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I media borghesi e i commentatori politici internazionali concordano sul fatto che la formazione del governo populista tra M5S e Lega in Italia potrebbe portare alla più grave crisi dell’Unione europea dopo la Brexit nel Regno Unito, il referendum secessionista in Catalogna e la crisi in Grecia. Dopo la Polonia, l’Ungheria e l’Austria (in parte), il governo di un membro fondatore dell’EU e di uno dei cinque paesi più importanti dell’Europa occidentale è nelle mani dei populisti, cioè di forze caratterizzate dall’irresponsabilità politica rispetto alle esigenze globali della borghesia sul piano nazionale ed europeo. Questa situazione in Italia può inoltre innescare un effetto domino tendente a rafforzare ulteriormente le forze centrifughe già in atto nell’UE, mettendo a rischio l’esistenza stessa di un’Unione Europea ancora capace di costituire una difesa, sul piano economico, rispetto alle altre potenze (in particolare USA, Cina, Russia).
Tre sono le questioni attorno alle quali si focalizzano gli allarmi per l’Unione Europea: l’immigrazione, la politica estera e l’economia.
Sul fronte dell’immigrazione, il problema di fondo è che questa questione viene utilizzata dalle forze populiste come perno per la loro affermazione politica sul piano interno ed internazionale[1]. Il no agli sbarchi in Italia e il battere i pugni di Salvini contro l’Europa su questa questione incoraggiano e danno vigore a forze analoghe in altri paesi. Le rassicurazioni da parte della cancelliera Merkel che l’Italia può aspettarsi tutto il sostegno per trovare una soluzione “europea” a difesa delle frontiere contro l’immigrazione e al tempo stesso il rifiuto di accettare ogni atteggiamento provocatorio e ricattatorio come nel caso della nave Diciotti, non servono solo a porre dei limiti a Salvini, ma anche a contenere in Ungheria un Orban, in Germania il ministro dell'Interno Horst Seehofer, della CSU bavarese, e soprattutto l’Afd, Alternativa per la Germania, partito anti-UE e antimmigrazione.
Sul piano della politica estera un governo “euroscettico”, che manifesta apertamente il suo risentimento in particolare nei confronti della Germania, entra in carica in Italia in un momento in cui gli altri principali leader europei (compresa Theresa May!) ripetono il mantra dell’unità europea di fronte alla Russia di Putin e all’America di Trump. Nel G7 di Charlevoix, in Canada, il capo del governo italiano, Conte, appoggia la dichiarazione dei rappresentanti europei che hanno respinto la proposta di Trump di “invitare” la Russia a rientrare nei suoi ranghi - ma omette di dire che aveva appena twittato il contrario ai suoi supporter, mentre Salvini, che primeggia sulla scena governativa italiana, non nasconde le sue “simpatie” per Trump e Putin.
Sul piano economico, Di Maio e Salvini hanno dichiarato di non voler subire le imposizioni in materia di politica economica che la Germania ha dettato all’Eurozona e voler tornare a una sorta di politica neo-keynesiana di aumento della spesa pubblica (e del debito) per stimolare l’economia nazionale. Per molti economisti, una tale politica in sé potrebbe anche non essere del tutto errata, ma il problema di fondo è che l’Italia ha uno dei debiti più alti e uno dei più bassi tassi di crescita nell'Eurozona. Una politica economica irresponsabile basata solo sulla ricerca del consenso elettorale[2], potrebbe portare a un crollo dell’economia italiana che avrebbe delle ripercussioni sul resto dell’Europa ben più pesanti di quelle della crisi in Grecia, non solo per l’economia di singoli paesi, ma anche per la stabilità dell’intera zona-euro. E la causa principale di ciò non sarebbe tanto lo stato attuale dell’economia italiana (secondo gli esperti finanziari il livello del debito è ancora gestibile e l’apparato produttivo non è uno dei peggiori d’Europa), ma la sua crisi politica. La classe dominante non è più in grado di assicurare alla guida del governo delle forze politiche capaci di perseguire una politica economica ed estera responsabile da un punto di vista capitalista.
Per questo se, da una parte, i vertici dell’UE mostrano una certa accondiscendenza su alcuni punti programmatici del governo M5S-Lega, come sul reddito di cittadinanza (che poi corrisponde a quei sussidi che in altri paesi, e già da tempo, esistono), dall’altra mantengono una posizione ferma sulle questioni centrali - come sul debito pubblico - lanciano allarmi sulle scelte economiche e seguono molto da vicino le vicende della politica italiana, come durante tutta l’epopea delle ultime elezioni e della formazione di questo governo[3].
Nel capitalismo decadente, l’Italia è stata ripetutamente alla punta nel panorama politico-sociale: il fascismo, la mafia, l’euro-comunismo, Berlusconi. L’Italia è una delle culle della politica populista contemporanea. Berlusconi è stato il modello per Trump. Oggi, mentre il Berlusconi americano sta creando il caos a Washington e nel mondo intero, l’Italia ha messo su una seconda generazione di populisti che, come Orban a Budapest e Kacynski a Varsavia, si presentano come difensori del welfare state, combinando posizioni di destra e di sinistra della borghesia e che appaiono più “realisti” della sinistra perché promettono di difendere alcuni degli oppressi a spese di altri. Lo slogan di Trump è: l’America prima di tutto. Lo slogan di Salvini non è “l'Italia prima di tutto” ma “gli Italiani prima di tutto”.
B/E, 21-09-2018