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La storia della Repubblica italiana è stata certamente costellata da una miriade di colpi di scena parlamentari e politici, con crisi governative e relative cadute degli esecutivi. Ma oggi assistiamo a qualcosa di nuovo: gli ultimi governi non arrivano neanche a formarsi che già devono far fronte a una serie di turbolenze interne che li rendono fragili e deboli, turbolenze spesso causate non tanto dall’opposizione o “dalla piazza”, quanto dalle stesse componenti della maggioranza. E’ stato così per il primo governo Berlusconi che è addirittura caduto per mano dell’alleato leghista che tirava sul prezzo dell’alleanza. Lo stesso è stato per il primo governo Prodi, anch’esso caduto di fronte al voto contrario di Rifondazione Comunista e ripiegando sul governo D’Alema. Il secondo governo Berlusconi è certo rimasto più a lungo, ma a costo di quale logoramento interno e con l’uscita dell’UDC dall’alleanza della CDL a fine legislatura. Oggi abbiamo un secondo governo Prodi che non smentisce questo andamento avendo già subito, con la sua risicata maggioranza, una prima crisi parlamentare per il voto contrario di alcuni elementi interni alla maggioranza sul caso Afghanistan e continuamente traballante per le infinite liti che sorgono al suo interno. Cos’è dunque che sta succedendo?
La decomposizione dell’apparato politico della borghesia
Quello che avviene in Italia è l’espressione di un fenomeno di dimensione più generale che la nostra organizzazione ha denominato fase di decomposizione e che ha generato, tra le sue conseguenze più importanti, il crollo dei due blocchi imperialisti. A partire da questa situazione, diversamente da quanto accadeva ancora una ventina di anni fa, quando i singoli paesi del mondo tendevano ad allinearsi dietro una delle due grandi superpotenze, oggi come oggi, in mancanza di questa polarizzazione a livello imperialista, i singoli paesi tendono a giocare ognuno le proprie carte sullo scacchiere internazionale. Ciò ha profondamente alterato la vita politica della borghesia in paesi come l’Italia dove, finita l’epoca del controllo ferreo da parte degli USA sul nostro paese attraverso un partito come la Democrazia Cristiana, le componenti politiche (di nuova generazione o riciclate dalla prima Repubblica) hanno potuto giocare più liberamente un loro ruolo. Ma sta proprio qui il problema. Di fronte ad uno scenario in cui mancano degli elementi di riferimento forti, anche se mistificati, come potevano essere all’epoca il modello sovietico (scambiato erroneamente per patria del socialismo) e il modello americano (scambiato a sua volta per patria della democrazia), in mancanza di un dovere categorico a rimanere allineati su una certa politica, questi partiti tendono a perdere tanto la loro identità quanto ogni senso di coerenza politica, tendendo sempre più ad andare ognuno per proprio conto, seguendo la logica del vantaggio immediato e perdendo ogni visione di prospettiva. Questa perdita di coerenza comporta altresì la pletora di partiti e partitini che, particolarmente nella maggioranza dell’attuale governo Prodi, ha raggiunto una dimensione farsesca, producendo una fragilizzazione di quella che, sulla carta, dovrebbe essere la componente più seria e solida della borghesia. D’altra parte, confrontato ad una situazione di difficoltà economica che impone misure sempre più antipopolari che il governo Prodi non ha mancato di portare avanti con la sua finanziaria, il decreto Bersani e tutta la politica finora condotta, l’attuale maggioranza, come già quella di Berlusconi a fine legislatura, soffre di una forte perdita di credibilità finendo per subire uno scacco matto alle recenti elezioni amministrative.
I difficili tentativi della borghesia di far fronte alla propria perdita di identità e di unità
Naturalmente la borghesia, benché colpita da questa perdita di prospettiva, è dotata al suo interno di componenti più serie e lungimiranti - come ad esempio la compagine di Prodi - che si rendono conto che la gente ha sempre meno fiducia nelle istituzioni e che si affaccia l’idea che “destra o sinistra sono ormai la stessa cosa”. Questo è un problema per la borghesia che punta sulla mistificazione democratica delle elezioni per avere un controllo sulla popolazione e, se dal punto di vista economico, non ci può fare niente, la cosa su cui può puntare è dare un’immagine per lo meno più seria di chi sta al governo. E’ in questa chiave che vanno letti i tentativi che si stanno portando avanti per compattare i partiti della borghesia per avere delle maggioranze più salde. Questo fenomeno è presente sia a destra che a sinistra, con Berlusconi da un lato che spinge verso un’alleanza più vincolante se non un vero e proprio partito unico, e la sinistra che, con maggiore determinazione che per il passato, porta avanti il progetto del partito democratico. Ma, come già detto, l’impresa non è facile perché finanche questo tentativo di vincere la frammentazione è visto da altri come opportunità per acquisire migliori posti, scavalcare dei rivali-alleati, ecc. Tutto questo alimenta la turbolenza politica a cui stiamo assistendo da un anno a questa parte:
“Come si fa a dare un’immagine di buon governo, quando i ministri e gli alleati della tua maggioranza sono i primi a smontare i provvedimenti che prendi? Ormai il dissenso precede addirittura il provvedimento da cui si dissente. Basta che lo annunci, e c’è subito qualcuno che si ritiene titolato a criticare, per aumentare la visibilità sua e quella del suo partito. (…) Il “panino” dei tg è il simbolo di questo pessimo andazzo: se dissenti ci sei dentro, se no sei fuori”. (La Repubblica 30/5/07).
Queste parole di Prodi sono particolarmente significative ed esprimono bene la dinamica impazzita a cui assistiamo tutti i giorni. In pratica, in assenza di un qualunque connotato ideale e/o politico che caratterizzi concretamente questo o quel partito, quello che dà vigore alle varie parrocchiette politiche è la loro visibilità, la loro capacità di farsi sentire. Perciò, come giustamente arguisce Prodi, “se dissenti ci sei dentro, se no sei fuori”, cioè se punti i piedi e contesti la tua stessa maggioranza, sei dentro cioè sei visibile in tv e quindi in qualche modo acquisti popolarità rispetto ai tuoi stessi alleati; se non lo fai, sei scavalcato dagli altri.
La dinamica di decomposizione dello Stato
Ma il fenomeno della decomposizione non riguarda soltanto i partiti della borghesia, ma più in generale l’insieme della società borghese, ivi comprese le stesse strutture dello Stato. Per comprendere ciò è importante prendere in considerazione quanto sta succedendo da qualche anno in Italia a proposito di intrighi e scandali intorno a Telekom Serbia e commissione Mitrokin, di dossier raccolti indebitamente dai servizi segreti dello Stato, di una tendenza della Guardia di Finanza a muoversi “come un corpo separato”, fino ad arrivare ai recentissimi dossier sulle intercettazioni telefoniche che riguardano gli stessi DS, da Fassino a D’Alema. Tutto questo ha portato un giornale come la Repubblica a parlare dell’insorgere di una nuova P2:
“Si può dire che quel che fa capolino con l’offensiva del generale (Speciale, ndr) è una varietà modernizzata della loggia P2. La si può definire così, una P2, soltanto per semplificazione evocativa anche se il segno caratteristico di questa consorteria non è l’affiliazione alla massoneria (anche se massoni vi abitano), ma la pervasività – sotterranea, irresponsabile, incontrollata, trasversale – del suo potere di pressione, di condizionamento, di ricatto.” (La Repubblica 4/6/07).
Ma cosa sarebbe questa “consorteria”?
“Di quel network di potere occulto e trasversale, ormai si sa o si dovrebbe sapere. E’ un “apparato” legale/clandestino deforme, scandaloso, ma del tutto “visibile”. Nasce con la connessione abusiva dello spionaggio militare con diverse branche dell’investigazione, soprattutto l’intelligence business, della Guardia di Finanza; con agenzie di investigazione che lavorano in outsourcing; con la Security privata di grandi aziende come Telecom, dove esiste una “control room” e una “struttura S2OC” «capace di fare qualsiasi cosa, anche intercettazioni vocali: può entrare in tutti i sistemi, gestirli, eventualmente dirottare le conversazioni su utenze in uso, con la possibilità di cancellarne la traccia senza essere specificamente autorizzato.»” (La Repubblica 4/6/07).
A sentire queste parole sembra quasi di tornare ai tempi bui dei tentativi di golpe in Italia, preparati e mai portati a termine dal generale De Lorenzo nel 1964 o dal principe Borghese nel dicembre 1970 o delle trame piduiste di Gelli durate fino a tutti gli anni ’70. Ma è questo lo scenario che si profila davanti a noi? Certamente no, anzitutto per il fatto che, oggi ancora più che allora, una soluzione forte non è proprio all’ordine del giorno perché la borghesia ha a che fare con il risveglio lento ma deciso di una coscienza di classe contro il quale non sono adatte misure autoritarie quanto piuttosto le mistificazioni della democrazia. Ma anche perché assistiamo oggi a qualche cosa di inedito, ovvero a una tendenza di questo coacervo di forze a non stare né con la destra né con la sinistra, ma di compattarsi semplicemente in maniera autonoma per fare i propri interessi, attraverso una politica di veleni, pressioni e ricatti:
“Prima della campagna elettorale del 2006, l’apparato legale/clandestino programma e realizza una campagna di discredito contro Romano Prodi. Sarebbe un errore, però, considerare il network “al servizio” del centrodestra. Quell’apparato legale/clandestino, a cavallo tra due legislature, si è “autonomizzato”, si è “privatizzato”, è autoreferenziale. Raccoglie e gestisce informazioni in proprio. (…) Con accorta disciplina, il network spionistico sa essere il virus e il terapeuta della malattia del sistema politico italiano che impedisce, all’uno come all’altro schieramento, di riconoscersi la legittimità (morale prima che politica) di governare. Alimenta così la sindrome di Berlusconi consegnandogli dossier sul complotto mediatico-giudiziario. La cura con una pianificazione di annientamento dei presunti complottardi. Eccita il “complesso berlusconiano” della sinistra e lenisce quello stato psicoemotivo, prima che politico, con informazioni sulle mosse vere o presunte del temuto spauracchio. Quanto più il conflitto pubblico precipita oscurandosi in un sottosuolo, dove poteri frantumati, deboli, nevrotici tentano di rafforzarsi o difendersi; tanto più il network è in grado di essere custode dell’opaca natura del potere italiano o il giocatore in più che può favorire la vittoria nella contesa.” (La Repubblica 4/6/07).
Ancora una volta dobbiamo dire che non ci meravigliamo dell’esistenza di questa dinamica subdolamente infedele ed eversiva che anima settori dello Stato e che in altre circostanze avrebbe fatto gridare al pericolo di golpe. Ma, contrariamente al passato, oggi questo agglomerato di realtà, questo network, come viene chiamato nell’articolo citato, non risponde neanche più alla logica del partito golpista di una volta. Non potendo trovare nel mondo politico reale degli sponsor che siano in grado di raccogliere questa offerta di aiuto, “quell’apparato legale/clandestino (…) si è “autonomizzato”, si è “privatizzato”, è autoreferenziale.” Così questo network spionistico si mette in proprio ed agisce per conto proprio, “sa essere il virus e il terapeuta della malattia del sistema politico italiano che impedisce, all’uno come all’altro schieramento, di riconoscersi la legittimità (morale prima che politica) di governare.”
Se abbiamo dedicato tutto un articolo a delle questioni “interne” alla borghesia è perché questa cerca e cercherà sempre più di utilizzare le sue stesse contraddizioni e beghe interne contro i proletari, per farli schierare, per farli compattare intorno ad una vacua democrazia contro un presunto pericolo di golpe, di trame oscure, ecc. ecc. La realtà è invece che questa società, in mancanza di una qualunque prospettiva, fosse pure quella di un’entrata in guerra nell’illusione folle di guadagnare sul campo di battaglia un maggiore spazio imperialista, si accartoccia su se stessa, si sfalda ogni giorno di più, facendoci capire che, in Italia come negli Usa o in Russia o in Cina, non c’è alcuna prospettiva per l’umanità. L’unica possibilità per arrestare il processo di sfaldamento, di perdita di coerenza, di decomposizione che sta vivendo la società borghese in questa fase è che il proletariato imponga la sola soluzione storica che esiste oggi, la rivoluzione proletaria per abbattere questa società e instaurare la società comunista.
Ezechiele, 11 giugno 2007