Che Guevara: mito e realtà. A proposito della corrispondenza di un lettore

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Già qualche mese fa, abbiamo ricevuto sul nostro sito Internet due messaggi su Che Guevara da un compagno firmatosi E.K. Pubblichiamo la lettera che gli abbiamo mandato all’inizio d’aprile cogliendo l’occasione per completare ed allargare la nostra risposta alle domande restate allora in sospeso. Rendiamo pubblica questa corrispondenza perché, come lo stesso EK dice, si è "nelle celebrazioni dei 40 anni della sua morte di combattente" e si tratta per noi, CCI, non di aggiungerci alle cerimonie celebrative ma, al contrario, di provare a comprendere se Che Guevara è stato realmente un rivoluzionario e se la classe operaia e le giovani generazioni devono o non rivendicarsi alla sua azione.

Alcuni brani del messaggio di EK

Per il compagno EK, Che Guevara è un autentico combattente per la causa dei popoli oppressi. Infatti, per lui, "l'internazionalismo del Che è fuori discussione. È il modello del combattente internazionale e della solidarietà tra i popoli". Sarebbe così uno dei rari rivoluzionari ad avere osato criticare il regime dell'URSS: "all'epoca del secondo seminario di solidarietà afro-asiatica, il Che critica senza mezzi termini le posizioni conservatrici e sfruttatrici dell'URSS". Infine, EK espone in questa prima lettera la sua visione del proletariato e del ruolo dei rivoluzionario: "in quanto all'agente storico della trasformazione sociale, non c'è, mi sembra, ragione di ridurre il concetto di proletariato ai soli operai, negazione assoluta della condizione umana. (...) Il compito degli intellettuali è di introdurre nel proletariato la coscienza della sua situazione attraverso mezzi eminentemente politici".

In seguito alla nostra risposta, il compagno E.K ci ha mandato velocemente un secondo messaggio in cui tiene a smarcarsi innanzitutto da tutti quelli che trasformano il Che in icona, moltiplicando le T-shirts ed altri poster alla sua effige: "Rendere Che un mito attraverso la duplicazione della sua immagine tende ad occultare la sua vita e la sua opera". Ma soprattutto afferma che "perseguendo obiettivi distinti, il Che è stato portato con forza a sganciarsi logicamente dal modello social-imperialistico dell'URSS. La CIA ed il KGB hanno anche cooperato per sbarazzarsi di lui all'epoca del suo tentativo rivoluzionario in Bolivia". Ed il compagno conclude: "Ernesto Che Guevara ha pagato la probità intellettuale della sua vita. Rendergli omaggio significa leggere i suoi testi; perpetuare la sua memoria, continuare la lotta; rendergli giustizia, sostenere i suoi valori. All'alba delle celebrazioni dei 40 anni della sua morte di combattente, è tempo di restituire più vigore al suo pensiero e vita alle sue idee".

 

La nostra risposta ad EK

Ti ringraziamo per il tuo messaggio d’inizio aprile. Scusaci per il ritardo di questo supplemento di risposta. Vogliamo fare qui una critica su ciò che ci scrivi. Questa critica non significa per noi una "fine della nostra corrispondenza", ma proprio il contrario. Siamo sempre pronti a rispondere alle tue domande ed ai tuoi punti di vista. Vorremmo rispondere su ciò che dici a proposito di Che Guevara studiando quanto più sinceramente e seriamente possibile ciò che furono realmente, come tu chiedi, "i suoi valori", "le sue idee" e "la sua lotta".

Che Guevara è un esempio per la gioventù rivoluzionaria di oggi?

In questo mese di ottobre, si celebra il 40mo anniversario della morte di Che Guevara, ucciso dall'esercito boliviano, diretto dalla CIA americana.

Dal 1967, "il Che" è diventato il simbolo dell'eterna "gioventù rivoluzionaria romantica" : morto giovane, armi alla mano, lottando contro l'imperialismo americano, grande "difensore delle masse povere dell'America latina". Tutti hanno in testa l’immagine del Che col suo basco stellato, sguardo triste e lontano.

I suoi famosi Appunti di viaggio hanno contribuito notevolmente a divulgare la storia di questo ribelle, proveniente da una buona famiglia argentina, un poco bohémien, che si lancia in un avventuroso viaggio in moto sulle strade del Sud America, utilizzando le sue conoscenze mediche per aiutare i poveri... Vive in Guatemala in un momento (1956) in cui gli Stati Uniti fomentano un ennesimo colpo di Stato contro un governo che non è di loro gradimento. Questo dominio permanente sui paesi dell'America latina da parte degli Stati Uniti nutre tutta la sua vita di un odio implacabile contro questi ultimi. In seguito, raggiunge in Messico il gruppo cubano di Castro, rifugiatosi in questo paese dopo un tentativo abortito di capovolgere il dittatore cubano, Batista, da tempo sostenuto dagli Stati-Uniti[1]. Dopo una serie di avventure, questo gruppo si installa nelle montagne di Cuba fino alla sconfitta di Batista, inizio gennaio 1959. Il nocciolo ideologico di questo gruppo è il nazionalismo, il "marxismo" è solamente una coperta di circostanza ad un’aspra "resistenza" anti-yankee, anche se alcuni elementi tra cui lo stesso Guevara, si considerano "marxisti". Il Partito comunista cubano, che del resto a suo tempo aveva sostenuto Batista, manda uno dei suoi dirigenti, Carlos Rafael Rodríguez, da Castro nel 1958, solamente alcuni mesi prima della vittoria di quest’ultimo.

Questa guerriglia non è affatto l'espressione di una qualsiasi rivolta contadina, ancora meno della classe operaia. È l'espressione militare di una frazione della borghesia cubana che vuole rovesciare un'altra frazione per prendere il suo posto. Non c'è nessuno "sollevamento popolare" nella presa di potere da parte della guerriglia castrista. Questa si presenta, come spesso accade in America latina, sotto forma della sostituzione di una cricca militare attraverso un'altra formazione armata nella quale gli strati sfruttati e miseri della popolazione dell'isola, arruolati o non dai combattenti golpisti della guerriglia, non giocano un ruolo importante, se non quello di acclamare i nuovi padroni del potere. Di fronte alla resistenza piuttosto debole della soldatesca di Batista, Guevara appare come un intrepido guerrigliero la cui determinazione ed il carisma crescente appaiono velocemente suscettibili di fare ombra al suo maestro Fidel. Dopo la vittoria su Batista, Fidel Castro incarica il Che di formare i "tribunali rivoluzionari", una sanguinosa mascherata nella migliore tradizione del regolamento dei conti tra frazioni delle differenti borghesie nazionali, in particolare in America latina. Che Guevara prende veramente il suo ruolo a cuore, per convinzione e con zelo, adottando una giustizia "popolare" dove, a guisa di sfogo collettivo, si giudicano i vecchi torturatori di Batista, ma viene preso "chiunque capiti" su semplice denuncia. Del resto, Guevara rivendicherà più tardi all'ONU, in risposta ai rappresentanti latino-americani, buone anime "democratiche" che si ritengono indignati da questi metodi, dicendo: "abbiamo fucilato, fuciliamo e continueremo a fucilare finché sarà necessario". Queste pratiche non hanno niente a che vedere con la difesa maldestra di una qualsiasi giustizia rivoluzionaria. Lo ripetiamo, sono proprio questi i metodi tipici di una frazione della borghesia che ha preso il sopravvento su un'altra con la forza delle armi.

Possiamo allora identificarci all’ideale de "l’eroe" austero della Sierra Maestra, al "guerrigliero eroico" che morrà alcuni anni più tardi nella montagna boliviana ma che, nel mondo reale, non ha tenuto in effetti che un ruolo di esecutore di basse opere nell’aiutare l’insediamento di un regime che di comunista ha solo il nome?
Che Guevara: un internazionalista?

Tu dici: "l'internazionalismo del Che è fuori discussione" e "all'epoca del secondo seminario di solidarietà afro-asiatica, il Che critica senza mezzi termini le posizioni conservatrici e sfruttatrici dell'URSS" per affermare infine "il Che sarà portato con forza e logicamente a sganciarsi dal modello social-imperialistico dell'URSS".

Il regime nazionalista di Castro si è rivestito rapidamente dell'epiteto "comunista", in altre parole, questo regime si è unito… al campo imperialista retto dall'URSS. Essendo Cuba localizzata ad alcune miglia dalle coste americane, ciò non poteva evidentemente che inquietare il capofila del blocco dell'Ovest. Il processo di stalinizzazione dell'isola, con una presenza importante di personale civile, militare e servizi segreti dei paesi del blocco dell'Est, troverà il suo coronamento nel 1962 al momento della “crisi dei missili”.

In questo processo, Che Guevara, ora ministro dell'industria (1960-61), per saldare la nuova alleanza col "campo socialista", è inviato da Castro nei paesi di questo campo, dove si esibisce in un discorso elogiativo dell'URSS: "Questo paese che ama così profondamente la pace", "dove regna la libertà di pensiero", "la madre della libertà". Egli celebra molto anche "la straordinaria" Corea del Nord o la Cina di Mao dove "tutti sono pieni di entusiasmo, tutti fanno delle ore di straordinario" e così via per l'insieme dei paesi dell'Est: "le realizzazioni dei paesi socialisti sono straordinarie. Non c'è paragone possibile tra i loro sistemi di vita, i loro sistemi di sviluppo e quelli dei paesi capitalisti". Un vero appassionato del modello stalinista! Ritorneremo dopo sul "disamore" di Guevara con l'URSS. Contrariamente a ciò che affermi, il Che non ha emesso mai il benché minimo dubbio di principio sul sistema stalinista. Per lui, l'URSS ed il suo blocco erano il campo "socialista, progressista" e la sua lotta si integrava pienamente in quella del blocco russo contro il blocco occidentale. La parola d’ordine lanciata da Guevara "Creare uno, due, mille Vietnam", non è una parola d’ordine "internazionalista" ma molto nazionalista e favorevole al blocco russo! Il suo criterio reale non è il cambiamento sociale, ma l'odio verso il capofila dell’altro blocco, gli Stati Uniti. In effetti, dopo la Seconda Guerra mondiale, il mondo si è trovato diviso in due blocchi antagonisti, uno sotto la potenza americana, l'altro dell'URSS. La "liberazione nazionale" si rivelò allora una perfetta mistificazione ideologica per giustificare il regolare reclutamento militare delle popolazioni. In queste guerre, né la classe operaia né le altre classi sfruttate avevano niente da guadagnare, servendo da massa di manovra per le differenti frazioni della classe dominante e dei loro padrini imperialisti. La divisione del mondo in due blocchi imperialisti dopo gli accordi di Yalta ha significato che qualsiasi uscita da un blocco significava la caduta nel blocco avverso. E, proprio, non c'è migliore esempio di quello di Cuba: questo paese è passato dalla dittatura corrotta di Batista, sotto il controllo diretto di Washington, dei suoi servizi segreti e di ogni tipo di mafie, al dominio del blocco stalinista. La storia di Cuba è un concentrato della storia tragica delle "lotte di liberazione nazionale" per circa mezzo secolo!

Allora, prima di dire quando e come Guevara si è falsamente più o meno "sganciato" dall'URSS, bisogna essere ben chiari sulla natura dell'URSS e del suo blocco. Dietro la difesa di un Che Guevara rivoluzionario, c'è l'idea che l'URSS, più o meno, che lo si voglia o no, malgrado i suoi difetti… era il "blocco socialista, progressista". E questa è la più grande menzogna del ventesimo secolo. Una rivoluzione proletaria in Russia c'è ben stata, ma è stata sconfitta. La forma stalinista della controrivoluzione si è data una parola d’ordine: la "costruzione del socialismo in un solo paese", parola d’ordine che si trova all'esatto opposto della base naturale e fondamentale del marxismo. Per il marxismo "i proletari non hanno patria"[2]! È questo internazionalismo, molto reale che è servito da bussola all'ondata rivoluzionaria mondiale che si è sviluppata nel 1917 ed a tutti i rivoluzionari dell'epoca, da Lenin e i bolscevichi a Rosa Luxemburg e gli Spartakisti[3]. L'adozione aberrante di questa "teoria" di una "patria socialista" da difendere ha avuto per corollario il ricorso sistematico ad un metodo borghese: il terrore ed il capitalismo di Stato, questo tallone di ferro, l’espressione più totalitaria e più feroce dello sfruttamento capitalista!

Il Che “si è sganciato dal modello social-imperialistico dell'URSS”?

All'origine delle critiche del Che nei confronti dell'URSS, c'è "la crisi dei missili", nel 1962. Per l'URSS, il suo dominio sulla Cuba fu una fortuna. Finalmente, avrebbe potuto eguagliare gli Stati Uniti che minacciavano direttamente l'URSS dai paesi vicini a quest’ultima, come la Turchia. L'URSS cominciò ad installare rampe di lancio di missili a testata nucleare ad alcune miglia dalle coste americane. Gli Stati Uniti risposero mettendo in opera un embargo totale dell'isola, costringendo le navi russe a fare marcia indietro. Krusciov, il padrone del Cremlino dell'epoca, fu obbligato infine a ritirare i suoi missili. Per alcuni giorni dell’ottobre 1962, gli scontri imperialisti tra quelli che si presentavano come "il mondo libero" e quelli che si presentavano come il "mondo socialista progressista" hanno rischiato di mettere tutta l'umanità sul bordo dell'abisso. Krusciov fu considerato allora dai dirigenti castristi come uno "smidollato", uno che non aveva i "coglioni" per attaccare gli Stati Uniti. In un eccesso di isteria patriottica, dove lo slogan castrista "Patria o morte" prende il suo senso più sinistro, essi sono preparati a sacrificare il popolo (diranno che è il popolo che è preparato a sacrificarsi) sull'altare della guerra atomica. In questo delirio perverso, Guevara non può essere che all'avanguardia. Scrive: "hanno ragione [i paesi dell'OEA[4] ad avere paura della “sovversione cubana”], è l'esempio spaventoso di un popolo che è preparato ad immolarsi attraverso le armi atomiche affinché le sue ceneri servano a cementare le nuove società, e che, quando si è concluso un accordo sul ritiro dei razzi atomici senza che lo si sia consultato, non emette un sospiro di sollievo, non accoglie la tregua con riconoscenza. Si getta nell'arena per […] affermare [...] la sua decisione di lottare, anche da solo, contro tutti i pericoli e contro la stessa minaccia atomica dell'imperialismo yankee"[5]. Questo "eroe" ha deciso che il popolo cubano fosse preparato ad immolarsi per la patria. Così, la base della "delusione", della critica nei confronti l'URSS non è la perdita di fede nelle virtù del "comunismo sovietico" (in termini veri capitalismo stalinista) ma al contrario, il fatto che questo sistema non spingeva fino in fondo la sua logica guerriera di scontro, il parossismo del periodo della "guerra fredda". Ed il discorso di Algeri di Che Guevara a cui tu fai riferimento per affermare che il Che "si è sganciato del modello social-imperialistico dell'URSS" non cambia realmente niente a quest’attaccamento di Guevara alle posizioni staliniste. Al contrario! Durante questo famoso discorso, certamente mise in causa il "mercantilismo" nei rapporti tra i paesi del blocco dell'URSS ma li chiamò sempre socialisti e "popoli amici": "I paesi socialisti sono, in una certa misura, i complici dello sfruttamento imperialista […]. [Essi] hanno il dovere morale di liquidare la loro complicità tacita coi paesi sfruttatori dell'Ovest". Al di là della sua apparenza radicale, una tale critica è dunque proprio quella di qualcuno integrato al sistema stalinista. Peggio, essa è espressione di un responsabile che ha partecipato con tutte le sue forze alla realizzazione di un tale sistema di capitalismo di Stato a Cuba! Del resto, Guevara, in seguito, non farà mai più ufficialmente la minima critica all'URSS.

In effetti, Che Guevara, assassinato dalla CIA e dall'esercito boliviano nel 1967, non fu la vittima solo dell'imperialismo americano, ma anche del nuovo orientamento politico del Cremlino detto di "coesistenza pacifica" col blocco occidentale. Non tratteremo qui le ragioni che hanno spinto la direzione dell'URSS ed il suo blocco a prendere questa "svolta". Ma questa "svolta" non ha niente a che vedere con un qualsiasi "tradimento" verso i popoli che volevano "liberarsi" dall'imperialismo, e verso il proletariato. La politica della classe dominante stalinista ha cambiato spesso rotta in funzione dei suoi interessi come classe dominante e, proprio, l'affare dei missili ha mostrato ai dirigenti dell'imperialismo stalinista la loro impotenza a sfidare il capofila dell'altro blocco alle sue porte e che quindi avrebbero dovuto essere prudenti in America latina. È questo che non hanno compreso Guevara ed una frazione dei dirigenti cubani, al punto di diventare non solo imbarazzanti per l'URSS, ma anche per i loro amici cubani. Da quel momento, il destino di Che Guevara era segnato: dopo la disastrosa avventura nel Congo[6], finirà per ritrovarsi solo in Bolivia, con un pugno di commilitoni, abbandonato dal PC boliviano che, alla fine, si ritrovò sulla linea di Mosca. Per le fazioni più "moscovite", i sostenitori della tattica del "fuoco" (fuoco di guerriglia) erano dei piccoli-borghesi in cerca di avventure, "estranei alle masse". Per le fazioni dei PC favorevoli alla lotta armata, con i loro sostegni critici di ogni tipo, i "capi" dei PC erano dei "rivoluzionari da salotto", dei burocrati imborghesiti… anch’essi "estranei alle masse". Per noi che ci rifacciamo alla Sinistra Comunista, consideriamo queste due forme della stessa controrivoluzione, due varianti della stessa grande menzogna del secolo, quella di avere fatto passare la controrivoluzione stalinista per la continuatrice della rivoluzione di ottobre e l'URSS come comunista.

Quale visione aveva Che Guevara della classe operaia?

Per te, il compito degli intellettuali sarebbe "di introdurre nel proletariato la coscienza della sua situazione...". Sembri riprendere la visione di Che Guevara su "l'élite rivoluzionaria". Ma queste posizioni del Che non nascondono in realtà un profondo disprezzo per la classe operaia? Che cosa rivelano realmente i sui voli da poeta lirico su “l'uomo nuovo nella rivoluzione cubana?”

L'unità proletaria rivoluzionaria ha una base pratica molto concreta: la solidarietà di classe. È questa solidarietà spontanea nell'organizzazione della lotta, fatta di reciproco aiuto e di fraternità, a nutrire le qualità di abnegazione del proletariato rivoluzionario. Ma questa "abnegazione" nelle parole di Guevara, suona, nel migliore dei casi, come un appello quasi mistico al martirio supremo (bisogna riconoscergli come sia stato sempre pronto al sacrificio, e probabilmente era preparato a diventare un "martire" della causa imperialista che difendeva con tutto il popolo cubano "volontario" al momento della crisi dei missili)... Al di là del suo comportamento "esemplare", resta la sua visione del "sacrificio" o de "l'eroismo" (della stessa specie dell'idealismo patriottico esaltato e diffuso dagli stalinisti nella "Resistenza" durante la Seconda Guerra mondiale) che dovrebbe essere imposto dall'alto, per i bisogni dello Stato e sotto la ferula di un "lider maximo". Questa visione si basa sul disprezzo dell'intellettuale piccolo-borghese nei confronti della "massa proletaria" guardata dall’alto, il quale pretende "educarla" affinché comprenda i "benefici della rivoluzione". "La massa, ha dichiarato con condiscendenza Guevara, non agisce come un dolce gregge. È vero che segue senza esitare i suoi dirigenti, soprattutto Fidel Castro…". "Se guardiamo le cose superficialmente, potremmo pensare che quelli che parlano di sottomissione dell'individuo allo Stato hanno ragione, ma le masse realizzano, con entusiasmo e disciplina senza uguale, i compiti che il governo stabilisce, che siano economici, culturali, di difesa o sportivi... L'iniziativa viene in generale da Fidel o dall'alto comando della Rivoluzione ed è spiegata al popolo che la fa sua" (Il socialismo e l'uomo a Cuba, 1965).

In effetti, quando dici "che non c'è ragione di ridurre il concetto di proletariato ai soli operai", il tuo ragionamento attinge certamente ed involontariamente le sue radici in questa visione sprezzante della classe operaia[7]. Infatti, una delle caratteristiche comuni dei trasformismi dello stalinismo (dal maoismo al castrismo) sta nella loro diffidenza ed il loro disprezzo nei confronti della classe operaia, facendo di una mitica classe contadina povera “l'agente della rivoluzione” diretta dagli intellettuali che, in quanto tali, possiedono la coscienza e "l'introducono" nei cervelli delle masse. Nel migliore dei casi, la classe operaia era, per questi neo-stalinisti, una massa di manovra che serviva loro da riferimento storico, una comparsa della loro rivoluzione. Non troviamo mai negli scritti di questi pseudo-rivoluzionari il minimo riferimento ad una classe operaia organizzata come tale ed alle organizzazioni del potere di classe, i soviet. Questi cloni dello stalinismo non hanno più bisogno di camuffare la loro ideologia capitalista di Stato e di parlare dei consigli operai o di altre espressioni della vita proletaria nella rivoluzione russa. Non c'è niente di più dello Stato diretto da persone "illuminate" ed in basso la massa, a cui talvolta si lascia dare prova "d’iniziativa", inquadrata nei "comitati di difesa della rivoluzione" ed altri organismi di sorveglianza sociale.

Ed a Cuba, uno dei primi organi di inquadramento e di direzione della classe operaia sono stati ancora una volta e senza sorpresa i sindacati. I sindacati cubani (CTC) erano già dei sindacati alla maniera americana, perfettamente integrati al "capitalismo liberale" ed alla sua corruzione. Vanno così ad essere velocemente trasformati dalla direzione cubana, nel 1960, in sindacati in salsa stalinista, su un modello burocratico e statale. Le prime decisioni del regime castrista incaricheranno questi ultimi ad impegnarsi a livellare verso il basso i salari e a fare rispettare l'interdizione dello sciopero nelle imprese, da buoni sbirri patentati! E quest’attacco contro la classe operaia sarà giustificato ancora una volta, dall'ideologia anti-americana e dalla "difesa del popolo cubano". Durante uno sciopero contro gli abbassamenti dei salari di operai di imprese appartenenti ai capitali americani, i dirigenti castristi stigmatizzarono questo sciopero come uno sciopero di "benestanti" e ne approfittarono per dichiarare "sciopero allo sciopero" per bocca del nuovo dirigente castrista del CTC.

Nelle scorse settimane sono state servite opere in controversia sulla vita e l'opera del Che. Da un lato, nella scia degli apostoli della "morte del comunismo", le frazioni di destra della borghesia hanno riscaldato questo piatto con l'aiuto servile di alcuni storici, sempre pronti a mettere in evidenza il ruolo "anti-democratico" del Che, il suo ruolo di comandante in capo in quanto responsabile dei tribunali "rivoluzionari" dell’inizio dell'era castrista, blaterando gli uni e gli altri per porsi il problema se queste esecuzioni sono state "eccessive", se c'è stato o non "un bagno di sangue", se c’è stata una giustizia "moderata" o "arbitraria". Per noi, come dicevamo sopra, Guevara ha sostenuto semplicemente bene il suo ruolo necessario per la realizzazione di un nuovo regime tanto borghese e repressivo quanto il precedente. Dall’altro lato, hanno prodotto delle menzogne e delle mezze-verità alla sua gloria. Basta vedere come la Ligue Communiste Révolutionnaire che, con la sua volontà di sostituire il Partito Comunista francese e diventare il primo partito "anticapitalista" della Francia, porta oggi alle stelle "Il Che" e sfrutta la sua immagine "giovane e ribelle”[8].

Caro compagno EK, la realtà è questa: in tutti questi giovani che portano un T-shirt con l'effige del Che, c'è certamente un cuore generoso e sincero, che vuole combattere le ingiustizie e gli orrori di questo mondo. Del resto, se si pubblicizza il Che, è proprio per sterilizzare l'entusiasmo che nutre la passione rivoluzionaria. Ma lo stesso Che è solamente una delle figure della lunga coorte dei dirigenti nazionalisti e stalinisti, forse più affabile degli altri, ma rappresentativa di questa versione tropicale della controrivoluzione stalinista qual è il castrismo.

Malgrado tutte le nostre divergenze, compagno EK, la discussione resta evidentemente aperta… ben oltre questo; ti incoraggiamo calorosamente a continuarla.

Corrente Comunista Internazionale

(Da Révolution Internationale, ottobre 2007)



[1] In effetti, l'impresa coronata da successo del capovolgimento di Batista da parte di Castro e Guevara ha beneficiato dell'appoggio degli Stati Uniti e della benevolenza di una parte della destra che denunciava la corruzione del regime. L'embargo sulle armi deciso dal governo americano contro Cuba ha privato in modo decisivo Batista dei mezzi di lottare contro la guerriglia. È solamente alla fine di alcuni mesi di esercizio del nuovo potere che le relazioni con gli Stati Uniti si sono deteriorate ed è di fronte alla minaccia dell’intervento di questi ultimi che Castro si è affidato al blocco russo.

[2] Celebre citazione del Manifesto comunista del 1848, scritto da Marx ed Engels.

[3] Leggere i nostri articoli su "Ottobre 1917", particolarmente: "Le masse operaie prendono il loro destino in mano", Révue Internationale n. 131, e "Lo stalinismo è il becchino della Rivoluzione russa" Révolution Internationale n. 383.

[4] Organizzazione degli Stati americani, istanza continentale al servizio degli interessi dello "zio Sam" per esercitare il suo controllo sugli altri Stati d’America latina, da cui la Cuba castrista è stata esclusa.

[5] Scritti al momento de "la crisi dei missili", sarà pubblicato solamente nel 1968 da una rivista dell'esercito cubano. Riprodotto nella biografia del Che di Pierre Kalfon.

[6] Nel 1965, forse per mettere in pratica lo slogan "Due, tre, mille Vietnam…", alcune decine di cubani puntano all'Est della Repubblica del Congo (ex-Zaire) per organizzare un "fuoco anti-imperialistico", il tutto patrocinato dai servizi segreti cubani in accordo con l'URSS (forse anche per sbarazzarsi del Che…). Dopo l'inizio, un disastro annunciato: Guevara si ritrova sotto gli ordini politici di una banda di dirigenti congolesi (tra cui Kabila, futuro presidente-dittatore sanguinario dello Zaire negli anni 1990), avventurieri che conducono un elevato tenore di vita grazie ai sussidi sovietici e cinesi. In quanto alla popolazione, supposta ricevere i suoi liberatori a braccia aperte, resta piuttosto sconcertata alla vista di queste persone che venivano da non si sa dove. Era un anticipo di ciò che sarebbe accaduto in Bolivia l’anno seguente. Bisogna notare anche che, sempre per conto dell'imperialismo russo, migliaia di cubani hanno continuato a servire "da istruttori militari" in numerose "guerre di liberazione nazionale" sul suolo africano (Guinea-Bissau, Mozambico, Angola.) fino al crollo dell'URSS e del suo blocco all'inizio degli anni 1990.

[7] Non svilupperemo qui ciò che è il proletariato o la classe operaia, per noi due espressioni equivalenti. Diciamo, tuttavia, che la nostra visione della classe operaia non ha niente a che vedere con la sociologia né con le immagini folcloristiche dell'operaio in tuta blu.

[8] Il leader della LCR, Olivier Besancenot, ha affermato che oggi il suo partito si identifica più al Che che a Trotsky, mentre dalla sua nascita, quest’organizzazione legittimava fraudolentemente la sua appartenenza alla classe operaia rifacendosi innanzitutto a questo grande militante bolscevico.

Marx amava sottolineare le ironie della storia. E una delle più pungenti è constatare che questa nuova propaganda della LCR, che, volendo a ogni costo agire in modo giovanile ed essere alla moda per attirarsi le nuove generazioni della classe operaia, sta rivendicandosi ad un erede dichiarato della cricca stalinista e della sua ideologia, questa stessa cricca che assassinò più di sessant'anni fa un rivoluzionario, veramente autentico, un certo … Leon Trotsky!

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