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Ad ascoltare la propaganda della classe dominante, si potrebbe credere che questa non ha che una preoccupazione: il bene dell'umanità. I discorsi ideologici sulla "difesa delle libertà e della democrazia", sui "diritti dell'uomo" o l' "aiuto umanitario" è in completa contraddizione con la realtà. Il clamore con cui vengono accompagnati questi discorsi è pari alla menzogna che essi diffondono. Come già diceva Goebbels, il capo della propaganda nazista: "Più la menzogna è grande, maggiori sono le possibilità che vi si creda". Questa "regola" viene applicata continuamente dalla borghesia mondiale. Lo Stato del capitalismo decadente ha sviluppato tutto un apparato mostruoso di propaganda, riscrivendo la storia, coprendo di un frastuono assordante gli avvenimenti, per mascherare la natura barbara e criminale del capitalismo, che non è più portatore di alcun progresso per l'umanità. Questa propaganda pesa notevolmente sulla coscienza della classe operaia. D'altronde questo è il suo scopo.
L'articolo che segue mostra come dietro i discorsi propagandistici di circostanza, la borghesia del capitalismo decadente è una classe di gangsters, le cui molteplici frazioni sono pronte a tutto per la difesa dei loro interessi nello scontro che le vede confrontarsigareggiare nell'arena capitalista ed imperialista e nel fronte che le unisce di fronte al pericolo proletario.
Per ben combattere il nemico, bisogna conoscerlo. Ciò è particolarmente vero per il proletariato per il quale la coscienza, la chiarezza di cui deve dar prova nella sua lotta, è l'arma principale. La sua capacità di smascherare le menzogne della classe dominante, di vedere dietro lo schermo della propaganda, in particolare quella "democratica", la realtà della barbarie del capitalismo e della classe che lo incarna, è determinante per la sua futura capacità di giocare il proprio ruolo storico: porre fine con la rivoluzione comunista al periodo più cupo che l'umanità abbia mai conosciuto.
Dopo molti anni, gli scandali a ripetizione che hanno smagliato la vita politica della classe dominante in Italia, in particolare le vicissitudini della Loggia P2 (Propaganda 2), della rete Gladio e dei legami con la mafia, hanno permesso di sollevare un angolo del velo pudico con cui si copre lo Stato democratico e di avere sentore della realtà sordida e criminale del suo funzionamento. La pista sanguinosa dei molteplici attentati terroristici e mafiosi, dei "suicidi" sullo sfondo di crolli finanziari trova la sua origine nel cuore stesso dello Stato, nelle sue tortuose manovre per assicurare la propria egemonia. Uno "scandalo" caccia l'altro e la classe dominante sa ben utilizzare l'apparente novità di ogni episodio per far dimenticare i precedenti. Oggi le altre grandi "democrazie" occidentali indicano col dito la borghesia italiana colpevole di tali misfatti, per meglio far credere che si tratta di una situazione particolare e specifica. Machiavelli e la Mafia, così come il Chianti ed il Parmigiano non sono prodotti tipici italiani? Tuttavia, tutta la storia scandalistica della borghesia italiana e le ramificazioni che essa mette a nudo mostra esattamente il contrario. Ciò che è specifico per l'Italia è che le apparenze democratiche qui sono più fragili che nelle altre democrazie storiche. Quando si guarda un pò più da vicino, gli scandali in Italia mettono in evidenza che ciò che essi svelano non è caratteristico dell'Italia, ma è al contrario l'espressione della tendenza generale del capitalismo decadente al totalitarismo statale e degli antagonismi imperialisti mondiali che hanno segnato il 20° secolo.
La storia dell'Italia dall'inizio del secolo lo mostra ampiamente.
LA MAFIA: al cuore dello Stato e della strategia imperialista
Nella metà degli anni 20 Mussolini dichiarò guerra alla Mafia. "Io la prosciugherò come ho prosciugato le paludi pontine" afferma. Le truppe del prefetto Mori hanno proprio questo incarico in Sicilia. Ma gli anni passano e Cosa Nostra resiste e quando si profila la prospettiva della 2^ guerra mondiale, la Mafia con le sue solide basi nel sud Italia e negli Stati Uniti diventa un elemento strategico importante per i futuri belligeranti. Nel 1937, Mussolini, interessato a rafforzare la sua influenza tra gli italo-americani per tentare di installare così una "quinta colonna" in territorio nemico, accoglie a braccia aperte Vito Genovese, il consigliere di Lucky Luciano, boss della Mafia americana, nei guai con la giustizia. Genovese diventa un protetto del regime fascista, invitato più volte alla tavola del Duce a mangiare gli spaghetti dell'amicizia in compagnia, tra gli altri, di celebrità come il conte Ciano, genero di Mussolini e Ministro degli affari esteri e di Herman Goering. Riceverà nel 1943 la più alta onorificenza del regime fascista; il Duce in persona gli appunterà sul petto l'Ordine di Commendatore. Genovese restituisce il favore al regime fascista, eliminando dei mafiosi che non comprendono le nuove regole del gioco, organizzando l'assassinio a New York di un giornalista italo-americano, Carlo Tresca, responsabile di un influente giornale antifascista, Il Martello. Ma soprattutto il luogotenente di Lucky Luciano mette a profitto la sua situazione di privilegio per mettere sù una struttura di traffico in ogni genere e sviluppare la sua rete di influenza: il prefetto di Napoli, Albini, diventa un suo fedelissimo e Genovese riesce a farlo nominare nel 1943 sottosegretario di Stato agli interni. Ciano, che si dà alla droga, cade anche lui nelle mani di Genovese, da cui dipende per il suo approvvigionamento.
In questo periodo negli Stati Uniti, con l'entrata in guerra nel 1941, viene riconosciuta l'importanza strategica della Mafia. Sul piano interno, si tratta di evitare la creazione di un fronte all'interno degli immigrati italiani, e la Mafia che controlla - tra l'altro - i sindacati dei portuali e dei camionisti, settori vitali per il trasporto delle provviste degli eserciti, diventa in queste condizioni un interlocutore fondamentale dello Stato americano. Per rafforzare la sua posizione, la Mafia organizza nel febbraio 1942 il sabotaggio, nel porto di New York, del piroscafo Normandia, incendiato mentre erano in corso i lavori di trasformazione in battello per il trasporto di truppe. Poco dopo uno sciopero generale dei portuali, fomentato dal sindacato mafioso paralizza l'attività del porto. Alla fine, la Marina americana chiede a Washington l'autorizzazione a negoziare con la Mafia ed il suo capo Lucky Luciano, allora in prigione; autorizzazione che Roosevelt si affretterà a concedere. Benchè questo fatto sia sempre stato smentito dallo Stato americano ed i dettagli dell'operazione Underworld (questo fu il suo nome) sempre classificati come segreti, benchè Lucky Luciano abbia sempre proclamato fino alla morte che tutto ciò non erano che "pazzie e stronzate per dei coglioni" (dal testamento di Lucky Luciano), dopo decenni di silenzio, il fatto che lo Stato americano abbia stipulato un'alleanza con la Mafia è oggi generalmente riconosciuto. Conformemente a quanto promesso, Luciano verrà liberato alla fine della guerra ed "esiliato" in Italia. Per giustificare questa grazia, Thomas Dewey, colui che da procuratore aveva organizzato l'arresto e il processo di Luciano dieci anni prima, e che, grazie a questa pubblicità, era nel frattempo diventato il governatore dello Stato di New York, dichiarò in un'intervista al New York Post: "Una inchiesta esauriente ha stabilito che l'aiuto apportato da Luciano alla Marina durante la guerra è stato considerevole e prezioso."
La Mafia ha effettivamente reso servizi molto importanti allo Stato americano durante la guerra. Dopo aver piazzato le sue carte in entrambi i campi, quando a metà del 1942 il rapporto di forze pende nettamente a favore degli Alleati, la Mafia mette le sue forze a disposizione degli Stati Uniti. Sul piano interno, impegna i suoi sindacati nello sforzo di guerra. Ma è soprattutto in Italia che mostra il suo ruolo. Durante lo sbarco del 1943 in Sicilia le truppe americane beneficiano dell'efficace sostegno della Mafia locale. Sbarcati il 10 luglio, i soldati americani fanno una vera passeggiata, incontrano poca opposizione e dopo solo sette giorni Palermo è sotto il loro controllo. Contemporaneamente, l'8^ armata britannica, che probabilmente non ha beneficiato dello stesso sostegno mafioso, ha dovuto battersi per cinque settimane e subire numerose perdite per raggiungere parzialmente i suoi obiettivi.
Questa alleanza con la Mafia avrebbe, secondo alcuni storici, salvato la vita a 50.000 soldati americani. Il generale Patton a partire da questo momento chiamerà il padrino siciliano Don Calogero Vizzini, organizzatore di questa sconfitta italo-tedesca, il "Generale Mafia".In cambio, questi, che era stato alcuni anni in prigione, verrà eletto sindaco della sua città, Villalba, sotto l'occhio compiaciuto degli Alleati. Una settimana dopo la caduta di Palermo, il 25 luglio, Mussolini è eliminato dal Gran Consiglio fascista ed un mese dopo l'Italia capitola. In questo processo che segue lo sbarco in Sicilia, il ruolo della rete di influenza costituita da Genovese sarà molto importante. Così, Ciano partecipa a fianco di Badoglio all'eliminazione di Mussolini. La struttura di mercato nero messa in piedi nella zona di Napoli lavorerà in perfetta armonia con le forze Alleate per un reciproco profitto. Vito Genovese diventerà l'uomo di fiducia di Charlie Poletti, governatore militare americano di tutta l'Italia occupata. In seguito Genovese, di ritorno negli Stati Uniti, diventerà là il principale boss mafioso del dopoguerra.
L'alleanza che si è stretta durante la guerra tra lo Stato americano e la Mafia non si scioglie con la fine del conflitto. L'Onorata Società è un partner che si rivelato troppo efficace ed utile per rischiare che vada a servire altri interessi, quando con la fine della seconda guerra mondiale, lo Stato americano vede profilarsi l'emergenza di un nuovo rivale imperialista: l'URSS.
LA RETE "GLADIO": una struttura di manipolazione per gli interessi strategici del blocco
Nell'ottobre 1990, il presidente del consiglio Giulio Andreotti rivela l'esistenza di una organizzazione clandestina, parallela ai servizi segreti ufficiali, finanziata dalla CIA, integrata alla NATO ed incaricata di far fronte ad una eventuale invasione russa e, per estensione, a lottare contro l'influenza comunista: la rete Gladio. Con ciò egli provoca un bel casino, e non solo in Italia, ma a livello internazionale, perchè questo tipo di struttura era stato costituito in tutti i paesi del blocco occidentale sotto il controllo degli Stati Uniti.
"Ufficialmente", la rete Gladio è stata costituita nel 1956, ma la sua origine vera risale alla fine della guerra. Prima ancora che la seconda guerra mondiale fosse finita, quando il destino delle forze dell'Asse era già segnato, il nuovo antagonismo che si sviluppa tra gli Stati Uniti e l'URSS polarizza l'attività degli stati maggiori e dei servizi segreti. I crimini di guerra e le responsabilità sono dimenticate in nome della guerra che comincia contro l'influenza del nuovo avversario russo. In tutta Europa, i servizi Alleati, ed in particolare, americani, operano un reclutamento a tutto campo dei vecchi fascisti e nazisti, di pendagli da forca, di ogni sorta di avventurieri, in nome della sacrosanta lotta contro il "comunismo". I "vinti" trovano in ciò una occasione per rifarsi una verginità a buon mercato.
In Italia, la situazione è particolarmente delicata per gli interessi occidentali. Vi è il Partito stalinista più forte dell'Europa occidentale che esce dalla guerra con un'aureola di gloria per il suo determinate ruolo nella resistenza contro il fascismo. Mentre si preparano le elezioni del 1948, in conformità alla nuova costituzione nata con la Liberazione, aumenta l'inquietudine tra gli strateghi occidentali, perchè nessuno è certo del risultato, ed una vittoria del PCI sarebbe una catastrofe. In effetti mentre la Grecia è preda della guerra civile ed il PC minaccia di prendervi il potere con la forza, e la Jugoslavia è ancora nell'orbita russa, la caduta dell'Italia sotto l'influenza dell'URSS costituirebbe un disastro strategico di primaria importanza per gli interessi occidentali, con il rischio di perdere il controllo del Mediterraneo e dunque l'accesso al Medio Oriente.
Per far fronte a questa minaccia, la borghesia italiana dimentica in fretta le divisioni della guerra. Nel marzo 1946, viene sciolto l'Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo, incaricato di epurare lo Stato dagli elementi che si erano troppo invischiati nel sostegno a Mussolini. I partigiani sono smobilitati. Le autorità nominate dai Comitati di liberazione, in particolare a capo della polizia, sono sostituite da responsabili già nominati da Mussolini. Dal 1944 al 1948, si stima che il 90 % del personale dell'apparato statale del regime fascista viene reintegrato nelle sue funzioni.
La campagna elettorale che dovrebbe santificare la nuova repubblica democratica è al suo culmine. L'apparato finanziario ed industriale, l'esercito, la polizia, che erano stati i principali sostenitori del regime fascista, si mobilitano e, di fronte al pericolo "comunista", abbracciano la causa della difesa della democrazia occidentale, il loro vecchio nemico. Il Vaticano, frazione essenziale della borghesia italiana che, dopo aver sostenuto il regime di Mussolini, aveva fatto il doppio gioco durante la guerra, come d'abitudine, si lancia così nella campagna elettorale ed il Papa davanti ai 300.000 fedeli riuniti in Piazza San Pietro, dichiara che "colui che offrirebbe aiuto ad un partito che non riconosce Dio sarebbe un traditore ed un disertore". La Mafia, nel sud Italia, si impegna attivamente nella campagna elettorale, finanziando la Democrazia Cristiana, dando indicazioni di voto alla sua clientela.
Tutto ciò sotto l'occhio benevolo e con il sostegno attivo degli Stati Uniti, Nei fatti lo stato americano non risparmia i suoi sforzi. Negli USA, viene lanciata una campagna "lettere all'Italia", perchè gli italo-americano inviino alla loro famiglia in Italia delle lettere con la raccomandazione di un "buon" voto. La radio Voce dell'America che durante la guerra, deprecava i misfatti del regime fascista, da ora per tutta la giornata denuncia i pericoli del "comunismo". Due settimane prima delle elezioni, viene approvato il Piano Marshall, ma gli Stati Uniti non avevano atteso questo per inondare di dollari il governo italiano. Alcune settimane prima era stato votato dal Congresso un aiuto di 227 milioni di dollari. I partiti e le organizzazioni ostili al PCI ed al Fronte democratico ad esso federato ricevono un aiuto suonante e traboccante: la stampa americana stima in 20 milioni di dollari le somme spese in queste circostanze.
Ma nel caso in cui tutto questo non fosse sufficiente a sconfiggere il Fronte democratico del PCI, gli Stati Uniti preparano una strategia segreta destinata a far fronte ad un eventuale governo dominato dagli stalinisti. Le diverse frazioni della borghesia italiana contrarie al PCI - responsabili dell'apparato statale, esercito, polizia, grandi industriali e finanzieri, Vaticano, boss mafiosi - sono contattati dai servizi segreti americani che coordinano le loro azioni. Viene creata la struttura di una rete clandestina di resistenza ad una eventuale vittoria "comunista". Il reclutamento avviene tra i "vecchi" fascisti, l'esercito, la polizia, l'ambiente mafioso e, in generale, tra tutti gli "anti-comunisti" convinti. Il risorgere di gruppi fascisti è incoraggiato in nome della difesa delle "libertà". Vengono clandestinamente distribuite delle armi. E' presa in considerazione l'eventualità di un colpo di Stato militare e non è un caso se, pochi giorni prima delle elezioni, 20.000 carabinieri sono impegnati in manovre con mezzi blindati e se il ministro degli Interni, Mario Scelba, dichiara di aver organizzato una struttura capace di far fronte ad una insurrezione armata. In caso di vittoria del PCI è prevista la secessione della Sicilia. Gli Stati Uniti possono contare per ciò su Cosa Nostra che sostiene con questa intenzione la lotta "indipendentista" di Salvatore Giuliano, mentre lo stato maggiore americano considera seriamentte l'ipotesi di una occupazione della Sicilia e della Sardegna da parte delle sue forze armate.
Alla fine, il 16 aprile 1948, con il 48 % dei voti la Democrazia Cristiana la spunta con 40 seggi di maggioranza. Il PCI è mandato all'opposizione. Gli interessi occidentali sono salvi. Ma le prime elezioni della nuova repubblica democratica italiana uscita dalla Liberazione non hanno avuto niente di democratico. Esse sono il prodotto di una gigantesca manipolazione. E in ogni caso, se il risultato fosse stato sfavorevole, le forze "democratiche" dell'Occidente sarebbe state pronte ad organizzare un colpo di Stato, a seminare il disordine, a suscitare una guerra civile per restaurare il loro controllo sull'Italia. E' sotto questi auspici e in queste condizioni "democratiche" che è nata la repubblica italiana. Ne porta i segni ancora oggi.
Per giungere a questo risultato elettorale, al di là del quadro ufficiale del funzionamento "democratico", è stata messa in piedi sotto la lunga mano degli Stati Uniti una struttura clandestina, che raggruppa i settori della borghesia più favorevoli agli interessi occidentali che costituisce la cricca dominante dello Stato italiano. Quella che sarà più tardi chiamata la rete Gladio raggruppa così segretamente un cervello politico: il vertice; un corpo economico: i differenti clan interessati che ne tirano profitto finanziandolo; un braccio armato: la soldataglia, reclutata dai servizi segreti, ed incaricata degli affari sporchi. Questa struttura ha mostrato la sua efficacia e verrà tenuta in piedi. Nei fatti con lo sviluppo degli antagonismi imperialisti del periodo detto della "guerra fredda", con la presenza di un PC molto potente in Italia, quello che era valido dal punto di vista degli interessi strategici occidentali all'indomani della guerra resta attuale.
Tuttavia, manipolare i risultati elettorali, attraverso uno stretto controllo dei partiti politici, dei principali organi dello Stato, dei mass media e del cuore dell'economia, non era sufficiente. Sussisteva il pericolo di un rovesciamento della situazione a favore del PCI. Alla fine della guerra, per fronteggiare la "sovversione comunista", l'organizzazione Gladio (o il suo equivalente, comunque si chiamasse) ha preparato l'eventualità di un colpo di Stato militare per conto del blocco occidentale.
- Nel 1967, l'Espresso denuncia i preparativi golpisti organizzati tre anni prima dai carabinieri e dai servizi segreti. In seguito, nel loro indagare, i giudici si scontrano col segreto di Stato, la falsificazione delle prove da parte dei servizi segreti, l'ostruzionismo dei ministeri e degli uomini politici influenti ed una serie di morti misteriose tra i protagonisti del fatto.
- Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970, un commando di estrema destra occupa il ministero degli Interni a Roma. Questo complotto fallisce e le poche centinaia di uomini in armi che vanno in giro nella notte romana torneranno all'alba alle loro case. Avventurismo di pochi elementi fascisti? Ma andiamo! L'istruttoria, che durerà sette anni, mostrerà che questo complotto è stato organizzato dal principe Valerio Borghese, che beneficiava di complicità militari ad alto livello, di complicità politiche in seno alla Democrazia Cristiana e del Partito socialdemocratico, e che il responsabile militare dell'ambasciata americana era in stretto legame con gli organizzatori del golpe. Anche in questo caso l'inchiesta sarà poco a poco insabbiata, anche se l'Ammiraglio Miceli, responsabile dei servizi segreti, è destituito nel 1974 a seguito di un mandato di arresto che lo accusa "di aver promosso, costituito ed organizzato con altre persone un’associazione segreta di militari e di civili destinata a provocare un'insurrezione armata".
- Nel 1973, viene scoperto dalla polizia italiana un altro complotto finalizzato a suscitare un colpo di Stato, organizzato dal vecchio ambasciatore italiano a Rangoon, Edgardo Sogno. Ancora una volta l'istruttoria viene bloccata in nome del "segreto di stato".
Tuttavia, a ben considerare, questi complotti, più che dei veri tentativi di colpo di Stato falliti, sembrano al contrario dei preparativi "nel caso in cui" e delle manovre per mantenere una certa atmosfera politica. Nei fatti, nel 1969, l'Italia è scossa da un'ondata di scioperi, l'"autunno caldo", che segna la ripresa della lotta di classe e risveglia, nella testa degli strateghi della NATO, la paura di una destabilizzazione della situazione sociale italiana. All'indomani del 1969, viene elaborata una strategia destinata a ristabilire l'ordine e a rafforzare lo Stato: la "strategia della tensione".
LA "STRATEGIA DELLA TENSIONE": la provocazione come metodo di governo
Nel 1974, Roberto Caballero, un funzionario del sindacato fascista CISNAL, dichiara in un'intervista a L'Europeo: "Quando dei tumulti scuotono il paese (disordini, tensioni sindacali, violenze), l'Organizzazione si mette in azione per creare le condizioni di un ristabilimento dell'ordine; se i disordini non ci sono, vengono creati dall'organizzazione stessa, per il tramite di tutti quei gruppi di estrema destra (quando non si tratta di gruppi di estrema sinistra) oggi implicati nei processi sulla sovversione nera" e precisa anche che il gruppo dirigente di questa organizzazione "che comprende rappresentanti dei servizi segreti italiani ed americani così come di potenti società multinazionali, ha scelto una strategia di disordine e di tensioni che giustifica il ristabilimento dell'ordine".
Nel 1969 sono 145 gli attentati commessi. Il punto culminante, quell'anno, sarà raggiunto il 12 dicembre con le esplosioni a Roma e Milano, che fanno 16 morti e un centinaio di feriti. L'inchiesta su questi attentati si indirizza per tre anni sulla pista anarchica prrima di orientarsi, malgrado tutti gli ostacoli frapposti, sulla pista nera, quella della estrema destra e dei servizi segreti. Il 1974 è segnato da due esplosioni mortali a Brescia (7 morti, 90 feriti) e su di un treno, l'Italicus (12 morti, 48 feriti). Ancora una volta viene alla luce la pista nera. Tuttavia a partire da quest'anno, il 1974, il terrorismo "nero" dell'estrema destra lascia il posto al terrorismo delle Brigate rosse che raggiunge il suo culmine con il rapimento e l'assassinio del presidente del Consiglio, Aldo Moro. Ma nel 1980 l'estrema destra ricompare violentemente con il sanguinoso attentato della stazione di Bologna (90 morti) che le viene alla fine attribuito. Ancora una volta l'istruttoria tocca i servizi segreti e nuovamente dei generali responsabili di questi servizi andranno sotto processo.
La "strategia della tensione" è stata attuata con cinismo ed efficacia per accentuare un clima di terrore e giustificare così il rafforzamento dei mezzi di repressione e di controllo della società da parte dello Stato. Il legame tra il terrorismo di estrema destra ed i servizi segreti è stato chiaramente sottolineato dalle inchieste condotte, anche se queste nel complesso sono state insabbiate. Invece, per quel che riguarda il terrorismo di estrema sinistra, fatto da gruppi come le Brigate rosse e Prima linea, questi legami non sono stati ancora dimostrati in modo chiaro dalle inchieste di polizia. Tuttavia, anche là, con il passare del tempo, si accumulano gli elementi che tendono a dimostrare che il terrorismo "rosso" è stato incoraggiato, manipolato, utilizzato, se non talvolta direttamente diretto dallo Stato e dai suoi servizi segreti paralleli.
Bisogna notare che gli attentati delle Brigate rosse hanno alla fine lo stesso risultato di quelli dei neofascisti: creare un clima di insicurezza favorevole alle campagne ideologiche dello Stato volte a giustificare il rafforzamento delle sue forze repressive. Nella seconda metà degli anni 1970, essi vengono come il cacio sui maccheroni per far dimenticare ciò che le inchieste cominciavano a mettere in evidenza: cioè che gli attentati, dal 1969 al 1974, non erano opera di anarchici, ma di elementi fascisti utilizzati dai servizi segreti. Accompagnati da una fraseologia rivoluzionaria, questi attentati "rossi" sono il mezzo migliore per seminare la confusione nel processo di chiarificazione della coscienza che era sul punto di operarsi in seno alla classe operaia. Essi consentono di far sentire notevolmente il peso della repressione sugli elementi più avanzati del proletariato e nell'ambiente rivoluzionario, assimilati al terrorismo. In breve, dal punto di vista dello Stato, il terrorismo "rosso" è molto più utile di quello "nero". E' d'altra parte per questo che, in un primo tempo, i massmedia della borghesia al servizio dello Stato attribuiscono i primi attentati realizzati dall'estrema destra a degli anarchici; questo era lo scopo della manovra: una provocazione.
"Può capitare che di fronte alla sovversione comunista i governi dei paesi Alleati diano prova di passività o indecisione. Lo spionaggio militare degli Stati Uniti deve avere i mezzi per lanciare delle operazioni speciali capaci di convincere i governi alleati e l'opinione pubblica della realtà del pericolo d'insurrezione. Lo spionaggio militare degli Stati Uniti dovrebbe cercare di infiltrarsi nei centri di insurrezione tramite agenti in missione speciale incaricati di formare alcuni gruppi di azione in seno ai movimenti più radicali." Questa citazione è estratta da US Intelligence Field Manual, manuale delle spie americane, che i responsabili di Washington dicono falso. Ma esso è stato riconosciuto autentico dal Colonello Oswald Le Winter, vecchio agente della CIA e ufficiale di collegamento in Europa, in un documentario televisivo su Gladio. Il fatto fu confermato da Licio Gelli, capo della Loggia P2 in una intervista per questo stesso documentario televisivo. Le Winter, inoltre, dà un esempio del suo contenuto concreto dichiarando in questa stessa intervista: "Nelle Brigate rosse c'erano infiltrati così come nella Baader-Meinhof e Action Directe. Molte di queste organizzazioni terroriste di sinistra erano infiltrate e sotto controllo", e precisa che "dei rapporti e dei documenti emessi dal nostro ufficio di Roma attestavano che le Brigate rosse erano state infiltrate e che il loro nucleo dirigente riceveva gli ordini da Santovito.". Il generale Santovito era all'epoca il capo dei servizi segreti italiani (SISMI). Fonte più affidabile, Federico Umberto d'Amato, vecchio capo della polizia politica e ministro degli Interni dal 1972 al 1974, racconta con fierezza: "Le Brigate rosse sono state infiltrate. E' stato difficile perchè erano dotate di una struttura molto chiusa e molto efficace. Ciò nonostante, sono state infiltrate in modo sostanziale, con ottimi risultati."
Più di ogni altro attentato commesso dalle Brigate rose, il rapimento di Aldo Moro , l'assassinio della sua scorta, il suo sequestro e la sua esecuzione finale nel 1978, fanno sospettare una manovra di un clan nello Stato e dei servizi segreti. Ci si meraviglia che le Brigate rosse, composte da giovani elementi ribelli, molto motivati e convinti, ma senza una grande esperienza della guerra clandestina, abbiano potuto condurre a buon fine un'operazione di tale portata. L'inchiesta mette in luce molti fatti sconvolgenti: presenza di un membro dei servizi segreti sul luogo del rapimento, i proiettili sparati hanno subito un trattamento speciale utilizzato nei servizi speciali, ecc. Mentre lo scandalo suscitato dalla scoperta del coivolgimento dello Stato negli attentati dal 1969 al 1974, falsamente attribuiti agli anarchici, cominciava ad essere dimenticato, rinasceva il dubbio nell'opinione pubblica italiana sulla presenza dello Stato dietro gli attentati delle Brigate rosse. Nei fatti Aldo Moro è rapito alla vigilia della firma del "Compromesso storico" che doveva sugellare un'alleanza di governo tra la Democrazia cristiana ed il PCI, e di cui Moro era l'artefice. La sua vedova dichiara: "Avevo saputo da mio marito, o da un'altra persona, che intorno al 1975 lo avevano avvertito che i suoi tentativi di portare tutte le forze politiche a governare insieme per il bene del paese non piacevano a certi gruppi e a certe persone. Gli avevano detto che se si ostinava a voler realizzare il suo progetto politico, rischiava di pagare molto cara la sua testardaggine.". Il "Compromesso storico" avrebbe avuto per risultato di aprire le porte del governo al PCI. Moro, che era al corrente, in quanto presidente del Consiglio, dell'esistenza di Gladio, pensava probabilmente che il lavoro di infiltrazione svolto per anni in seno a questo partito, per sottrarlo all'influenza dell'Est, ed il suo allontanamento crescente dalle scelte politiche russe, lo rendevano accettabile agli occhi dei suoi alleati occidentali. Ma il modo in cui lo Stato lo abbandonò durante il suo sequestro mostra che le cose non stavano così. Alla fine il "Compromesso storico" non fu firmato. La morte di Moro corrisponde dunque perfettamente alla logica degli interessi difesi da Gladio. E quando D'Amato parla di "ottimi risultati" ottenuti con l'infiltrazione nelle Brigate rosse, pensa all'assassinio di Moro?
Le varie inchieste urtavano sempre con l'ostruzionismo di certi settori statali, le manovre amministrative dilatorie e il sacrosanto segreto di Stato. Ma con lo smascheramento della Loggia P2 nel 1981, i giudici vedono i loro sospetti confermati per quel che riguardava l'esistenza di una struttura parallela, di un governo occulto che tirava le corde nell'ombra e organizzava la "strategia della tensione".
LA LOGGIA P2: il vero potere occulto dello Stato
Nel 1981 la Guardia di Finanza scopre la lista di 963 "fratelli" membri della Loggia P2. Su questa lista figurano il Gotha della borghesia italiana: 6 ministri in carica, 63 alti funzionari ministeriali, 60 politici tra cui Andreotti e Cossiga, 18 giudici e procuratori, 83 grandi industriali tra cui Agnelli, Pirelli, Falck, Crespi, banchieri quali Calvi e Sindona, membri del Vaticano come il Cardinale Casaroli, grandi nomi del settore delle comunicazioni come Rizzoli, proprietario del Corriere della Sera, o Berlusconi, quasi tutti i responsabili dei servizi segreti degli ultimi anni, tra cui i generali Allavena, capo del SIFAR dal giugno 1965 al giugno 1966, Miceli nominato alla testa dei servizi segreti nel 1970, l'ammiraglio Casardi, suo successore, il generale Santovito, allora capo del SISMI, 14 generali dell'esercito, 9 ammiragli, 9 generali dei carabinieri, 4 generali dell'aereonautica e 4 della guardia di finanza, per non citare che gli ufficiali più alti in grado. Ma vi erano anche universitari, sindacalisti, responsabili di gruppi di estrema destra. Ad esclusione dei radicali, degli estremisti di sinistra e del PCI, tutto il ventaglio politico italiano vi è rappresentato. Questa lista tuttavia non è certamente completa. Al momento dello scandalo furono citati numerosi altri nomi, senza che potesse essere apportata alcuna prova. Sono anche corse voci, non verificabili, sulla partecipazione di influenti membri del PCI alla P2.
Tuttavia, si potrebbe pensare che in questo non vi è niente di strano. Nei fatti, capita spesso di ritrovare nelle fila della franco-massoneria numerosi notabili che praticano i suoi riti e che la utilizzano per coltivare le loro relazioni e riempire le loro agende di indirizzi. La personalità del Gran Maestro, Licio Gelli, è tuttavia inquietante.
A capo di questa loggia, Gelli è sconosciuto al grande pubblico, ma lo sviluppo dedll'inchiesta e le rivelazioni che si succedono mostrano l'influenza determinante che egli ha esercitato sulla politica italiana durante gli anni. Personaggio dalla storia edificante, Gelli ha cominciato la sua carriera come membro del partito fascista. A 18 anni milita nelle "camicie nere" che vanno a combattere in Spagna. Durante la guerra collabora attivamente con i nazisti ai quali consegna dozzine di partigiani e di disertori. A partire dal 1943 sembra che cominci a fare il doppio gioco contattando la Resistenza ed i servizi segreti americani. Dopo la guerra si rifugia in Argentina e ritorna senza problemi in Italia nel 1948. All'inizio degli anni '60 si iscrive alla Franco-massoneria, partecipa alla loggia Propaganda due, di cui diventa rapidamente il Gran Maestro e dove è raggiunto dai principali responsabili dei servizi segreti. La sua potenza allora è confermata da numerose testimonianze. Al matrimonio di uno dei suoi figli, eminenti personalità come il presidente del Consiglio Amintore Fanfani e, sembra, il papa Paolo VI, inviano dei sontuosi regali. Secondo gli inquirenti, in segno di amicizia, Agnelli gli avrebbe offerto un telefono in oro massiccio. All'inizio degli anni '80, Gelli telefona quasi ogni giorno al presidente del Consiglio, al ministro del Commercio e dell'Industria, a quello degli Affari esteri, ai dirigenti dei principali partiti politici della Penisola (democristiano, socialista, socialdemocratico, repubblicano, liberale e neofascista). Nella sua casa vicino Firenze e nei saloni privati del lussuoso albergo Excelsior in cui riceve, sfila il Gotha dello stato maggiore italiano, in particolare Andreotti, che è nei fatti il suo rappresentante politico ufficiale, la sua anima nera.
La conclusione della commissione di inchiesta sulla Loggia P2 non manca di interesse. Essa afferma che Gelli "appartiene ai servizi segreti di cui è il capo; la Loggia P2 e Gelli sono l'espressione di una influenza esercitata dalla massoneria americana e dalla CIA su Palazzo Giustiniani dopo la sua riapertura dopo la guerra; un'influenza che testimonia della dipendenza economica rispetto alla Massoneria americana e al suo capo Frank Gigliotti.". Gigliotti è lui stesso un agente della CIA. Nel 1990, un ex-agente della CIA, Richard Brenneke, in una intervista alla televisione che fa scandalo dichiara: "Il governo degli Stati Uniti finanziava la P2 fino a 10 milioni di dollari per mese.". Ecco è tutto chiaro. La P2 e Gladio sono la stessa cosa. L'atto d'accusa del 14 giugno 1986 testimonia della "esistenza in Italia di una struttura segreta composta da militari e da civili che, essendosi dati per scopo ultimo il condizionamento degli equilibri politici esistenti attraverso il controllo dell'evoluzione democratica del paese, ha tentato di realizzare questo obiettivo servendosi dei mezzi più vari, tra i quali il ricorso diretto agli attentati commessi da organizzazioni neo-fasciste" e parla di "una sorta di governo invisibile nel quale la P2, dei settori deviati dei servizi segreti, il crimine organizzato ed il terrorismo sono strettamente legati."
Ma tuttavia, questa lucida constatazione dei giudici non fa cambiare granché nel funzionamento dello Stato italiano. Sospettato di aver finanziato l'attentato di Bologna, Gelli se ne va all'estero. Arrestato in una banca svizzera il 13 settembre 1982, mentre ritirava 120 milioni di dollari da un conto cifrato, l'anziano personaggio sarà l'autore di una inverosimile evasione dalla prigione ginevrina il 10 agosto 1983, e svanirà nel nulla, fino a che, quattro anni dopo, si consegnerà alle autorità svizzere. Dalla Svizzera Gelli sarà estradato in Italia. Ma mentre, in sua assenza, era stato, nel 1988, condannato a 10 anni di prigione, verrà rigiudicato nel 1990 e alla fine assolto. Lo scandalo della P2 è banalizzato, dimenticato. La Loggia P2 è scomparsa ma, non abbiamo dubbi, un'altra struttura occulta ha dovuto rimpiazzarla, altrettanto efficace. Nel 1990, Cossiga, presidente della Repubblica e ex-membro della P2, potrà dichiarare con soddisfazione a proposito di Gladio che è "fiero del fatto che il segreto abbia potuto essere conservato per 45 anni". Dimenticate le dozzine di vittime degli attentati, dimenticati i molteplici assassinii. Nuovi scandali vengono a far dimenticare i vecchi.
QUALCHE LEZIONE
Tutti questi avvenimenti, in cui la grande storia dell'Italia confina con il crimine e la rende diversa, hanno avuto poca risonanza al di fuori della penisola. Tutto ciò è apparso come dei "fatti italiani", senza rispondenza con ciò che capitava nelle altre grandi democrazie occidentali. Nella stessa Italia, il ruolo della Mafia è stata presentato soprattutto come un prodotto regionale del Sud d'Italia, la "strategia della tensione" come l'opera di settori deviati dei servizi segreti, e gli scandali politici come un semplice problema di corruzione di alcuni politici. In breve, le vere lezioni sono state evitate e, tra scandali e rivelazioni, tra processi reclamizzati e dimissioni di responsabili statali, è stata mantenuta in piedi l'illusione di una lotta dello Stato contro queste minacce all'ordine democratico. Tuttavia, quello che mette chiaramente in evidenza questa breve storia degli "affari" che hanno scosso la repubblica italiana dagli anni 1930 è tutt'altro.
- Gli "affari" non sono un prodotto specifico italiano, ma il risultato dell'attività internazionale della borghesia, in un contesto di rivalità imperialiste acuite. In queste condizioni questo significa che l'Italia, lungi dall'essere un'eccezione, è al contrario un esempio di ciò che esiste dappertutto.
- Non sono l'espressione di una minoranza deviata della classe dominante, ma traducono il funzionamento totalitario dello Stato del capitalismo decadente, anche se questo si nasconde dietro la maschera della democrazia.
Sia la storia dell'ascesa di Cosa Nostra che le rivelazioni dell'esistenza delle reti Gladio e della Loggia P2, mostrano che non si tratta di affari italiani, bensì di affari internazionali.
Ciò è particolarmente evidente nell'affare Gladio. La rete Gladio era, per definizione, una struttura segreta della NATO, dunque internazionale. Era la cinghia di trasmissione clandestina del controllo degli Stati Uniti sui paesi del loro blocco, destinata ad opporsi alle manovre dell'imperialismo avverso e ai rischi di destabilizzazione sociale con tutti i mezzi, anche i meno leciti. E' per questo che era segreta. Come esisteva e agiva in Italia, essa è esistita ed ha agito negli altri paesi del blocco occidentale. Non vi è ragione perchè sia altrimenti: alle stesse cause, gli stessi effetti.
Con questo chiarimento, si possono meglio comprendere le forze che erano all'opera dietro il colpo di Stato dei colonelli in Grecia nel 1967, quello di Pinochet in Cile nel 1973, o ancora tutti quelli che si sono avuti in America Latina durante gli anni 1970.
Ancora, non è solo in Italia che, a partire dalla fine degli anni 1960, si sono sviluppate delle ondate di attentati terroristici, che hanno aiutato lo Stato a condurre delle intense campagne ideologiche volte a scombussolare la classe operaia che riprendeva il cammino della lotta e giustificare così il rafforzamento del suo apparato repressivo. In Germania, in Francia, in Gran Bretagna, in Giappone, in Spagna, in Belgio, negli Stati Uniti, alla luce dell'esempio italiano, si può pensare con ragione che dietro le azioni terroristiche di gruppi di estrema destra, di estrema sinistra, nazionalisti, vi è la mano dello Stato e dei suoi servizi segreti, e l'espressione di una strategia internazionale organizzata sotto gli auspici del blocco.
Inoltre, l'esempio edificante in Italia del ruolo della Mafia rivela che non si tratta di un fenomeno molto recente nè di un prodotto specificamente locale. L'integrazione della Mafia nel cuore dello Stato italiano non è un fatto nuovo: essa data da più di cinquanta anni. Non è il prodotto di una semplice e lenta cancrena affarista che colpirebbe solo i politici più corrotti: è il risultato del rovesciamento delle alleanze che si è operato durante la seconda guerra mondiale. La Mafia, per conto degli Alleati, ha giocato un ruolo determinante nella caduta del regime di Mussolini e, come ricompensa dei suoi servigi, ha guadagnato un posto centrale nello Stato. L'alleanza creatasi con la guerra, non si scioglie con la fine di questa. La Mafia resterà, come cricca della borghesia italiana, il principale punto d'appoggio degli Stati Uniti. Il peso ed il ruolo importante della Mafia in seno allo Stato italiano è dunque, prima di tutto, il risultato della strategia imperialista americana.
Alleanza contro natura tra il campione americano della difesa della democrazia e il simbolo del crimine in nome degli imperativi strategici mondiali? Alleanza sì, contro natura certamente no. La realtà italiana non fa che mettere in evidenza un fenomeno mondiale del capitalismo decadente: nel nome dei sacrosanti imperativi della ragion di Stato e degli interessi imperialisti, le grandi potenze che tutti i giorni, sui mezzi di informazione, declamano le loro convinzioni democratiche, stringono, nel retroscena, delle alleanze che mostrano la falsità di tutti i loro discorsi ufficiali. E' una banalità constatare che tutti i dittatori che imperversano alla periferia sottosviluppata del capitalismo restano in piedi grazie al patrocinio interessato di una potenza o di un'altra. Vale lo stesso per i clans mafiosi nel mondo: la loro attività può svilupparsi impunemente perchè essi sanno rendere anche dei servizi preziosi ai diversi imperialismi dominanti che si dividono il paese.
Sono sempre più spesso parte integrante delle frazioni dominanti della borghesia dei paesi in cui operano. Questo è evidente per tutta una serie di paesi la cui produzione ed esportazione di droga costituisce l'attività economica principale, favorendo in seno alla classe dominante l'ascesa delle bande che controllano questo settore dell'economia capitalista che assume sempre più importanza. Ma questa realtà non è appannaggio dei paesi sottosviluppati e l'esempio viene dall'alto della gerarchia del capitalismo mondiale. Così l'alleanza tra lo Stato americano e la Mafia italiana, durante la seconda guerra mondiale, trova la sua corrispondenza a livello interno negli Stati Uniti dove, nella stessa occasione, la branca americana di Cosa Nostra è nei fatti invitata a partecipare con i suoi mezzi agli affari di Stato. Ancora in Giappone la situazione non fa che ricordare quella dell'Italia e i recenti scandali scoppiativi mettono in luce l'onnipresenza dei legami tra i politici e la Mafia locale. L'esempio italiano è dunque altrettanto valido per le prime due potenze economiche mondiali dove ciò che si chiama Mafia ha conquistato un posto privilegiato in seno allo Stato. Ciò non è tuttavia solamente dovuto al peso economico considerevole a seguito del dominio di settori economici estremamente redditizi - droga, gioco, prostituzione, racket, ecc -, ma anche ai servizi "specializzati" che queste bande di gangsters possono fornire e che rispondono perfettamente ai bisogni dello Stato del capitalismo decadente.
E' vero che la borghesia, anche la più "rispettabile", ha sempre saputo, quando ciò era necessario, utilizzare i servizi di agenti speciali, o quelli delle sue frazioni meno frequentabili per delle attività "non ufficiali", cioè illegali anche secondo le sue leggi. Nel 19° secolo, gli esempi non mancano: lo spionaggio certamente, ma anche l'utilizzo di picchiatori per spezzare degli scioperi o l'utilizzazione di Mafie locali per favorire la penetrazione coloniale. Ma in questa epoca questo aspetto della vita del capitalismo era limitato e circostanziale. Dopo la sua entrata nella fase di decadenza all'inizio del secolo, il capitalismo è in una situazione di crisi permanente. Non può più, per assicurare il suo dominio, basarsi sulla tangibilità del progresso che apporta, perchè questo non c'è più. Per perpetuare il suo potere, sempre più, deve ricorrere alla menzogna e alla manipolazione. Inoltre, nel corso del 20° secolo, segnato da due guerre mondiali, l'acuirsi delle tensioni imperialiste è divenuto un fattore determinante della vita del capitalismo. In quel campo di battaglia che è diventato il pianeta, tutti i colpi, anche i più sordidi, sono consentiti per assicurarne la sopravvivenza. Per rispondere a queste necessità, il funzionamento dello Stato ha dovuto adattarsi. Nella misura in cui la manipolazione e la menzogna, vuoi per i bisogni della difesa imperialista vuoi per il controllo sociale, sono divenuti degli aspetti essenziali della sua sopravvivenza, il segreto e la sua conservazione sono diventati un aspetto centrale della vita dello Stato capitalista; il funzionamento democratico classico della borghesia e del suo Stato, come era nel 19° secolo, non è più possibile. Esso non è mantenuto che come illusione destinata a mascherare la realtà di un funzionamento statale totalitario, che non ha niente più di democratico. Non solo il potere effettivo si è concentrato nelle mani dell'esecutivo, a spese del legislativo, la cui rappresentazione, il parlamento, è divenuto un semplice paravento destinato ad alimentare le campagne propagandistiche, ma di più, in seno stesso a questo esecutivo, il potere è concentrato nelle mani degli specialisti del segreto e delle manipolazioni di tutti i tipi. In queste condizioni non solo lo Stato ha dovuto reclutare un'abbondante mano d'opera specializzata, creando una moltitudine di servizi speciali, gli uni più segreti degli altri, ma al suo interno è stata conseguentemente favorita l'ascesa delle fazioni della borghesia più esperta nel segreto e nell'attività "illegale". In questo processo lo Stato totalitario ha esteso la sua presa sull'insieme della società, compresi i suoi bassifondi, giungendo ad una simbiosi straordinaria in cui diventa difficile distinguere un rappresentante politico da un uomo d'affari, da un agente segreto o da un gangster, e viceversa.
Questa è la ragione di fondo del ruolo crescente dei settori mafiosi nella vita del capitale. Ma la Mafia non è il solo esempio. L'affare della Loggia P2 mostra che la Massoneria è uno strumento ideale, per il suo funzionamento occulto e le sue ramificazioni internazionali, per essere utilizzato come rete di influenza da parte dei servizi segreti per i bisogni della politica imperialista. E' d'altra parte da molto tempo che le diverse sette massoniche nel mondo sono state coinvolte dal potere statale e messe al servizio delle potenze imperialiste occidentali che le utilizzano secondo i loro piani. Questo è d'altra parte probabilmente il caso della maggior parte delle società segrete di una certa importanza.
Ma la Loggia P2 non era solo uno strumento della politica imperialista americana. Essa era innanzitutto una parte del capitale italiano e mostrava, al di là del linguaggio democratico, la realtà del funzionamento dello Stato e del suo totalitarismo. Essa raggruppava al suo interno dei clan della borghesia che dominano in modo occulto lo Stato da anni. Ciò non vuol dire che raggruppava tutta la borghesia italiana. Già a priori il PCI ne era escluso, rappresentando un'altra fazione dall'orientamento in politica estera rivolto a Est. E' ugualmente probabile che in seno al capitale italiano esistano altre cricche, il che potrebbe spiegare perchè è scoppiato lo scandalo. All'interno della Loggia P2 coabitavano d'altronde vari clan accomunati da interessi convergenti sotto la protezione americana di fronte al comune pericolo rappresentato dall'imperialismo russo e dalla sovversione "comunista". La lista trovata nella villa di Gelli permette di individuare alcuni di questi gruppi: i grandi industriali del nord, il Vaticano, un settore molto importante dell'apparato statale, in particolare gli stati maggiori dell'esercito e dei servizi segreti, e in maniera più discreta, la Mafia. Il legame di questa ultima con la Loggia P2 si rivelava con la presenza dei banchieri Sindona e Calvi, il primo morto avvelenato in prigione e il secondo stranamente impiccato sotto un ponte di Londra, entrambi implicati in scandali finanziari quando gestivano contemporaneamente i fondi del Vaticano e quelli della Mafia. Strane alleanze, perfettamente significative del capitalismo contemporaneo. La Loggia P2 ci presenta un cocktail sulfureo che mostra ancora una volta che spesso la realtà supera la finzione più sfrenata: società segrete, Vaticano, partiti politici, ambienti industriali, affaristici e finanziari, Mafia, giornalisti, sindacalisti, universitari, ecc..
Nei fatti con la Loggia P2 è venuto alla luce il vero centro di decisione occulto che ha governato i destini del capitalismo italiano dopo la guerra. Gelli si definiva lui stesso, con un umorismo cinico, il "grande burattinaio", quello che, dietro le quinte tirava le corde e le cui "marionette" erano gli uomini politici. Il grande gioco democratico dello Stato italiano non era dunque che un'abile messinscena. Le decisioni più importanti erano prese in tutt'altri posti rispetto alle strutture ufficiali (assemblee nazionali, ministeri, presidenza del Consiglio, ecc.) dello Stato italiano. Questa struttura segreta di potere si è mantenuta in piedi indipendentemente dai risultati delle molteplici consultazioni elettorali che si sono svolte durante tutti questi anni. D'altronde, la Loggia P2 aveva tutti gli assi nella manica per manipolare le elezioni, come nel 1948, e mantenere il PCI in disparte. Quasi tutti i leaders dei partiti democristiani, repubblicani, socialisti, erano suoi devotissimi e il gioco "democratico" della "alternanza" non era che un imbroglio. La realtà del potere, quella, non cambiava. Dietro le quinte, Gelli e la sua Loggia P2 continuavano a controllare lo Stato.
Anche in questo, non vi è alcun motivo per parlare di una specificità italiana, anche se altrove il centro occulto di decisione non prende necessariamente l'aspetto un po' folcloristico di una loggia massonica. Da qualche anno l'aggravarsi brutale della crisi e lo sconvolgimento degli schieramenti imperialisti, dovuto alla scomparsa del blocco dell'Est, hanno messo sottosopra le alleanze tra i gruppi che esistono in seno a ciascun capitale nazionale. Lungi dall'essere espressione di una repentina volontà di restaurare un funzionamento democratico, le campagne che si sviluppano oggi in numerosi paesi, in nome della pulizia dello Stato dai suoi elementi più putridi, non sono che l'espressione del regolamento di conti tra le diverse cricche per il controllo centrale dello Stato. La manipolazione dei massmedia, l'uso a ragion veduta dei dossier compromettenti, sono le armi di questa lotta che può anche prendere altre forme più sanguinose.
Nei fatti, tutto ciò mostra, a ben vedere, che lungi dall'essere un'eccezione, l'Italia, che da anni è teatro di scandali politici era l'esempio edificante e premonitore di ciò che si è oggi generalizzato.
JJ