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Uno dei temi sviluppati dalla borghesia durante gli anni ’90 per mantenere il suo dominio ideologico sulla società è stato quello della supposta salute economica e prosperità del suo sistema. Secondo questa favola, dopo la recessione del 1990-91, l’economia americana avrebbe imboccato il più lungo periodo di recupero della storia. Per alcuni anni qualcuno ha finanche dichiarato che, grazie alle nuove tecnologie per le comunicazioni, il sistema era arrivato ad un’era di prosperità permanente.
Poi, nel 1997-98, l’esplosione di quelle che una volta erano considerate le esemplari economie dell’est asiatico, le “tigri” e i “dragoni”, diffuse il terrore in tutto il mondo capitalista. Storie di un imminente collasso del capitalismo e di una recessione aperta a livello mondiale riempirono i notiziari televisivi e i giornali. Tuttavia, i principali paesi capitalisti – con l’eccezione del Giappone – riuscirono a stare fuori dalla recessione ancora per un paio di anni dando qualche credibilità alla favola del capitalismo in fase di boom.
Ma oggi non si sente neanche più un bisbiglio sulle meraviglie della “new economy” sostenuta dalla “internet revolution”. Il capitalismo mondiale sta sperimentando una nuova caduta nell’abisso della sua crisi economica cronica. Tutte le maggiori economie del mondo sono ufficialmente in recessione aperta o stanno comunque in difficoltà e, al centro di questo crollo del capitalismo mondiale, vi è l’economia americana, di gran lunga la più grande del mondo. A niente sono valse le fesserie degli esponenti della borghesia che hanno cercato di mascherare fino all’ultimo minuto l’arrivo della recessione o di attribuirlo all’attacco alle Torri gemelle o alla guerra. Ormai la situazione si va aggravando di mese in mese, costringendo le borghesie dei vari paesi a prendere delle misure sempre più severe nei confronti dei lavoratori. Tutti i lavoratori si troveranno coinvolti da queste misure. Questo attacco che non potrà lasciare senza reazione i proletari che sono già costantemente confrontati a condizioni di vita che peggiorano in maniera drammatica, di fronte a dei problemi quotidiani affrontati più o meno isolatamente nel quadro della cellula familiare o della fabbrica: disoccupazione, piani di licenziamenti, soppressione di posti, precarietà, perdita del potere di acquisto, degradazione generale delle condizioni di lavoro, del tessuto sociale, aumento della produttività, problemi di salute, di scuola, di casa, di ambiente, riduzione dello stato sociale.
E’ stato reso noto, ad esempio, che in Italia gli aumenti dei prezzi e quelli dei salari viaggiano con un punto percentuale di differenza, il che significa, tenendo anche conto che le statistiche ufficiali sottostimano ampiamente l’aumento dei prezzi, che i lavoratori perdono fior di quattrini ogni anno. E questo è ancora niente visto che lo stesso Berlusconi parla di una finanziaria di un certo peso (si parla di una finanziaria pesante come quella del governo Amato, da 90.000 miliardi di lire). In Francia analogamente il governo sta mettendo mano alla riforma delle pensioni, cosa che ha provocato il 13 maggio scorso una manifestazione con più di un milione di manifestanti.
Malgrado il malcontento generale che susciteranno questi attacchi ed anche il pericolo di alimentare una rimonta di combattività operaia, la borghesia ha coscienza del rischio ancora modesto che corre nella misura in cui i proletari sono ancora dominati da un sentimento di impotenza e di rassegnazione.
Tuttavia, il periodo che si apre è tale che la classe operaia sarà sempre più costretta a comprendere che non ha altra scelta che lottare, per ritrovare e riaffermare il suo cammino di classe di fronte all’accelerazione degli attacchi della borghesia. Contrariamente agli anni ’90, l’aspetto manifesto della crisi costituisce un potente rivelatore del fallimento del sistema agli occhi dei proletari. Alle conseguenze della crisi economica si aggiunge per i proletari il prezzo da pagare per le spese di guerra e per gli armamenti in aumento crescente.
Non c’è alcuna illusione possibile su quello che ci aspetta: sempre più miseria e sfruttamento. Ma sotto i colpi della crisi e degli attacchi che ne risultano, i proletari sono spinti a reagire massicciamente ed insieme. Si creano così le condizioni perché il proletariato riprenda fiducia in sé stesso, ritrovi la sua vera identità di classe e si opponga in massa e unitariamente agli attacchi della borghesia come classe avente degli interessi propri e distinti da difendere contro quelli della borghesia.
L’avvenire appartiene al proletariato!
1/6/03