Covid-19: Nonostante tutti gli ostacoli, la lotta di classe forgia il suo futuro

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Prima che l'ondata della crisi di Covid-19 spazzasse il pianeta, le lotte della classe operaia in Francia, Finlandia, Stati Uniti e altrove sono state il segno di un nuovo stato d’animo all'interno del proletariato, una riluttanza a inchinarsi alle richieste imposte da una crescente crisi economica. In Francia, in particolare, abbiamo potuto cogliere i segni del recupero dell'identità di classe erosa da decenni di decomposizione capitalista, che ha visto l'ascesa di una corrente populista che falsifica le vere divisioni della società e che è scesa in piazza in Francia con indosso un gilet giallo. In tal senso, la pandemia di Covid-19 non avrebbe potuto  giungere in un momento peggiore per la lotta del proletariato: nel momento in cui cominciava a ritrovarsi nelle strade, a radunarsi in manifestazioni per resistere agli attacchi economici il cui legame con la crisi capitalista resta difficile da nascondere, la maggior parte della classe operaia non ha avuto altra scelta che rinchiudersi nella propria abitazione, evitare ogni grande assembramento, "confinarsi" sotto l'occhio di un apparato statale onnipotente che è riuscito a lanciare forti appelli di "unità nazionale" di fronte a un nemico invisibile che, ci viene detto, non discrimina tra ricchi e poveri, tra datori di lavoro e lavoratori.

Le difficoltà che la classe operaia deve affrontare sono reali e profonde. Ma ciò che è in qualche modo notevole è il fatto che, nonostante l'onnipresente paura del contagio, nonostante l'apparente onnipotenza dello Stato capitalista, i segni della combattività di classe che si erano manifestati in inverno, non sono svaniti. Nella prima fase e di fronte alla sconvolgente negligenza e impreparazione della borghesia, abbiamo assistito a movimenti difensivi molto estesi della classe operaia. I lavoratori di tutto il mondo si sono rifiutati di essere mandati come "pecore al macello", e hanno combattuto con determinazione per difendere la loro salute, la loro stessa vita, chiedendo adeguate misure di protezione o la chiusura delle aziende non impegnate nella produzione essenziale (come le fabbriche automobilistiche).

Le caratteristiche principali di queste lotte:

-  Si sono svolte su scala globale, data la natura globale della pandemia. Ma uno degli elementi più importanti è che esse sono state più evidenti nei paesi centrali del capitalismo, in particolare nei paesi che sono stati i più colpiti dalla malattia: in Italia, ad esempio, la Tendenza Comunista Internazionalista menziona scioperi spontanei in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Puglia. E sono stati soprattutto i lavoratori delle fabbriche italiane a lanciare per primi lo slogan "non siamo pecore da portare al macello". In Spagna, ci sono stati scioperi alla Mercedes, alla FIAT, alla fabbrica di elettrodomestici Balay a Saragozza; i lavoratori di Telepizza si sono messi in sciopero contro le sanzioni per coloro che non volevano rischiare la loro vita consegnando le pizze, e ci sono state altre proteste di raider di pizze   à Madrid. Ma forse le più importanti di tutte, principalmente perché esse mettono in discussione l'immagine di una classe operaia americana che si sarebbe assoggettata senza esitazione alla demagogia di Donald Trump, sono state altre lotte diffusesi negli Stati Uniti: scioperi negli stabilimenti FIAT-Chrysler a Tripton, Indiana, nello stabilimento di produzione di camion Warren alla periferia di Detroit, tra autisti di autobus a Detroit e Birmingham (Alabama), nei porti, ristoranti, nella distribuzione alimentare, nei settori delle pulizie e delle costruzioni; scioperi hanno avuto luogo ad Amazon (che è stato colpito da scioperi anche in molti altri paesi), Whole Foods, Instacart, Walmart, FedEx, ecc. Abbiamo anche visto molti scioperi sugli affitti negli Stati Uniti. È una forma di lotta che, se non coinvolge automaticamente i proletari, non è neppure estranea alle tradizioni di classe (si potrebbe citare, per esempio, gli scioperi dell'affitto di Glasgow che sono stati parte integrante delle lotte dei lavoratori durante la prima guerra mondiale o lo sciopero degli affitti del Merseyside nel 1972, che ha accompagnato la prima ondata internazionale di lotte dopo il 1968). Negli Stati Uniti, in particolare, esiste una reale minaccia di sfratto che incombe su numerosi settori "bloccati" della classe operaia.

In Francia e in Gran Bretagna, tali movimenti sono stati meno estesi, ma abbiamo assistito a scioperi selvaggi dei postali e degli operai edili, magazzinieri e addetti alle pulizie in Gran Bretagna e, in Francia, scioperi nei cantieri navali di Saint-Nazaire, ad Amazon a Lille e a Montélimar, alla ID logistics... In America Latina, possiamo citare il Cile (Coca-Cola), lavoratori portuali in Argentina e Brasile o d’imballaggi in Venezuela. In Messico, "gli scioperi si sono diffusi nella città messicana di Ciudad Juárez, ai margini della città texana di El Paso, coinvolgendo centinaia di maquiladoras che chiedono la chiusura di fabbriche non essenziali mantenute aperte nonostante il crescente numero di morti per la pandemia di Covid-19, inclusi tredici impiegati nella fabbrica di sediolini auto Lear, di proprietà degli Stati Uniti. Gli scioperi […] fanno seguito ad   azioni simili da parte dei lavoratori nelle città di confine di Matamoros, Mexicali, Reynosa e Tijuana[1]. In Turchia, si sono verificati scioperi di protesta nella fabbrica tessile di Sarar (contro il parere dei sindacati), nel cantiere navale Galataport e di lavoratori postali e telegrafici. In Australia ci sono stati scioperi da parte dei lavoratori portuali e nel settore della distribuzione. L'elenco potrebbe essere facilmente esteso.

- Numerosi scioperi sono stati spontanei, come in Italia, nelle fabbriche automobilistiche americane e nei centri Amazon, e i sindacati sono stati ampiamente criticati talvolta in opposizione frontale rispetto alla loro aperta collaborazione con la direzione. Secondo un articolo su libcom.org, che offre un'ampia panoramica delle recenti lotte negli Stati Uniti: “Lavoratori negli impianti di assemblaggio Fiat-Chrysler a Sterling Heights (SHAP) e Jefferson North (JNAP) nella regione di Detroit hanno preso in mano la situazione ieri sera e stamattina e hanno deciso di interrompere la produzione per fermare la diffusione del coronavirus. Le interruzioni del lavoro sono iniziate a Sterling Heights la scorsa notte, poche ore dopo che la United Auto Workers[2]  e le case automobilistiche di Detroit hanno raggiunto un accordo putrido per mantenere le fabbriche aperte e operative durante la pandemia globale ... Lo stesso giorno, decine di lavoratori nell'impianto Lear Seating di Hammond, Indiana, si sono rifiutati di lavorare, forzando la chiusura dell'impianto di accessori e dell'impianto di assemblaggio di Chicago situato là vicino”. L'articolo contiene anche un'intervista a un lavoratore automobilistico:

La UAW dovrebbe effettivamente battersi per farci interrompere il lavoro. Il sindacato e la società sono più interessati alla produzione di camion che alla salute di tutti. Sento che non faranno nulla se non agiamo. Dobbiamo riorganizzarci. Non possono licenziarci tutti".

- Questi movimenti si situano su un terreno di classe: sulle condizioni di lavoro (richiesta di adeguati dispositivi di protezione) ma anche per indennità di malattia, salari non pagati, contro sanzioni ai lavoratori che hanno rifiutato di lavorare in condizioni pericolose, ecc. Testimoniano il rifiuto del sacrificio che fa parte della continuità della capacità della classe di resistere alla spinta verso la guerra, un fattore alla base della situazione mondiale dalla ripresa delle lotte di classe nel 1968.

- Gli operatori sanitari, se hanno mostrato uno straordinario senso di responsabilità che è un elemento di solidarietà proletaria, hanno anche espresso la loro insoddisfazione per le loro condizioni, la loro rabbia per gli appelli ipocriti e le lodi dei governi, anche se per lo più hanno assunto la forma di proteste e dichiarazioni individuali [3]; ma ci sono state azioni collettive, tra cui scioperi, in Malawi, Zimbabwe, Papuasia- Nuova Guinea, come certe manifestazioni di infermieri a New York.

La crisi pandemica: un duro colpo per la lotta di classe

Ma questo senso di responsabilità del proletariato, che incita anche milioni di persone a seguire le regole di autoisolamento, mostra che la maggior parte della classe operaia accetta la realtà di questa malattia, anche in un paese come gli Stati Uniti, che è il "centro" di varie forme di negazione della pandemia. Pertanto, le lotte che abbiamo visto si sono necessariamente limitate ai lavoratori dei settori "essenziali" che lottano per condizioni di lavoro più sicure (e queste categorie rimarranno necessariamente in minoranza, anche se il loro ruolo è vitale) o ai lavoratori che si sono ben presto interrogati sulla reale necessità del proprio lavoro, come i lavoratori automobilistici in Italia e negli Stati Uniti; e quindi la loro domanda centrale è stata quella di essere mandati a casa  (con un risarcimento da parte della società o dello Stato piuttosto che essere licenziati, come molti lo sono stati). Ma questa rivendicazione, per quanto necessaria, poteva solo implicare una specie di ritirata tattica nella lotta, piuttosto che la sua intensificazione o estensione. Ci sono stati tentativi (ad esempio tra i lavoratori di Amazon negli Stati Uniti) di tenere riunioni di lotta online, di effettuare dei picchetti di sciopero osservando le distanze di sicurezza, ecc. ma non si può ignorare il fatto che le condizioni di isolamento e di confinamento costituiscono un enorme ostacolo a qualsiasi sviluppo immediato della lotta.

In condizioni di isolamento, è più difficile resistere alla gigantesca raffica di propaganda e offuscamento ideologico.

Inni all'unità nazionale vengono cantati ogni giorno dai media, basandosi sull'idea che il virus è un nemico che non discrimina nessuno: nel Regno Unito, il fatto che Boris Johnson e il Principe Carlo siano stati infettati dal virus è presentato come prova[4]. Il riferimento alla guerra, lo spirito del "Blitz" durante la seconda guerra mondiale (esso stesso prodotto di un importante esercizio di propaganda volto a nascondere qualsiasi malcontento sociale) è incessante nel Regno Unito, in particolare con l'applauso dato a un veterano dell'aviazione centenario che ha raccolto milioni per l’NHS (Servizio Sanitario Nazionale). In Francia, anche Macron si è presentato come un capo guerra; negli Stati Uniti, Trump ha cercato di definire Covid-19 come il "virus cinese", distogliendo l'attenzione dalla triste gestione della crisi da parte della sua amministrazione e giocando sul solito tema di "America First" (l'America prima di tutto). Ovunque (anche nell'area Schengen dell'Unione Europea), la chiusura delle frontiere è stata proposta come il modo migliore per arginare il contagio. I governi di unità nazionale si sono formati dove una volta appariva una divisione apparentemente insolubile (come in Belgio), dove i partiti di opposizione stanno diventando più che mai "leali" allo "sforzo di guerra" nazionale.

L'appello al nazionalismo va di pari passo con la presentazione dello Stato come la sola forza in grado di proteggere i cittadini, sia attraverso la vigorosa applicazione delle chiusure sia nella sua forma più lieve di fornitore di assistenza alle persone in necessità, sia con le migliaia di miliardi distribuiti per mantenere i lavoratori licenziati, nonché i lavoratori autonomi le cui società hanno dovuto chiudere, o i servizi sanitari amministrati dallo Stato. In Gran Bretagna, il Servizio sanitario nazionale è stato a lungo un'icona sacra di quasi tutta la borghesia, ma soprattutto della sinistra, che lo considerava come un grande risultato, da quando è stato introdotto dal governo laburista post-guerra che lo presenta come al di fuori della mercificazione capitalista dell'esistenza, nonostante le invasioni "malvagie" degli imprenditori privati. Questo vanto per il NHS e istituzioni simili è supportato da rituali settimanali di applausi e elogi incessanti degli “eroici” operatori sanitari, in particolare da parte degli stessi politici che hanno contribuito a smantellare il sistema sanitario negli ultimi decenni o anche di più.

Secondo Michael Foot, rappresentante dell'ala sinistra del Partito Laburista, la Gran Bretagna non è mai stata così vicina al socialismo se non come durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, mentre lo Stato deve mettere da parte le preoccupazioni per il profitto immediato per mantenere la coesione della società, la vecchia illusione che "oggi siamo tutti socialisti" (che era un'idea comunemente espressa dalla classe dirigente durante l'ondata rivoluzionaria dopo il 1917) ha ricevuto un nuovo rilancio grazie alla massiccia spesa imposta ai governi dalla crisi di Covid-19. L'influente filosofo di sinistra Slavo Zizek, in un'intervista su Youtube intitolata "Comunismo o barbarie", sembra indicare che la stessa borghesia sia ora obbligata a trattare il denaro come un semplice meccanismo contabile, una sorta di buono orario del lavoro, totalmente distaccato dal valore attuale. In breve, i barbari diventano comunisti. In realtà, la crescente separazione tra denaro e valore è il segno del completo esaurimento delle relazioni sociali capitalistiche e quindi della necessità del comunismo, ma il disprezzo delle leggi del mercato da parte dello Stato borghese è tutt'altro che un  passo verso un modo di produzione superiore: è l'ultimo baluardo di questo ordine in declino. Ed è soprattutto compito della sinistra del capitalismo nasconderlo alla classe operaia, deviarla dal proprio cammino che significa uscire dalla morsa dello Stato e prepararsi alla sua distruzione rivoluzionaria.

Ma nell'era del populismo, la sinistra non ha il monopolio delle false critiche al sistema. La realtà certa che lo Stato utilizzerà questa crisi ovunque per intensificare la sorveglianza e il controllo della popolazione (e quindi la realtà di una classe dirigente che "cospira" costantemente per mantenere il suo dominio di classe) dà origine a un nuovo lotto di "teorie complottiste", in cui il vero pericolo del Covid-19 viene respinto o negato categoricamente: si tratterebbe di una "Scamdemia"[5] sostenuta da una sinistra cabala di mondialisti per imporre il loro programma di "governo mondiale unico". E queste teorie, che sono particolarmente influenti negli Stati Uniti, non si limitano al cyberspazio. La frazione di Trump negli Stati Uniti ha agitato questo spaventapasseri, sostenendo che ci sono prove che il Covid-19 sia fuggito da un laboratorio a Wuhan (anche se i servizi di intelligence americani hanno già escluso questa ipotesi). La Cina ha risposto con accuse simili contro gli Stati Uniti. Ci sono state anche grandi proteste negli Stati Uniti per chiedere di tornare al lavoro e di porre fine al confinamento, proteste incoraggiate da Trump e spesso ispirate a teorie cospirative ambientali (così come a fantasie religiose: la malattia è reale, ma noi possiamo superarla attraverso il potere della preghiera). Ci sono stati anche alcuni attacchi razzisti contro persone provenienti dall'Estremo Oriente, identificati come responsabili del virus. Non vi è dubbio che tali ideologie colpiscono anche alcune parti della classe operaia, in particolare quelle che non ricevono alcuna forma di sostegno finanziario dai datori di lavoro o dallo Stato, ma sembra che le proteste per il ritorno al lavoro negli Stati Uniti siano state realizzate principalmente da elementi della piccola borghesia ansiosa di rilanciare le proprie imprese. Come abbiamo visto, molti lavoratori hanno lottato per andare nella direzione opposta!

Questa vasta offensiva ideologica rafforza l'atomizzazione oggettiva, imposta dal confinamento, la paura che chiunque al di fuori della propria casa possa essere la fonte della malattia e della morte. E il fatto che il   lock-down durerà probabilmente per qualche tempo, che non ci sarà ritorno alla normalità e che potrebbero esserci altri periodi di confinamento se la malattia presenterà una seconda ondata, tenderà ad aggravare le difficoltà della classe operaia. E noi non possiamo permetterci di dimenticare che queste difficoltà non sono iniziate con il confinamento, ma che esse hanno una lunga storia alle spalle, soprattutto dall'inizio del periodo di decomposizione dopo il 1989, che ha visto un profondo riflusso sia della combattività che della coscienza, una crescente perdita dell'identità di classe, un'esacerbazione della tendenza all’ "ognuno per sé" a tutti i livelli. Pertanto, la pandemia, come ovvio prodotto del processo di decomposizione, segna una nuova fase del processo, un'intensificazione di tutti i suoi elementi più caratteristici[6].

La necessità della riflessione e del dibattito politico

Tuttavia, la crisi del Covid-19 ha anche attirato l'attenzione sulla dimensione politica ad un livello senza precedenti: le conversazioni quotidiane e le chiacchiere incessanti dei media sono quasi interamente incentrate sulla pandemia e sul confinamento, sulla risposta dei governi, la difficile situazione degli operatori sanitari e degli altri lavoratori "essenziali" e i problemi di sopravvivenza quotidiana di gran parte della popolazione nel suo insieme. Non vi è dubbio che il mercato delle idee è stato in gran parte accaparrato dalle varie forme dell'ideologia dominante, ma ci sono ancora posti in cui una minoranza significativa può porre domande fondamentali sulla natura di questa società. La questione di sapere ciò che è "essenziale" nella vita sociale, di sapere chi svolge il lavoro più vitale e chi è comunque pagato in modo così miseramente per esso, la negligenza dei governi, l'assurdità delle divisioni nazionali e del ciascuno per sé di fronte a una pandemia globale, il tipo di mondo in cui vivremo dopo questa pandemia: queste sono domande che non possono essere completamente nascoste o dirottate. E le persone non sono completamente atomizzate: le persone confinate usano i social media, i forum su Internet, i video o le conferenze audio non solo per continuare il lavoro retribuito o rimanere in contatto con la famiglia e gli amici, ma anche per discutere della situazione e porre domande sul suo vero significato. L'incontro fisico (se si svolge alla distanza sociale richiesta ...) con i vicini dell'edificio o del quartiere può anche diventare uno spazio di discussione, anche se il rituale settimanale degli applausi non deve essere confuso con la vera solidarietà o i gruppi locali di auto-aiuto con una lotta contro il sistema.

In Francia, uno slogan che è diventato popolare è "il capitalismo è il virus, la rivoluzione è il vaccino". In altre parole, le minoranze della classe portano la discussione e la riflessione alla loro logica conclusione. L’"avanguardia" di questo processo è costituita dagli elementi, alcuni dei quali molto giovani, che hanno chiaramente capito che il capitalismo è totalmente in bancarotta e che l'unica alternativa per l'umanità è la rivoluzione proletaria mondiale (in altre parole, coloro che si stanno muovendo verso posizioni comuniste, e quindi verso la tradizione della sinistra comunista). L'apparizione di questa generazione di minoranze "alla ricerca" del comunismo conferisce ai gruppi esistenti della sinistra comunista un'immensa responsabilità nel processo di costruzione di un'organizzazione comunista che può svolgere un ruolo importante nelle future lotte del proletariato.

Le lotte difensive che abbiamo visto all'inizio della pandemia, il processo di riflessione che ha avuto luogo durante il confinamento, sono indicazioni dell'intatto potenziale della lotta di classe, che può anche essere "confinata" per un periodo considerevole, ma che a lungo termine potrebbe maturare al punto da potersi esprimere apertamente. L'incapacità di reintegrare un gran numero di lavoratori licenziati al culmine della crisi, la necessità per la borghesia di recuperare i "doni" che ha distribuito nell'interesse della stabilità sociale, la nuova ondata di austerità che la classe dominante sarà costretta a imporre: tale sarà certamente la realtà della prossima tappa della storia di Covid-19, che è contemporaneamente la storia della crisi economica storica del capitalismo e della sua graduale decomposizione. È anche la storia del peggioramento delle tensioni imperialiste, poiché varie potenze cercano di usare la crisi Covid-19 per perturbare maggiormente l'ordine mondiale: in particolare, potrebbe esserci una nuova offensiva del capitalismo cinese volta a sfidare gli Stati Uniti come potenza leader mondiale. In ogni caso, i tentativi di Trump di addossare la colpa della pandemia alla Cina già preannunciano un atteggiamento sempre più aggressivo dagli Stati Uniti. Ai lavoratori verrà chiesto di fare sacrifici per "ricostruire" il mondo post-Covid e difendere l'economia nazionale dalla minaccia esterna.

Ancora una volta, dobbiamo mettere in guardia contro ogni rischio di immediatismo in questo campo. Un probabile pericolo (dato l'attuale basso livello di coscienza di un'identità di classe e la crescente miseria che colpisce tutti gli strati della popolazione mondiale) sarà che la risposta ai nuovi attacchi agli standard di vita possa assumere forma di rivolte interclassiste, "popolari", in cui i lavoratori non si presentano come una classe distinta con i loro metodi di lotta e le loro rivendicazioni. Abbiamo assistito a un'ondata di tali rivolte prima del confinamento e, anche durante quest'ultimo queste sono già riapparse in Libano, Cile e altrove, sottolineando che questo tipo di reazione è un problema particolare nelle regioni più "periferiche" del sistema capitalista. Un recente rapporto delle Nazioni Unite ha avvertito che alcune parti del mondo, in particolare l'Africa e i paesi devastati dalla guerra come lo Yemen e l'Afghanistan, sperimenteranno carestie di "proporzioni bibliche" sulla scia della crisi pandemica, che tenderà anche ad aumentare il pericolo di reazioni disperate che non offrono alcuna prospettiva.

Sappiamo anche che la disoccupazione di massa può, all'inizio, tendere a paralizzare la classe operaia: la borghesia può usarla per disciplinare i lavoratori e creare divisioni tra occupati e disoccupati, ed è intrinsecamente comunque più difficile lottare contro la chiusura delle fabbriche che resistere agli attacchi ai salari e alle condizioni di lavoro. Sappiamo che, in tempi di aperta crisi economica, la borghesia cercherà sempre degli alibi per nascondere il fallimento del sistema capitalista: all'inizio degli anni '70, fu la "crisi petrolifera"; nel 2008, "gli avidi banchieri". Oggi, se perdi il lavoro, verrà incolpato il virus. Ma questi alibi sono necessari per la borghesia proprio perché la crisi economica, e in particolare la disoccupazione di massa, sono un atto d'accusa del modo di produzione capitalista, le cui leggi, alla fine, le impediscono di nutrire i suoi schiavi.

Più che mai, i rivoluzionari devono essere pazienti. Come afferma il Manifesto del Partito comunista, i comunisti si distinguono per la loro capacità di comprendere "le condizioni, la marcia e i fini generali del movimento proletario". Le lotte massicce della nostra classe, la loro generalizzazione e la loro politicizzazione, è un processo che si sviluppa su un lungo periodo e che passa per molti avanzamenti e battute d'arresto. Noi non ci affidiamo a dei pii desideri quando insistiamo, come abbiamo fatto alla fine del nostro volantino internazionale sulla pandemia, che "il futuro appartiene alla lotta di classe".

Amos, 12 maggio 2020

 

[1]Workers strike across Ciudad Juárez, Mexico as COVID-19 death toll rises in factories” (I lavoratori colpiscono Ciudad Juárez, in Messico, mentre il bilancio delle vittime di COVID-19 aumenta nelle fabbriche), Sito web socialista mondiale (20 aprile 2020). Le maquiladoras sono aziende di assemblaggio che agiscono in zona franca.

[2] L’UAW è uno dei principali sindacati del Nord America.

[3] Per quanto riguarda le reazioni degli operatori sanitari in Belgio e Francia, vedi: "Covid 19: Reazioni di fronte alla negligenza della borghesia"(in francese:  https://fr.internationalism.org/content/10107/covid-19-des-reactions-face-a-lincurie-bourgeoisie  La posizione di un medico belga è disponibile in inglese sul nostro forum:  https://en.internationalism.org/comment/27197#comment-27197  .

[4] In una certa misura, questo ritornello è stato messo in crisi dalla crescente evidenza che gli elementi più poveri della società, comprese le minoranze etniche, sono molto più gravemente colpiti dal virus.

[5] Dall’inglese to scam, imbrogliare, quindi imbroglio a livello mondiale

[6] Abbiamo esaminato alcune di queste difficoltà all'interno della classe in vari testi recenti, in particolare: “Rapporto sulla lotta di classe per il 23° Congresso Internazionale della CCI (2019): Formazione, perdita e riconquista dell'identità di classe proletaria”. https://it.internationalism.org/content/1533/rapporto-sulla-lotta-di-classe-il-23deg-congresso-internazionale-della-cci-2019

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