La Turchia e la NATO in Medio Oriente: verso un'accentuazione del caos imperialista

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Dopo quattro anni di guerra in Siria e da circa un anno dalla costituzione del "Califfato" dello Stato islamico (SI), abbiamo assistito, sostenuta pienamente dalle forze della NATO, a una nuova svolta della Turchia con la sua entrata in guerra, abbandonando i suoi precedenti alleati jihadisti e facendo fuoco sui suoi "partner di pace" curdi. Finora la Turchia era stata alquanto tollerante verso le forze jihadiste, permettendo loro di attraversare le sue frontiere per combattere il nemico, il regime di Assad in Siria. I capi dello SI si sono pavoneggiati apertamente per le città e i luoghi di villeggiature turchi. I suoi combattenti feriti hanno ricevuto cure ospedaliere e sono stati rinviati sui campi di battaglia, proprio come fa Israele con al-Nosra[1]; alcuni poliziotti turchi che avevano arrestato dei membri di alto rango dello SI sono stati, a loro volta, gettati in prigione. In più, ritornando indietro di alcuni anni, rapporti affidabili hanno indicato che, con l'aiuto dei servizi segreti turchi (il MIT) aerei caricati dalla CIA di jihadisti e di armi pesanti di provenienza dalla Libia, sono atterrati in Turchia e hanno attraversato la frontiera siriana per combattere le truppe di Assad e dei suoi alleati dell’Hezbollah. Non c'è alcun dubbio che tutti questi fatti, sebbene raramente vengano alla luce, abbiano causato forti tensioni nella NATO di cui la Turchia è membro, determinando altrettanta tensione nelle relazioni turco-americane, sebbene le stesse agenzie americane siano state implicate nel sostegno agli jihadisti. Questo nuovo fronte turco pone una serie di questioni: perché adesso questa svolta da parte della Turchia? Che cosa significa questa per il "processo di pace" turco-curdo e i suoi due anni di "cessate il fuoco”? Ci sono elementi tra le forze del nazionalismo curdo che rappresentano, in un modo o nell'altro, gli interessi della classe operaia? Questa evoluzione condurrà a una certa pausa o attenuazione nella crescente instabilità e conflittualità di tutta regione?

La Turchia difende i suoi interessi imperialisti

Il 20 luglio, a Suruç vicino alla frontiera turco-siriana, un attacco kamikaze ha ucciso 32 giovani attivisti e ferito parecchi altri che lavorano o sono in collegamento con la Federazione delle associazioni di giovani socialisti (gruppo della sinistra del capitale). Il kamikaze, un curdo partigiano della jihad è stato subito identificato dal MIT, ed è possibile che gli stessi servizi segreti turchi siano stati implicati nell'attentato. Ci sono dei precedenti in materia (Reyhanli, 2013) e benché la domanda "a chi giova il crimine?" possa non sempre funzionare, nella maggior parte dei casi essa resta valida. Comunque, qualunque siano le persone implicate in quest’atto, la cricca dirigente dell'AKP del presidente Recip Erdogan ha utilizzato gli attentati per rafforzare la sua posizione interna e, dal suo punto di vista, la difesa degli interessi imperialisti turchi. L'AKP di Erdogan, come ogni gang nazionalista, tende a proteggere i suoi interessi all’interno dello Stato e sembra essere sostenuta con decisione dall'esercito turco e dai servizi segreti, entrambi vitali per la permanenza della sua posizione al potere. Chiaramente lo SI non è un alleato affidabile. Le discussioni tra lo Stato turco e le amministrazioni americane su un confronto serio con un SI in espansione sono cominciate poco dopo le elezioni turche in giugno, in seguito allo shock della perdita della maggioranza assoluta da parte dell'AKP e il rafforzamento del Partito democratico dei popoli (il HDP) pro-curdo, che ha ottenuto il 13% dei suffragi e sembrava avere il vento in poppa. Altre tensioni sono aumentate nel partito di Erdogan e nell'esercito turco, quando si è visto l'esercito curdo del YPG[2] (le "Unità di protezione del popolo", il braccio armato del PYD) e del PKK[3] (l'organizzazione bizantina delle forze nazionaliste curde), agire come stretti alleati degli Stati Uniti nei suoi attacchi contro lo SI. È probabilmente una combinazione di questi due elementi (i problemi elettorali interni all'AKP e l’ascesa del YPG con il rafforzamento delle sue posizioni lungo la frontiera turco-siriana) che ha orientato la borghesia turca verso una certa intesa con gli Stati Uniti mettendo a disposizione le sue basi aeree per i caccia-bombardieri e i droni da combattimento americani, in particolare quella di Incirlik, allo scopo di continuare le missioni di bombardamento dello SI in Siria. Nei giorni successivi all'attentato di Suruç, i caccia-bombardieri e l'artiglieria turca hanno colpito una o due postazioni dello SI, parecchie postazioni del PKK (il Partito dei lavoratori del Kurdistan) in Turchia, nel nord dell'Iraq, ed anche postazioni del YPG alla frontiera siriana (BBC World News, 03/08/2015). La ferocia degli attacchi turchi contro i curdi e la loro sproporzione comparata agli attacchi contro lo SI, mostrano le reali intenzioni dell'AKP. La situazione d’insieme è quella di un vero vespaio e esprime il deterioramento delle relazioni internazionali e l'indebolimento dell'imperialismo americano: un membro della NATO sostiene apertamente il Califfato dello SI; elementi di un'organizzazione curda, etichettata come terrorista, risultano tra i più stretti alleati degli americani nella lotta contro lo SI; le forze jihadiste in continua crescita prendono per l'ennesima volta il sopravvento su forze controllate e attrezzate dagli Stati Uniti; la Turchia permette la libera circolazione dello SI ai due lati della frontiera con la Siria, mentre la stessa Turchia e "consiglieri" americani preparano, altrove, forze anti-SI. Aggiungiamo a ciò le divergenze e le tensioni tra le numerose e varie fazioni curde - come quelle del PKK, lo YPG e il governo del Kurdistan iracheno di Massoud Barzani in Iraq del nord. La totale assurdità della situazione complessiva è oggi la caratteristica principale della maggior parte dei conflitti imperialisti.

La fine del "processo di pace" turco-curdo

Come ogni "cessate il fuoco" o "processo di pace" capitalista, quello tra lo Stato turco e il PKK curdo sono solo momenti di pausa nell'intensificazione della guerra imperialista e della sua conseguente violenza. Questo è stato confermato dal fatto che, proprio dopo gli attentati di Suruç, le autorità turche hanno fermato solo un pugno di combattenti dello SI e fatto pochi assalti aerei contro le postazioni di questo. Di contro, i loro attacchi contro gli interessi curdi e la consecutiva repressione generale contro la popolazione sono stati ben più ampi. Solo alcuni giorni dopo gli attentati di Suruç, elicotteri militari turchi hanno applicato la politica di terra bruciata in zone curde, bastioni del PKK al sud della Turchia, incendiando le culture, il bestiame e le case, mentre installavano posti di controllo militare dove veniva fermato ogni “sospettato” (The Time, 05/08/2015). Da parte loro, le forze del nazionalismo curdo hanno lanciato immediatamente attacchi contro l'esercito turco, incluse azioni di sabotaggio, dove è stato ucciso, come minimo, un ferroviere turco nella provincia orientale di Kars (Agenzia AP, 31/07/2015). Come in qualsiasi azione di "resistenza", questi tipi di attacchi non solo sfaldano la popolazione curda ma provocano su di essa una rappresaglia generalizzata. Con la scusa di un attacco contro lo SI, le autorità turche portano avanti il loro obiettivo reale: l’attacco contro gli interessi curdi, aspettandosi, oltretutto, un possibile rafforzamento del nazionalismo turco e maggiori probabilità di ottenere una maggioranza AKP in caso di nuove elezioni, dando così un mandato aperto alla cricca dirigente. In ogni caso, l’ultima cosa che lo Stato turco si augura è la proclamazione di un nuovo Stato curdo che si rivelerebbe essere un altro "Califfato" etnico, un altro abominio nazionalista, un'altra struttura statale particolare, espressione della decomposizione sociale nella regione. I clan etnici e religiosi certamente hanno le loro specificità, ma hanno in comune l'essenziale: restano entità capitaliste che schiacciano gli interessi della classe operaia. E ciò è valido in generale, ben al di là del Medio Oriente. Guardiamo l'ultimo Stato-nazione del capitalismo, la Repubblica del Sudan del Sud che ha ottenuto la sua indipendenza nel 2011. La gang locale che lo dirige, è stata sostenuta e messa al comando attraverso i servizi segreti, l'assistenza militare e il forte finanziamento da parte dei principali paesi occidentali; dopo di che immediatamente è sprofondata brutalmente nella guerra, in lotte intestine, in corruzione e gangsterismo.

Questi ultimi avvenimenti hanno implicazioni importanti per la NATO. La Turchia possiede il secondo più grande esercito della NATO, forte di 700.000 uomini; la sua svolta contro il "terrorismo" (SI e PKK) è stata salutata dalle forze dominate dagli Stati Uniti. Questi ultimi, infatti, sanno bene quale valido aiuto possa apportare loro la Turchia, non solo mettendo a disposizione le sue basi ma anche liberando la zona controllata dallo SI tra la frontiera turca e Aleppo in Siria[4] e contribuendo ancora a indebolire l'influenza curda lungo la frontiera. Qui la Turchia agisce con una relativa posizione di forza nei negoziati con gli Stati Uniti, essendo questi ultimi a corto di opzioni. La NATO, malgrado alcune divergenze e dubbi al suo interno, ha salutato la decisione della Turchia durante un incontro straordinario a Bruxelles il 28 luglio. A dispetto di alcune parole alquanto mitigate che chiedevano di lasciare i curdi tranquilli, parole in seguito completamente ignorate da Ankara, il Segretario generale della NATO ha così riassunto l'opinione degli ambasciatori sulla riunione del 28: "Siamo uniti tutti nella condanna del terrorismo, in solidarietà con la Turchia" (Jens Stoltenberg, The Independent, 29/07/2015.) La contropartita immediata per la Turchia potrebbe essere proprio l'ottenimento di più missili Patriot, di aiuti maggiori, informazioni riservate e assistenza logistica da parte degli Stati Uniti. Dopo alcune resistenze poste da questi ultimi per un certo un tempo, un'altra concessione da parte loro. Concessione che potrebbe rafforzare l'AKP, potrebbe essere l’attuazione di una "zona di sicurezza", di una "zona cuscinetto" lungo la frontiera turco-siriana, attualmente largamente controllata dal YPG. Il territorio proposto taglierebbe in due quello tenuto dal YPG e sarebbe occupato interamente dall'esercito turco in Siria. Sarebbe de facto una zona di esclusione aerea. Ciò rappresenterebbe un’invasione della Siria e una nuova impennata della guerra così come un possibile trampolino per altre “attività” turche in Siria. A partire da questa potenziale annessione di territorio siriano (in realtà non esiste più un paese denominato "Siria"), sarebbe possibile lanciare altri attacchi, sebbene ciò non sia previsto nell'immediato.

Le forze curde sono rappresentative di uno Stato capitalista o nascondono qualche contenuto proletario?

Proprio come le cooperative operaie e le fabbriche autogestite che, anche con la migliore volontà del mondo, non possono sfuggire alle leggi della produzione capitalista, le "lotte" di liberazione nazionale vengono immediatamente fagocitate dall’imperialismo; così come ogni movimento nazionalista, pro-nazionalista o etnico non può che assumere le funzioni di uno Stato capitalista. E ciò è applicabile in particolare al cambiamento di rotta "libertario" del PKK e alle sue idee di un "mini-Stato" federalizzato, rappresentativo non di una certa coerenza ma, al contrario, del processo capitalista globale di smembramento e di frazionamento. In quanto tale, non può essere che pregiudizievole per ogni espressione indipendente della classe operaia.

Sul sito web "libcom", un sostenitore dei curdi etnici, un certo Kurremkarmerruk, mette in discussione l'esistenza di una qualsiasi rivendicazione o di qualsiasi altra cosa in favore di uno Stato da parte del movimento di liberazione curda. Noi ci siamo soffermati più estesamente sulla questione dell’emergere di nuovi Stati. Ma alla fine degli anni 80, il PKK è evoluto da un presunto "orientamento proletario" (con questa espressione il nazionalismo curdo intende un’organizzazione di tipo stalinista), da un modello "di Stato nazionale con un proprio governo", verso una forma di "vita sociale comunitaria con la libertà per le donne". Lasciamo da parte l'abuso sessuale sulle donne largamente diffuso nel PKK; questa "libertà per le donne" si esprime nei fatti con l’“eguaglianza” nella loro integrazione nelle truppe curde e di conseguenza nel loro essere carne da cannone nella guerra imperialista. I nuovi concetti di "comunitarismo nel quale l'individuo è preponderante" all'interno di una federazione "anti-autoritaria" rivendicata dai curdi non sono che un'altra forma di rapporti capitalisti tinteggiati di anarchismo - perfettamente compatibile con un movimento di liberazione nazionale o etnica. Qui non c'è assolutamente niente che metta in questione la società di classe o la guerra imperialista; al contrario, entrambi vengono rafforzati dai desideri nazionalisti curdi di avere un posto nel concerto della "comunità internazionale". Dalla Prima Guerra mondiale, il nazionalismo e l'etnicità hanno fatto dei curdi pedine e carne da cannone nei vari giochi imperialisti. Questo quadro etnico non ha proprio niente a che vedere col marxismo, né con nessuna componente del movimento operaio. Il PKK si basa sul terrore e in particolare verso la propria popolazione. Si basa sull'esclusione etnica e spesso ha giocato un ruolo considerevole sulla scacchiera imperialista. Come molti movimenti di "liberazione nazionale", è stato destabilizzato completamente, tanto materialmente che ideologicamente, dal crollo dello stalinismo alla fine degli anni 80; e niente di tutto questo è cambiato, dato che la componente "socialista" YPG è stata, fino a poco fa, il più stretto alleato dell'imperialismo americano nella regione. In passato, gli interessi etnici curdi sono stati utilizzati da Russia, Siria, Iran, Iraq, Armenia, Germania, Gran Bretagna e Grecia e hanno adottato e sviluppato i valori capitalisti di democrazia e di pacifismo. Ogni movimento nazionalista o etnico, o particolarmente "federato", resta essenzialmente un'organizzazione statale che lavora in seno al capitalismo e alle sue forze imperialiste. La difesa dell'etnicità curda, come di qualsiasi altra, si basa sull'esclusione. Quali che siano le mistificazioni e il linguaggio da sinistra radicale, l'obiettivo dell'etnicità curda resta la "patria comune", una struttura interamente capitalista.

Ora sembra che la cricca Erdogan/AKP, con l'esercito che l'appoggia, ne abbia avuto abbastanza dell'ascesa "pacifica e democratica" dei curdi all’interno della "comunità internazionale", in altre parole della scacchiera imperialista, e ha deciso di passare all'offensiva contro di essi rafforzando anche la posizione del suo partito all’interno dello Stato. E le forze curde a loro volta presenteranno tutto ciò come un attacco contro i loro sedicenti "principi socialisti" e andranno oltre nella loro "guerra di auto-difesa", agendo così da ulteriore fattore di divisione nella classe operaia.

Quale prospettiva?

Per la classe operaia dei maggiori paesi capitalisti della regione, la generalizzazione di questa guerra e le sue manifestazioni sono una notevole fonte d’inquietudine, a causa soprattutto dell'implicazione del loro "proprio" Stato e dell'espansione del militarismo in generale. Per le popolazioni locali e quelle circostanti del Medio Oriente, la situazione è quella dell’oscura certezza di più guerre, violenze, caos e instabilità. Lo SI estende il suo Califfato e forze simili gli fanno fronte, mentre a un altro livello persiste l'indebolimento dell'imperialismo americano che ha, tra l’altro, permesso alla Turchia di cambiare atteggiamento e diventare più aggressiva. Una delle debolezze degli Stati Uniti è dover contare sulle forze curde, una situazione che, a un certo punto, ha fatto precipitare ulteriormente la crisi. Nell'immediato, gli attacchi turchi contro i curdi non possono che indebolire la lotta contro lo SI. Ma esistono ancora pericoli più grandi. Adesso Obama, dopo un anno di bombardamenti da parte della coalizione con 5.000 incursioni aeree, 17.000 bombe che hanno ucciso almeno centinaia di civili aggiungendoli alla carneficina, mentre lo SI è rimasto relativamente indenne e più radicato, ha autorizzato una copertura aerea completa per le sue forze terrestri in Siria (World Socialist Website, 04/08/2015). Il problema per gli americani è che le forze terrestri su cui possono contare in Siria sono attualmente inesistenti. L'altra complicazione è che il regime di Assad possiede un sistema di missili di difesa aerea di fabbricazione russa molto sofisticata.

In questa miscela esplosiva d’irrazionalità, di rivalità interetniche e religiose supervisionate dall'imperialismo e dallo sviluppo del ciascuno per sé, l'indebolimento dell'influenza degli Stati Uniti ha contribuito a costringerli a concludere un accordo nucleare con l'Iran che ha conseguenze e implicazioni ben pesanti. L'accordo avrà un impatto sulla Turchia, sulle altre potenze regionali, sulla Russia e altri ancora. Ritorneremo in seguito sugli elementi dall'accordo irano-americano e le sue implicazioni.

Da World Revolution, organo di stampa della CCI in Gran Bretagna, 8 agosto 2015.

 


[1] L’ottobre scorso, l'analista del Medio Oriente Ehud Yaari ha riferito sulle relazioni tra Israele e al-Nosra

[2] La pagina Wikipedia del YPG descrive un autoritratto in rosa impregnato di "socialismo" e di tolleranza. Queste parole smielate sono smentite dalla sua coerenza etnica e dalla sua "pulizia" militare delle zone arabe, come la città di Tal Abyad dove 50.000 persone sono state cacciate dalle avanzate militari del YPG a giugno scorso e hanno ora raggiunto i milioni di profughi che non hanno più casa a causa della guerra. Il YPG è chiaramente membro di un esercito imperialista e, in quanto tale, la "pulizia etnica" fa parte del suo lavoro.

[3] Come per la guerra in Ucraina, numerosi elementi dell'anarchismo che sostengono il YPG e la presunta "Rivoluzione del Rojava" non fanno altro che mostrare il loro sostegno aperto alla guerra imperialista.

[4] La speranza particolare delle forze "indipendenti", sostenute dagli Stati Uniti, che si incaricano di questo è già naufragata in un altro rovescio: i combattenti di una forza anti-Assad non jihadista di base in Turchia, sostenuta dagli Stati Uniti, la Divisione 30, sono stati travolti dalle forze di al-Nosra (The Independent, 31/07/2015). Sicuramente saranno consegnati allo SI, interrogati, torturati, e la loro sorte è già segnata.

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Conflitti imperialisti