Submitted by RivoluzioneInte... on
Con le elezioni primarie del 14 ottobre scorso è nato un nuovo partito nel panorama politico italiano, il Partito Democratico. Il fatto nuovo è che questo, piuttosto che essere l’espressione dell’ennesima scissione, è il prodotto di uno sforzo di controtendenza, riuscendo ad aggregare alcune delle forze di centro sinistra. Per capire l’importanza dell’evento e la sua reale portata, dobbiamo fare un passo indietro di una ventina di anni. Tutto parte dall’ormai lontano 1989 quando la caduta del muro di Berlino, segnando il crollo economico e quindi politico dell’impero sovietico e dunque del blocco da questo dominato, quello dei cosiddetti “paesi dell’est”, comportò di conseguenza uno sfaldamento reciproco del blocco avversario, il blocco “americano”, la cui coesione era determinata essenzialmente dal timore per il comune nemico sovietico e dalla convenienza di ricevere protezione dalla superpotenza americana. In questo quadro l’Italia veniva a trovarsi in una situazione alquanto singolare: essendo rimasta per gli oltre 40 anni di guerra fredda USA-URSS sotto il controllo diretto degli USA attraverso una serie di strumenti imposti dall’imperialismo maggiore (governi ad esclusiva guida DC, controllo del territorio da parte della mafia, servizi segreti e logge massoniche, ecc.), la possibilità di recuperare una certa “indipendenza” nei confronti degli USA apre in Italia una vera faida contro i partiti che avevano rappresentato gli interessi americani in Italia, DC e PSI, portando ad una vera devastazione dei relativi partiti. Ma al tempo stesso la necessità di soppiantare i vecchi partiti di governo impone anche al vecchio “partito comunista” di riciclarsi velocemente, dando luogo a una serie di riconversioni maturate e realizzate soprattutto sotto la sferza degli eventi. Ciò produce una situazione di forte instabilità perché, nel giro di pochi anni, il quadro politico cambia profondamente con, da una parte, formazioni politiche nate dal niente e con al proprio attivo solo un accentuato populismo (come Forza Italia e la Lega Nord) e dall’altra una pletora di partiti prodotti dalla diaspora del PCI (ds, PdCI, RC) e dalle ceneri fumanti del vecchio centro (Margherita, vari socialisti e liberal democratici…) con in più l’aggregazione di dubbia collocazione politica dei Verdi. E’ proprio per combattere le continue fibrillazioni esistenti all’interno degli schieramenti politici, di sinistra come di destra, che le forze più responsabili della borghesia italiana, quelle che appunto si sono riunite nell’attuale PD, hanno dato luogo a questa operazione. E non è un caso che delle operazioni simili siano in corso di programmazione a sinistra (la “cosa rossa”) come a destra (il partito unico di Berlusconi), anche se la probabilità di riuscita non sono le stesse nei vari casi.
Se dunque ci siamo spiegati il perché di questo partito, possiamo adesso chiederci: ma è proprio riuscita questa operazione? Per rispondere dobbiamo tenere presente che il problema più grosso che si presenta oggi per la stabilità politica del paese è avere un esecutivo stabile e che sia credibile nei confronti del paese. A parte la necessità di produrre una nuova legge elettorale che permetta al nuovo esecutivo di governare per tutta la legislatura e portare avanti uno straccio di programma, il problema è vedere se gli eventi ultimi hanno prodotto una maggiore coesione all’interno dei due diversi schieramenti politici, di destra e di sinistra, oppure no. Ora, stendendo un velo pietoso sull’esplosione della “casa delle libertà” e il tiro incrociato tra Berlusconi, Fini e Casini, con la figura inedita di Bossi che fa da paciere, le cose a sinistra non sono di gran lunga migliori. Certamente sul piano mediatico la creazione del PD ha dato dei punti all’apparato di Veltroni. Mobilitare 3 milioni e mezzo di persone e portarle a votare, coinvolgendole in una operazione non ancora sperimentata in Italia (e nella stessa Europa), la “scelta da parte del popolo del leader di un partito”, ha costituito certamente un’azione di forte mistificazione che ha avuto certamente un impatto sulla gente presentando le primarie come la democrazia finalmente realizzata. D’altra parte il tema di creare una forza nuova capace di rinnovare le speranze della popolazione nella possibilità di una politica diversa è stato fortemente presente sia nella propaganda di Veltroni che dei suoi “antagonisti” Letta e Bindi. Ma ci sono delle considerazioni da fare che tendono a ridurre fortemente questo apparente successo. Intanto il PD non è riuscito, come era nelle intenzioni, a coagulare l’intero schieramento di centro-sinistra ed in particolare non è riuscito a prosciugare quell’area frastagliata e frammentata che esiste, vedi l’Italia dei Valori di Di Pietro, l’UDEUR di Mastella, i socialisti raccolti intorno a Boselli, i Radicali Italiani di Pannella, né a recuperare per intero gli stessi partiti che hanno dato vita al PD, staccandosi dalla Margherita la componente liberaldemocratica di Dini e l’Unione Democratica di Willer Bordon e dai DS la componente di Sinistra Democratica di Mussi. Ma c’è di più perché le stesse componenti che hanno aderito lo hanno fatto in maniera conflittuale. Già prima delle elezioni del 14 ottobre ci sono una serie di interventi di Parisi, che parla del futuro PD già lottizzato, la Bindi che si scontra con Franceschini e che critica Veltroni ..., tanto da costringere Prodi ad intervenire più volte per ribadire “siete concorrenti, non nemici” e “basta polemiche nel PD”. Ma anche il post elezioni è stato alquanto movimentato sia per le accuse di brogli che ci sarebbero stati in alcune circoscrizioni come Napoli sia per le proteste ancora di Parisi, Bindi, ma anche di Letta, per la mancanza di rispetto delle regole e per una gestione non democratica del PD. Insomma non sembra proprio che i personalismi che hanno caratterizzato la politica italiana in questi ultimi anni abbiano avuto termine con la costituzione del nuovo partito. Anzi, proprio perché si è sviluppata la tendenza al leaderismo che ha prodotto decine di sigle partitiche ognuna con il suo capo, il fatto che il PD ne abbia azzerato diversi comporta che i relativi ex leader si ritrovano oggi a fare da gregari dell’unico capo che è Veltroni. C’è da immaginarsi quanto sia contento di fare il gregario di Veltroni il suo rivale di sempre Massimo D’Alema, o Rutelli e Fassino che lasciano la direzione dei relativi partiti, o Prodi che deve lasciare il testimone non solo del governo ma anche della leadership politica dell’Ulivo.
Nonostante tutto ciò, non possiamo certo dire che la politica italiana sarà uguale a quella di sempre perché la nascita del PD, se non è riuscita a produrre una grande aggregazione nel campo del centro-sinistra, ha certamente prodotto un cataclisma a destra inducendo la coalizione diretta da Berlusconi a perdere completamente di coerenza e a sfaldarsi definitivamente. Lo scioglimento della casa delle libertà e di Forza Italia ed il contemporaneo annuncio da parte di Berlusconi della creazione di un nuovo partito sono l’espressione del più profondo smarrimento delle forze politiche di centro-destra a cui ben difficilmente riusciranno a porre rimedio le forze più lungimiranti come l’UDC di Casini.
Ma allora, quale sarà la politica che ci dobbiamo aspettare per i prossimi tempi? In realtà, al di là del processo di decomposizione dell’apparato politico della borghesia che costituisce un alea sempre presente e che pone dubbi su qualunque previsione si voglia fare, qualche scenario di quale possa essere la dinamica di domani si può cominciare ad immaginare. Anzitutto è evidente che lo sforzo da parte del neonato PD sarà quello di rafforzarsi in una posizione di centro-sinistra moderato, puntando a possibili compagini governative in cui possa avvalersi non più dell’ingombrante sinistra “radicale”, sempre pronta a ricattare e a mettere in moto la piazza, ma su un rinvigorito centro costruito intorno all’UDC di Casini, possibilmente con l’adesione di figure come il baldanzoso leader della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo e l’ex capo sindacalista della CISL Savino Pezzotta, attualmente leader del movimento Officina 2007 – In movimento per una buona politica. Questo sganciamento del PD dai gruppi troppo fortemente ideologizzati di sinistra porterà a sua volta dei notevoli benefici alla politica della borghesia. Da una parte permetterà a questi ultimi di tornare a svolgere una politica di opposizione e di battaglia sul piano sociale e politico, svolgendo compiutamente quell’azione di illusione e di mistificazione dei lavoratori che è così utile alla borghesia per rinchiudere i proletari nelle trappole della “politica democratica delle compatibilità”. Dall’altra permetterà al PD e ai suoi alleati di centro anche una politica più audace sul piano imperialista e delle relative alleanze, perseguendo gli obiettivi che tutti i governi italiani hanno finora perseguito con maggiore determinazione e senza sotterfugi. Peraltro tutto ciò potrà essere giocato anche con l’atout costituito dal fatto che al centro, come forza agente, c’è il partito nuovo, il partito senza passato, il partito che non ha nessun passato da farsi perdonare. E scusate se è poco.
Ezechiele, 1 dicembre 2007