Schiavismo e razzismo, armi di sfruttamento capitalistico

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Le tensioni razziali negli Stati Uniti sono, in parte, legate al ruolo svolto dal sistema schiavista nello sviluppo dell'accumulazione primitiva in quel paese. La schiavitù esisteva ovunque (Brasile, colonie spagnole, Caraibi insulari e continentali...) ma in nessun altro paese sviluppato questo sistema ha condizionato i rapporti sociali e l'unità della classe operaia come negli Stati Uniti. Il caso del Sudafrica presenta alcune analogie anche se ad un diverso livello di sviluppo e di importanza[1].

Le origini del capitalismo, dopo la "scoperta" delle Americhe, sono state segnate dalla schiavitù[2].

È soprattutto nelle Americhe, e non solo negli Stati Uniti, che questo sistema ha messo radici. Per comprendere la storia dell'avvento del capitalismo, della formazione della classe operaia e anche la situazione attuale, è necessario affrontare il problema della schiavitù.

Schiavismo e accumulazione originale

Come scriveva Marx: “La scoperta delle terre aurifere e argentifere in America, lo sterminio e la riduzione in schiavitù della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere, l’incipiente conquista e il saccheggio delle Indie Orientali, la trasformazione dell’Africa in una riserva di caccia commerciale delle pelli nere, sono i segni che contraddistinguono l’aurora dell’era della produzione capitalistica[3].

L'accumulazione primitiva del capitale sotto i vecchi regimi, ancora segnati dal feudalesimo, era spesso ottenuta con il lavoro degli schiavi. E l'Africa, disgraziatamente per questo continente, è stata, dal XVII e XVIII secolo e fino a gran parte dell'Ottocento, "terra della caccia agli schiavi".

Questo tipo di sfruttamento, tuttavia, non è lo stesso del capitalismo, sebbene sia stato utilizzato nell'originaria (o "primitiva") accumulazione nelle sue fasi iniziali: "L'applicazione sporadica della cooperazione su larga scala nel mondo antico, nel Medioevo e nelle moderne colonie, si poggia su rapporti immediati di signoria e servitù, e per la maggior parte dei casi sulla schiavitù. Invece la forma capitalistica presuppone fin dall’inizio l’operaio salariato libero, il quale vende al capitale la sua forza lavoro. Tuttavia storicamente questa forma si sviluppa in antagonismo all’economia contadina e all'esercizio indipendente degli artigiani, abbia questo forma corporativa o meno. Di fronte al contadino o all’artigiano indipendenti, non è la cooperazione capitalistica che si presenta come una forma storica particolare della cooperazione; ma è proprio la cooperazione di per sé che si presenta come una forma storica peculiare del processo di produzione capitalistico, la quale lo distingue specificamente. Come la forza produttiva sociale del lavoro sviluppata mediante la cooperazione, si presenta quale forza produttiva del capitale, così la cooperazione stessa si presenta quale forma specifica del processo produttivo capitalistico, in opposizione al processo produttivo dei singoli operai indipendenti o anche dei piccoli mastri artigiani. E’ il primo cambiamento al quale soggiace il reale processo di lavoro per il fatto della sua sussunzione sotto il capitale. Questo cambiamento avviene in maniera naturale e spontanea. Il suo presupposto è che l'impiego simultaneo di un numero considerevole di salariati nello stesso processo lavorativo, costituisce il punto di partenza della produzione capitalistica"[4].

Ciò significa che, come il capitalismo è nato e si è sviluppato in un ambiente non capitalista, all'inizio predominante, si è sviluppato anche in mezzo e attraverso altre forme di sfruttamento e di "cooperazione", perché il capitalismo non produce alcuna forma particolare di cooperazione al di fuori del capitalismo stesso. Il feudalesimo ha sottomesso al suo controllo le antiche comunità comuniste primitive, che "lasciava fare" fintanto che pagavano regolarmente tributi in natura (prodotti agricoli, animali o di artigianato) e in esseri umani (servi e soldati). D'altra parte, il capitalismo tende a trasformare tutti i rapporti sociali in rapporti commerciali e salariali, ma procedendo in questo senso è in grado di utilizzare vecchie forme di sfruttamento come la schiavitù, rendendole molto più redditizie attraverso una raffinata e sistematica barbarie.

Nel XIX secolo, la schiavitù continuò su una scala pari a quella degli Stati produttori di cotone del sud degli Stati Uniti (c'erano ben cinque milioni di schiavi) fino ad oltre la metà del secolo. Questi vendettero la loro produzione agli Stati del nord e, cosa più importante, al primo grande paese capitalista dell'epoca, la Gran Bretagna. Per decenni dopo l'indipendenza del Nord America, il sistema schiavista è rimasto molto importante, al servizio dell'accumulazione in questo immenso paese.[5]  Ma il conflitto tra il capitalismo degli Stati del Nord e quello degli Stati schiavisti del Sud è diventato inevitabile, soprattutto a causa del dinamismo espansionistico verso l'Ovest, che ha portato alla guerra di Secessione.

Dopo la colonizzazione dell'Egitto, la Gran Bretagna ha iniziato a non comprare più cotone dagli Stati Uniti del Sud, rafforzando, a questo punto, con il solito cinismo delle classi dominanti, la campagna antischiavista di gran parte della borghesia britannica[6].

Il maggiore effetto non fu solo l'insolita persistenza, ma l'aumento esponenziale del numero di schiavi nel corso dei decenni: "Quando nel 1790 fu fatto il primo censimento degli schiavi negli Stati Uniti, il loro numero ammontava a 697.000; nel 1861 invece si aggirava sui quattro milioni" come ci ricorda Marx ne Il capitale (Libro I, Sezione IV, Cap. XV "Macchine e grande industria", Parte 6: La teoria della compensazione). E questo, nel primo paese al mondo "liberato" dal vecchio regime, faro, accanto alla Francia, del "modello democratico" per le borghesie ascendenti di altri paesi.

"Negli stati meridionali dell'Unione americana il lavoro dei negri conservò un carattere patriarcale moderato finchè la produzione fu prevalentemente orientata ai bisogni locali immediati. Ma quando l'esportazione del cotone divenne l'interesse vitale di questi stati, il sovraccarico di lavoro del negro, e il consumo della sua vita in sette anni di lavoro, divenne parte di un sistema calcolato freddamente. Non si trattava più di ottenere da lui una certa massa di prodotti utili. Si trattava ora di produrre il plusvalore stesso. Analogo il processo per la corvée del stesso per il servo della gleba, per esempio nei principati danubiani".[7] Nonostante questi enormi profitti, tuttavia, la schiavitù rimaneva un sistema non del tutto capitalista.

Il sostegno allo sfruttamento salariale mediante il sistema di segregazione razziale

Le conseguenze dell'oltraggio alla morale umana rappresentato dalla schiavitù nel paese che sarebbe diventato il più potente del pianeta non sono scomparse per magia dopo la guerra di Secessione. La schiavitù è scomparsa, ma non le sue conseguenze nella difficile lotta della classe operaia. Per quanto fosse nell'interesse della borghesia porre fine alla schiavitù, sappiamo perfettamente che i mali delle società classiste del passato si concentrano nel capitalismo come se fosse un misto di tutti questi mali. La sanguinosa guerra civile[8] accelerò la diffusione del lavoro salariato in tutti gli Stati Uniti, i lavoratori neri furono gradualmente incorporati nel lavoro "libero", ma questa "libertà di essere sfruttati" è stata trasformata quasi fin dall'inizio in un sistema di segregazione razziale che ha aggiunto orribili sofferenze a questa parte della nostra classe e ha creato una pericolosa divisione all'interno del proletariato.

Le leggi sulla segregazione razziale rimasero in vigore in quasi tutti gli Stati, sostenute da ripetute sentenze della Corte Suprema. Appena tre anni dopo la fine della guerra di secessione (nel 1868), la Corte Suprema stabilì, massimo del cinismo, che "i neri devono vivere separatamente". L'uomo bianco li chiamava con il solo nome di battesimo e poteva maltrattarli per qualsiasi motivo. I neri potevano votare, ma solo se pagavano una tassa speciale e conoscevano a memoria i nomi di tutti i presidenti e giudici della Corte Suprema.

Il sistema giuridico della segregazione proteggeva e incoraggiava un sistema parallelo, cosiddetto "popolare" (grazie al sostegno fanatico della piccola borghesia bianca) di aggressioni, omicidi di massa e linciaggi sistematici. La piccola borghesia, soprattutto, ma non solo, negli Stati del Sud scatenò la sua furia distruttiva con la regolarità di un metronomo per terrorizzare i proletari in origine schiavi. Il razzismo della piccola borghesia nordamericana riflette una delle caratteristiche ideologiche del capitalismo nordamericano: una cultura intrisa di un puritanesimo violento di ispirazione biblica, tra le cui basi c'è l'orrore furioso, viscerale e disgustoso per qualsiasi miscela di "razze". È vero che il razzismo e il rifiuto dell'altro esprimono una mentalità ampiamente condivisa in tutte le società classiste, ma nel caso degli Stati Uniti è un elemento fondante del paese.

A Opelousas (Louisiana, 1868), a New Orleans e a Memphis (1866), la plebaglia bianca rispose con linciaggi ai tentativi dei neri di esercitare "nuovi diritti". "A Thibodaux, in Louisiana, nel 1887, più di 300 tagliatori di canna da zucchero morirono durante uno sciopero per conquistare il diritto di lasciare i loro ex quartieri di schiavi"[9].

Il XX secolo è stato anche peggiore: "Nel 1928, a Wilmington, nel North Carolina, morirono non meno di 250 persone, tra donne e bambini, quando una folla bianca attaccò uno dei loro giornali a causa di un articolo anti-segregazionista. Altre centinaia morirono nel 1917 a East St. Louis, nel Missouri, quando si sparse la voce che un operaio nero aveva parlato con una donna bianca durante una riunione sindacale. A Elaine, in Arkansas, nel 1919, la causa scatenante della morte di oltre 200 neri, tra cui donne e bambini, fu una rivendicazione salariale dei raccoglitori nei campi dei proprietari terrieri bianchi. A Tulsa, in Oklahoma, nel 1921, tutto ebbe inizio quando un gruppo di uomini bianchi cercò di linciare un giovane nero accusato di furto. Quasi 300 persone morirono e 8.000 persero la casa quando la popolazione bianca arrabbiata diede fuoco a Black Wall Street e al quartiere nero circostante"[10]

Il sistema di segregazione razziale fu rafforzato dal Ku Klux Klan, una organizzazione ai margini della legalità che perseguitava i lavoratori neri e infliggeva brutali torture durante atti rituali. Sciolta ufficialmente nel 1871, riapparve nel 1915 e viene ancora mantenuta da gruppi locali che difendono un'ideologia xenofoba e razzista, rivendicando la supremazia dei bianchi. I maggiori partiti democratici americani hanno talvolta incoraggiato apertamente queste espressioni barbare del capitalismo, altre volte hanno finto di "indignarsi" per incoraggiare la trappola dell'"antirazzismo", ma le hanno sempre tollerate come strumento complementare.

La lotta del movimento sindacale contro la schiavitù

Quando la schiavitù negli Stati Uniti aveva raggiunto l'apice, Marx descrisse la vita dei proletari in Inghilterra[11], una "vita" atroce già descritta da Engels nel suo famoso libro del 1845[12]. Non c'è dubbio che la vita dei proletari dell'epoca fosse miserabile e faticosa come quella di molti schiavi. Ma per il futuro della classe rivoluzionaria, lo sfruttamento degli schiavi non è come "l'esistenza di lavoratori liberi e salariati che vendono la loro forza lavoro al capitale". Il proletariato sta vivendo una nuova forma di sfruttamento che contiene la possibilità, se è in grado di sviluppare una lotta consapevole, di superare le contraddizioni del capitalismo attraverso la società comunista[13]. Lo sfruttamento del proletariato contiene una sofferenza universale che comprende tutte le forme di oppressione e di sfruttamento esistite nelle società classiste e che, quindi, può essere risolta solo con una rivoluzione universale che vada alle radici di ogni sfruttamento e di ogni oppressione che esistono nel capitalismo e, in definitiva, in tutte le società classiste. Ecco perché uno degli aspetti della lotta della classe operaia doveva essere la lotta contro la schiavitù, soprattutto in un paese come gli Stati Uniti. La AIT (Associazione Internazionale dei Lavoratori, la I Internazionale), prima della guerra civile nordamericana, non ha esitato a inviare un messaggio di sostegno, scritto da Marx, ai Nordisti di Lincoln. Non si trattava di sostenere una frazione della borghesia contro un'altra classe reazionaria (i grandi proprietari terrieri del Sud)[14].

Marx pensava giustamente che la fine della schiavitù avrebbe dato un impulso all'unità della classe operaia. Così scrive ne Il Capitale (più o meno alla fine della guerra di Secessione negli Stati Uniti e alla fine "ufficiale" della schiavitù nel 1865), facendo un collegamento alla lotta unitaria per la giornata lavorativa di 8 ore: "Negli Stati Uniti d'America, il movimento operaio non poteva uscire dalla sua paralisi finché una parte della repubblica rimaneva macchiata dalla schiavitù. Il lavoro dei bianchi non può essere emancipato dove il lavoro nero è schiavizzato. Dalla morte della schiavitù scaturisce immediatamente una vita nuova e ringiovanita. Il primo frutto della guerra civile fu la campagna di agitazioni per le otto ore, che si diffuse alla velocità della locomotiva dall'Atlantico al Pacifico, dalla Nuova Inghilterra alla California[15]".

E la classe operaia negli Stati Uniti?

Sia i marxisti che gli anarchici mettono chiaramente in evidenza l'unità della classe operaia, indipendentemente dal colore della pelle. Questa tradizione si è incarnata all'inizio del XX secolo nell'Industrial Workers of the World (IWW), il famoso sindacato rivoluzionario degli Stati Uniti, che si è formato a favore della politica internazionalista, contro la guerra e, naturalmente, per l'unificazione della classe operaia. Conosciamo i limiti del sindacalismo rivoluzionario e il fallimento degli IWW. Ma nella memoria degli operai rimarrà, come ricordano i nostri articoli della Rivista Internazionale n. 124 e 125,"l'esperienza dell'IWW, il coraggio esemplare dei suoi militanti di fronte a una classe dominante che non si sottrae alla più grande e vile violenza e all'ipocrisia. Questa esperienza dell'IWW è quindi lì per ricordarci che gli operai degli Stati Uniti sono decisamente fratelli di classe degli operai di tutto il mondo, che i loro interessi e le loro lotte sono gli stessi e che l'internazionalismo non è una parola vuota per il proletariato, ma piuttosto la pietra angolare della sua esistenza"[16].

"Per molto tempo, il movimento operaio negli Stati Uniti si è molto preoccupato per le divisioni tra lavoratori nativi, lavoratori di lingua inglese (anche se erano già immigrati di seconda generazione) e lavoratori immigrati appena arrivati che parlavano e leggevano poco o per niente l'inglese ... Nella sua corrispondenza con Sorge nel 1893, Engels metteva in guardia contro l'uso cinico da parte della borghesia delle divisioni all'interno del proletariato che ostacolavano lo sviluppo del movimento operaio negli Stati Uniti. La borghesia, infatti, utilizza sapientemente tutti i pregiudizi razziali, etnici, nazionali e linguistici per dividere i lavoratori e ostacolare così lo sviluppo di una classe operaia capace di concepire se stessa come una classe unita. Queste divisioni costituivano un serio ostacolo per la classe operaia statunitense, separando i lavoratori nati negli Stati Uniti dalla grande esperienza maturata in Europa dai lavoratori neo-immigrati. Queste divisioni hanno reso difficile per i lavoratori americani più consapevoli stare al passo con i progressi teorici del movimento operaio internazionale."

In questa lettera di Engels a Sorge del 2 dicembre 1893[17], Engels rispondeva a una domanda di Friedrich Adolf Sorge sull'assenza di un forte partito socialista negli Stati Uniti, spiegando che "la situazione negli Stati Uniti presenta difficoltà molto importanti e particolari che ostacolano il costante sviluppo di un partito operaio. Tra queste difficoltà, una delle più importanti è "l'immigrazione, che divide i lavoratori in due gruppi: nativi e stranieri, questi ultimi divisi tra loro 1) in irlandesi, 2) in tedeschi, 3) in tanti piccoli gruppi di diverse nazionalità, ognuno dei quali capisce solo la propria lingua: cechi, polacchi, italiani, scandinavi, ecc. E infine i neri. Costruire un solo e unico partito su questa base richiede motivazioni forti che si possono trovare solo in rare circostanze. Spesso ci sono spinte vigorose, ma basta che la borghesia aspetti senza fare nulla che le diverse parti della classe operaia si ritrovino di nuovo disperse" (traduzione della CCI).

I lavoratori neri, che avevano già iniziato a fuggire al Nord durante la schiavitù (anche negli Stati nordisti dove potevano essere perseguitati e rispediti al Sud), cominciarono a trasferirsi nelle zone industriali soprattutto a partire dall'inizio del XX secolo. E questa "divisione" di cui parla Engels ha preso forma nella nascita dei ghetti, tendenza accentuata dalla controrivoluzione. L'abominevole ignominia della schiavitù "moderna" aveva la particolarità di basarsi sulla sua unica origine "razziale" (popolazione originaria dell'Africa subsahariana) (a differenza della schiavitù antica, medievale o orientale dove gli schiavi potevano essere di origini molto diverse), cosicché gli schiavi appena proletarizzati venivano immediatamente considerati come merce venduta, appena usciti dalla loro condizione precedente. La borghesia americana, invece, ha proibito fino a poco tempo fa l'emigrazione "colorata", favorendo nei grandi anni dell'emigrazione verso gli USA dalla fine dell'Ottocento fino agli anni Trenta del Novecento le popolazioni europee. È vero che la "tradizione" dell'insediamento urbano negli Stati Uniti era quella dei quartieri "etnici", ma con i ghetti la separazione era molto più chiara.

Diritti civili e brutalità della polizia

La segregazione razziale è stata ufficialmente abolita nel 1964, un secolo dopo l'abolizione della schiavitù. L'obiettivo era quello di fornire una possibilità a una parte crescente della borghesia nera che era ostacolata nei suoi affari da queste leggi. Il "grande frutto" delle leggi sui diritti civili è stata la promozione dei neri ai vertici della politica e dell'economia. Si sono distinti sotto l'amministrazione Bush con Colin Powell, il macellaio dell'Iraq, e il segretario di Stato Condoleezza Rice, e con l'elezione di Obama nel 2008 come primo presidente nero.

Tuttavia, per i lavoratori neri, non era cambiato nulla. Hanno continuato ad essere vittime di discriminazioni giudiziarie e di polizia che fanno sì che un nero corra sette volte più rischi di finire in prigione rispetto a un bianco.

Il comportamento della polizia (che comprendeva sempre più neri tra le sue fila) nei confronti dei neri è stato particolarmente crudele. Il crimine di Los Angeles del 1992 che ha scatenato violente proteste è stato orribile. Durante il mandato di Obama, ci sono stati più omicidi da parte di agenti di polizia che mai prima[18].

L'assassinio di Georges Floyd il 26 maggio, "per mano" di quattro poliziotti di Minneapolis, è stata un'altra tragica dimostrazione di questa continua violenza ufficiale da parte della classe dominante. Le classi dominanti, attraverso i loro Stati, hanno il monopolio della violenza. Generalmente la usano per imporre il loro dominio, soprattutto contro la classe operaia. Accanto alle forze dell’ordine "ufficiali”, ci sono milizie, gruppi armati più o meno illegali. Nel corso degli anni, gli Stati Uniti sono diventati il modello della violenza più estrema. E in molti altri paesi questa estrema violenza, sia essa ufficiale, non ufficiale o illegale (citiamo il Messico come esempio), resterà radicata, finché durerà questo sistema criminale. Tutti questi flagelli sono vecchi, sì, ma la tendenza di questo modello si è diffusa, è diventata più acuta in ogni angolo del pianeta. Oggi stiamo vivendo la decomposizione del sistema capitalista e questa violenza criminale ufficiale, non ufficiale o illegale ne è il marchio di fabbrica. Democrazie, dittature, con partiti singoli o pluralisti, il destino è oggi segnato da questa estrema violenza di un sistema criminale, il capitalismo.

Di fronte a tali oltraggi, questa volta ben noti grazie alle immagini dell'agonia di Floyd trasmesse in tutto il mondo, persone di ogni razza e condizione sono scese in strada, piene di indignazione, per chiedere finalmente... una polizia più democratica! E altre richieste che consistono nell'esigere che il boia sia più umano. Da un lato Trump sta gettando più benzina sul fuoco, incoraggiando i suprematisti pronti a sparare a chiunque non sia bianco; dall'altro, le frazioni democratiche dello spettro politico americano (e molti repubblicani, come l'ex presidente Bush) si stanno genuflettendo, fanno appello ad artisti e star indignate che sostengono manifestazioni "patriottiche".

La lotta per l'unità della classe operaia

Con la controrivoluzione legata alla sconfitta dell'ondata rivoluzionaria degli anni Venti e, a partire dagli anni Trenta, si moltiplicano gli omicidi e i linciaggi. Durante la depressione del 1929, la piccola borghesia bianca (ben manipolata dai media, che approfittarono della sua ricerca di capri espiatori) attribuì la crisi ai "neri": "Ad Harlem (New York), in seguito alla presunta rapina di un giovane nero in un negozio di un bianco, ci furono un numero imprecisato di morti e più di cento feriti, oltre a numerosi saccheggi. Questa è stata la prima rivolta moderna perché ha colpito i negozi. Da allora, Harlem ha sopportato episodi di violenza razziale quasi continua fino agli anni '60"[19].

In realtà, la "macchia" della schiavitù che aveva sporcato lo sviluppo capitalista negli Stati Uniti e altrove, alla fine ha creato una barriera difficile da superare nelle lotte operaie statunitensi.

Queste barriere sono state inasprite dal processo sociale di decomposizione capitalistica[20], che ha portato a un decadimento dei rapporti sociali che spinge alla frammentazione della società in gruppi etnici, religiosi, locali, di "affinità", che si rinchiudono nel loro "piccolo ghetto" per darsi un falso senso di comunità, di protezione da un mondo sempre più disumano. Questa tendenza favorisce la divisione nelle file dei lavoratori (accentuata fino al parossismo dall'azione velenosa di partiti, sindacati, istituzioni, mezzi di comunicazione, ecc.) in “comunità” per razza, religione, origine nazionale ecc. Per soffiare sul fuoco delle divisioni razziali e linguistiche del proletariato americano, l'emigrazione dei lavoratori dall'America Latina, divenuta massiccia a partire dagli anni Settanta, è stata utilizzata dalla borghesia per creare più ghetti, sottoporre i lavoratori immigrati all'illegalità e peggiorare le condizioni di vita di tutti i lavoratori.

Tuttavia, alcune lotte operaie degli ultimi cinquant'anni hanno superato questa barriera: a Detroit nel 1965, lo sciopero selvaggio della Chrysler nel 1968, lo sciopero selvaggio delle poste nel 1970, lo sciopero della metropolitana di New York nel 2005, lo sciopero di Oakland durante il movimento Occupy nel 2011... Nonostante i loro limiti, queste lotte sono un'esperienza da cui si possono trarre lezioni nella lotta per l'unità di classe.

Nel XIX secolo, combattere contro la schiavitù era combattere per la classe operaia. Oggi, la brutalità della polizia, dei suprematisti bianchi e dello Stato in generale (e delle sue prigioni) da un lato, e i movimenti antirazzisti dall'altro, stanno sottomettendo la parte "nera" della classe operaia, cercando di trasformarla in popolazione a pieno titolo.

Infatti, il razzismo e l'antirazzismo sono le armi della borghesia contro la classe operaia.

Ecco perché la parola d'ordine del proletariato è: Non siamo né bianchi, né neri, né di nessun colore! Noi siamo la classe operaia!

Come diceva uno striscione durante le proteste contro la legge 187 della California sull'immigrazione: "NON SIAMO COLOMBIANI, NON SIAMO MESSICANI, SIAMO LAVORATORI!".

Pinto, 11 giugno 2020

 

[1] Vedi la serie della nostra Revue Internationale sul movimento operaio in Sudafrica:

- "Contributo a una storia del Movimento dei lavoratori in Sudafrica: dalla nascita del capitalismo alla vigilia della seconda guerra mondiale", Revue Internationale n° 154 (2° semestre 2014) Contribution à une histoire du mouvement ouvrier en Afrique du Sud: de la naissance du capitalisme à la veille de la Seconde Guerre mondiale.

- "Contributo a una storia del movimento operaio in Sudafrica: dalla seconda guerra mondiale alla metà degli anni Settanta" Contribution à une histoire du mouvement ouvrier en Afrique du Sud: de la Seconde Guerre mondiale au milieu des années 1970

- "Dal movimento di Soweto nel 1976 all'ascesa al potere della ANC nel 1993", Revue Internationale n° 158 (Inverno / Primavera 2017). Du mouvement de Soweto en 1976 à l’arrivée au pouvoir de l’ANC en 1993

- "Dall'elezione del presidente Nelson Mandela nel 1994 al 2014", Revue Internazionale n° 163 (2° trimestre 2019). De l’élection du président Nelson Mandela en 1994 à 2014

[2] Vedi "1492: Scoperta dell'America - La borghesia celebra 500 anni di capitalismo". Revue Internazionale n° 70 (3° trimestre 1992). 1492 : Découverte de l’Amérique – La bourgeoisie célèbre les 500 ans du capitalisme

[3] Marx, Il Capitale, Libro I, Sezione VII: "Il processo di accumulazione del capitale", Capitolo XXIV-5. "Genesi del capitalista industriale". Editori Riuniti, 1980.

[4] Marx, Il Capitale, libro I, Sezione IV, Cap. XI, "La cooperazione".  Editori Riuniti, 1980

[5]  La tesi di maggioranza degli storici nordamericani degli anni Settanta era che il Sud aveva perso perché era un precapitalismo inefficiente e non redditizio. Negli ultimi anni, la tesi di maggioranza è stata che il sistema schiavista era interamente capitalista. È difficile sapere cosa vogliono mostrare o dimostrare, forse quello che cercano è sapere quale sistema sia stato il più brutale, il più esplosivo e il più disumano. E per questo usano il marxismo, per il quale il capitalismo è soprattutto un rapporto sociale, l'ultima società classista che deve essere rovesciata per porre fine allo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Così, secondo un noto storico francese, Nicolas Barreyre, parlando recentemente del sistema dei produttori di cotone nel Sud degli Stati Uniti: "Negli anni Settanta, l'idea dominante tra gli storici, come tra gli economisti, era che il Sud schiavista viveva in un'economia precapitalistica inefficiente e non redditizia che non poteva sopravvivere di fronte Nord, che era entrato nella rivoluzione industriale e capitalista all'inizio del XIX secolo. Dopo la crisi del 2008, gli storici hanno rivolto ancora una volta la loro attenzione alle origini del sistema economico americano, formulando quella che è stata definita la "nuova storia del capitalismo". L'idea è che l'economia schiavista del Sud fosse interamente capitalista, e che ha contribuito all'ascesa del capitalismo nel Nord.” (Intervista a Le Monde del 28 giugno 2020).

Non abbiamo alcuna intenzione di scusarci con questi eminenti storici. La logica degli storici degli anni Settanta secondo cui l'economia degli Stati del Sud era "inefficiente e non redditizia" perché "pre-capitalista" sembra derivare da una visione "marxista" piuttosto volgare. Il capitalismo, al suo apice, ha utilizzato altre economie non capitalistiche per la sua espansione, sia per i mercati che per le fonti di materie prime e di capitale. E fino alla loro piena assimilazione o distruzione, molte di queste economie hanno potuto arricchirsi e servire all'accumulazione primitiva di capitale, soprattutto quando appartenevano alla stessa nazione. In tutto il mondo, nel XIX secolo, esistevano sistemi non ancora dominati dal capitalismo con cui si facevano affari, minacciandoli se necessario.

[6] L'ipocrisia della borghesia inglese non conosce limiti. Da un lato, tollerava la schiavitù nei paesi che potevano servire come alleati e nelle colonie dove serviva per i suoi interessi, per poi giocare al "martello per spezzare la schiavitù" contro rivali come la Spagna, il Portogallo o il Brasile, che non avevano sufficiente potere economico per fare a meno della schiavitù e che l’hanno abolita molto tardi (nel 1886 in Spagna e nel 1888 in Brasile).

[7] Il Capitale, Libro I, Sezione III, Cap. VIII. "La giornata lavorativa", parte 2, "La voracità del pluslavoro – Fabbricante e Boiardo".

[8] È stata una delle più sanguinose della storia: "Sono morte 630.000 persone. Ancora oggi questo dato rappresenta la metà delle vittime che gli Stati Uniti hanno subito in tutte le guerre che hanno combattuto da allora, compresa quella in Afghanistan" (La Vanguardia, giugno 2020), https://www.lavanguardia.com/internacional/20200603/481582308546/violencia-racial-eeuu-historia-racismo.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_content=claves_de_hoy

[10] Ibidem

[11] Il Capitale, Libro I, cap. VIII: "La giornata lavorativa", parte 3:"Settori industriali inglesi senza limiti legali allo sfruttamento" (un capitolo particolarmente edificante, con l'esempio dello sfruttamento dei bambini e le 15 ore di lavoro quotidiano per un bambino di 7 anni!).

[12] Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra.

[13] Vedi Engels, Principi del comunismo, in particolare i punti VI e VII.

[14] "Nel luogo stesso in cui, un secolo prima, era nata l'idea di una grande repubblica democratica insieme alla prima dichiarazione dei diritti umani che insieme hanno dato il primo impulso alla rivoluzione europea del XVIII secolo - quando in quel luogo, la controrivoluzione si vantava, con sistematica violenza, di rovesciare ‘le idee dominanti dell'epoca della formazione della vecchia Costituzione’ e presentava ‘la schiavitù come un'istituzione benefica, se non l'unica soluzione al grande problema del rapporto tra lavoro e capitale’, proclamando cinicamente che il diritto di proprietà sull'uomo era la pietra angolare del nuovo edificio - allora le classi operaie d'Europa capirono subito, e ancor prima che l'adesione fanatica delle classi superiori alla causa dei confederati le avesse messe in guardia, che la ribellione degli schiavisti suonava l'allarme per una generale crociata della proprietà contro il lavoro e che, per gli uomini del lavoro, la lotta del gigante portata oltreoceano metteva in gioco  non solo le loro speranze per il futuro, ma anche le loro passate conquiste". (Messaggio dell'AIT ad Abramo Lincoln, 1864).

Nel 1864, più di 150 anni fa, quando la classe operaia si stava ancora affermando come classe per la trasformazione della società, le sue organizzazioni sostenevano e dovevano sostenere frazioni della borghesia che lottavano contro i residui (ancora grandi e forti) dei vecchi sistemi di sfruttamento. Oggi, la ragione per cui i comunisti rifiutano il sostegno alle "repubbliche democratiche", ai "diritti umani" e ad altri slogan borghesi non è perché sono slogan "d'altri tempi", ma perché sono soprattutto bufale e armi contro il proletariato. E questo fin dall'ingresso del capitalismo nella fase di decadenza.

[15] Il Capitale, Libro I, cap. VIII, "La giornata lavorativa", cap. 2, "La voracità del plusvalore". Fabbricante e Boiardo".

[16] Vedere i nostri articoli sugli IWW:– “Les IWW (1905-1921) : l’échec du syndicalisme révolutionnaire aux États-Unis (I)”, Revue Internationale n° 124 ; – “Les IWW (1905–1921) : L’échec du syndicalisme révolutionnaire aux États-Unis (II)”, Revue Internationale n° 125.

[17] Marx e Engels, Scritti fondamentali di politica e filosofia, ed. Lewis Feuer, 1959, pp.457-458.

[18] Si veda il rapporto: Conflitti razziali nell'era di Obama. Les conflits raciaux dans l’ère Obama.

[19] Sito web del quotidiano La Vanguardia, 4 giugno 2020.

[20] Vedi le nostre "Tesi sulla decomposizione", Rivista Internazionale n. 14, https://it.internationalism.org/content/la-decomposizione-fase-ultima-della-decadenza-del-capitalismo