2, metà febbraio 1941; citato da Max Perthus, Henk Sneevliet)
Lo sciopero che scoppiò il martedì 25 febbraio fu una manifestazione esemplare di solidarietà con gli ebrei perseguitati. Avvenne sotto il completo controllo degli operai e la borghesia non aveva alcuna possibilità di usarlo per i suoi scopi bellici, come fece con lo sciopero dei ferrovieri nel 1944. Lo sciopero non era diretto alla liberazione del popolo olandese dall'occupazione tedesca. La posizione del MLL-Front non era che lo sciopero fosse orientato al sabotaggio della macchina da guerra tedesca o all'allineamento con la Resistenza Nazionale. Doveva essere una dichiarazione della classe operaia, una dimostrazione della sua forza e per questo di tempo limitato. Dopo due giorni, gli operai decisero all'unanimità di porre fine allo sciopero.
In mezzo alla barbarie della seconda guerra mondiale e in un contesto di sconfitta storica della classe operaia, lo sciopero non poteva portare a una mobilitazione generale della classe operaia in Olanda o a reazioni proletarie nel resto d'Europa, ma nonostante ciò ebbe un significato politico internazionale, andando ben oltre i confini dei Paesi Bassi. La resistenza degli operai nel febbraio 1941 contro la deportazione degli ebrei nei campi di concentramento ci mostra che il proletariato non è in alcun modo impotente o condannato all'inazione quando particolari gruppi etnici vengono presi come capri espiatori e diventano di conseguenza vittime di pogrom e persino di genocidi.
L’MLL-Front comprese pienamente questo. Pertanto, salutò calorosamente lo sciopero come espressione di autentica indignazione proletaria contro la persecuzione di ebrei, uomini, donne e bambini. Per l’MLL-Front, lo sciopero contro la brutalità antiebraica era incondizionatamente legato alla lotta generale contro l'intero sistema capitalista. Lo sciopero olandese del febbraio 1941 dimostrò che per difendere i gruppi etnici perseguitati la classe operaia deve rimanere sul proprio terreno e non può permettersi di essere trascinata nel terreno borghese, come è accaduto ad esempio con il movimento BLM. Il terreno della classe operaia è quello in cui la solidarietà non è limitata dalle divisioni che il capitalismo ha imposto alla società ma quello dove essa diventa veramente universale. La solidarietà proletaria è per definizione l'espressione della classe la cui lotta autonoma è destinata a sviluppare un'alternativa fondamentale al capitalismo.
Nella misura in cui annuncia la natura della società per la quale lotta, è capace di abbracciare e integrare la solidarietà di tutta l'umanità. È questo che oggi rende per noi così importante la solidarietà proletaria e lo sciopero del febbraio 1941 nei Paesi Bassi.
CCI, aprile 2021
[1] I gruppi della sinistra comunista di fronte al movimento Black Lives Matter: l'incapacità di identificare il terreno della classe operaia
[2] La Sinistra Olandese, “Capitolo X: Scomparsa e rinascita del comunismo dei consigli - Dal “Fronte Marx-Lenin-Luxemburg” al “Comunistenbond Spartacus” (1939-1942)”, pagine 246-249. Questo opuscolo, disponibile in inglese e francese può essere acquistato scrivendo al seguente indirizzo: [email protected]