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“Parlerò brevemente e con pieno senso di responsabilità. Le cose che dico saranno gravi per tutti noi e per il partito, ma si è voluto creare una situazione incresciosa che mi costringe a dirle. Indipendentemente da ogni considerazione di sincerità e di purezza maggiore o minore degli individui, io devo qui dichiarare a nome della Sinistra, che i procedimenti che qui si svolgono non solo non hanno scosso le nostre opinioni, ma costituiscono, colla preparazione e l’organizzazione del Congresso, col programma che si è esplicato, l’argomento più formidabile per la serenità del nostro giudizio. Io devo qui dichiararvi che il metodo che è qui in azione ci appare dolorosamente ma sicuramente come metodo deleterio agli interessi della nostra causa e del proletariato.
(...)
Noi crediamo nostro dovere (…) dire senza esitazione e con completo senso di responsabilità questa grave cosa: che nessuna solidarietà potrà unirci a quegli uomini che abbiamo giudicati indipendentemente dalle loro intenzioni e dai loro caratteri psicologici, come rappresentanti della ormai inevitabile prospettiva dell’inquinamento opportunista del nostro partito.
(...)
Se io, se noi siamo vittime di uno spaventevole errore nel valutare così quello che avviene, allora davvero dovremo essere considerati indegni anche soltanto nel partito e dovremo sparire agli occhi della classe operaia. Ma se questa antitesi spietata che noi sentiamo porsi è vera e ci riserva nell’avvenire dolorose conseguenze, allora perlomeno potremo dire di aver lottato fino all’ultimo contro i metodi esiziali che intaccano la nostra compagine e di aver portato, resistendo ad ogni minaccia, un po’ di chiaro nel buio che qui si è voluto creare. Ora che ho dovuto parlare, giudicatemi come volete.”
Questa la “Dichiarazione di Bordiga” al congresso di Lione del 1926 (riportata in Prometeo n. 1, giugno 1928) che segnava l’esclusione definitiva della Sinistra del Partito Comunista d’Italia, Sinistra che aveva fondato e diretto il partito nei primi anni e condotto poi, fino al congresso di Lione appunto, una dura opera di opposizione. Il VI Esecutivo allargato della Internazionale Comunista del febbraio 1926 sanciva definitivamente, anche a livello internazionale, in uno scontro faccia a faccia di Bordiga contro Stalin, la sconfitta della Sinistra Italiana.
Ci pare necessario donare alcune “date” e alcuni riferimenti nel processo degenerativo dell’I.C. pur coscienti che non possono essere che insufficienti e limitativi nella misura in cui non possono donare che un’immagine sbiadita di tutto lo sconvolgimento che visse il movimento proletario in quegli anni. D’altra parte non è compito di questa introduzione trattare di quel periodo, pur tanto ricco e fecondo di insegnamenti e sul quale esiste, anche se per la gran parte sotto l’egida della pubblicistica controrivoluzionaria, un certo materiale documentario, bensì prendere in considerazione gli anni dopo il 1926, l’attività organizzata di quei nuclei di comunisti che in condizioni pressoché impossibili seppero tener duro, continuare una lotta disperata e impari, braccati in tutta Europa dal nazi-fascismo e dai sicari stalinisti, additatî dagli uni e dagli altri come i peggiori nemici, come elementi da eliminare, un’attività e un’azione, questa sì, completamente misconosciuta e ignorata anche da chi si vuole riallacciare ad essa (in misura sempre più velata e minore, a dire il vero).
·1921: III Congresso dell’Internazionale Comunista; si affaccia la teoria del fronte unico; si discute sulla validità della scissione di Livorno; questione tedesca, il KAPD già emarginato rompe con l'Internazionale Comunista. La sinistra comunista appare sconfitta. Ad opera della tendenza di Essen del KAPD viene fondata l’effimera K.A.I. nel cui manifesto costitutivo è fra l’altro scritto:
o “Niente può arrestare il progresso degli avvenimenti e oscurare la verità. Noi lo diciamo senza inutili reticenze, senza sentimentalismo: la Russia proletaria dell’ottobre rosso diventa uno stato borghese.”
· 1922: Il Congresso del P.Cd’I., tesi di Roma; IV Congresso della I.C., opposizione della Sinistra italiana alla fusione con i socialisti; analisi del fascismo da parte della Sinistra.
· 1923: arresto di Bordiga e di altri dirigenti del partito in Italia; bolscevizzazione del partiti comunisti; i contrasti tra la sinistra italiana e l’I.C. diventano sempre maggiori.
·1924: esce (in Italia) la rivista Prometeo; Bordiga rifiuta di presentarsi alle elezioni e dichiara:
o “non sarò mai deputato e tanto prima farete i vostri progetti senza di me, meno perderete in tempo e in fatica." (Conferenza di Como; V Congresso dell’I.C.)
·1925: Bordiga scrive “La questions Trotsky” e “Il pericolo opportunista e l’Internazionale”; viene fondato e poi fatto sciogliere il “Comitato d’Intesa”.
·1926: La Sinistra viene esclusa dal partito e dall’Internazionale, inizia il periodo dell’emigrazione; lettera di Bordiga a Korsch.
La lettera che Bordiga invia da Napoli il 28-10-1926 a Karl Korsch, risposta al tentativo del tedesco di farsi promotore di un progetto di unificazione di quanto rimaneva della Sinistra comunista a livello internazionale (unico documento rimasto di un epistolario che Bordiga tenne con altri rivoluzionari negli stessi anni e di cui sembra sparita ogni traccia), ci pare particolarmente interessante; ne trascriviamo quindi le parti che ci paiono fondamentali per farle poi seguire da un nostro commento:
“…Il vostro “modo di esprimervi” (Bordiga si rivolge a Korsch) mi pare che non vada bene. Non si può dire che “la rivoluzione russa è una rivoluzione borghese”. La rivoluzione del 1917 è stata una rivoluzione proletaria, benché sia un errore generalizzarne le Lezioni “tattiche”. Ora si pone il problema di che cosa avvenga della dittatura proletaria in un paese se non segue la rivoluzione negli altri paesi. Vi può essere una controrivoluzione, vi può essere un corso degenerativo di cui si tratta di scoprire e definire i sintomi ed i riflessi dentro al partito comunista. Non si può dire semplicemente che la Russia è un paese in cui si espande il capitalismo.”
“Noi miriamo alla costruzione di una linea di sinistra veramente generale e non occasionale, che si ricollega a sé stessa attraverso fasi e sviluppi di situazioni distanti nel tempo e diverse, fronteggiandole tutte sul buon terreno rivoluzionario, non certo ignorandone i caratteri distintivi oggettivi.”
“In genere io penso che in primo piano oggi più che la organizzazione e la manovra, si deve mettere un lavoro pregiudiziale di elaborazione di una ideologia politica di sinistra internazionale, basata sulle esperienze eloquenti traversate dal Comintern. Essendo molto indietro su questo punto ogni iniziativa internazionale riesce difficile.”
“Non bisogna volere la scissione dei partiti e dell’Internazionale. Bisogna lasciar compiere l’esperienza della disciplina artificiosa e meccanica col seguirla nei suoi assurdi di procedura fino a che sarà possibile, senza mai rinunciare alle posizioni di critica ideologica e politica e senza mai solidarizzare con l’indirizzo prevalente.”
“Credo che uno dei difetti dell’Internazionale attuale sia stato di essere “un blocco di opposizioni” locali e nazionali. Bisogna riflettere su questo, si capisce senza arrivare ad esagerazioni, ma per fare tesoro di questi insegnamenti. Lenin arrestò molto lavoro di elaborazione “spontaneo” contando di raggruppare materialmente e poi dopo soltanto fondere omogeneamente i vari gruppi al calore della rivoluzione russa. In gran parte non è riuscito.”
Rivendicazione quindi, in primo piano, del carattere proletario della rivoluzione russa contro le facili e semplicistiche asserzioni della “natura borghese” che travolgevano tutti coloro che improvvisamente scoprivano che in Russia “qualcosa non andava”.
Precisazione, poi, del vero problema che andava ponendosi “che cosa avvenga delle dittatura proletaria in un paese se non segue la rivoluzione negli altri paesi” e “del come” sopratutto andava affrontata la questione, fuori di ogni soluzione d’organizzazione, di alleanze o blocchi di vario tipo, nel riconoscimento del periodo storico di peggiore controrivoluzione che avanzava e nel duro compito di analisi, di studio, di comprensione degli errori per la futura ripresa.
Tra queste posizioni ineccepibili une frase colpisce della lettera di Bordiga: “Non bisogna volere la scissione dei partiti e dell'Internazionale” quando di fatto la sinistra e stata già buttata fuori. E’ un tenersi legati a un qualcosa che solo cinque anni prima era realmente il partito mondiale del proletariato, alla speranza che per la rivoluzione non sia davvero fînita per decadi e decadi, che nella crisi mortale del capitale la classe operaia stretta nella morsa terribile della crisi potesse ancora alzare la testa e sotto la spinta “dal basso” potessero di nuovo trionfare nel partito e nell’internazionale le posizîoni che la sinistra dîfendeva. Ma la classe era stata decapitata, la sconfitta fisica del proletariato in battaglie campali si rifletteva nella degenerazione e nel tradimento di partiti e Internazionale, la ripresa non poteva avvenire se la classe non sapeva secernere l’avanguardia, il partito che non esisteva più.
Accanto a tutto ciò va riportata anche la considerazione che Bordiga aveva dell’Internazionale Comunista. Per lui era effettivamente il partito mondiale del proletariato. Al V Congresso dell’I.C. (luglio 1924) dirà:
“Vorrei dire sinceramente che nella situazione presente è l’Internazionale del proletariato rivoluzionario mondiale che deve rendere al partito comunista russo una parte dei numerosi servizi che essa ha ricevuto da lui.”
L’Internazionale doveva apporsi all’involuzione del partito russo e non diventare uno strumento di questo, nel qual caso veramente non ci sarebbe stata più speranza. E fu quel che avvenne...
Su queste basi e con queste preoccupazioni la Sinistra Italiana comincia e continua il suo 1avoro nell’emigrazione.
“NOI GIOCHIAMO IN CERTO MODO UN RUOLO INTERNAZIONALE, PERCHE’ IL POPOLO ITALIANO E’ UN POPOLO DI EMIGRANTI NEL SENSO ECONOMICO E SOCIALE DEL TERMINE E, DOPO L’AVVENTO DEL FASCISMO, ANCHE IN SENSO POLITICO... ACCADE A NOI UN PO’ COME AGLI EBREI; SE SIAMO STATI BATTUTI IN ITALIA, POSSIAMO CONSOLARCI PENSANDO CHE ANCHE GLI EBREI SONO FORTI NON IN PALESTINA MA ALTROVE.”
(Dall’intervento di Bordiga al VI Esecutivo allargato dell’Internazionale Comunista).
L’emigrazione di militanti comunisti dall’Italia non segue le stesse vie. Se la maggior parte dei compagni dovettero lasciare l’Italia nel 1925-26 in seguito alla caccia spietata che davano loro i fascisti e all’esclusione dal partito dopo il Congresso di Lione che li privava di ogni rete di rifugio e di aiuto, alcuni elementi si trovavano già in Austria prima e in Germania poi nel 1923, dove vivranno da combattenti rivoluzionari gli avvenimenti tragici di quell’anno; si opporranno alle decisioni che va assumendo l’Internazionale Comunista e si dimetteranno dal Partito Comunista d’Italia.
In pratica rappresentano i primi oppositori della sinistra che, nell’emigrazione, si organizzano. In Germania allacciano un contatto con Entschiedene Linke (1) e con Karl Korsch ed anche con i compagni della Sinistra che in Italia avevano dato vita al “Comitato d’Intesa”. Successivo a questo periodo è il tentativo di contatto di Korsch con Bordiga e la lettera di cui abbiamo già parlato.
Il gruppo lascia poi la Germania e raggiunge, attraverso la Svizzera, la Francia dove, mantenendo i legami con i tedeschi, aderisce a un comitato delle opposizioni comuniste (niente a che vedere con la opposizione trotskysta) mantenendo la piena autonomia del proprio gruppo.
Nel 1927 a Pantin, in piena banlieu parigina, rifugio di emigrati, di senza tetto, di disperati e di espulsi dalla società civile, viene costituita la “Frazione di Sinistra del Partito Comunista d’Italia” assente:Vercesi (Ottorino Parrone), uno dei maggiori artefici poi di Bilan, perché espulso dalla democratica Francia.
Facile sarebbe parlare delle vicissitudini di questi compagni, in cerca di un lavoro e di un ricovero, perseguitati a indesiderabili per le democrazie, braccati dagli stalinisti, che seppero ovunque continuare una lotta impari, difendere e propagandare senza compromessi e paura le posizioni comuniste.
Tanto par chiarire meglio il tipo di “rapporto” che esisteva con gli stalinisti, ricopiamo alcuni stralci di una lettera di un certo Togliatti a Iaroslavski, lettera del 19 aprile 1929:
“La lotta che il nostro partito deve condurre contro i rottami dell’opposizione bordighiana che tenta di organizzare come frazione tutti i malcontenti, è molto difficile. Dobbiamo lottare contro questa gente in tutti i paesi dove c’è dell’emigrazione italiana (Francia, Belgio, Svizzera, America del Nord, America del Sud, ecc.). Per noi è impossibile condurre questa lotta se i nostri partiti fratelli non ci aiutano. Il P.C.d’I. chiede al P.C. dell’URSS un aiuto per continuare questa lotta già difficile e che può diventarlo ancor più se ci saranno delle debolezze. Il nostro partito non ha nient’altro da dire. Chiede soltanto che si usi il massimo di rigore.”
Non sappiamo se la scissione che vide scindersi l’emigrazione in Francia in due formazioni, una strettamente minoritaria e l’altra maggioritaria avvenne prima o dopo Pantin, anche se gli elementi in nostro possesso ci fanno propendere per il dopo.
Il primo gruppo, che rappresenta la continuità di quel piccolo nucleo di emigrati che abbiamo già visto in Germania, darà vita a “Le réveil communiste” (Il risveglio comunista) che uscirà tra il 1928 a il 1929. La rivista aprirà le sue colonne ai gruppi di sinistre in Germania (al Korsch della “Kommunistische Politik” e a quanto in quegli anni restava del KAPD) ed anche alla sinistra russa nella persona di Miasnikov.
Il punto centrale che caratterizzava le posizioni di “Le réveil comuniste” era la negazione di ogni carattere proletario dello stato russo, punto su cui, in quegli anni, gli altri elementi che poi costituiranno Bilan andranno molto più cauti, e un appoggio aperto e manifesto alle posizioni del KAPD. A “réveil comuniste” seguirà all’inizio degli anni trenta “l’ouvrier comuniste” su posizioni dichiaratamente consigliariste.
Il secondo gruppo è quello più propriamente conosciuto come “Frazione di Sinistra del Partito Comunista d’Italia”; pubblicherà Prometeo, giornale in lingua italiana, del giugno 1928 al 1938, ora quindicinalmente ora mensilmente e Bilan dal 1933 al 1938.
I primi anni di vita della frazione vedono in primo piano il dibattito con Trotsky, ormai esule a Prinkipo, e con le formazioni che a lui si richiamano e che stanno organizzandosi soprattutto in Francia.
Nel novembre 1927 esce a Parigi “Contre le courant”, “organe de l’opposition communiste” che tenta di porsi come momento catalizzante dei vari gruppetti trotskysti (cosa che non riuscirà mai) e di favorire, o almeno iniziare un processo di raggruppamento di tutta l’opposizione di sinistra.
Nel n° 12 del giugno 1928 viene inviata una “lettera aperta ai comunisti d’opposizione” alle seguenti organizzazioni:
1) Circolo Marx e Lenin, che pubblica Bulletin comuniste,
2) Frazione di sinistra italiana,
3) Gruppo Barré-Treint, che pubblica Redressement communiste,
4) Gruppo La lutte de classe, che fa capo a Naville,
5) Le révei1 communiste, di cui abbiamo già parlato.
Di questo progetto non se ne farà niente (sarà solo nel 1930 che “La verità”, con l’appoggio diretto di Trotsky, si farà portavoce di tutta l’opposizione trotskysta) ma è interessante vedere la risposta che per l’Ufficio politico della Frazione italiana dà Vercesi:
“Non pochi gruppi di opposizione credono di dover limitarsi al ruolo di un cenacolo che registra i progressi di un corso degenerativo, e non presenta al proletariato che l’ostentazione di verità che si presume di aver detto. Ebbene noi pensiamo che avremo il futuro che sapremo preparare. Ma la cosa più importante è di stabilire con quale mezzo si può stabilire la direttiva dell’azione comunista.
Noi pensiamo che la crisi dell’Internazionale dipenda da cause molto profonde, dalla sua fondazione apparentemente uniforma ma sostanzialmente eterogenea, dall’assenza di una politica ferma e di una tattica comunista, da cui è derivata una alterazione dei principi marxisti che ha condotto a una serie di disastri rivoluzionari.
Al di fuori dell’opposizione russa, solo la nostra frazione ha elaborato une direttiva sistematica di azione in una piattaforma che è dovuta al compagno Bordiga.”
(Con tutta probabilità ci si riferisce qui alle tesi presentate dalla sinistra al congresso di Lione).
“Ci sono molte opposizioni. E’ un male; ma non c’è altro rimedio che il confronto delle loro rispettive ideologie, la polemica per giungere poi a quello che ci proponete. Se esistono più opposizioni, è perché ci sono più ideologie che devono manifestarsi nella loro sostanza e non incontrarsi in una semplice discussione, in un organo comune. La nostra parola d’ordine è di andare a fondo nel nostro sforzo senza lasciarci guidare dalla suggestione di un risultato che sarebbe in realtà un nuovo insuccesso.
Noi pensiamo che se l’Internazionale, dopo aver ufficialmente alterato i suoi programmi, ha mancato al suo ruolo di guida della rivoluzione, nondimeno i partiti comunisti - data la natura della situazione che viviamo - sono gli organi in cui si deve lavorare per combattere contro l’opportunismo e - non è del tutto escluso - per farne la guida della rivoluzione.”
La lettera (pubblicata nel n° 13 dell’agosto 1928 di “Contre le Courant”) termina poi rifiutando – per le ragioni suddette – l’invito.
Come si vede questa risposta di Vercesi ricalca quella di Bordiga a Korsch; viene ribadita la necessità di esaminare criticamente il passato, di trarre gli insegnamenti della degenerazione e dell’ondata controrivoluzionaria che si sta abbattendo sul movimento proletario e la fiducia ancora in una lotta, autonoma ed intransigente sui principi, all’interno dei partiti comunisti.
Ben più importanti saranno i contatti epistolari che avverranno fra “Prometeo” (che aveva iniziato ad uscire nel giugno 1928) e Trotsky. (Una buona documentazione è contenuta nel libro di Corvisieri “Trotsky e il comunismo italiano”).
Nella prima lettera indirizzata a Trotsky il gruppo di Prometeo fa un po' la sua storia: la rottura con “le réveil comuniste”, la costituzione in Frazione, l’analisi della situazione internazionale come caratterizzata dall’offensiva capitalista, l’analisi della Russia che vede divisa una maggioranza che reputa la Russia stato proletario e una minoranza che “si pronuncia per la negazione del carattere proletario dello stato russo”, la questione italiana dove la Frazione rifiuta di riconoscere che la socialdemocrazia o le forze di opposizione democratica possano condurre una lotta contro il fascismo e afferma “che la classe proletaria solamente ha la possibilità di condurre questa lotta sulla base del programma comunista”.
In seguito alla non partecipazione della Frazione a una Conferenza della Opposizione a Parigi i rapporti con Trotsky si fanno più tesi e in una lettera il rivoluzionario russo pone a Prometeo le seguenti domande:
“1. Vi considerate come movimento nazionale, o come parte di un movimento internazionale?
2. A quale tendenza appartenete?
3. Perché non pensate di creare una frazione internazionale della vostra tendenza?”
E prometeo risponde:
“In sostanza, voi ci invitate a dichiararvi se ci affermiamo si o no dei comunisti. (…) E ora rispondiamo alle vostre questioni.
1. Noi ci consideriamo come una parte del movimento internazionale.
2. Noi apparteniamo, dalla fondazione della I.C. e anche prima, alla tendenza di sinistra.
3. Noi non pensiamo di creare una frazione internazionale della nostra tendenza perché noi crediamo di aver appreso dal marxismo che l’organizzazione internazionale del proletariato non è l’agglomerato artificiale di gruppi o di personalità di tutti i paesi attorno a un dato gruppo. Per contro, noi pensiamo che questa organizzazione deve ben essere il risultato della esperienza del proletariato di tutti i paesi.”
Questioni di metodo e di principio dividevano quindi Prometeo da Trotsky: non accettazione integrale da parte di Prometeo dei primi quattro congressi dell’Internazionale Comunista, critica del fronte unico “che sdrucciola - scrive Prometeo - nel governo operaio e contadino, nel comitato anglo-russo, nel Kuomintang, nei comitati proletari antifascisti”.
Gli avvenimenti di Spagna del 1930-3l pongono la rottura e la definitiva interruzione del contatto.
Al Trotsky che scrive in “La rivoluzione spagnola e i compiti dei comunisti”:
“La parole d’ordine della Repubblica, naturalmente, è anche una parola d’ordine del proletariato. Ma per esso non si tratta solo di cambiare un re con un presidente, ma di una radicale epurazione di tutta la società dalle immondizie del feudalesimo.”
E ancora:
“Le tendenze separatiste pongono alla rivoluzione il compito democratico della auto-decisione nazionale… Il separatismo degli operai e dei contadini è l’involucro della loro indignazione sociale.”
Prometeo non poteva che rispondere:
“E’ chiaro che non possiamo seguirlo per questa via, e tanto a lui che ai dirigenti anarco-sindacalisti della CLN rispondiamo col negare nel modo più esplicito che i comunisti debbano prendere posto in prima fila nella lotta per la difesa della repubblica. Di nessuna repubblica e tantomeno della spagnola.”
(Prometeo, 23 agosto 1931)
Una rottura quindi definitiva che non potrà che accentuarsi quando verrà il turno della natura sociale dell’URSS, dell’analisi di Trotsky sulla direzione burocratizzata in Russia e sulla difesa della Russia nel caso di guerra imperialista.
Nel novembre 1933 esce il primo numero di Bilan “Bollettino teorico mensile della frazione di sinistra del Pci”.
Nella “Introduzione” viene subito delimitato il quadro storico in cui viene precisandosi il lavoro della rivista e i compiti che questo gruppo di rivoluzionari si propone di assolvere:
“Non è un cambiamento di situazione storica che ha permesso al capitalismo di attraversare la tormenta degli avvenimenti del dopo-guerra: nel 1933, in modo analogo, e molto più che nel 1917, il capitalismo si trova ad essere definitivamente condannato come sistema di organizzazione sociale. Ciò che è cambiato, dal 1917 al 1933, è il rapporto di forza tra le due classi fondamentali, tra le due forze storiche che agiscono nell’epoca attuale: il capitalismo e il proletariato.
Noi siamo oggi a un termine estremo di questo periodo: il proletariato non è, forse, più in grado di opporre il trionfo della rivoluzione allo scoppio di una nuova guerra imperialista. Tuttavia, se restano delle chances di ripresa rivoluzionaria immediata, esse consistono solo nella comprensione delle passate disfatte. Coloro che oppongono a questo lavoro indispensabile di analisi storica il cliché della immediata mobilitazione degli operai, non fanno che gettare confusione, che impedire la reale ripresa delle lotte proletarie.
I quadri per i nuovi partiti del proletariato non possono uscire che dalla conoscenza profonda delle cause della disfatta. E questa conoscenza non può sopportare né divieti né ostracismi.
Trarre il bilancio degli avvenimenti del dopoguerra significa quindi porre le condizioni per la vittoria del proletariato in tutti i paesi.”
E lungo questa traccia Bilan si mosse e lavorò toccando tutte le questioni fondamentali del movimento rivoluzionario.
Dall’analisi della crisi del capitalismo (decadenza), alla critica dei movimenti di liberazione nazionale, dalla delimitazione dei momenti attraverso cui si renderà possibile la ripresa di classe del proletariato, alla critica impietosa dei partiti “comunisti” e della Russia della quale, se non veniva ancora chiarita la natura sociale, veniva precisato il ruolo politico di potenza imperialista alla quale doveva essere negato ogni sorta di appoggio da parte della classe operaia in vista della non lontana guerra mondiale.
Come momento fondamentale del lavoro rivoluzionario veniva anche sollecitato il dibattito con altre formazioni e Bilan ospitò spesso testi di altri compagni.
Nel 1935, Bilan passa da “bollettino teorico mensile della frazione di sinistra del Pci” a “bollettino teorico mensile della frazione italiana della Sinistra Comunista” a significare la rottura totale e definitiva con un partito che è ormai momento della controrivoluzione capitalista e l’assunzione di un compito internazionale.
Nel 1936 iniziano le divergenze sulla questione della Guerra di Spagna che provocheranno una scissione all’interno di Bilan. (Su questa questione vedi i testi della divergenza).
Parallelamente avviene anche la rottura del legame che si era stabilito fin dal 1932 con la “Ligue des communistes Internationalistes de Belgique”, gruppo che proveniva dal trotskysmo e che aveva subito poi una notevole influenza dal consigliarismo.
Nel 1932 Bilan e la “Ligue” si trovarono sulle stesse posizioni nella critica dell’opposizione internazionale di sinistra (trotskysta) che in Germania, di fronte all’attacco fascista, aveva lanciato un appello ad un fronte unico per la difesa delle “rivendicazioni democratiche” che venivano considerate delle tappe della lotta per la rivoluzione comunista.
Questo accordo come pure il rifiuto della soluzione che proponeva l’opposizione trotskysta per la ricostruzione del partito comunista affermavano la possibilità del dibattito e del contatto tra le due organizzazioni.
Dibattito che se doveva avere come scopo la ricostruzione del patrimonio teorico del proletariato, si basava sull’analisi e sulla risposta politica che veniva data agli avvenimenti che si succedevano in quegli anni.
La guerra di Spagna segnò la rottura di un dibattito che era proseguita per sei anni e che Bilan aveva ampiamente ospitato.
La maggioranza della Lega dei comunisti internazionalisti belgi scelse l’appoggio alla guerra antifascista in una forma simile a quella della minoranza di Bilan e del gruppo francese “L’union Comuniste”.
Scriverà infatti Hennaut, massimo rappresentante della Ligue in un documento datato febbraio 1937 (e che sanciva la rottura):
“Noi sappiamo che la difesa della democrazia non è che il lato formale della lotta, l’antagonismo tra il capitalismo e il proletariato ne è l’essenza reale. E a condizione di non abbandonare in alcuna circostanza la lotte di classe, il compito dei rivoluzionari è di parteciparvi.”
Un’espressione SOSTANZIALE della lotta del capitalismo contro il proletariato viene quindi considerata come espressione FORMALE della lotta proletaria contro il capitalismo.
Ma non tutta la Lega dei comunisti internazionalisti belgi sarà su questa posizione.
Una stretta minoranza, ma maggioranza a Bruxelles, rimase sulle posizioni di Bilan. Fu espulsa dall’organizzazione e si costituì in “Frazione belga della Sinistra Comunista”.
Pubblicò dal l937 al 1939 “Communisme”, come rivista mensile ciclostilata.
Nel 1938 Bilan finisce; ad esso si sostituisce “Octobre”, “organo mensile dell’ufficio internazionale delle frazioni della Sinistra Comunista”, costituito quell’anno. Di “Octobre” usciranno cinque numeri, l’ultimo nell’agosto 1939.
Un mese più tardi comincerà la seconda carneficina mondiale.
§ § § § § § § § § §
Quale l’atteggiamento dei gruppi che si dicono la “continuità” (più o meno organica) della Sinistra Italiana verso il lavoro della Frazione all’estero?
Esaminiamo la posizione che tiene a tal riguardo il Partito Comunista Internazionale (Programma Comunîsta).
Programma Comunista, a parole, ha sempre rivendicato il lavoro di Bilan e Prometeo, forse per coprire il buco che va dal 1926 alla seconda guerra mondiale (2); non ha mai cercato di chiarire ai suoi militanti e ai suoi lettori le posizioni e il lavoro di Bilan (se non in alcuni brevi articoli in un numero del giornale nel 1957 alla morte di Ottorino Perrone alias Vercesi) che resta quindi un nome o poco più.
Certo era con pudicizia che tutto ciò avveniva: leggere Bilan sarebbe stato traumatizzante per chi ormai seguiva vie diametralmente opposte a quelle indicate dalla Frazione italiana nell’emigrazione.
Oggi sembra che anche di quel falso pudore si sia persa ogni traccia; non che si dica apertamente che con il lavoro di Bilan non si ha nulla da spartire (3), ma ciò si capisce implicitamente dalla lettura di alcuni articoli che toccano la storia del movimento comunista negli anni 30.
Se in un articolo del 1971 (Programma Comunista n° 21, 1971) si criticava ancora il lavoro di Trotsky che portava “tutta una serie di coalizioni ibride nel seno dell’opposizione internazionale” per dire poi che “ulteriormente, quest’opposizione pout-pourri si riverserà nella nata morta IV Internazionale”, nel 1973 (Programma Comunista n° 19, 1973) si arriva a scrivere:
“Quando Trotsky affermava la necessità prioritaria di formare un nucleo internazionale attestato saldamente sulle posizioni rivoluzionarie quale condizione non esclusiva o sufficiente, ma imprescindibile, di una ripresa rivoluzionaria, prossima o meno, e comunque per cercare di sfruttare in senso rivoluzionario il venturo conflitto, non faceva che enunziare una verità prima del marxismo, una verità tanto più importante quanto meno evidente, a tal punto che essa viene ignorata e anche derisa da destra, dal centro, da “sinistra” e anche da “estrema sinistra””.
Al che bisognerebbe capire cosa intenda Programma Comunista per “attestato saldamente sulle posizioni rivoluzionarie”, forse si riferisce all’entrismo nei partiti socialdemocratici oppure alla difesa della Russia nella II guerra mondiale?? Che altro è se non questo lo “sfruttare in senso rivoluzionario il venturo conflitto” secondo la tradizione trotskysta???
Più avanti si scrive ancora:
“Se Trotsky errò non fu per l’aver affacciato l’esigenza della IV Internazionale, né per aver concepito tale esigenza come un impegno di lavoro, invece che riconoscerla astrattamente nell’ovattato silenzio delle ‘biblioteche’ dove si rifugiarono, facendosene vanto, i Korsch e i Pannekoek.”
e perché non si scrive anche: “i Vercesi, etc., etc. e i ...Bordiga”??
Ma l’articolo-continua:
“Solo settari scervellati possono compiacersi di una tragedia come quella della pretesa IV Internazionale caduta preda delle più eterogenee forme di opportunismo e sghignazzare soddisfatti.”
per arrivare al culmine:
“La IV Internazionale resta da costruire”.
Finalmente!!!
Cosa ha quindi da spartire con la Sinistra Comunista e con Bilan un gruppo che vuole:
“Lavorare oggi con pazienza, tenacia, modestia, per rendere possibile il giorno in cui il grido dell’avanguardia rivoluzionaria di tutto il mondo sia: viva la IV Internazionale.”
Signori, avete dovuto attendere di seppellire un po’ di cadaveri prima di poter scrivere cose del genere, che d’altra parte non possono essere attribuite all’impazzimento di qualche povero mentecatto che si nasconde sotto l’anonimato del vostro giornale, ma all’opera “collettiva” del “partito”.
Anche il Partito Comunista Internazionalista (Battaglia Comunista) si riallaccia a Bilan.
Un numero di Prometeo - marzo 1958 - (serie II n° 10), rivista teorica di Battaglia Comunista, fu interamente dedicato all’opera teorico-politica di O. Perrone (Vercesi). Traiamo alcune frasi dalla presentazione di questo testo:
“Gli avvenimenti della rivoluzione spagnola, come sono stati di gran lunga superiori ai loro stessi protagonisti, così hanno messo in evidenza i punti forti come i punti deboli del nostro stesso schieramento: la maggioranza di Bilan vi appare come sospesa ad una formula, teoricamente impeccabile, che aveva però il difetto di rimanere semplice astrazione; la minoranza vi appare, d’altro canto, sotto la preoccupazione di infilare comunque la strada di un partecipazionismo che non sempre è cosi avveduto da evitare i lacci del giacobinismo borghese, anche quando si fa barricadero.
Esistendone le possibilità obiettive, i nostri compagni di Bilan avrebbero dovuto porre il problema, lo stesso che più tardi doveva porre il nostro partito di fronte al moto partigiano, invitando gli operai che vi si battevano, a non cadere nella trappola della strategia della guerra imperialista.”
Esattamente: Battaglia Comunista assunse nel primo secondo dopoguerra (per non parlare della partecipazione elettorale del 1948) la stessa posizione della minoranza di Bilan nella guerra di Spagna.
La minoranza di Bilan non andò in Spagna a difendere la repubblica contro il fascismo (come d’altra parte dimostrano i testi che pubblichiamo) ma nell’intento di diffondere nelle file delle milizie principi e tattica comunisti, lo stesso intento che mosse Battaglia verso i partigiani.
Ma il problema non sta qui; il nocciolo riguarda quello che Battaglia definisce “vuoto formalismo”, “astrazione” e che par noi è un principio, una frontiera di classe.
Su Battaglia Comunista ritorneremo nel prossimo numero di “Rivoluzione Internazionale” anche per rispondere a quanto ha pubblicato in uno degli ultimi numeri del suo giornale (4).
Rivoluzione Internazionale, novembre 1976
1. Gruppo formato da espulsi dal KPD (con Schwarz alla loro testa) molto vicino al KAPD (di Berlino) alla cui attività partecipa anche Korsch. Di poco precedente è anche la costituzione, di fronte allo sfacelo del KPD, di una “Lega di Spartaco n° 2” che riuniva l’AAUE, il gruppo attorno a Iwan Katz e altri elementi. Successivamente Korsh si staccò, per divergenze con il KAPD, da queste formazioni e diede vita a Kommunistische Politik.
2. Nel loro testo destinato a dimostrare la continuità di elaborazione della Sinistra Italiana dal 1920 al 1966 (46 anni complessivi), ai 16 anni che vanno dal 1926 al 1943 sono dedicate 18 righe su 180 pagine: “In difesa della continuità del Programma Comunista” pag. 127, Ed. Programma Comunista 1970.
3. Ma un po’ per volta i giudizi iniziano a farsi più aperti. Non potendo più ignorare la nostra esistenza il loro organo in Francia ci ha gratificati di un velenoso attacco nel quale, essendo ugualmente impossibile sostenere una nostra falsificazione dei testi di Bilan, si afferma:
“Giacché se è vero che la rivista Bilan ha fatto degli errori politici, erano proprio errori, delle concessioni a correnti di tipo “sinistra europea”, ma ciò in un comportamento oscillante che impedisce di pretendere che Bilan aveva una teoria particolare che avrebbe rivisto le posizioni originali dell’Internazionale e della Sinistra.” (Le Prolétaire n° 204, 4 ottobre,1975).
Ora, se la difesa e l’arricchimento delle posizioni rivoluzionarie nell’arco di 16 anni sono degli “errori”, si può ben immaginare cosa sia la “continuità” per Programma Comunista.
4. cfr. “Rettifica a Rivoluzione Internazionale” in Battaglia Comunista n° 13, ottobre 1976.