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All’inizio di quest’anno la CCI scriveva: “Oggi, il ritiro programmato delle truppe americane e della NATO dall’Iraq e dall’Afghanistan lascia in questi paesi un’instabilità senza precedenti con il rischio che essa partecipi all’aggravamento dell'instabilità di tutta la regione” (“Risoluzione sulla situazione Internazionale (20° Congresso della CCI), punto 5). Ed è questa la situazione presente che lascia inoltre presagire una prossima spirale d’instabilità bellica in tutta la regione e nei suoi dintorni. I governati ci hanno promesso la guerra per anni, per una generazione.
L’Iraq e la Siria non sono estranei alla guerra capitalista. La stessa esistenza di questi paesi è la conseguenza della guerra imperialista del 1914-1918. Essi sono stati creati dall’imperialismo lungo la linea di demarcazione Sykes-Picot[1], tracciata dagli inglesi e dai francesi nel 1916 per dividere la regione allora in mano all’impero ottomano.
Questi due paesi sono nati nel corso della guerra, che da allora è continuata, anche se in modi diversi. Entrambi sono stati preziosi per gli Alleati durante la Seconda Guerra mondiale contro la Germania e in seguito sono stati sottoposti a colpi di Stato e manipolazioni dagli inglesi e gli americani nella Guerra Fredda contro la Russia negli anni cinquanta. L’Iraq fu utilizzato di nuovo dall’occidente contro l’Iran all’epoca della guerra del 1980. Mentre nel 1991 ha rappresentato il capro espiatorio del vano sforzo degli americani di permettere al blocco occidentale di conservare la sua coesione, costando la vita a decine di migliaia di vittime quando il macellaio Saddam Hussein e la sua guardia repubblicana furono risparmiati per poter attuare la repressione. L’invasione del 2003, da parte degli Stati Uniti e dell’Inghilterra, ha provocato migliaia di morti e feriti in più per l’uso di bombe a frammentazione o al fosforo e per munizioni a uranio impoverito. La popolazione irachena sa bene cosa sono gli abbracci e i baci dell’imperialismo, specialmente di quello americano, francese e inglese.
Il 10 giugno, la presa di Mossoul, una città con più di un milione di abitanti, da parte dell’IS (“lo Stato islamico”, conosciuto da giugno di quest’anno con il nome di ISIS, “Stato islamico dell’Iraq e al-Sham”), ha rappresentato un’ulteriore discesa nella barbarie capitalista: caos, terrore e guerra nelle regioni del Medio-Oriente già colpite da questi flagelli. L’ISIS non è un esercito di straccioni, più o meno affiliato a vaghi raggruppamenti, come lo è Al-Qaïda (che ha formalmente disconosciuto l’ISIS a febbraio scorso) ma un’efficientissima e spietata macchina da guerra attualmente capace di bombardare su tre fronti: verso Bagdad al sud, verso i territori curdi a est e verso Aleppo e la Siria a ovest. Hisham al-Hashimi, un esperto sull’ISIS residente a Bagdad, stima le sue forze a 50.000 uomini (The Guardian del 21 agosto 2014), lo stesso rapporto aggiunge che esso disporrebbe “di almeno cinque divisioni dell’esercito iracheno, tutte equipaggiate di materiale americano” e che “il gran numero di combattenti stranieri presenti acquista un’influenza sempre più grande in certe zone”. L’ISIS ha ampiamente esteso il suo regno di terrore crescendo in seno ad Al-Qaïda in Iraq (AQI), poi si è sviluppato nel maelstrom siriano dove ha assorbito, volontariamente o sotto minaccia di morte, altri jihadisti e forze “moderate” anti-Assad. Oggi controlla importanti zone della valle dell’Eufrate dove ha stabilito il suo “califfato” intorno a ciò che resta della frontiera Iraq/Siria, cioè la linea Sykes-Picot. La distruzione di questa frontiera è indicativa della decadenza e del caos che sempre più caratterizza la vita del capitalismo in tutte le grandi regioni del mondo.
Con la regressione nel caos in Medio-Oriente, s’installa una forza, lo Stato islamico, i cui principi in quanto califfato islamico si basano sulle divisioni religiose e su argomentazioni che risalgono a più di un secolo fa. La natura completamente reazionaria di questo califfato è sia uno sviluppo sia un riflesso della natura reazionaria e irrazionale dell’intero mondo capitalista, una tendenza in continuità con la Prima Guerra mondiale e tutti i massacri imperialistici che ne sono seguiti. Lo Stato islamico non ha futuro, se non costituendosi in una nuova gang di banditi, di bruti e di assassini che continueranno a destabilizzare la regione. Sebbene sia una forza religiosa reazionaria, come lo dimostra il terrore imposto ai civili sciiti, cristiani, yazidi, turkmeni, shabak, l’ISIS è fondamentalmente un’espressione capitalista costruita e sostenuta dalle forze imperialiste locali, ora diventata il fronte anti-Assad e anti-iraniano. Questa evoluzione è stata sostenuta dalle azioni dell’America e dell’Inghilterra.
Sputano nel piatto dove mangiano?
“Certo che no”, risponderanno alcuni, che senso avrebbe? Ma il capitalismo ha una lunga storia di creazione dei propri mostri: Adolf Hitler è stato democraticamente messo in campo col sostegno della Gran Bretagna e della Francia con lo scopo iniziale di costituire una forza capace di terrorizzare la classe operaia in Germania. Saddam e il suo regime di assassini sono stati sostenuti dall’occidente, e in particolare dalla Casa Bianca. Lo stesso per Robert Mugabe nello Zimbabwe e per Slobodan Milosevic in Serbia. Le scuole islamiche fondamentaliste, come lo stesso Osama bin Laden, sono essenzialmente dei prodotti della CIA e degli MI6 (fucili d'assalto adottati dell'esercito statunitense) in collaborazione con l’ISI, i servizi segreti pakistani, tutto un mondo al lavoro per bloccare l’imperialismo russo in Afghanistan. Una mistura che ha dato vita ai Talebani e ad Al-Qaïda. La creazione di Hamas è stata incoraggiata inizialmente da Israele per indebolire l’OLP, mentre le forze jihadiste sono state armate, incoraggiate e sostenute dall’occidente in Libia e nelle repubbliche dell’ex-URSS.
Tutto ciò si è ritorto contro i suoi iniziatori e ha sputato nel piatto di chi l’aveva sostenuto e nutrito. Il che dimostra che non si tratta di alcuni individui diabolici, ma di psicopatici efficaci capitalisti, armati e sostenuti dalla democrazia. E oggi più che mai, in Medio-Oriente, tutto ciò che gli imperialismi, sia quelli delle grandi potenze sia quelli locali, tentano di fare per affrontare i loro rivali, giocare le proprie carte e plasmare gli eventi, non solamente è destinato a fallire ma contribuisce al deterioramento generale della situazione perché acuisce i problemi e li dilata a più lungo termine. Al-Qaïda in Iraq è rimasto potente per una decina di anni, ma la sua ramificazione, l’ISIS, sotto la nuova direzione di Abu Bakr-al-Baghdadi[2], è stata sostenuta dai fondi sauditi e del Qatar, “ripuliti” dall’accomodante sistema bancario kuwaitiano, che in più gli hanno dato accesso alla frontiera con la Turchia. L’ISIS è stato armato, direttamente o indirettamente, dalla CIA ed esistono diversi rapporti che segnalano che alcuni suoi miliziani sono stati addestrati dalle forze speciali americane e britanniche in Giordania o nella base americana di Inçirlik in Turchia[3]. Perché? Perché americani e britannici volevano una forza di combattimento efficace contro il regime di Assad, comunque più efficace delle forze “moderate”. Anche il regime siriano ha fatto accordi con l’ISIS e l’ha utilizzato nella vecchia strategia che consiste nel sostenere il nemico del proprio nemico. Portando un aiuto alle forze dello Stato islamico, le potenze locali e occidentali hanno cercato di bloccare la minaccia crescente costituita dall’alleanza Iran/Hezbollah/Assad, una macchina da guerra sostenuta nelle retrovie dalla Russia. Il califfato dell’ISIS non ha nessuna prospettiva a lungo termine, ma per il momento si estende e s’ingrossa approfittando della particolare attrattiva che esercita sulla gioventù nichilista che va a costituire una specie di “brigata internazionale” al suo interno. Possiede miliardi di dollari in equipaggiamento e liquidità, tutti provenienti dai suoi numerosi “affari”. E questo non è certamente il primo ribaltamento avvenuto in zona: le forze aeree americane hanno dato la loro copertura al PKK curdo nella lotta contro gli jihadisti, un gruppo qualificato come “terrorista” dagli stessi Stati Uniti, L’Iran, la Siria di Assad e l’occidente si trovano ora più o meno dalla stessa parte, alcuni notiziari (The Observer, 17/08/14) segnalano che aerei da combattimento iraniani operano dall’enorme base aerea di Rasheed al sud di Bagdad e lanciano barili di esplosivo sulle zone sunnite. Senza dubbio, alcune forze iraniane operano sul suolo dell’Iraq e della Siria contro l’ISIS. La Turchia e la Giordania, la stessa Arabia Saudita, sono coinvolte dalla minaccia costituita da quest’organizzazione. Qui niente è stabile; tutto è in movimento, un continuo trambusto inter-imperialistico.
Quando gli elementi sunniti della provincia di Anbar si allearono con lo Stato islamico per prendere Mossoul nel giugno scorso, fu chiaro che la guerra in Siria era sconfinata in Iraq. C’è stato un completo capovolgimento rispetto alla situazione del 2006/2007, quando i capi tribali sunniti di Anbar si unirono alle forze americane nella “presa di coscienza” che bisognava sconfiggere Al-Qaïda. Ma il governo di Al-Maliki a Bagdad, sostenuto nell’ombra dagli americani e dominato dagli Sciiti, ha escluso i sunniti da ogni potere, ha incoraggiato le gang sciite a effettuare dei quasi-pogrom contro di questi e ha trattato le popolazioni sunnite come farebbe un esercito di occupazione. Il nuovo governo di “Unione nazionale” in Iraq può anche ammettere di nuovo alcuni deputati sunniti, ma questi probabilmente rischiano la decapitazione se osano tornare nelle loro circoscrizioni. Gli Stati Uniti possono anche sperare in una stabilità governativa, ma la prospettiva per l’Iraq sembra essere piuttosto una sua spartizione. Gli Stati Uniti non possono né controllare né contenere questo caos che hanno, al contrario, favorito. Per il momento, è stato deciso di difendere la capitale curda, Erbil, dove gli americani sono attualmente insediati, per il petrolio e altri interessi. La loro presenza nella zona non è assolutamente dovuta ad alcun “intervento umanitario”, che resta è una flagrante menzogna[4]. Un’altra menzogna è quella di Cameron quando afferma che “l’Inghilterra non si lascerà trascinare in una nuova guerra in Iraq” (BBC News, 18/08/14), che si unisce alla sedicente natura “umanitaria” del suo intervento, come di quello dello Stato italiano. La decisione degli Stati Uniti, della Francia, della Gran Bretagna, dell’Italia, della Germania e della Repubblica ceca di armare i curdi non è affatto una politica comunitaria per questi paesi. Al contrario può solo rafforzare il governo regionale curdo (KRG) e la tendenza alla spartizione dell’Iraq, che provocherà nuovi problemi nella regione.
Ci sono 60.000 rifugiati a Erbil, e 300.000 in più si trovano a Dohuk, una delle regioni più povere dell’Iraq. Solo in Iraq ce ne sono un milione, parecchi milioni in tutta la regione. Questa cifra senza precedenti di persone erranti, così come il cedimento delle frontiere, sono espressioni del procedere della decadenza di questo sistema che sta marcendo. Il regime iraniano si è rafforzato, le frontiere della Turchia, che comunque è membro NATO, e della Giordania sono indebolite e minacciate, i terroristi di ieri e quelli che incarnavano allora il male, oggi sono diventati degli alleati. E ritorna un pericolo per le capitali occidentali e le regioni industrializzate. La minaccia, contro la quale il Primo ministro Blair era stato avvertito fin dal 2005 dal Joint Intelligence Commitee (JIC)[5], è oggi più seria che mai, dal momento che gli jihadisti vinti cercheranno di ritornare verso i grandi centri strategici per dotarsi di mezzi per continuare i loro attacchi. L’ISIS riassume in sé la natura putrefatta, regressiva del capitalismo, così come il suo sprofondamento nel militarismo, la barbarie e l’irrazionalità: uccidere e morire per la religione[6], il massacro in massa di civili, lo stupro e la messa in schiavitù di donne e bambini. Gli Stati Uniti e i loro “alleati” sono in grado di respingere l’ISIS, ma non possono contenere il caos imperialistico che l’ha fatto nascere. Al contrario! Le grandi potenze e le forze locali possono solamente aggravare sempre più l’instabilità e il caos. Ciò che non vogliono è esattamente quello per cui hanno lavorato e continuano a lavorare, perché è il sistema capitalista a condurli ciecamente in questa direzione.
Baboon, agosto 2014
[1] L’accordo Sykes-Picot, ufficialmente Accordo sull’Asia Minore, fu un accordo segreto tra i governi del Regno Unito e della Francia, in assenza della Russia, che definiva le rispettive sfere di influenza nel Medio Oriente in seguito alla sconfitta dell’Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale. Al Regno Unito fu assegnato il controllo delle zone comprendenti approssimativamente la Giordania, l'Iraq e una piccola area intorno ad Haifa. Alla Francia fu assegnato il controllo della zona sud-est della Turchia, la parte settentrionale dell'Iraq, la Siria e il Libano. La zona che successivamente fu riconosciuta come Palestina doveva essere destinata a un’amministrazione internazionale coinvolgente l'Impero russo e altre potenze. Da Wkipedia
[2] Il quale è stato liberato nel 2009 dalla prigione americana della base irachena di Umm Qasr su ordine di Obama (https://www.politifact.com/punditfact/statements/2014/jun/19/jeanine-pirro/foxs-pirro-obama-set-isis-leader-free-2009/
[4] Obama e il Primo ministro Cameron si sono attribuiti il merito di aver salvato gli Yazidi del Monte Singar, ma ciò che li preoccupava di più era difendere Erbil, ed è la stessa cosa per i Peshmerga curdi che hanno abbandonato questi civili, offrendo al PKK, ben più radicale, l’occasione per riversarsi nella breccia e presentarsi come il vero salvatore degli Yazidi, nonostante il fatto che molti di questi siano ancora in grande pericolo.
[5] warisacrime.org/node/22644.
[6] Uno dei più efficaci e assurdi mezzi di difesa dello Stato islamico, contro le forze irachene condotte dagli americani per riprendere Tikrit, sono state le bombe volanti umane che si gettavano dalle finestre e dai tetti sulle colonne che avanzavano.