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(…) Questo non voto si localizza massicciamente nelle regioni del Sud e, significativamente, a macchia di leopardo in alcuni insediamenti del nord ad alta composizione sociale proletaria. E, significativamente, le frattaglie della sinistra radicale di governo raccolgono percentuali da fallimento, minori proprio in quegli insediamenti proletari che hanno ricusato l’uso del voto. Non sono bastate le loro autocritiche televisive a recuperare un minimo di credibilità tra i proletari. Raccolgono un voto urbano, nei centri delle città, ma nulla o quasi nei quartieri periferici dove abitano le famiglie proletarie.
D’altra parte i maggiori partiti (PdL, PD, UDC) e movimenti qualunquisti (Idv) sembrano non dare certezze alla borghesia, ed il voto si limita a riaggiustamenti al ribasso della distribuzione dei partiti più grossi.
Lo stesso risultato generale in Europa dice che il distacco dei proletari dalla sinistra borghese si va consumando con l’approfondirsi della crisi e su tutto, si leva il grido d’allarme della Signora Marcegaglia che, singolarmente, spinge il governo a dare più aiuto ai proletari per il rischio di un “rottura della coesione sociale”. Non molto tempo fa la stessa presidente della Confindustria aveva allarmato paventando “il progressivo spostamento della conflittualità dalla fabbrica alla società.”
Questo è il clima reale in cui si sono svolte le elezioni e che inutilmente si è tentato di modificare mentendo sulla crisi o proponendo agli elettori le squallide performances erotiche del Presidente del Consiglio.
Se si guarda storicamente il dato del non voto si noterà che la defezione è avvenuta proprio in zone in cui esisteva una tradizione di voto massivo per la sinistra borghese. Nelle regioni meridionali, in alcuni collegi e più in generale, si è arrivati a punte di astensione dal voto tali che i votanti sono stati addirittura intorno al 20% ed anche meno. Il voto in questi collegi si è concentrato solo nei centri cittadini, periferie e piccoli paesi invece hanno disertato in massa.
Chi sono gli assenti? E’ questa la vera domanda inevasa della vicenda elettorale, la sola che può fornire elementi certi di valutazione e di giudizio.
Ma ancora perché questi assenti sembrano essere in consonanza con gli altri assenti degli altri paesi d’Europa? Il collasso generale della sinistra borghese, attenzione, non avviene per il fatto che la destra l’abbia superato in bravura ed in capacità di governo, tutt’altro: emblematicamente la destra e la sinistra borghesi perdono insieme in Germania. In Inghilterra i lavoratori liquidano d’un colpo il partito laburista al governo, dal 52 al 17%. In Francia il PS è ridotto al di sotto del suo minimo storico, nonostante meno di due anni fa avessero quasi conquistato l’Eliseo.
Questi dati non sono solo numeri, dietro i numeri ci sono le persone, i proletari, le loro famiglie che oggi dicono di non credere e non fidarsi più della sinistra borghese. Dietro di essi c’è in incubazione la paura della miseria, del licenziamento, dell’impossibilità a sopportare i sacrifici disumani che la crisi del capitalismo impone. Ma c’è anche una riflessione che porta al rifiuto di un voto che, quale che sia, non può portare soluzione e sollievo al disagio dei proletari. Ed allora essi si liberano innanzitutto di coloro che, fingendo di sostenerli, li hanno condotti in uno stato di sottomissione e di debilitazione politica da cui essi vogliono e devono uscire per difendersi. Si è sentito più volte nelle discussioni di strada in queste elezioni che “E’ altra la sinistra di cui abbiamo bisogno”, “Qui non c’è una sinistra”, “Nessuno ci rappresenta”, ecc.
La Signora Marcegaglia comprende che l’espressione di un nuovo conflitto sociale non potrà essere contenuto, mediato e gestito nei cancelli delle fabbriche; la politica razzista ed antiproletaria della Lega ha il fiato corto perché non sarà possibile dirigere la rabbia operaia contro i proletari extracomunitari e contro i proletari del Sud. La crisi non dà spazi di mediazione sociale, non dà respiro, al di là dei proclami pre-elettorali, la sinistra borghese non serve alla borghesia perché non può più svolgere il suo vecchio compito di demagoga. Ed il proletariato ha già cominciato a cercare da sé le risposte.
Stranamente questo fatto centrale, ma ancora agli inizi, è visto solo dalla Presidente dei capitalisti industriali. Molto più dei loro servitori, i capitalisti comprendono a cosa può portare un ripresa del protagonismo del proletariato.
P. (9/06/2009)