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“Le classi dominanti hanno sempre ricompensato i grandi rivoluzionari, durante la loro vita, con incessanti persecuzioni; la loro dottrina è stata sempre accolta con il più selvaggio furore, con l'odio più accanito e con le più impudenti campagne di menzogne e di diffamazioni. Ma, dopo morti, si cerca di trasformarli in icone inoffensive, di canonizzarli, per così dire, di cingere di una certa aureola di gloria il loro nome, a "consolazione" e mistificazione delle classi oppresse, mentre si svuota del contenuto la loro dottrina rivoluzionaria, se ne smussa la punta, la si avvilisce. La borghesia e gli opportunisti in seno al movimento operaio si accordano oggi per sottoporre il marxismo a un tale «trattamento».” (Lenin, Stato e Rivoluzione).
Non esiste rivoluzionario cui possa applicarsi meglio che a Rosa Luxemburg questa riflessione. Gli eredi dei suoi assassini, i socialdemocratici di tutte le risme, vorrebbero farne un’icona della democrazia contro i dittatoriali bolscevichi. Questo primo capitolo del suo lavoro sulla rivoluzione russa è una confutazione graffiante di questi tentativi di riscrittura della storia. Come lei dice nella sua conclusione: “Tutto l’onore rivoluzionario e la capacità di cui la socialdemocrazia occidentale mancava erano rappresentati dai bolscevichi”.
Come riportato nella sua conclusione : “Tutto l’onore rivoluzionario e tutta la capacità di cui la social-democrazia occidentale mancava erano rappresentati dai bolscevichi”.
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La rivoluzione russa è l’evento più notevole della guerra mondiale. Il suo scoppio, il suo radicalismo senza precedenti, il suo effetto duraturo, smentiscono nel migliore dei modi le frasi con cui la social-democrazia tedesca ufficiale, con grande zelo, ha sulle prime ammantato ideologicamente la campagna di conquiste dell’imperialismo tedesco: le frasi della missione delle baionette tedesche che dovevano abbattere lo zarismo e liberare i popoli da esso oppressi. Le enormi proporzioni assunte in Russia dalla rivoluzione, i profondi sussulti con cui ha scosso tutti i valori di classe, con cui ha posto sul tappeto tutti i problemi sociali ed economici, e ha continuato, con la fatalità dell’intima logica, ad avanzare conseguentemente dal primo stadio della repubblica borghese a sempre ulteriori fasi – fra le quali la caduta dello zarismo non è stato che un breve episodio, un’inizia quasi – tutto ciò dimostra chiaramente che la liberazione della Russia non è stata opera della guerra o della sconfitta militare dello zarismo, non il merito di «baionette tedesche in mani tedesche» come prometteva la «Neue Zeit» sotto la direzione di Kautsky nel suo articolo di fondo, ma aveva nel proprio paese radici profonde ed era intimamente matura. L’avventura bellica dell’imperialismo tedesco, sotto l’emblema ideologico della socialdemocrazia tedesca, non ha condotto alla rivoluzione in Russia; essa non ha fatto per qualche tempo, dapprima – dopo la sua prima marea montante negli anni 1911-1913 – che interromperla e successivamente, dopo la sua esplosione, che crearle le condizioni più difficili e più anormali.
Senonché, per ogni osservatore attento, questo svolgimento è anche una prova evidente contro la teoria dottrinaria, che Kautksy condivide col partito dei socialdemocratici governativi, secondo cui la Russia, da paese economicamente arretrato, per la sua struttura essenzialmente agricola, non era ancora matura per la rivoluzione sociale e per la dittatura del proletariato. Questa teoria, che ritiene possibile in Russia soltanto una rivoluzione borghese – dal quale concetto deriva poi anche la tattica della coalizione dei socialisti russi col liberalismo borghese – è nello stesso tempo la teoria dell’ala opportunistica del movimento operaio russo, dei cosiddetti menscevichi guidati da Axelrod e Dan. In questa concezione fondamentale della rivoluzione russa, dalla quale emerge da sé la posizione assunta riguardo alle questioni particolari della tattica, gli opportunisti russi e gli opportunisti tedeschi, si trovano perfettamente d’accordo con i socialisti del governo tedesco. Stando all’opinione di queste tre tendenze, la rivoluzione russa avrebbe dovuto arrestarsi a quello stadio che il comando militare dell’imperialismo tedesco, secondo il mito della socialdemocrazia tedesca, si era prefisso come nobile compito: l’abbattimento dello zarismo. Se la rivoluzione è andata oltre questo compito, se essa si è assegnata come meta la dittatura del proletariato, questo è stato, secondo quella dottrina, un semplice errore dell’ala estrema del movimento operaio russo, i bolscevichi; e tutte le disillusioni, che la rivoluzione ha subìto nel suo ulteriore svolgimento, tutti gli ostacoli di cui essa fu vittima, appaiono come il risultato di quell’errore fatale. Teoreticamente, questa dottrina, raccomandata come frutto di «pensiero marxista» tanto dal «Vorwarst» di Stampfer che da Kautsky, mette capo all’originale scoperta «marxista» che la rivoluzione socialista è una questione nazionale, domestica per così dire, di ogni Stato moderno preso a sé. Nella nebbia di questo schema astratto, un Kautsky sa naturalmente descrivere con molti particolari, le relazioni economico-mondiali del capitale che fa di tutti i paesi moderni un organismo unito.
La rivoluzione russa – frutto delle complicazioni internazionali e della questione agraria – non può tuttavia essere risolta entro i limiti della società borghese.
Praticamente questa dottrina tende a liberare il proletariato internazionale, in prima linea quello tedesco, dalle responsabilità riflettenti le sorti della rivoluzione russa, e a negare i nessi internazionali di questa rivoluzione. Il corso della guerra e della rivoluzione russa ha dimostrato non la immaturità della Russia, ma quella del proletariato tedesco a compiere la sua missione storica; quindi il compito principale di un esame critico della rivoluzione russa è di far emergere ciò con la massima chiarezza.
Nei suoi destini la rivoluzione russa dipendeva in tutto e per tutto dalla rivoluzione internazionale. Il fatto che i bolscevichi abbiano puntato completamente la loro politica sulla rivoluzione mondiale del proletariato è la prova più evidente del loro lungimirante acume politico, della loro fedeltà ai principi, e dell’audace slancio della loro politica.
Si vede in ciò il potente balzo compiuto dallo sviluppo capitalistico nell’ultimo decennio. La rivoluzione del 1905-1907, trovò in Europa soltanto una debole eco. Essa doveva perciò restare un capitolo non finito. La continuazione e la soluzione dipendevano dallo sviluppo europeo.
È evidente che non una apologia senza critica, ma soltanto una approfondita e ragionata critica è in grado di ricavare tesori di esperienze e di ammaestramenti. Sarebbe infatti un’idea pazzesca pretendere che la prima esperienza fatta nella storia mondiale della dittatura della classe operaia, realizzata nelle più difficili condizioni, in mezzo alla conflagrazione mondiale e al caos di un imperialistico massacro di popoli, nella ferrea morsa della più reazionaria potenza militare d’Europa, in mezzo allo smarrimento più completo del proletariato internazionale, in un esperimento di dittatura operaia in condizioni tanto anormali, proprio tutto quello che fu fatto e omesso in Russia sia stato il vertice della perfezione. Al contrario, i concetti elementari della politica socialista e la conoscenza delle necessarie premesse storiche, obbligano ad ammettere che in condizioni tanto difficili anche il più grande idealismo e la più salda energia rivoluzionaria non erano in grado di realizzare, né la democrazia né il socialismo, ma soltanto dei deboli abbozzi di entrambi.
È assolutamente dovere elementare dei socialisti di tutti i paesi tener presente tutto ciò in tutte le sue relazioni e profonde conseguenze.
Perché solo una tale amara constatazione permette di misurare tutta l’estensione della responsabilità del proletariato internazionale per le sorti della rivoluzione russa.
D’altra parte, solo in questo modo si può mettere in evidenza la decisiva importanza dell’azione coerente internazionale della rivoluzione proletaria – come condizione fondamentale – senza la quale anche la massima abilità e i più grandi sacrifici del proletariato di un sol paese, devono inevitabilmente impigliarsi in un groviglio di contraddizioni e di errori.
D’altra parte non c’è alcun dubbio: i cervelli illuminati che sono alla testa della rivoluzione russa, Lenin e Trotksy, sul loro spinoso cammino, circondato da insidie da ogni parte, hanno fatto più di un passo decisivo tra i più grandi dubbi e la più grande, intima ripugnanza e nulla potrebbe essere più lontano dalla loro mente che vedere l’Internazionale accettare tutto ciò che essi hanno dovuto fare o non fare sotto la spinta e la condizione più dura, nel tumulto degli avvenimenti in fermento, come un superiore modello di politica socialista che solo dà luogo ad ammirazione senza critica ed a fervente imitazione.
Sarebbe parimenti sbagliato temere che un esame critico delle vie battute fino ad oggi dalla rivoluzione russa, significhi minare in modo pericoloso il prestigio e l’esempio luminoso dei proletari russi, i soli capaci di vincere la fatale inerzia delle masse tedesche. Nulla di più falso. Il risveglio dell’azione rivoluzionaria della classe operaia in Germania non può essere ormai provocato nello spirito dei metodi di tutela della defunta democrazia socialista, da una suggestione incoerente sulle masse, da una cieca fede in qualche infallibile autorità, sia essa quella dei propri «organismi» o quella dell’«esempio russo».
La capacità storica d’azione del proletariato tedesco può nascere non già suscitando uno stato di spirito disposto ai clamori rivoluzionari, ma, al contrario, soltanto dalla comprensione di tutta la terribile gravità, di tutta la complessità dei compiti; soltanto dalla maturità politica, dalla illuminata indipendenza e dalla capacità critica delle masse, sistematicamente soffocata per decenni dalla socialdemocrazia tedesca sotto vari pretesti. Studiare criticamente la rivoluzione russa in tutti i suoi rapporti storici, è la migliore educazione che possa darsi la classe operaia, sia tedesca che internazionale, in vista dei compiti che la presente situazione le prepara.