Manifestazioni a Hong Kong: quando l'imperialismo alimenta il mito democratico

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Dopo un lungo periodo di proteste di massa e un aumento della pressione lungo le strade, il capo dell'esecutivo di Hong Kong, un vero burocrate e burattino di Pechino, ha finito il 4 settembre col cedere ritirando il controverso disegno di legge che riguardava le estradizioni (dei cosiddetti criminali) in Cina.

Dal ritiro britannico da Hong Kong all’impero di Mezzo nel 1997, la morsa cinese si è gradualmente irrigidita e gli eventi degli ultimi mesi riflettono una delle crisi politiche più gravi che hanno scosso questo centro finanziario dove vivono sette milioni di persone.

Nel 2014, la cosiddetta “Rivoluzione degli ombrelli” aveva già mobilitato coloro che difendevano la democrazia, ma era stata duramente colpita dall'inflessibilità del predecessore dell'attuale Dama di ferro, Carrie Lam. Ma da giugno, mobilitazioni simili sembrano portare stavolta ad un intrusione di Pechino: il ritiro della legge sull'estradizione in Cina. Come spiegarlo, mentre finora Pechino era rimasta fedele ai suoi principi e aveva già dimostrato la sua capacità di reprimere molto duramente tutte le controversie, in particolare quella di PiazzaTienanmen nel 1989? Inoltre, la pressante presenza dello stato cinese e dei suoi torturatori alle porte del’ “l’isola di Hong Kong, riflette solo l'intenzione di reprimere fortemente i manifestanti. La repressione ha già colpito i leader più importanti e tutti coloro che lo stato cinese paragona senza esitazioni a dei “terroristi[1].

Di per sé, le mobilitazioni di milioni di persone ogni volta più determinate (a giudicare dal fatto che il gesto di Carrie Lam è “troppo piccolo e troppo tardivo”) non spiegano completamente la marcia indietro di Pechino. Ciò, soprattutto perché la relativa autonomia di Hong Kong, in teoria fino al 2047, rimane in fondo intollerabile per il partito unico stalinista che è il PCC. Ciò che cambia radicalmente la situazione è l'equilibrio di potere tra le grandi potenze e la realtà di un inasprimento delle tensioni imperialiste, in particolare tra gli Stati Uniti e la Cina[2].

Di fronte alle ambizioni imperialiste mostrate da quest'ultima e alla realtà della sua potenza crescente, sconvolgendo l'equilibrio in particolare con il suo gigantesco progetto “la via della seta”, gli Stati Uniti sono stati portati a rispondere con una vera offensiva il cui obiettivo è, in gran parte, impedire a questo nuovo avversario di diventare sempre più fastidioso e pericoloso.

Oltre all'acuirsi delle tensioni commerciali di quest'estate e alle pressioni militari statunitensi nel Golfo Persico,[3] le manifestazioni di Hong Kong costituiscono un’arma di ulteriore destabilizzazione contro la Cina. Pechino non si sbaglia accusando apertamente i manifestanti di “collusione con l’occidente e affermando che “siamo fortemente contrari a qualsiasi forza esterna coinvolta negli affari legislativi di Hong Kong”[4].

Il caso della “fuga” di notizie relative alle dichiarazioni private di Carrie Lam che pretendeva di “dimettersi” dal suo incarico sembra attestare la famosa “collusione” che la Cina denuncia con gli “occidentali”. Certo, se gli “occidentali” tanto incriminati da Pechino si sono così rapidamente “indignati” per la famosa legge di estradizione verso la Cina (prima di tutto Trump), non è certo perché questa sarebbe “contraria ai diritti dell’uomo” e perché è utilizzata per torturare o rinchiudere tutti coloro che sfidano l'ordine stabilito da Pechino, siano essi giornalisti, ONG e, naturalmente, i militanti di ogni tipo. No!

Tutto ciò rivela solo un interesse politico, per motivi esclusivamente imperialisti. In realtà, gli Stati Uniti o altri “occidentali” incriminati, non hanno a cuore il destino degli estradati, dei prigionieri, dei torturati da parte degli scagnozzi dello stato cinese. Ricordiamo anche che essi stessi hanno usato senza esitazione gli stessi metodi in determinate circostanze (come le pratiche barbariche dei soldati dell'esercito americano in Iraq o in Afghanistan, in un periodo in cui i leader occidentali erano un po’ più "presentabili” di un Trump)[5]. Pertanto, se gli oppositori di Hong Kong godono di tanta simpatia e sostegno (almeno ideologico se non materiale) da parte delle grandi potenze occidentali e dei loro leader, non è solo per ragioni imperialiste, ma anche perché un tale movimento è totalmente innocuo per il sistema capitalista e consente persino di difenderlo.

In effetti, i manifestanti di Hong Kong non sono affatto l'espressione di un movimento di classe rivoluzionario che mette in discussione il capitalismo: Non è importante quanti siano e quanti lavoratori siano stati coinvolti in questo movimento, le proteste di strada non sono una manifestazione della lotta della classe operaia. A Hong Kong, il proletariato non è e non è stato presente nella lotta come classe autonoma. Al contrario; gli operai di Hong Kong sono stati completamente sommersi, quasi annullati nell’insieme degli abitanti”[6].

Questo movimento rappresenta quindi un grande pericolo per la classe operaia, in quanto rafforza l'ideologia della classe dominante, in quanto sostiene il mito democratico a svantaggio della lotta e dell'autonomia di classe del proletariato.

Quando l'imperialismo soffia sulle braci dell'ideologia democratica per nascondere i suoi sordidi interessi capitalistici, indipendentemente dall'esito presente e futuro, ciò può portare solo a una maggiore confusione nella coscienza dei lavoratori, favorendo la barbarie, promuovendo lo sfruttamento, le tensioni, le guerre e il caos

WH, 6 settembre 2019

 

[1] Più di 1.100 arresti, l'uso massiccio di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua hanno caratterizzato la “democrazia francese”.

[2] I portavoce del movimento sospettano che il governo sia stato spinto a reagire all'approccio del Senato degli Stati Uniti per riprendere in considerazione l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act che, se adottato, avrebbe potuto mettere in discussione lo speciale status fiscale e commerciale di Hong Kong nei confronti degli Stati Uniti.

[3] Le minacce di ritorsioni contro l'Iran hanno portato a un maggiore controllo dello Stretto di Hormuz da parte degli Stati Uniti a spese delle ambizioni della Cina in questa vitale regione geostrategica.

[4]Cinque domande sulla crisi a Hong Kong”, France Info (10 giugno 2019).

[5] Si può prendere l'esempio del “waterboarding”, che consiste nel simulare un annegamento. Le foto del Pentagono hanno mostrato “piramidi di detenuti nudi, prigionieri al guinzaglio, minacciati dai cani o costretti a masturbarsi (Stati Uniti: il Pentagono pubblica foto di abusi su prigionieri in Iraq e in Afghanistan, France 24, 6 febbraio 2016).

[6] Manifestazioni di massa per le strade di Hong Kong: le illusioni democratiche sono una pericolosa trappola per il proletariato, da leggere sul sito francese della CCI