La disputa tra frazione e partito, come si può comprendere dalla lettura dei testi, lungi dall’essere una discussione oziosa sul miglior modo di organizzarsi, impegnava immediatamente i rivoluzionari su quelli che dovessero essere i compiti del momento e su come risolverli.
Si vedrà così Bilan contrapporre ai tentativi di Trotskij di ricostituire, su basi assolutamente velleitarie, una nuova Internazionale, il lavoro fondamentale di “bilancio” dell’esperienza passata per poter porre le premesse più salde possibili per la costruzione del futuro partito.
Sulla stessa linea si colloca il lavoro di Internationalisme negli anni quaranta e l’analoga polemica portata contro la prematura costituzione del PCInt in Italia nel 1943-45.
E’ all’interno di questa attività che si va precisando, soprattutto in Internationalisme, la concezione dell’organizzazione dei rivoluzionari come non una testa da prestare al movimento operaio, non uno “Stato Maggiore”, ma una parte della classe che opera al suo interno “per permettere alla classe stessa di acquistare la coscienza della sua missione, dei suoi fini e dei mezzi che sono le fondamenta della sua azione rivoluzionaria”.
La ripubblicazione di questi vecchi testi del movimento operaio, vale ancora una volta ripeterlo, non è un’operazione archeologica; la ricchezza della polemica portata avanti da Bilan contro Trotskij, e da Internationalisme nei confronti del PCInt sono un fondamentale contributo ad un dibattito ancora oggi attuale. In questa introduzione cercheremo di indicare brevemente il quadro storico in cui questo dibattito è nato ed ha iniziato a svilupparsi.
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La fondazione della III Internazionale, nel marzo 1919 a Mosca, si basava sulla vittoriosa rivoluzione proletaria in Russia e sulla prospettiva della imminente rivoluzione mondiale, in vista della quale l’I.C. si era esplicitamente costituita. L’arenarsi negli anni successivi dell’ondata rivoluzionaria del proletariato mondiale e la parallela tendenza all’involuzione della rivoluzione russa assediata, trascinarono l’Internazionale in un processo degenerativo sempre più inarrestabile. Non ci interessa qui seguirne puntualmente il decorso; ci basti citare i primi episodi che esprimono il riflettersi all’interno delle organizzazioni proletarie dell’iniziata “inversione di tendenza” nella dinamica dello scontro di classe e cioè lo scioglimento nel Maggio 1920 del Bureau di Amsterdam dell’IC, perché composto di comunisti di sinistra, la repressione della rivolta di Kronstadt e le proibizioni delle frazioni nel contemporaneo X Congresso del Partito Bolscevico nel Marzo 1921, e nel giugno seguente, al III Congresso dell’IC, il riavvicinamento alla socialdemocrazia (tattica del “fronte unito”, della “lettera aperta”) e la contemporanea espulsione dall’Internazionale del KAPD (Partito Comunista Operaio di Germania), il principale interprete delle posizioni delle Sinistre Comuniste Tedesche ed Olandesi.
L’attuale programma rivoluzionario è debitore a queste ultime[1] di potenti anticipazioni nella critica dei sindacati, delle lotte di “liberazione nazionale”, della concezione “leninista” del partito; ma per la loro stessa natura di reazioni proletarie immediate alla degenerazione dell’IC, mancò loro la capacità di sistematizzare questi elementi in un tutto coerente ed organico. Il riflusso del movimento le trascinò con sé mostrandole incapaci non solo di progredire, ma anche di resistere sulle loro stesse posizioni degli anni ‘20, che vennero abbandonate a. favore delle posteriori elaborazioni di Pannekoek, oggi conosciute sotto il nome di “consiliarismo”. Toccò invece alla Sinistra Italiana, più formata programmaticamente, di tirare le fondamentali “lezioni della controrivoluzione” e stabilire un bilancio degli avvenimenti del primo dopoguerra capace di integrare nel programma rivoluzionario anche i reali apporti delle altre Sinistre Comuniste.
Questa capacità di assimilazione critica potrà sembrare paradossale ed incredibile a tutti quelli che considerano la Sinistra Italiana come sinonimo di “Leninismo di ferro” e di chiusura settaria alla discussione con altre correnti. Ma su entrambi i punti si tratta di una comoda leggenda, alimentata ad arte dagli attuali epigoni di questa corrente per giustificare il loro atteggiamento. In particolare Programma Comunista si accanisce nel minimizzare le divergenze con l’Internazionale Comunista, ridotte a questioncelle secondarie come la partecipazione o no alle elezioni. In realtà già nel corso del 1922 il contrasto fra la direzione di sinistra del PCd’I e l’Internazionale era arrivato ad un punto critico, come si vedrà chiaramente al IV Congresso Mondiale a fine anno.
E’ noto. che di fronte al tentativo di liquidare il partito di Livorno ‘21 con l’imposizione della fusione con un PSI di nuovo pencolante verso Mosca, l’esecutivo del partito (Bordiga, Fortichiari, Repossi, Terracini, Grieco) dimissiona in blocco, ritenendo incompatibili le proprie posizioni con la messa in pratica della linea dell’IC per l’Italia. Meno noto (visto che Programma si è sempre guardato bene dal pubblicare o richiamarsi a questo importante documento) è che nella primavera del 1923 Bordiga fece uscire dal carcere un Manifesto “a tutti i compagni del PCd’I” che doveva servire da base per la rottura aperta con l’Internazionale, ma la cui diffusione fu bloccata, prima dal rifiuto di Gramsci di firmarlo, poi dalla marcia indietro dei vari firmatari Togliatti, Terracini, etc. passati alla corrente di centro.
L’importanza di questo testo sta sia nel rivelare che Bordiga già nel ‘23 era convinto della necessità ed inevitabi1ità della rottura con l’IC, sia nelle righe che concludono le istruzioni ai destinatari: “Interessa molto diffonderlo anche all’estero, e a chi lo facesse sotto forma di traduzione saremmo assai grati”, che dimostrano la volontà di dare al dibattito proposto un piano internazionale. E non c’è motivo di stupirsene dato che la crisi economica, i licenziamenti e le persecuzioni fasciste avevano fatto emigrare già in Germania, Belgio e soprattutto in Francia un rilevante numero di militanti della Sinistra che, lungi dal chiudersi in sdegnoso isolamento, si erano pienamente integrati nelle lotte politiche e sociali di quei paesi, stabilendo stretti contatti con elementi di sinistra dei vari partiti comunisti. Di questa attività sono espressione i rapporti stabiliti dal gruppo di Michelangelo Pappalardi con i sinistri tedeschi, in particolare Korsch, il voto favorevole di un delegato francese alle tesi presentate al V Congresso Mondiale dalla Sinistra Italiana, e la presentazione al V Congresso del PCF a Lille (1926) di una Plateforme de Gauche (bordiguiste) come testo di opposizione.
Appare quindi chiaro che la famosa lettera di Bordiga a Korsch alla fine del 1926 non è un evento occasionale, ma piuttosto un consuntivo di tutto un lavoro di contatti svoltosi negli anni precedenti. D’altronde, nel corso delle polemiche sul Comitato d’Intesa nel luglio ‘25, lo stesso Bordiga, accusato di essere in relazione con elementi di sinistra di altri partiti, confermò l’esistenza di questi contatti, ma ne trasse il giudizio che: “oggi non è ancora possibile un orientamento parallelo di gruppi di estrema sinistra[2]”.
Come si vede, i motivi di fondo delle continue “marce indietro” rispetto alla rottura aperta vanno cercati più in questioni politiche che non nel “fatalismo napoletano di Bordiga”. Il vero problema è che la Sinistra Italiana - come acutamente nota Gramsci - si pone dal punto di vista di una minoranza internazionale e non di una maggioranza nazionale. Fintantoché i suoi aderenti sono convinti che l’Internazionale Comunista resta l’organismo che raggruppa la maggioranza delle forze ancora capaci di lottare per la rivoluzione, una scissione nella sola Italia, perfino maggioritaria, non ha alcun senso.
Soprattutto è viva la preoccupazione di imbarcarsi in iniziative internazionali basate sulla buona volontà, ma prive di quella chiara base programmatica che sola può permettere “un orientamento parallelo dei gruppi di estrema sinistra”[3]. A questo si aggiungono le innegabili reticenze a rompere con l’Internazionale di Lenin, soprattutto per i compagni restati in Italia sul cui lavoro pesano carcere, confino e divieto di riunione.
In questo clima si effettua l’ultimo tentativo di organizzazione della Sinistra con la costituzione del Comitato d’Intesa (Luglio 1925) in vista del prossimo Congresso di Lione del PCd’I.
Quali che fossero le effettive intenzioni degli iniziatori (semplice coordinamento precongressuale o primo passo verso la Frazione), il Comitato verrà rapidamente sciolto in seguito alla campagna terroristica della direzione ed alla minaccia dell’IC di espulsione in blocco della Sinistra. La decisione sarà presa con notevoli resistenze interne di cui si ritrova una vivace descrizione nella lettera speditaci da Bruno Bibbi, un vecchio militante della Sinistra, allora emigrato in Francia:
“... cademmo come degli ingenui nella trappola tesaci dai bolscevizzatori. Il Comitato d’Intesa, costituito dai compagni in Italia, era definito come il primo passo per la rottura completa della sinistra italiana con l’Internazionale; (fu portata avanti) una campagna asfissiante sia attraverso la stampa che attraverso i rappresentanti ufficiali all’interno del partito, influenzati anche dall’oscena e brutale opera contro l’opposizione russa. In Francia costituimmo, a similitudine dei compagni d’Italia, un “Comitato di Intesa” per mantenere i contatti con tutti i compagni della sinistra emigrati ed essere pronti a rispondere all’eventuale appello, che ormai ritenevamo inevitabile dai compagni italiani. Fu a questo punto che ricevemmo un invito a delegare un compagno a prendere contatti a Milano per avere un resoconto del 3°Congresso del partito che nel frattempo aveva avuto luogo a Lione, senza che alcun esponente della sinistra italiana in Francia, che purtanto rappresentava oltre l’ottanta per cento di tutti i membri del partito sul posto, fosse stato delegato al congresso.
A Milano il nostro rappresentante, che al ritorno portò una copia della dichiarazione di Bordiga al congresso di Lione, da voi pubblicata nell’apertura delle note sulla storia della sinistra[4], ebbe una profonda delusione. Si attendeva che dietro le (notizie) pubb1icate dal centrismo a proposito del Comitato d’Intesa si trovasse il comitato direttivo di una solida organizzazione che, malgrado gli sforzi del centrismo, riuscissi a controllare la maggior parte del partito; ma al posto di trovare una rete organizzativa di collegamento tra il Comitato d’Intesa e tutti i gruppi della sinistra sparsi attraverso l’Italia, trovò un vuoto ed una disorganizzazione completa. Di fronte alla sorpresa del nostro inviato il compagno Vercesi sorridente ci spiegò che tutto quello che aveva pubblicato la nostra stampa ed i rappresentanti ufficiali del neocentrismo era un bluff e che la funzione del Comitato d’Intesa alla sua costituzione era esclusivamente quella di regolare gli interventi dei compagni della sinistra nella discussione precongressuale e che nessuno, tanto meno Amadeo (Bordiga, n.d.r.) pensava ad atti di forza o di rottura con il partito e con l’Internazionale. (...) Con obiettività i compagni italiani informarono il nostro rappresentante che Repossi[5] dissentiva dalla linea della maggioranza della sinistra ed aveva compilato una circolare per la rottura che aveva deposto personalmente al domicilio dei compagni della sinistra di Milano.
Al suo ritorno a Parigi il nostro compagno fece una estesa relazione dei colloqui di Milano e di fronte ai fatti reali la quasi totalità dei compagni accettò adeguandosi alla posizione dei compagni italiani. Fu in questo frangente che una mezza dozzina di compagni capeggiati da Pappalardi e da Rossi si ribellarono e ruppero con la sinistra italiana in modo definitivo e presero contatti con gli operaisti tedeschi e notoriamente con Korsch”.
E’ importante notare che in questo momento il portavoce delle posizioni “attesiste” di Bordiga è Vercesi (Ottorino Perrone), che mantiene questo ruolo dopo la sua fuga all’estero, nel corso delle discussioni (Marzo-Aprile ‘27) con i compagni raccolti attorno a Michelangelo Pappalardi che ritiene oramai non rimandabile la rottura[6]. La divergenza aggravata da diverse valutazioni sulla natura di classe della Russia, risulta insanabile e Pappalardi si separa dal resto degli italiani, rompe con l’IC e pubblica “Le Reveil Communiste”, poi “L’ouvrier communiste”, che scivolerà sempre più su posizioni consiliariste.
Ma ad un anno di distanza, a Pantin (Parigi) nell’aprile 1928, è la stessa maggioranza guidata da Vercesi a rompere a sua volta ed a costituirsi in Frazione di Sinistra del PCI, iniziando la pubblicazione del giornale in lingua italiana Prometeo. Che cosa ha spinto a rompere gli ultimi indugi? Non è certo estranea la drammatica chiarificazione avvenuta in Russia: alla fine del 1927 trionfa definitivamente la teoria del socialismo in un solo paese e l’opposizione di sinistra è annientata. Kamenev e Zinoviev capitolano vergognosamente, mentre Trotskij rimasto saldo viene prima deportato ad Alma Ata, poi espulso dall’URSS. La sinistra russa, guidata da Trotskij, diventa con ciò l’esplicito punto di riferimento internazionale di tutti i gruppi e le correnti di opposizione alla degenerazione dell’IC. Sembra infine possibile un confronto su basi serie fra gli elementi di sinistra a livello internazionale, ed è assai probabile che questa nuova realtà abbia reso non solo necessario, ma urgente per la Sinistra Italiana darsi i mezzi organizzativi e pratici per intervenire attivamente in questo confronto.
Nel giugno 1928, in contemporanea con la pubblicazione del n°1 di Prometeo, la Frazione prende contatto con Trotskij, esule a Costantinopoli, aprendo così una discussione che non sarà facile e che si concluderà con una rottura definitiva. Come spiega estesamente il testo che pubblichiamo, uno dei punti centrali di divergenza è quello della funzione che l’opposizione internazionale deve avere, e quindi dei tempi e delle modalità della sua formazione. Trotskij considera la “costruzione’ dell’Opposizione Internazionale di Sinistra un compito immediato, attuabile mettendo assieme i gruppi più disparati grazie al proprio prestigio personale (e così avverrà nell’Aprile 1930 alla Conferenza Costitutiva di Parigi, cui Prometeo non partecipa). Conseguentemente scrive alla redazione di Prometeo:
“Se la Sinistra Comunista in tutto il mondo contasse solo 5 aderenti, essi dovrebbero le stesso costruire una organizzazione mondiale contemporaneamente alla costruzione di una o più organizzazioni nazionali”. (19/7/1930)
Per gli italiani non sono gli accordi organizzativi a poter risolvere delle divergenze politiche. Ad una proposta di raggruppamento avanzata da “Contre le Courant” nel giugno 1928, rispondono:
“Ci sono molte opposizioni. E’ un male; ma non c’è altro rimedio che il confronto delle rispettive ideologie, la polemica per poi arrivare a quello che ci proponete”.
Su Prometeo n°38 (1931) Vercesi precisa ulteriormente le posizioni della Frazione:
“La nostra frazione precisava che ogni gruppo di opposizione doveva darsi una piattaforma. In funzione di questo problema noi vedevamo a1tresì la figura del centro internazionale non come organismo che si assegna come scopo quello della unificazione dei vari gruppi variopinti, ma di organismo che aiuta i gruppi di ogni paese a fondarsi sulla base di una piattaforma. (...) La posizione difesa dalla frazione in occasione della Conferenza di Parigi era in sostanza: ‘prima delle basi in ogni paese (piattaforma), poi conferenza internazionale di unificazione’(…).
Occorre prepararsi per le immancabili situazioni definitive, le quali, esse, permetteranno la costituzione di una frazione internazionale di sinistra, la quale non è che l’antefatto immediato di una nuova Internazionale. (...) “Frazione” su scala nazionale significa formazione che vive al contatto diretto con gli avvenimenti di classe e che vi trova alimento per la sua azione specifica per quanto è soluzione della crisi comunista. “Frazione” su scala internazionale significa che è già risolto o è sul punto di essere immediatamente risolto il problema dei rapporti di classe in un dato settore che dovrà sconvolgere tutto l’assetto mondiale e porrà quindi il problema della chiarificazione su scala internazionale”.
Come si vede, per Prometeo il processo di organizzazione politico-programmatica delle differenti frazioni di sinistra - espressioni del contributo del proletariato dei vari en paesi - non è il frutto di una riflessione teorica del tutto indipendente dal movimento storico del proletariato. Al contrario è il modificarsi dei rapporti di forza fra le classi, l’apertura di un nuovo periodo di lotte operaie che pone le condizioni oggettive per la conclusione di questo processo con la costituzione della Frazione Internazionale, che dovrà servire da ossatura della futura Internazionale. In una parola la frazione può e deve “aprire” un bilancio di tutta una fase del movimento rivoluzionario e portarlo avanti il più possibile. Ma “chiuderlo” è possibile solo in presenza di mutate condizioni oggettive, che esprimono l’apertura di una nuova fase storica. Solo allora la frazione potrà avere “il futuro che sapremo preparare”.
Nel novembre 1933, caduta nel vuoto la proposta di un Ufficio Internazionale di Informazione, la Frazione decide di pubblicare con i suoi mezzi la rivista Bilan, in lingua francese, sulle cui colonne si svolge quella chiarificazione politica che il Segretariato Internazionale dell’Opposizione ha finora sostituito con manovre, raggiri e accordi diplomatici intergruppi in vista della creazione di una fantomatica IV Internazionale.
Non è qui possibile ricordare tutte le questioni centrali su cui Bilan ha dato contributi fondamentali, in uno spirito di massima apertura alla discussione delle divergenze, che vede le sue pagine continuamente aperte ad interventi di esponenti di altre correnti politiche, dagli Internazionalisti belgi alla Sinistra Tedesca-Olandese.
Per il tema specifico da noi trattato, è utile invece ricordare che il 1935 rappresenta un punto importante nella storia di Bilan. Contrariamente a quanto era avvenuto per la socialdemocrazia, i partiti comunisti passano ufficialmente alla collaborazione di classe, ancora prima che scoppiasse la guerra (ingresso dell’URSS nella Società delle Nazioni, patto franco-sovietico, sostegno del PCF al governo Laval in Francia). Il congresso della Frazione abbandonò quindi il nome di Frazione di Sinistra del PCI per quello di Frazione Italiana della Sinistra Comunista. Dato che la rottura completa era avvenuta a Pantin nel ‘28, potrebbe sembrare un cambiamento solo formale, ma non è così poiché sullo stesso numero di Bilan appare la dichiarazione di rottura di ogni relazione politica con l’Opposizione Internazionale di Sinistra, ormai definitivamente naufragata con 1’“entrismo” nei partiti socialdemocratici. Bilan si trova quindi a registrare il suo quasi totale isolamento nella prosecuzione del lavoro avviato, ciò che la sottopone ad una crescente pressione ad “accelerare i tempi” per far fronte alla terribile responsabilità storica di cui è portatrice. Questa tendenza a “forzare il passo” si nota già nelle considerazioni di Vercesi sul significato del Congresso del ‘35:
“… bisogna pensare che nella situazione attuale, benché non si abbia e non si possa avere un’influenza di massa, noi ci troviamo davanti alla necessità di agire non più come frazione di un partito che ha tradito, ma come - se così si può dire - partito in miniatura”. (Bilan n°28, marzo-aprile ‘36).
Ma sarà nel ’37-38, sotto la spinta di una situazione ancor più grave, che questa tendenza diverrà dominante e si esprimerà simbolicamente in un altro cambiamento di nome: Bilan viene sostituito da Octobre, organo dell’Ufficio Internazionale della GCI[7]. E’ in questo periodo che Vercesi elabora - di fronte al ritardo nell’esplosione della guerra - la sua teoria sull’economia di guerra, per cui la produzione di armi risolverebbe la crisi economica del capitalismo. Alla lotta interimperialistica per i mercati si sostituisce la “solidarietà interimperialistica contro la minaccia del proletariato”; al corso reale verso la guerra si sostituisce un ipotetico corso allo scontro di classe.
I risultati di questa illusione saranno disastrosi: lo scoppio della guerra trova la GCI completamente impreparata e, ciò che più conta, sbandata politicamente. Travolto dagli eventi Vercesi aggiorna la sua teoria, proclamando la “non esistenza sociale del proletariato durante la guerra” e la conseguente impossibilità di lavoro rivoluzionario finché essa duri. A questa tendenza liquidatoria della GCI si oppone la maggioranza della Frazione Italiana (FI) raggruppatasi a Marsiglia che si dedica al duplice compito di riallacciare la rete internazionale spezzata e portare a termine la critica delle teorie revisioniste della tendenza Vercesi.
Le tappe fondamentali di questo lavoro sono:
Gennaio ‘42: fondazione a Marsiglia del nucleo francese della GCI da parte di “compagni che rompono organizzativamente e politicamente con il confusionismo ed opportunismo delle organizzazioni trotskyste”.
Agosto 1943: Conferenza della FI che sottolinea - in accordo con il nucleo francese - la natura di classe degli scioperi del luglio ‘43 in Italia e di movimenti analoghi in Germania (inverno 42-43), mentre la tendenza Vercesi, sulla base della “inesistenza sociale del proletariato”, ne nega ogni possibilità di azione autonoma durante la guerra.
Maggio 1944: Conferenza della FI che condanna definitivamente le teoria revisio nista di Vercesi in una Dichiarazione Politica che ristabilisce le acquisizioni fondamentali della frazione.
Dicembre’44: il nucleo si trasforma in Frazione Francese della GCI che prenderà poi il nome di Sinistra Comunista di Francia (GCF) e pubblicherà il giornale l’Etincelle e l’organo teorico Internationalisme (l945—52).
Inizio’45: la tendenza Vercesi, che è precipitata nella partecipazione al Comitato di Coalizione Antifascista di Bruxelles con tutti i partiti della borghesia italiana, è espulsa dalla FI.
In questo momento la notizia della costituzione, avvenuta nel 1943, del PCInt in Italia piomba come una bomba fra i compagni all’estero. Se da una parte questo conferma la natura di classe degli avvenimenti del ‘43, dall’altra apre una grossa divergenza fra Internationalisme, che propone il rientro della FI in Italia per garantire con la sua azione che il partito si inquadri strettamente nelle linee programmatiche stabilite dalla Sinistra Comunista Internazionale, e la maggioranza degli aderenti della FI che, ritenuto esaurito il loro compito, sciolgono la frazione alla Conferenza di Maggio ‘45 ed aderiscono individualmente al partito.
I risultati di questa liquidazione non tardano a manifestarsi: questi compagni si ritrovano nel partito assieme alla minoranza esclusa per la partecipazione alla guerra antifascista di Spagna ed alla minoranza esclusa per il Comitato Antifascista di Bruxelles, con Vercesi nella direzione del Partito, senza che nessuna chiarificazione politica sia ritenuta necessaria. L’euforia della “corsa al partito” ha cancellato tutto, tradimenti e discriminanti programmatiche, in un generale compromesso il cui migliore esempio è l’adozione all’unanimità al Convegno di Torino (1946) di una Piattaforma dovuta a Bordiga, quanto meno ambigua su alcuni punti centrali[8].
Contemporaneamente appare sempre più chiaro che la borghesia, edotta dall’esperienza del primo dopoguerra, è riuscita a stroncare la rinascente minaccia proletaria con un attacco preventivo (bombardamenti massicci sulle città operaie del Nord Italia, su Brema e Amburgo, occupazione militare della Germania e dispersione del suo proletariato in campi di prigionia in tutto il mondo). Per cui, in pieno corso controrivoluzionario, è l’esistenza stessa del partito che viene a perdere ogni base reale.
Internationalisme, fedele alla lezione di Bilan, condusse chiaramente e senza sotterfugi la critica di queste rovinose deviazioni, non cessando mai di chiedere la convocazione di una Conferenza Internazionale del la GCI che discutesse apertamente i punti di divergenza. Ma il resto della GCI eliminò il problema di un’imbarazzante chiarificazione nelle proprie fila, con la totale rottura di ogni tipo di rapporti con questo “interlocutore scomodo”. Di conseguenza è solo al Congresso di Firenze che le divergenze esplodono improvvisamente ed è lo stesso Vercesi - che è pure uno dei principali responsabili - a dover ammettere che “per correre dietro a delle chimere si è lasciato da parte il lavoro di formazione dei quadri che è in uno stato deplorevole” e che il partito non è che una frazione allargata. Commentano i compagni francesi:
“Disgraziatamente in Italia non c’é né partito né frazione allargata, né influenza sulle masse, né formazione di quadri, dato che l’attività del P.C.Inter. tende a compromettere 1’immediato dell’una e l’avvenire dell’altra”. (Internationalisme n°36, luglio ‘48).
Ma neanche il Congresso riuscì a segnare una svolta, perché la risoluzione delle divergenze continua ad essere rimandata al futuro, incancrenendo ulteriormente la situazione. Nonostante Internationalisme non avesse cessato di sostenere che:
“Ogni altra situazione consistente nell’evitare la discussione sulle questioni politiche e le divergenze, non farebbe infatti che preparare l’esplosione di crisi e scissioni ad ogni momento critico dell’avvenire. Non si salvaguarda “l’unità” di un’organizzazione con misure organizzative e burocratiche. Non se ne rinforzano le fondamenta coprendole di una leggera crosta di monolitismo che dia l’apparenza di un’omogeneità politica”. (Lettera a tutti i gruppi e militanti della GCI, 28 novembre 1946).
E’ solo nel 1952 che le divergenze vengono risolte all’interno del PCInt, non con la discussione, ma con la scissione dei militanti superstiti in due gruppi contrapposti (gli attuali Battaglia e Programma Comunista), in un clima di confusione ed accuse personali che hanno pesato catastroficamente fino ai giorni nostri sulla discussione politica fra i vari raggruppamenti di sinistra comunista.
In quello stesso 1952 Internationalisme cessa le pubblicazioni e si ha la dispersione anche geografica dei suoi militanti[9].
La curva della controrivoluzione stava toccando il suo punto più basso.
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Tutto il patrimonio di esperienze ed insegnamenti che viene dal lavoro delle frazioni negli anni ‘30 e ‘40 è ancora molto lontano dall’essere assimilato dalle nuove generazioni di rivoluzionari. Ciò è dovuto al silenzio quasi assoluto che c’é stato sul lavoro di Bilan e più ancora su quello di Internationalisme, ed alla mancata ristampa dei testi fondamentali anche da parte di quei gruppi che dichiarano esplicitamente di essere gli eredi del lavoro della frazione all’estero.
Certo si ha buon gioco a dichiararsene i continuatori quando si fa ben poco per favorire una minima conoscenza del lavoro di questi compagni. Si può così fare un uso a dir poca disinvolto delle citazioni, come quando Battaglia Comunista[10], per dimostrare che anche Bilan sosteneva la “perennità” del partito, cita il seguente passo dal n°1:
“Il partito non cessa di esistere anche dopo la morte dell’Internazionale. Il partito non muore, tradisce. Il partito, ricollegandosi direttamente al processo della lotta di classe, è chiamato a continuare la sua azione anche quando l’Internazionale è morta. Così, in caso di guerra, il partito esiste e chiama il proletariato a prendere le armi, non per la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile, ma per continuare la sua lotta nel corso stesso della guerra …”.
tagliando giusto le parole finali “... confondendo i suoi interessi con quelli del nemico di classe”. In questa maniera il testo è sufficientemente ambiguo per far credere ai lettori che ignorino la posizione di Bilan (cioè a tutti o quasi) che la Frazione all’estero sosteneva la perennità del partito proletario - anche se in modo un po’ sconclusionato - quando invece il testo voleva sostenere l’inevitabile passaggio “al nemico di classe” del partito che si mantenga in quanto tale nella controrivoluzione. Far dire ad uno scritto del movimento operaio il contrario di quello che voleva dire[11], è una grave scorrettezza, specie da parte di un gruppo che ha saputo fare sue numerose acquisizioni del lavoro di Bilan (vedi in particolare il rigetto delle lotte di liberazione nazionale).
Diverso è il caso di Programma Comunista il cui richiamo a Bilan è del tutto strumentale per garantire quella vantata continuità politica, organica e ... fisica negli anni. E’ tipico il silenzio con cui Programma ha avvolto gli anni di lavoro della frazione all’estero: nel testo “In difesa della continuità del Programma Comunista”, destinato a dimostrare la continuità di elaborazione della Sinistra Italiana dal 1920 al 1966 (46 anni complessivi), ai 16 anni che vanno dal 1926 al l943 sono dedicate solo 18 righe su 180 pagine! E comunque, quando se ne parla, è per sostenere che Bilan, lavorando controcorrente, era riuscito a “mantenere il filo della nostra tradizione, e gettarne il seme là dove esso non esisteva”.
Dopo questa prima posizione, da cui si lasciava intendere che ci fosse la massima omogeneità tra Programma e la Frazione, in seguito alla pubblicazione da parte nostra di alcuni testi di Bilan, Programma ha dovuto adottare una posizione più attenta, meno spudorata, ed ha cominciato ad ammettere che:
“se è vero che la rivista Bilan ha fatto degli errori politici, erano proprio errori, concessioni a correnti di tipo ‘sinistra europea’, ma ciò in un comportamento oscillante che impedisce di pretendere che Bilan aveva una teoria particolare che avrebbe rivisto le posizioni originali dell’Internazionale e della Sinistra”. (Le Proletaire n°204, 4 ottobre 1975).
Ma neanche questa linea di difesa ha retto più e, seguendo Programma in questo invariante trasformismo, si giunge alla posizione ultima dei bordighisti che, nella serie di articoli “Sulla via del ‘partito compatto e potente’ di domani”, non solo si discostano da Bilan su una serie di questioni (gli “sbandamenti in questioni come quella nazionale o coloniale” e “la ricerca di una via diversa da quella battuta dai bolscevichi nell’esercizio della dittatura e nel ricorso alla NEP”), ma finiscono per stendere un velo pietoso su tutta l’opera di Bilan, i cui “sbandamenti” sarebbero dovuti all’impossibilità di avere le idee chiare fino a che non si è concluso il ciclo della controrivoluzione (posizione rispettabilissima, ma che applicata così a casaccio, per voler spiegare troppo, non spiega niente).
Nei fatti Bilan sta divenendo sempre più un’imbarazzante “eredità” e assistiamo al moltiplicarsi dei distinguo:
“Noi l’avremmo tradita, perché abbiamo rinunciato - e con la massima chiarezza (sic!) - ad alcune enunciazioni che si leggono su Bilan a proposito della questione nazionale e del concetto, cui si rifà continuamente la CCI, della formazione del partito nel momento rivoluzionario (in caso contrario si è opportunisti!). Sissignore, queste deduzioni erano sbagliate (...). Non abbiamo paura di dire che ha sbagliato quando, per ragioni certo comprensibili, non è riuscito a rappresentarlo coerentemente (il marxismo e gli apporti successivi, n.d.r.)”. (Programma Comunista n°21, 12/9/77).
Finalmente quindi Programma prende le distanze da Bilan ed è costretto a rendere conto delle divergenze che ha con le posizioni della Frazione. Noi non possiamo che rallegrarci che si sia prodotta questa chiarificazione, confermandosi così la validità che ha avuto la nostra iniziativa di ripubblicazione dei testi di Bilan. Così Programma la smetterà di presentare la storia della sinistra a proprio uso e consumo e di falsificare le posizioni di Bilan come in quell’unico articolo dedicatogli, “Una pagina della battaglia rivoluzionaria” (Programma Comunista, n°21, 1957) in cui, tra le altre cose, si ha il coraggio di far passare l’articolo di Vercesi “I principi, armi della rivoluzione”[12] per “la riaffermazione di quella che oggi chiameremmo ‘l’invarianza del marxismo’”.
Ci limitiamo qui a riprodurre solo uno dei tanti passi indicativi di quanto fosse “invariante” Bilan:
“Le condizioni attuali (....) ci permettono di indicare due aspetti particolari circa la deformazione del significato delle questioni di principio.
La prima potrebbe essere detta quella del repertorio o del catalogo. Il militante, e soprattutto il dirigente proletario, possederebbe un dizionario marxista nel quale sarebbero poste, in formule semplicissime, le questioni di principio che, derivate da Marx o da Lenin, consentono di fabbricare un “marxismo” o un “leninismo” biblici, dai quali si possono far sortire degli anatemi contro gli “eretici”. Questi ultimi sarebbero soprattutto quelli che, elevandosi contro il riferimento a situazioni profondamente modificate della politica applicata da Marx o Lenin, cercano di tradurre in principi le nuove esperienze della lotta proletaria. Il sedicente marxista o leninista eleverà al rango di un dio Marx o Lenin, ma questa è una venerazione decorativa perché in realtà questi grandi capi proletari sono in questo modo pugnalati”.
Noi non ci proclamiamo gli eredi di Bilan. E’ questo un concetto che ci è estraneo, e lasciamo volentieri gli altri ricorrere ai tribunali borghesi per farsi riconoscere eredità di ogni sorta. Ma se una qualche eredità deve esistere, questa è l’eredità di tutta l’esperienza storica del movimento operaio e tocca, per definizione, allo stesso movimento operaio e a tutte le sue espressioni di avanguardia.
La nostra collocazione rispetto a Bilan, Internationalisme e, negli anni ‘60, rispetto al piccolo e valoroso gruppo Internacionalismo in Venezuela, è di continuatori tenaci della profonda opera di riflessione svolta da questi gruppi in preparazione del partito di domani. Non ne siamo certo - e lo diciamo con soddisfazione e piena responsabilità militante, gli unici continuatori, ma non nascondiamo la nostra convinzione di essere i più coerenti nella prosecuzione di questo lavoro. Contrariamente a chi tace o mente sul lavoro di Bilan, per farlo coincidere con le sue posizioni, noi pensiamo che sia nostro dovere militante mettere in evidenza tutta la contraddittorietà con cui si è sviluppato questo lavoro, sottolineando anzi quelli che ci sembra siano state le debolezze e gli errori di questi gruppi. Solo a queste condizioni avrà avuto un senso il lavoro di questi compagni e le nuove generazioni di rivoluzionari potranno farsene degnamente continuatrici.
All’interno di quest’ottica, noi crediamo che uno dei problemi più importanti per i rivoluzionari, quello relativo al processo di presa di coscienza del proletariato e del rapporto partito e classe, problema che tutt’oggi è al centro di dibattiti e polemiche tra i rivoluzionari, abbia ricevuto un importante contributo dal lavoro di Internationalisme, anche se l’attaccamento ancora presente nel gruppo alle formulazioni leniniste comporti una certa contraddittorietà nello sviluppo del discorso. Si può ad esempio riscontrare, nell’articolo “Sulla natura e funzione del partito politico del proletariato”, da noi ripubblicato in questa rivista, la contraddizione presente tra quanto viene affermato nelle tesi 6 e tutto il resto dell’articolo.
Pertanto, abbiamo ritenuto opportuno pubblicare, come appendice ai testi, alcuni stralci di un nostro articolo su questo tema “Coscienza di classe e ruolo dei rivoluzionari”[13].
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Per concludere sappiamo bene che questo testo di introduzione non risulterà privo di incompletezze evidenti e di eventuali imprecisioni. Per le prime, vale quanto abbiamo scritto introducendo i testi di Bilan sulla guerra di Spagna: non ci interessa tanto rifare la storia, quanto contribuire al recupero del filo storico che di generazione in generazione lega gli apporti delle minoranze rivoluzionarie. Per quanto riguarda le seconde, esse sono inevitabili quando si tratta di ripresentare un oscuro lavoro rivoluzionario su cui hanno pesato gli anni della controrivoluzione e tanti reticenti silenzi.
Ben vengano quindi i contributi da altre organizzazioni ad integrare e correggere quanto da noi esposto; riaprire il dibattito sulle grandi questioni politiche sollevate in questi testi resta lo scopo principale di questo nostro lavoro.
La polemica aperta in vista della chiarificazione politica fra organizzazioni rivoluzionane è per noi un dovere militante cui nessuno deve sottrarsi, specie oggi che la tendenza allo spezzettamento ed alla chiusura settaria va sempre più invertendosi. Ancora una volta “noi pensiamo che avremo il futuro che sapremo preparare”.
Rivoluzione Internazionale
[1] Vedi l’articolo sulla Sinistra Comunista Tedesca in Rivoluzione Internazionale n°2.
[2] “Per finirla con le rettifiche” l’Unità del 22/7/1925, citato in A. Bordiga, di A. De Clementi, edizioni PBE, pag. 226.
[3] La rapida disgregazione e scomparsa di gruppi come il KAPD e la generale tendenza dei gruppi fuori dell’IC a buttare via il bambino con l’acqua sporca non facevano che consigliare accresciuta prudenza, nascondendo in un certo modo l’irreversibilità dei processi degenerativi in corso nell’IC.
[4] Vedi Rivista Internazionale n°1.
[5] Operaio, deputato al parlamento ed a capo, insieme con Bruno Fortichiari, della Sinistra Comunista a Milano.
[6] Alcuni di questi compagni sono già fuori del partito, avendo dato le dimissioni per protesta contro le responsabilità dell’IC nella catastrofe dell’“ottobre tedesco” del 1923.
[7] La Sinistra Comunista Internazionale fu fondata nel 1938 dalla Frazione Italiana e dalla Frazione belga, formata dalla minoranza di sinistra che ruppe con la Lega dei Comunisti Internazionalisti del Belgio sulla questione spagnola. Su questa stessa questione una minoranza fu esclusa da Bilan per aver appoggiato la guerra antifascista. Vedi i testi della divergenza in Rivista Internazionale n°1.
[8] Vedi “Ambiguità sulla natura dei partigiani nella fondazione del P.C. Internazionale” su Rivoluzione Internazionale n°9.
[9] Alcuni di essi parteciperanno alla fondazione nel 1962 del gruppo Internacionalismo in Venezuela, che è oggi una delle nostre sezioni territoriali.
[10] Non si costruisce il partito della rivoluzione giocando al paradosso, Prometeo n°18, 1972.
[11] Come si vedrà, questo articolo viene scritto proprio per affermare la necessità del lavoro di frazione contro i tentativi volontaristici (di Trotskij) di costruire in piena controrivoluzione nuovi partiti. D’altra parte, nello stesso n°1 di Bilan, alla fine dell’articolo “XVI anniversario della rivoluzione russa (1933)”, riprodotto in “L’Antistalinismo di sinistra e la natura sociale dell’URSS”, a cura di B. Bongiovanni (ed. Feltrinelli) si può 1eggere: “L’evoluzione della frazione verso il partito non segue i procedimenti della pedagogia scolastica, ma segue la pedagogia degli avvenimenti. Questi evolvono verso grandi tormenti sociali ed è a questo fuoco che le frazioni di sinistra si svilupperanno e si ingrandiranno fino a divenire la guida delle lotte rivoluzionarie per la vittoria socialista in tutto il mondo. Occorre perciò costruire i quadri responsabili per i nuovi partiti comunisti, proprio come fece Lenin prima del 1917”.
[12] Bilan n°5, febbraio ‘34.
[13] La pubblicazione di questo articolo, la cui versione integrale si trova nella Révue Internationale n°7, ottobre 1976, al quale dovrebbe far seguito tra breve la pubblicazione di una brochure internazionale sullo stesso tema, può essere considerata una prima e parziale risposta all’articolo scritto sul tema da Battaglia in polemica con la CCI e apparso recentemente su Prometeo n°1 (IV serie) del primo settembre ’78.
Le relazioni fra i gruppi extraparlamentari, come è noto, sono frequentemente regolate a colpi di spranga. In altri casi, i medesimi gruppi sono pronti a scodinzolarsi a vicenda moltiplicando i segni di considerazione e di personale modestia. La contraddizione è solo apparente poiché nell'uno e nell’altro caso si tratta di adeguarsi opportunisticamente al dato immediato dei rapporti di forza, sia nello scontro per la testa del corteo, sia nelle discussioni bizantine per la presentazione di liste comuni al parlamento. Questo adeguarsi alla convenienza immediata è una via obbligata per i rappresentanti politici di mezze-classi storicamente incapaci di vedere al di là del proprio naso. Ma per le espressioni politiche della classe operaia, per le minoranze rivoluzionarie la cui azione non può che ispirarsi ai fini storici della prima classe della storia chiamata ad operare coscientemente la trasformazione radicale della società, una simile politica sarebbe un suicidio.
Se Bilan proclama di non poter essere che un “fattore” della chiarificazione rivoluzionaria non è per falsa modestia, né per “leccare” i gruppi dell’Opposizione (la critica spietata dal punto di vista politico che si trova in “Verso l’Internazionale 2 e ¾?” lo dimostra). E’ perché è cosciente del fatto che solo il lavoro collettivo delle frazioni d’avanguardia del proletariato dei vari paesi potrà trovare una soluzione rivoluzionaria ai “nuovi problemi” posti dall’esercizio del potere proletario in Russia; e questo lavoro non passa né per le sprangate, né per la diplomazia, ma per la discussione aperta delle divergenze. Né ci pare casuale che questo primo numero di Bilan si concluda, al punto V del “Progetto di costituzione di un Ufficio internazionale di informazione”, con la vibrante rivendicazione della continuità storica di questo metodo proletario di lavoro, questo sì, “invariante”.
La nostra frazione, iniziando la pubblicazione del presente bollettino, non crede di poter offrire delle soluzioni definitive ai problemi terribili che si pongono ai proletari di tutti i paesi.
Certo, la nostra frazione si richiama ad un lungo passato politico, ad un insieme di posizioni politiche fondamentali; ma essa non ha l’intenzione di avvalersi dei suoi precedenti politici per chiedere delle adesioni sulle soluzioni da lei prospettate per la situazione attuale. Al contrario, essa invita i rivoluzionari a sottomettere alla verifica degli eventi sia le posizioni da essa difese attualmente sia quelle contenute nei suoi documenti di base.
Non è un cambiamento della realtà storica che ha permesso al capitalismo di superare la tormenta degli avvenimenti del dopoguerra: nel 1933, in maniera simile e più che nel 1917, il capitalismo risulta definitivamente condannato come sistema di organizzazione sociale. Ciò che è cambiato dal 1917 al 1933 è il rapporto di forza tra le due classi fondamentali, tra le due forze storiche che agiscono nell’epoca attuale: il capitalismo e il proletariato.
L’ottobre ‘17 è stato possibile perché in Russia esisteva un partito preparato da molto tempo, che aveva, nel corso di una serie ininterrotta di lotte politiche, esaminato tutte le questioni che si erano poste al proletariato russo e mondiale dopo la sconfitta del 1905.
E’ da questa sconfitta che emersero i quadri capaci di dirigere le battaglie del 1917. Questi quadri si sono formati attraverso un lavoro di intensa critica, volto a ristabilire i concetti del marxismo in tutti i campi, della conoscenza, dell’economia, della tattica, dell’organizzazione; nessun dogma bloccò l’opera dei bolscevichi, ed è proprio questo che gli ha permesso di portare a buon termine il loro compito.
In nessun altro paese il proletariato aveva potuto fare quello che i bolscevichi realizzarono in Russia. Ed è proprio la mancanza di quadri e di un partito che ha determinato la serie di sconfitte subite dal proletariato nel dopoguerra.
Noi siamo oggi ad un punto estremo di questo periodo: il proletariato forse non è più in grado di opporre il trionfo della rivoluzione allo scoppio di una nuova guerra imperialista, tuttavia, se vi è ancora qualche possibilità di ripresa rivoluzionaria immediata, essa consiste unicamente nel comprendere le disfatte passate. Coloro che oppongano a questo lavoro indispensabile di analisi storica il cliché della mobilitazione immediata degli operai, non fanno che creare confusione ed impedire l’effettiva ripresa delle lotte proletarie.
I quadri per i nuovi partiti del proletariato non possono essere frutto che della conoscenza profonda delle cause delle sconfitte. E questa conoscenza non può essere soggetta ad alcun interdizione né ad alcun ostracismo.
Fare il bilancio degli eventi del dopoguerra signifîca dunque stabilire le condizioni per la vittoria del proletariato in tutti i paesi. La nostra frazione avrebbe preferito che un tale lavoro si facesse tramite un organismo internazionale, persuasa com’è della necessità del confronto politico tra gruppi tali da rappresentare la classe proletaria di più paesi. Così come saremo molto lieti di poter cedere questo bollettino ad un’iniziativa internazionale garantita dall’applicazione di seri metodi di lavoro e dalla preoccupazione di fare una seria polemica politica.
Il nostro bollettino viene pubblicato sotto la responsabilità della C.E. della frazione di sinistra del P.C.I. Il compagno Dumont, che fa parte di un gruppo con cui la nostra frazione ha stabilito una comunanza di lavoro, collabora attivamente alla sua redazione.
La frazione, pur richiamandosi ai suoi documenti fondamentali che sono dovuti soprattutto al compagno Bordiga, non può assolutamente vincolare la responsabilità di questo compagno che si trova nell’impossibilità di far conoscere le proprie opinioni. La rivista pubblicherà molti scritti del compagno Bordiga, il che permetterà ai militanti degli altri paesi di verificare se le posizioni da noi attualmente difese si collegano a quelle espresse da Bordiga nei suoi documenti e che costituiscono l’apporto del proletariato italiano alla lotta del proletariato internazionale per la vittoria del socialismo in tutto il mondo.
Il compagno Trotsky, in una serie di documenti, spiega il nuovo orientamento che la Opposizione Internazionale dovrebbe adottare in seguito alla vittoria del fascismo in Germania. Questo nuovo orientamento scaturirebbe dalla mancanza di una reazione salutare, all'interno dei partiti comunisti, dopo la disfatta tedesca.
Noi siamo obbligati, anche se con rincrescimento, a polemizzare e ad opporci al compagno Trotsky. Egli resta, nei fatti, uno de gli artefici della più grande rivoluzione conosciuta dalla storia e il compagno prezioso di Lenin nel 1917. Malgrado la vergognosa lotta della frazione centrista contro di lui, Trotsky non ha mai pensato di allontanarsi dai principi di lotta che furono alla base delle grandiose battaglie storiche sostenute dal proletariato nel 1917. Lo storico della rivoluzione russa, che vorrà ristabilire la continuità della lotta del proletariato russo e del proletariato mondiale, avrà come punto di riferimento le lotte condotte da Trotsky dal 1923 contro l'opportunismo che snaturava la funzione storica dello Stato proletario e della Internazionale Comunista. Ancora oggi, questo vecchio militante rivoluzionario proclama la necessità di costruire una nuova Internazionale, dei nuovi partiti comunisti, credendo così di arrestare, con una sferzata eroica, il galoppo dell'opportunismo in seno al movimento proletario e di salvare il proletariato russo e mondiale dagli attacchi sanguinosi della reazione capitalista.
Noi siamo assolutamente sicuri che il compagno Trotsky commette un errore colossale auspicando un lavoro comune con le sinistre socialiste nello scopo di arrivare alla costruzione di un nuovo partito comunista.
Per anni abbiamo fatto molteplici sforzi per dibattere le nostre opinioni all'interno dell'Opposizione Internazionale di sinistra. Se la discussione non si è istituita sulla base di un minimo di organizzazione internazionale non è mai dipeso da noi, ma dai diversi circoli intorno al compagno Trotsky, e da Trotsky stesso. Invece della discussione politica vi furono manovre di soffocamento e in seguito un referendum sancì la nostra esclusione ancor prima che la Conferenza Internazionale si fosse potuta pronunciare sulle posizioni da noi difese. Neanche il centrismo è mai andato tanto lontano... Ora è la nostra frazione che ha fondato il PCI e che, per prima, ha condotto una lotta nelle fila della I.C, per l'affermazione di posizioni politiche che solo dei ciarlatani possono considerare in opposizione con l'opera di Lenin o in contraddizione con i principi marxisti.
L'errore fondamentale che compie oggi il compagno Trotsky non mette assolutamente in discussione i servigi che egli ha reso alla causa del proletariato, ma è anche vero che la sua opera non può giustificare, in alcun caso, l'adesione a ciò che noi consideriamo un errore capitale.
Al contrario, la fedeltà all'opera di Trotsky si manifesta proprio e solo attraverso la lotta contro il suo errore attuale, poiché è assolutamente falso che la continuità a livello della militanza di un singolo individuo costituisca una garanzia per la lotta ulteriore del proletariato rivoluzionario. Questa continuità si stabilisce invece sulla base di posizioni politiche. Si tratta quindi di vedere se le nuove posizioni del compagno Trotsky rispondono o no alle necessità della lotta del proletariato.
Benchè la nostra polemica attuale si ispiri all'opera che permise a Lenin e ai bolscevichi di fondare -tramite un lavoro di frazione - il partito che diresse la rivoluzione russa, noi non riprenderemo la polemica che oppose Lenin a Trotsky sulla questione delle frazioni. Noi ci atterremo all'applicazione dei principi marxisti e alle esperienze ricondotte alla situazione attuale.
La dichiarazione che segue ha per scopo di precisare la posizione politica della frazione di sinistra del PCI rispetto alle proposte del compagno Trotsky per la fondazione di un secondo partito e di una IV Internazionale in collaborazione con le formazioni di sinistra provenienti dalla socialdemocrazia. I documenti della frazione ai quali questa dichiarazione deve essere collegata sono:
1) Dichiarazione della C.E. della frazione alla conferenza di Parigi dell'aprile 1930, in cui fu fondata l'Opposizione Internazionale di Sinistra.
2) Nostre proposte del 1931 e del 1932 per la organizzazione di una Conferenza Internazionale al fine di nominare un Segretariato responsabile che avrebbe invitato le differenti sezioni dell'opposizione a lavorare per l'elaborazione di una piattaforma internazionale.
3) Progetto di costituzione di un Ufficio Internazionale di Informazione (15-maggio 1933) che scaturiva dalla constatazione della morte dell'Internazionale Comunista al momento degli eventi che hanno accompagnato la vittoria del fascismo in Germania.
1. La costituzione del nuovo partito
Secondo una logica formale si potrebbe vedere una chiara contraddizione nelle due formulazioni di Marx: quella in cui egli afferma che "l'emancipazione dei lavoratori sarà l'opera dei lavoratori stessi" e quella in cui dimostra che "l'organizzazione del proletariato in classe, e, quindi, in parti- to politico, è continuamente distrutta dalla concorrenza che si fanno gli operai tra loro" (Manifesto Comunista).
Sarebbe così se, dalla verità indiscutibile che i lavoratori realizzeranno essi stessi la loro emancipazione, si potesse dedurre che essi realizzano autonomamente la coscienza e la capacità necessaria per raggiungere il loro scopo. E, in questo caso, sembrerebbe incomprensibile che il proletariato sia obbligato a costituirsi in partito di classe al fine di "distruggere la concorrenza che i lavoratori si fanno tra di loro".
AI contrario i due pensieri di Marx si completano: solo la spinta della classe nel suo insieme può abbattere lo Stato capitalista. Tuttavia, il proletariato non può giungervi che attraverso la sua organizzazione in partito politico. La necessità del partito esprime la realizzazione delle condizioni politiche che, sole, permettono alla classe proletaria di raggiungere i suoi fini speci- fici. In ogni caso, è da sottolineare che già nel pensiero di Marx l'idea del partito appare come la condizione indispensabile per la realizzazione del compito storico del proletariato.
Già il compagno Bordiga, nel suo articolo "Partito e Classe" (Contre le Courant n° 18-19, novembre 1928, ripreso da "Rassegna Comunista" 1921), scriveva che "le tesi sui compiti del Partito Comunista nella Rivoluzione Proletaria, approvate al II Congresso della I.C., profondamente e realmente ispirate dalla dottrina marxista, prendono come punto di partenza la definizione dei rapporti fra partito e classe; esse stabiliscono che un partito di classe non può comprendere nelle sue proprie fila che una parte della classe stessa; mai può estendersi all'insieme di questa, forse nemmeno alla sua maggioranza. Questa verità ovvia sarebbe stata messa meglio in evidenza se fosse stato precisato che non è nemmeno possibile parlare di classe finchè non esiste in questa una minoranza tesa ad organizzarsi in un partito politico". Più avanti aggiungeva ancora: "Un partito vive quando vivono una dottrina ed un metodo d'azione. Un partito è una scuola di pensiero politico e, di conseguenza, una organizzazione di lotta. Inizialmente si tratta di un fatto di coscienza, poi di un fatto di volontà, più esattamente una tendenza verso uno scopo. Senza queste due proprietà, noi non possediamo ancora la definizione di una classe."
La fondazione del partito è inconcepibile attraverso la sola trasmissione alle masse, tramite gli strati molto ristretti di operai rivoluzionari di avanguardia, di soluzioni politiche che il proletariato non avrebbe che da accettare. Invece è solo attraverso l'appoggio delle masse a questi strati rivoluzionari, cioè attraverso una delega costante delle masse a questi, che il partito si fonda e può portare i lavoratori alla vittoria, Questa delega non si effettua tramite una semplice propagazione di idee partorite liberamente da degli individui o delle minoranze, ma risulta dalla realtà della lotta di classe. Tuttavia, questa lotta non porta automaticamente alla scomparsa del capitalismo. E' al partito che spetta il compito di comprendere i diversi periodi storici per permettere alle masse di intervenire nelle situazioni. A sua volta, il partito non comprende le situazioni che a condizione di collegarsi al processo della lotta delle classi.
Le fasi di ascesa del partito, nel corso della sua missione storica, non devono riempirci di sufficienza; la rivoluzione russa ci insegna che, anche dopo la presa del potere, il partito deve restare in guardia e in allarme per continuare la lotta, esaminare le nuove situazioni, esplorare le nuove prospettive: la sua missione storica non termina che in un futuro molto lontano, cioè quel- lo in cui lo sviluppo della tecnica di produzione avrà realizzato le condizioni per la soppressione delle classi. La capacità d'azione del partito non precede, ma segue la comprensione delle situazioni. Questa comprensione non dipende da individui che si richiamano al proletariato, ma dal partito stesso. Ma questo, essendo un elemento delle situazioni e del loro concatenarsi, può essere paralizzato e conquistato dal nemico di classe e da questo momento toccherà alla corrente marxista di comprendere il corso della evoluzione storica.
Marx diceva nella prefazione al Contributo "Per la critica dell'economia politica" che "l'umanità si pone sempre e soltanto quei problemi che essa è in grado di risolvere; infatti a guardar meglio si noterà sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali per la sua soluzione sono già presenti o almeno in via di formazione".
Ciò che è vero per l'umanità è altrettanto vero per il partito di classe del proletariato. Questo partito si porrà i problemi che le condizioni storiche gli permetteranno di porsi. Questo partito realizzerà il suo compito alla sola condizione di prevedere i problemi che sono sul punto di presentarsi. L' undicesima tesi di Marx su Feuerbach dice:
“i filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo, si tratta ora di trasformarlo”
La trasformazione del mondo non è il risultato della volontà del militante, né l’attributo dei proletari in funzione della posizione che essi occupano nel meccanismo economico. Pertanto né la volontà eroica dei militanti, né il fatto che i salariati si raggruppino in organismi da cui sono esclusi gli individui di altre classi (sindacati), rappresentano le condizioni indispensabili alla realizzazione del compito che spetta al partito, Queste condizioni derivano dalla capacità del partito ad agire nella realtà e questa capacità dipende, a sua volta, dal posto che esso occupa nelle situazioni concrete dei rapporti di classe. Per determinare quale è questo posto, è necessario un fattore intellettuale di comprensione delle situazioni e del ruolo del proletariato.
All'inizio del movimento operaio, degli intellettuali borghesi, Marx ed Engels, militando nella Lega dei Comunisti, stabilirono le condizioni politiche per la lotta delle masse operaie in vista di migliori condizioni di lavoro. Allora si considerò che i compiti supremi del proletariato potessero scaturire dalla rivoluzione borghese stessa. Il primo partito della classe operaia, la Lega dei Comunisti, si basa del resto su questi elementi storici. In seguito, i nuovi partiti, la Prima Internazionale si fondano sui nuovi problemi posti dalla storia. Il partito della classe proletaria si trova inoltre a dover risolvere delle difficoltà che la Lega dei Comunisti poteva difficilmente intravvedere: la classe operaia, per realizzare la sua emancipazione, non potrà più essere “il compagno di strada” (Marx) del capitalismo, nello sviluppo della rivoluzione borghese, La Nuova Gazzetta Renana del 1848-49, fatta da Marx in collaborazione con la borghesia radicale, è sostituita dal primo tentativo di organizzazione indipendente dei lavoratori in seno alla I Internazionale.
Una nuova fase storica si apre. Il capitalismo si installa al potere nei diversi paesi e la Seconda Internazionale, che si fonda nel 1889, lotta per il miglioramento delle condizioni di esistenza dei lavoratori e per la fondazione dei suoi organismi di classe. Infine la III° Internazionale sorge, dopo il tradimento della Seconda, grazie alla rivoluzione russa. Essa si dà per compito storico quello di realizzare la rivoluzione nel mondo intero.
Ad ogni periodo storico di costituzione del proletariato in classe, corrisponde una evidente crescita dei compiti del Partito. La Lega dei Comunisti marcerà con una frazione della borghesia. La I Internazionale abbozzerà le prime organizzazioni di classe del proletariato. La II fonderà i partiti politici e i sindacati di massa dei lavoratori. La III Internazionale sarà frutto della vittoria del proletariato in Russia.
Vediamo quindi che, in ogni periodo, la possibilità della costituzione del partito si determina sulla base dell'esperienza precedente e dei nuovi problemi che si pongono al proletariato. La Prima Internazionale non avrebbe mai potuto fondarsi in collaborazione con la borghesia radicale. La Seconda non avrebbe potuto fondarsi al di fuori del concetto della necessità del raggruppamento delle forze proletarie nelle organizzazioni di classe. La Terza non avrebbe potuto fondarsi in collaborazione con le forze che agivano in seno al proletariato per spingerlo non all'insurrezione e alla presa del potere, ma alla riforma graduale dello Stato capitalista. In ogni periodo in cui il proletariato può organizzarsi in classe, il partito si fonda sui due elementi seguenti:
1. La coscienza della posizione più avanzata che il proletariato deve occupare, la comprensione delle nuove strade da intraprendere.
2. La crescente delimitazione delle forze che possono agire per la rivoluzione proletaria.
La borghesia che, nel 1818, poteva essere considerata come collaboratrice del proletariato, diventa il suo nemico. La socialdemocrazia che, prima del 1914, può restare nello stesso partito con la sinistra marxista, diventa, dopo questa data, la nemica del proletariato. Bisogna sottolineare che, all'interno dei partiti socialisti, la sinistra marxista era molto debole e non era nemmeno giunta ad organizzarsi internazionalmente. I bolscevichi ai Congressi Internazionali non si trovavano di fronte considerazione e attenzione ma indifferenza e derisione. Nella situazione attuale, bisogna iniziare a dire chiaramente che la crisi terribile che attraversa il movimento operaio deriva dal fatto che si sono manifestati dei problemi che Lenin stesso non aveva potuto prevedere. A questi problemi il centrismo ha dato una soluzione controrivoluzionaria con la teoria del socialismo in un solo paese.
Il proletariato ha subito, nel 1927, una sconfitta terribile non riuscendo ad impedire il successo controrivoluzionario del centrismo all'interno dei P.C.. Se avesse vinto la sua battaglia in seno ai partiti, esso avrebbe assicurato la continuità del partito per la realizzazione del suo compito, dato che avrebbe risolto in una direzione rivoluzionaria i muovi problemi posti dall'esercizio del potere proletario in U.R.S.S.
Affermare oggi che si vogliono fondare dei nuovi partiti sulla base dei primi quattro Congressi dell'Internazionale, significa comandare alla storia di fare marcia indietro di dieci anni, significa precludersi la comprensione di quanto accaduto dopo questi Congressi ed è, in definitiva, voler porre questi nuovi partiti in un contesto storico che non è il loro. La strada su cui dovranno porsi domani i nuovi partiti è fin d'ora delimitata dall'esperienza dell'esercizio del potere proletario e da tutta quella del movimento comunista mondiale. I quattro primi Congressi sono, all'interno di questo lavoro, un elemento di studio che deve essere sottoposto al vaglio della critica più intensa. Se li si accettasse come un vangelo, si arriverebbe alla conclusione seguente: l'arresto della circolazione del sangue di Lenin o l'allontanamento di Trotsky sono le cause della vittoria del capitalismo nei diversi paesi e del successo del centrismo in URSS e nell'Internazionale.
2. La frazione di sinistra
Non esiste dipendenza diretta tra l'evoluzione della situazione economica e quella dei rapporti di classe. La fase attuale vede incontestabilmente corrispondere, alla crisi catastrofica dell'economia capitalista, non il prepararsi del proletariato alla lotta rivoluzionaria, ma i successi sanguinosi dell'offensiva capitalista. E' vero che la legge della evoluzione storica è in definitiva condizionata dallo sviluppo delle tecniche di produzione, ma le classi destinate a scomparire non cedono certo spontaneamente e rischiano di trascinare l'umanità verso il ritorno alla barbarie.
La lotta di classe si inserisce così in una situazione molto complessa in cui si mescolano l'azione disperata del capitalismo per conservare il suo potere e quella del proletariato per realizzare la sua emancipazione. La lotta economica del proletariato tiene in considerazione la realtà economica. I lavoratori lotteranno per degli aumenti o per la difesa dei loro salari a seconda che la situazione politica permetta loro di realizzare un fronte di lotta per migliorare o difendere il loro livello di vita. In queste condizioni il sindacato può prendere, in modo immediato, nelle diverse congiunture, una collocazione di classe e la sua funzione risiederà nella mobilitazione dell'insieme delle corporazioni per la lotta contro il padronato.
Il campo specifico dell'azione del partito è diverso: esso riguarda il dominio della lotta di classe considerato non nella sua espressione contingente, ma in quella finale. E lo scontro avverrà tra il capitalismo che tenta di assoggettare il suo nemico in modo che esso accetti o si rassegni alle sue condizioni di vita nel regime attuale, e il partito del proletariato che si sforzerà di trarre dalle situazioni contingenti gli elementi in grado di farle evolvere verso lo scopo finale della classe.
Al riguardo dell'azione del partito, la terminologia marxista è quella che si esprime delimitando le condizioni soggettive ed oggettive. Questo è il criterio che il partito usa per determinare la sua azione. Si porrà tra le condizioni oggettive quelle che riguardano le condizioni economiche, la forza dell'apparato di dominazione borghese, la posizione delle classi medie. Si considereranno condizioni soggettive la forza e l'influenza del partito di classe del proletariato. Questa terminologia corrisponde perfettamente alle situazioni in cui il partito della classe non ha perso la sua capacità di guidare il proletariato. Fino a questo momento, le reazioni di classe, prodotte dagli antagonismi sui quali è basato il regime capitalista, evolvono nel seno del partito che, sotto questo impulso, riesce a dirigere la lotta del proletariato.
Quando il partito ha perso la capacità di guidare il proletariato verso la rivoluzione - ciò accade con il trionfo dell'opportunismo - le reazioni di classe prodotte dagli antagonismi sociali non si sviluppano più nella direzione che permette al partito di compiere la sua missione. Queste reazioni sono destinate a cercare le nuove basi su cui si forma ormai l'organo della comprensione della vita della classe operala: la frazione. Capire gli eventi non sì accompagna più con l'azione diretta su questi ultimi, come succedeva prima all'interno del partito, e la frazione non può ricostituire questa unità se non liberando il partito dall'opportunismo.
Il trionfo del centrismo nelle fila dei partiti comunisti ha chiuso un periodo preciso dei rapporti tra le classi: quello in cui il capitalismo aveva di fronte uno Stato operalo e un'Internazionale Comunista che lottava per la rivoluzione mondiale, Questo trionfo ha inaugurato una nuova fase di rapporti nella quale il capitalismo ha di fronte lo Stato operaio e i vari partiti comunisti che lottano per il socialismo in un solo paese. - A partire dal 1928, che ha segnato il trionfo totale del centrismo, il criterio generale per l'analisi della situazione è quello che pone tra le condizioni oggettive, insieme alla forza del capitalismo, dei suoi agenti socialdemocratici e della posizione delle classi medie, anche la forza del centrismo.
La condizione soggettiva si sposta dal partito alla frazione. Questa è il solo organismo in cui il proletariato realizza la sua organizzazione in classe dato che è l'organismo che deriva da una fase storica passata e ne prepara un'altra.
Nel 1927, con l'esclusione delle sinistre dei Partiti Comunisti, si è verificato il fallimento dell'I.C. il cui compito storico era la canalizzazione del movimento proletario mondiale intorno allo Stato operaio. Le lotte, anche parziali, del proletariato non possono avere successo effettivo se la frazione non giunge a realizzare, nel suo seno, i dati programmatici significativi della nuova fase.
Potrebbe sembrare che i compiti della frazione siano esclusivamente didattici. Ma questa critica può essere respinta dai marxisti con le stesse argomentazioni usate contro tutti i ciarlatani che considerano la lotta del proletariato per la rivoluzione e la trasformazione del mondo alla stessa stregua dell'azione elettorale.
E' del tutto esatto che il ruolo specifico delle frazioni è SOPRATTUTTO un ruolo di formazione di quadri, attraverso degli eventi vissuti e grazie all'esame rigoroso del loro significato. Ma è anche vero che questo lavoro, soprattutto ideologico, è fatto tenendo conto dei movimenti di massa e fornisce costantemente la soluzione pratica per il loro avanzamento. Senza il lavoro di frazione, la rivoluzione russa sarebbe stata impossibile; senza le frazioni, Lenin stesso sarebbe rimasto un topo di biblioteca e non sarebbe diventato un capo rivoluzionario.
Quindi le frazioni sono, storicamente, il solo luogo in cui il proletariato prosegue il suo lavoro per organizzarsi in classe. Dal 1928 fino ad oggi, il compagno Trotsky ha completamente trascurato questo lavoro di costruzione delle frazioni e, per ciò, non ha contribuito a realizzare le condizioni effettive per i movimenti di massa. Durante tutto questo periodo la nostra frazione di sinistra si è trovata nell'impossibilità di far penetrare all'interno dell'Opposizione, la sua linea politica tendente alla costruzione di frazioni di sinistra. Il bilancio si chiude con un nostro insuccesso e con una vittoria contro di noi ottenuta con l'applicazione di metodi e di manovre indegne del movimento comunista, mentre l'organizzazione dell'Opposizione ha subito sconfitte su sconfitte e scissioni su scissioni.
3. Trasformazione della frazione in partito
In sostanza il problema è visto sotto due forme diametralmente opposte: la nostra frazione concepisce la sua trasformazione in partito, considera ogni momento della sua attività come un momento della ricostruzione del partito di classe del proletariato e reputa che solo la frazione, all'interno o al di fuori dell'organizzazione ufficiale del partito, rappresenti l'organismo capace di condurre il proletariato alla vittoria. Il compagno Trotsky ritiene invece che la costituzione di un nuovo partito non dipenderà direttamente dalla frazione o dal suo lavoro, ma dal lavoro della "opposizione" in collaborazione con altre formazioni politiche e anche con correnti appartenenti a partiti della classe nemica.
Su questo fatto l'esperienza storica ha già sciolto ogni dubbio: da un lato, la rivoluzione corona il lavoro tenace di Lenin per la trasformazione della frazione bolscevica in partito; dall'altro, la sconfitta del 1923 in Germania compromette il lavoro degli spartachisti legatisi - con la fusione di Halle - agli Indipendenti[1]. Infine la formazione delle sezioni dell'Internazionale in diversi paesi, fatta sulla base di fusioni tra formazioni politiche eterogenee, ci ha portato alla situazione attuale in cui i vari gruppi dell'opposizione si scontrano su questioni legate alle persone senza riuscire a definire le differenze di principio che li dividono
La trasformazione della frazione in partito è condizionata da due elementi intimamente legati:
1. L'elaborazione, da parte della frazione, delle nuovi posizioni politiche capaci di ben inquadrare le lotte del proletariato per la rivoluzione nella sua fase nuova più avanzata. Per agire nelle situazioni attuali e future, è necessario possedere posizioni politiche che oppongono allo Stato operaio degenerato lo Stato operaio in lotta per la vittoria rivoluzionaria nel mondo intero. Inoltre bisogna possedere le soluzioni tattiche che permettano di realizzare l'insurrezione proletaria nei paesi capitalistici visto che la riapplicazione pura e semplice della politica dei bolscevichi si è dimostrata insufficiente in Germania nel 1923, con tutto che l'I.C. era diretta ancora da Lenin e Trotsky.
2. Il capovolgimento del sistema attuale dei rapporti di classe quale si è venuto assestando con la vittoria dell'opportunismo all'interno del partito della classe operaia. Questo capovolgimento si attuerebbe con lo scoppio di movimenti rivoluzionari che potranno permettere alla frazione di riprendere la direzione delle lotte verso l'insurrezione.
Queste due condizioni sono dialetticamente legate e noi esamineremo e comprenderemo la nuova realtà che sta maturando a mano a mano che si verifica il passaggio nel campo nemico dell'opportunismo che dirige il partito comunista. Oppure, nella prospettiva opposta, nella misura in cui progredisce il lavoro della frazione di sinistra per la vittoria rivoluzionaria. Ai "sapientoni" oggi di moda nell'Opposizione Internazionale e che partoriscono ad ogni piè sospinto delle posizioni politiche che rappresenterebbero la quintessenza del sapere marxista universale, bisogna opporre la realtà, E questa dimostra che la debolezza numerica e l' incapacità teorica attuali delle frazioni di sinistra non sono che il riflesso dell'incapacità del proletariato mondiale ad opporsi all'attacco del capitalismo nell'attuale fase di crisi economica senza sbocco, la quale, pur tuttavia, dovrebbe fornire la base per dei grossi scontri rivoluzionari.
Il tradimento dei partiti comunisti non è un dato psicologico, ma storico. Non sono i gesti politici dei dirigenti opportunisti che fanno passare il partito nel campo del nemico, Così come non è il trattato di amicizia dell'URSS con l'imperialismo italiano, o le nuove relazioni con l'imperialismo francese che modificano la natura dello Stato russo, che resta ancora basato sulla socializzazione dei mezzi di produzione. Il compagno Trotsky, che poneva la chiave degli eventi per la vittoria della Rivoluzione nel Partito Comunista Tedesco, diretto dal centrismo, è sicuramente sconcertato dalla posizione politica che i partiti comunisti hanno adottato al momento della vittoria del fascismo. Per noi questa conclusione era inevitabile perchè noi ponevamo la chiave della situazione nelle mani della frazione di sinistra. Dato che questa non esisteva e che niente era stato fatto per la sua costruzione, nessuna forza poteva, conseguentemente, agire per la difesa del proletariato tedesco.
La vittoria dell'opportunismo tra le fila del partito non significa il passaggio di questo al nemico o la sua manifestazione come forza sociale al servizio del nemico, L'opportunismo rivede il marxismo e propone nuovi metodi di lotta del proletariato, All'interno dei partiti socialisti, prima del 1914, l'opportunismo preconizzava la conquista graduale dello Stato in sostituzione della lotta rivoluzionaria per la sua distruzione. Per conquistare il proletariato, l'opportunismo insisteva sull'importanza crescente del sindacato e del partito, chiamati a giocare un ruolo nelle questioni parlamentari e ministeriali. Le diverse fasi attraversate dall'opportunismo, all'interno dei partiti della Seconda Internazionale, sono evidentemente state altrettante fasi di regresso del proletariato e di progresso dell'influenza del capitalismo tra le sue fila. Il proletariato, in mancanza della frazione di sinistra, ha dovuto attendere l'esaurimento della funzione dell'opportunismo, cioè il suo tradimento, prima di passare alla costruzione di nuovi partiti. D'altra parte, la frazione stessa non ha elaborato le nuove posizioni storiche per la lotta del proletariato se non dopo il 1914, e soprattutto attraverso la voce di Lenin, il cui lavoro precedente fu la premessa indispensabile alle conclusioni stabilite dopo il tradimento dei partiti socialisti.
Il centrismo, in seno ai partiti comunisti, propone al proletariato, la lotta per il socialismo in un solo paese. Gli interessi della classe operaia di ogni paese non risultano più dalla lotta per il rovesciamento del capitalismo, ma derivano dai progressi dell'industrializzazione e dei piani quinquennali in URSS. In definitiva, il centrismo dirà agli operai: non la vittoria rivoluzionaria del proletariato, ma il rafforzamento economico e militare dello Stato operaio e la sua coesistenza pacifica con il capitalismo mondiale vi porteranno al socialismo. Come prima della guerra i sindacati permisero ai riformisti di svolgere il loro ruolo controrivoluzionario, così lo Stato operaio rappresenta la condizione essenziale che permette al centrismo di sviluppare la sua politica in seno al proletariato.
Attualmente noi dobbiamo avere la forza di attendere che le contraddizioni insolubili, in cui si trova il centrismo, si scontrino con l'opera costruttiva delle frazioni di sinistra. Noi non possiamo ignorare l'organizzazione sociale che esiste in Russia - poiché il centrismo non è il capitalismo - e, quindi, passare alla costituzione dei nuovi partiti significherebbe sostituire uno schema astratto della realtà alla realtà nella quale viviamo e in cui vive il proletariato.
La trasformazione delle frazioni in partito potrebbe risultare dalla vittoria del proletariato rivoluzionario in un paese capitalista. In questo caso il problema essenziale della lotta del proletariato mondiale, polarizzato intorno ad uno Stato operaio, si troverebbe posto di nuovo su delle considerazioni di principio che risulterebbero dall’ esperienza fatta in Russia.
All'interno dei partiti della Seconda Internazionale, quelli che non vollero tener conto della posizione del partito socialista di quest'epoca e che ebbero una reazione più ampia ai successi dell'opportunismo, finirono con l'opporre alla lotta parlamentare la lotta contro tutti i partiti politici ed ai principi marxisti le posizioni politiche del sindacalismo. Invece i bolscevichi sono rimasti sempre partigiani della politica di frazione e il gruppo dei Tribunisti olandesi, escluso dal partito socialista, pur fornendo del materiale politico prezioso, è rimasto un gruppo incapace di influenzare il corso degli eventi.
Attualmente il compagno Trotsky, che non tiene conto della posizione di classe che conservano i partiti comunisti, non trova all'interno di questi gli elementi proletari per costituire un nuovo partito e cerca questi elementi e questa base tra i partiti socialisti, cioè in seno ad organismi che, dal 1914, agiscono nell'interesse del nemico.
E' un dovere per i proletari, raggruppati nella frazione di sinistra, non spaventarsi per le situazioni terribili che attraversiamo. Essi resteranno fermi sulle posizioni che un avvenimento storico - la rivoluzione russa - ha confermato in maniera irrefutabile; essi continueranno la lotta per la costruzione delle frazioni di sinistra che si trasformeranno in partito quando le condizioni storiche saranno favorevoli.
4. Le condizioni per creare i nuovi partiti
Il meccanismo dei rapporti di classe, così come il meccanismo economico, obbedisce a delle leggi la cui evoluzione non dipende per niente dalla volontà individuale degli uomini. Per agire nel meccanismo dei rapporti di classe, bisogna conoscerne le leggi, e soprattutto realizzare la condizione storica per agire. Questa condizione risiede - lo ripetiamo - nell'organismo in cui si concretizza l'organizzazione del proletariato in classe: la frazione.
Dopo la vittoria dell'opportunismo nei partiti, si va attuando un profondo cambiamento. Una parte notevole del proletariato, la sua maggioranza, ha fatto proprie delle posizioni politiche che non rappresentano più il programma del comunismo, ma quello dell'opportunismo, che sostituisce la politica e la tattica opportuniste alla politica e alla tattica comuniste. Così, gli antagonismi sociali non spingono più il partito a prendere delle posizioni che rispondono agli interessi finali del proletariato. Al contrario, il partito attaccato dal cancro dell'opportunismo, interverrà nelle situazioni determinando non l'allargamento dei movimenti di classe, ma la loro dispersione a vantaggio del nemico.
Il meccanismo economico è destinato ad evolvere verso il sorgere dei contrasti derivanti dalle basi antagoniste del regime capitalista, Ugualmente, il meccanismo dei rapporti tra le classi evolve verso l'esplodere dei contrasti dovuti all'antagonismo tra la posizione che occupa il partito degenerato e la posizione reale che la classe dovrebbe occupare. Questo posto è ormai occupato dalla frazione di sinistra.
Marx scriveva nel suo contributo alla "Critica dell'Economia Politica" che una società non scompare mai prima che si siano sviluppate tutte le forze produttive che essa era in grado di contenere e che mai si sostituiscono ad essa dei nuovi e più elevati rapporti di produzione prima che le condizioni di esistenza materiali di questi rapporti stano maturate nel seno stesso della vecchia società.
Ciò vuol dire che il proletariato non può cominciare la sua lotta per la nuova organizzazione della società che quando le condizioni per questa si siano annunciate all'interno della vecchia società. Queste condizioni cominciano a maturare nel momento stesso dell'instaurarsi della società capitalista. In maniera analoga, le frazioni di sinistra non potranno trasformarsi in partito che quando gli antagonismi tra la posizione del partito degenerato e la posizione del proletariato minacciano tutto il sistema dei rapporti di classe determinato dalla vittoria del centrismo all'interno dei partiti. Ora, tutto ciò si concretizza in una posizione storica occupata dal partito, posizione che si basa su di un programma che non risponde più agli interessi della classe operaia ma che non rappresenta ancora gli interessi del nemico. Attualmente, il partito comunista, diretto dal centrismo, emanante dallo Stato operaio e agente sulla base del socialismo in un solo paese, dell'opposizione sindacale rivoluzionaria, del nazional-bolscevismo, occupa questo posto intermedio.
Marx subentra a Blanqui perché oppone la insurrezione, derivante dalla lotta di classe, alla teoria del colpo di mano. Parallelamente i marxisti oppongono la frazione alla avventura che sarebbe la costituzione di altri partiti prima che il meccanismo dei rapporti di classe abbia maturato le condizioni per la costruzione delle nuove organizzazioni. Queste esistono dal momento in cui il centrismo spinge il partito ad una politica controrivoluzionaria. Queste condizioni maturano, si delimitano, si precisano nella misura in cui le frazioni di sinistra sviluppano la loro consistenza ideologica, la loro importanza numerica e giungono così a diventare un fattore diretto dell'evolvere delle situazioni.
Si può affermare che le condizioni storiche che permettono alle frazioni di sinistra di conservare al proletariato i vecchi partiti risiedono nella vittoria rivoluzionaria di un proletariato diretto da una frazione di sinistra che riesce a spazzar via il centrismo al fuoco stesso dell'insurrezione. Questo concetto ci sembra essere l'unico marxista, in contrapposizione a tutta una serie di considerazioni politiche che si riassumono nella formula del ’raddrizzamento" del partito, o nell'altra posizione, al minimo bizzarra, della "riforma". Questa prospettiva di vittoria rivoluzionaria, malgrado l'intralcio rappresentato dal partito diretto dal centrismo e benché sempre meno probabile, non può essere esclusa in partenza, anche dopo la morte dell'I.C. Se questa condizione storica non si realizza, allora sarà l'altra prospettiva a realizzarsi, quella cioè della conclusione della funzione del centrismo. I rapporti di classe che si sono stabiliti con la vittoria del centrismo, che ha legato il proletariato ad un programma politico contrario ai suoi interessi, giungeranno in tal caso al loro sviluppo estremo.
Abbiamo già detto che il centrismo disperde le reazioni di classe conseguenza degli antagonismi sociali, favorendo così il perpetuarsi dell'opera di conservazione del regime capitalista. Questo regime precipita verso la guerra, se la classe operaia non vi si oppone dirigendo la rivolta delle forze produttive verso la creazione di una nuova organizzazione sociale. Il centrismo sarà un fattore necessario per condurre il proletariato alla guerra e così la sua funzione si esaurirà totalmente. Ecco dunque il secondo tipo di condizioni storiche che si dovrebbe realizzare per la costruzione di un nuovo partito.
Il bilancio che le frazioni di sinistra debbono tirare è, di conseguenza, un bilancio storico. Le contraddizioni del mondo capitalista, nella fase dell'imperialismo, sono destinate a risolversi con la rivoluzione o la guerra. Dopo la vittoria del centrismo nel partito, solo la frazione di sinistra potrà conservare il partito alla causa del proletariato e riconquistarlo per guidare la classe alla vittoria.
Nel caso in cui le frazioni non riescono a condurre - contro il centrismo - il proletariato alla vittoria, nessuna volontà individuale potrà evitare l'altro sbocco della situazione: la guerra; ed è solo nel corso di questa o al suo seguito che la frazione, trasformandosi in partito, potrà condurre la classe operaia alla vittoria.
5. Partito e Internazionale
L'Internazionale proletaria rappresenta la conclusione, per un determinato periodo storico, del lavoro ideologico del proletariato volto a fissare gli obbiettivi ed i metodi della sua lotta contro il capitalismo. Tutto questo lavoro ideologico è intimamente legato alla lotta condotta precedentemente dalle frazioni, in legame con le lotte della classe, lotta che dette vita ai nuovi partiti in uno o più paesi.
La nozione dell'Internazionale è superiore a quella del partito, non solo organizzativamente e politicamente, ma anche cronologicamente. Infatti il partito è un organismo che si collega direttamente con un processo di lotta di classe e che ha come obiettivo la sua lotta contro lo Stato capitalista. L'Internazionale, al contrario, si fonda unicamente su delle nozioni politiche e non ha di fronte ad essa uno Stato capitalista mondiale, ma degli Stati che riproducono su scala internazionale gli antagonismi esistenti, nel campo economico, tra i capitalisti o tra gruppi di questi. La morte dell'Internazionale Comunista deriva dall'esaurirsi della sua funzione: l'I.C. è morta con la vittoria del fascismo in Germania; questo avvenimento ha segnato dal punto di vista storico la fine della sua funzione ed ha mostrato il primo risultato definitivo della politica centrista. La vittoria del fascismo in Germania ha significato che gli avvenimenti voltavano le spalle alla rivoluzione per prendere la via che può condurre alla guerra.
Il partito non cessa di esistere, anche dopo la morte dell'Internazionale. Il Partito non muore, tradisce. Il partito, ricollegandosi direttamente al processo della lotta di classe, è chiamato a continuare la sua opera anche quando l'Internazionale è morta. Così, in caso di guerra, mentre l'Internazionale scompare totalmente dalla scena politica, il partito esiste e chiama il proletariato a prendere le armi, non per la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile, ma per continuare la sua lotta anche durante la guerra, confondendo i suoi interessi con quelli del nemico di classe.
Le esperienze storiche sono decisive e dimostrano che la costruzione dei partiti precede la fondazione dell'Internazionale. Le frazioni di sinistra devono evidentemente ispirarsi, per il lavoro che compiono in ogni paese, a concetti internazionali, ma solo la costruzione di uno o più partiti può rappresentare la condizione perché si crei una nuova Internazionale. Invertire i termini significa sostituire al marxismo, che fa conseguire le direttive per le lotte proletarie dal meccanismo stesso della lotta di classe, l’opera di letterati politici che affidano alla loro volontà e al loro talento la preoccupazione di costruire delle organizzazioni di classe,
La nuova Internazionale sarà il coronamento del lavoro tenace delle frazioni di sinistra e si incrocerà o con una rivoluzione proletaria vittoriosa o con una nuova guerra imperialista.
6. L’URSS e il problema del nuovo partito
AI fondo, tutte le contraddizioni del compagno Trotsky si spiegano tramite il suo errore, che ancora sostiene, sulla prospettiva generale. Il lavoro dell'Opposizione Internazionale di Sinistra, ispirato direttamente dal compagno Trotsky, si basava sull'URSS considerata come polo di concentrazione del proletariato mondiale. Dalla natura proletaria dello Stato russo si faceva discendere la prospettiva fatale di un blocco universale del capitalismo per la guerra contro l'Unione Sovietica. Il dovere delle opposizioni in tutti i i paesi era la difesa dell'URSS contro l'attacco imperialista inevitabile e il loro posto, in tale guerra, era in prima fila per la difesa dello Stato sovietico.
Tutta la politica di "raddrizzamento" dei partiti comunisti era fondata sulla visione della lotta del proletariato russo contro il centrismo incapace di assicurare la difesa dello Stato operaio. Ciò avrebbe determinato le condizioni favorevoli al "raddrizzamento" dei partiti comunisti. Si può dire che tutte le scissioni che si sono verificate all'interno dell'Opposizione Internazionale di Sinistra hanno avuto per motivo dei dissensi sulla questione russa. Il compagno Trotsky, procedendo a tutta questa serie di scissioni, credeva evidentemente di realizzare così, e solamente così, le condizioni politiche favorevoli alla sua prospettiva generale.
Dopo la vittoria del fascismo in Germania, egli sostiene la fondazione di un nuovo partito allo scopo di rigenerare l'I.C. e assicurare la difesa dello Stato russo contro l'imperialismo. Ancora oggi, il compagno Trotsky preconizza la fondazione dei nuovi partiti e di una nuova Internazionale per difendere l'URSS attivamente. Ora tutta la prospettiva del compagno Trotsky, se la si giudica alla luce delle esperienze fatte, è totalmente smentita dagli avvenimenti. In effetti, è dopo la sconfitta del proletariato mondiale in Germania, nel febbraio scorso, che si è aperta la fase dei migliori rapporti tra gli Stati capitalisti e lo Stato sovietico. Ci si potrà rispondere che non si tratta che di una fase assolutamente passeggera e che assisteremo domani alla formazione di un blocco universale contro lo Stato russo. Che non si tratti di una fase passeggera è provato dal fatto che lo Stato russo consolida le sue posizioni economiche, strategiche e politiche proprio nel momento in cui il proletariato mondiale si vede respinto dall'offensiva del nemico. Ma, al di la dell'analisi della situazione attuale, la prospettiva del compagno Trotsky deve essere confrontata con dei dati più generali.
Lo Stato russo ha rappresentato il polo di concentramento del proletariato mondiale finché si è basato sul programma del socialismo internazionale. Noi intendiamo con questo non un attaccamento ideale a questo programma, ma il concentrarsi della lotta di classe del proletariato mondiale intorno alla lotta dello Stato russo per la rivoluzione mondiale e per la costruzione del socialismo in Russia. La vittoria del programma del socialismo in un solo paese comporta lo sna- turamento dello Stato russo che diventa un ostacolo sia per la lotta del proletariato russo che per la lotta rivoluzionaria del proletariato degli altri paesi. Gli avvenimenti di Germania hanno verificato questo snaturamento dello Stato russo in maniera lampante: i concetti politici del nazional-bolscevismo, del social-fascismo, tutta la teoria dell'Opposizione Sindacale Rivoluzionaria che pone il partito al di fuori del meccanismo della lotta di classe, tutti questi concetti sono stati introdotti nel proletariato tedesco dalla burocrazia centrista, che si è impadronita dello stato russo nel 1927.
Il ruolo rivoluzionario dello Stato russo non deriva dalla natura politica di questo Stato, ma dalla politica che esso applica nel campo nazionale e internazionale. Così, la politica del centrismo ha spinto con violenza lo Stato russo da un ruolo rivoluzionario ad un ruolo reazionario. Che la nuova posizione presa dall'URSS, diretta dal centrismo, non modifichi i suoi caratteri di classe, questa è una cosa perfettamente chiara per i marxisti che sono stati educati dalla esperienza dei partiti della Seconda Internazionale e che hanno compreso che la burocrazia sindacale non rovescia il carattere di classe delle organizzazioni sindacali.
Tuttavia, una differenza molto importante esiste tra lo Stato e il sindacato. Questo è un organismo di lotta fondato sull'adesione volontaria del proletariato, mentre lo Stato è un organo che controlla il meccanismo produttivo e possiede dei mezzi di coercizione violenta verso i proletari che continuano la lotta per il comunismo, Praticamente, questa differenza si esprime, a nostro avviso, attraverso due atteggiamenti differenti che devono tenere i marxisti. Di fronte ad un attacco fascista, noi dobbiamo realizzare il fronte unico con la socialdemocrazia per difendere l'organizzazione sindacale contro gli attacchi del nemico. Esempi di questo tipo si sono verificati all'epoca del l'ascesa del fascismo in Italia, allorché il partito era diretto dalla corrente di sinistra di cui la nostra frazione ha la pretesa di essere la continuazione.
Invece lo Stato, sotto la direzione dell'opportunismo, prende posto tra le forze della reazione e obbliga, con la violenza, i proletari ad appoggiare la sua politica. E ciò perchè lo Stato, a differenza del sindacato, si lega direttamente all'apparato produttivo. Ne segue che bisogna proclamare la necessità di un secondo partito, di una seconda rivoluzione e che bisogna prendere le armi contro il centrismo che si è accaparrato la direzione dello Stato proletario? Sì, per quelli che considerano la lotta politica come risultato della disputa tra sostenitori di idee opposte. No, per i marxisti, che basano la loro azione sui principi della lotta di classe.
Il centrismo usurpa la direzione dello Stato proletario e ciò prova la debolezza del proletariato russo e mondiale nella salvaguardia della funzione rivoluzionaria dello Stato. Il proletariato russo può riconquistare la sua forza costruendo la sua frazione di sinistra che, sola, assicura la continuità della vita della classe. Formalmente, e secondo i "canoni" dell'idealismo, chi si oppone deve contrapporre le armi alla violenza dell’opportunismo che deporta e ammazza i comunisti; secondo il punto di vista marxista, invece, il proletariato lotterà per forgiare l'organismo che saprà poi cogliere l'occasione favorevole per lanciare la lotta per la riconquista dello Stato russo alla classe operaia.
Che lo Stato diretto dal centrismo si sia posto tra le forze della reazione, è provato dal ruolo che hanno giocato i partiti comunisti nei diversi paesi e in Germania particolarmente e ciò non è affatto smentito dal successo dell'industrializzazione in URSS. Questi non sono dei momenti della lotta del proletariato russo per la costruzione del socialismo. Infatti il plusvalore sarà ormai utilizzato per ostacolare la lotta rivoluzionaria nei vari paesi e sarà domani usato per mobilitare il proletariato nella partecipazione alla guerra in una delle costellazioni imperialiste.
In definitiva i marxisti avrebbero dovuto far derivare la loro posizione verso lo Stato russo da una considerazione di uno Stato sfigurato, nella sua funzione storica, dal centrismo. Per ciò avrebbero dovuto sostenere la lotta condotta dalla frazione di sinistra del PCR. Invece di porre il dilemma: capitalismo contro lo Stato russo diretto dal centrismo, bisognava porre l'alternativa reale: imperialismo contro frazione di sinistra del PCR.
E' veramente riprovevole che il compagno Trotsky abbia abbandonato la posizione che aveva nel 1927, quando richiamava l'esperienza Clemenceau, per adottare l'altra posizione politica che egli sostenne all'epoca dell'attacco cinese contro la ferrovia dell'Est cinese. Più recentemente ancora - dopo la disfatta tedesca - il compagno Trotsky ha affermato che la sinistra, alla direzione dello Stato russo, non poteva che applicare una politica analoga a quella di Stalin.
La vittoria del centrismo e lo sviluppo della sua funzione rendono sempre più improbabile l'ipotesi della lotta universale del capitalismo contro l'URSS. Ma, anche se ciò dovesse verificarsi, il posto del proletariato russo e mondiale sarebbe al fianco della frazione di sinistra e non del centrismo che, in caso di guerra, arriverebbe alla conclusione inevitabile della sua politica, mettendo direttamente in gioco il carattere proletario dello Stato.
Il compagno Trotsky preconizza ugualmente la fondazione di un altro partito in Russia. Ora, le condizioni per un secondo partito risiedono nella modifica della natura proletaria dello Stato russo: i partiti si fondano su di un programma diretto alla distruzione dello Stato. Inoltre, la dittatura del proletariato è inconcepibile con la presenza di due partiti.
Le Opposizioni non hanno nemmeno abbordato i complessi problemi della costruzione di una frazione di sinistra del PCR, dei suoi rapporti con le organizzazioni sindacali e con i soviet, e ciò in una situazione in cui vi è il reale pericolo che il nemico di classe profitti di questa lotta contro il centrismo per riconquistare la Russia al suo dominio, La nostra frazione stessa non ha che sfiorato questi problemi e, attualmente, non è ancora riuscita a dar loro una soluzione positiva. Comunque questo è proprio uno dei compiti storici delle frazioni di sinistra dei partiti comunisti.
Il compagno Trotsky, lanciando la scomunica, all'interno dell'Opposizione Internazionale, contro tutti coloro che osavano mettere in dubbio la posizione da lui difesa riguardo all'URSS, ha reso molto più difficile la soluzione di questi problemi. D'altra parte i militanti che si accaniscono ad affermare che lo Stato russo non è più uno Stato proletario e che si sarebbe trasformato non sappiamo in che cosa, non fanno fare alcun passo in avanti alla lotta della classe operaia. Al contrario, saltando tutti gli ostacoli che sono alla base dell'analisi marxista della prima esperienza di uno Stato proletario, e di uno Stato conquistato dall'opportunismo, essi acquistano una pace interna a buon mercato e si precludono così la possibilità di lottare per la costruzione della frazione.
Le frazioni di sinistra hanno il dovere di mettere in guardia il proletariato sul ruolo che ha giocato 1'URSS nel movimento operaio e di indicare fin d'ora l'evoluzione che avrà lo Stato proletario sotto la direzione del centrismo. Fin da ora bisogna che sia chiara e lampante la dissociazione dalla politica imposta dal centrismo allo Stato operaio. Deve essere gettato l'allarme tra la classe operaia contro la posizione che il centrismo imporrà allo Stato russo non nei suoi interessi, ma contro i suoi interessi. Domani, e bisogna dirlo da oggi, il centrismo tradirà gli interessi del proletariato.
Un tale atteggiamento energico è capace di risvegliare l'attenzione dei proletari, di strappare i membri del partito alla presa del centrismo, di difendere realmente lo stato operaio. Solo un tale atteggiamento può mobilitare delle energie per la lotta che conserverà al proletariato l'Ottobre 1917.
Verso l'Internazionale due e tre quarti ... ?
In passato, noi abbiamo difeso il concetto fondamentale della "frazione" contro la posizione detta “d’opposizione”. Per frazione noi intendiamo l'organismo che forma i quadri che devono assicurare la continuità rivoluzionaria e che è destinato a diventare il protagonista della vittoria proletaria. Contro di noi, ha trionfato in seno all'Opposizione Internazionale di sinistra, la posizione detta "d'opposizione" Quest'ultima affermava che non bisognava proclamare la necessità della formazione dei quadri, poiché la chiave degli avvenimenti si trovava nelle mani del centrismo e non nelle mani della frazione.
Questa divergenza prende attualmente un aspetto nuovo, ma si tratta sempre dello stesso contrasto, benché a prima vista sembra che il problema consista oggi in questo: per o contro i nuovi partiti. Il compagno Trotsky trascura totalmente, e per la seconda volta, il lavoro di formazione di quadri, credendo di poter passare immediatamente alla costruzione di nuovi partiti e della nuova Internazionale.
Oggi si preconizza un lavoro comune con le sinistre socialiste in vista della formazione della nuova Internazionale. A questo scopo si mette in evidenza la partecipazione di Lenin alle Conferenze di Zimmerwald e di Kienthal, che sono presentate come gli antecedenti indispensabili della Terza Internazionale. Innanzitutto bisogna ristabilire la verità su queste conferenze che ebbero luogo durante la guerra: esse non avevano assolutamente per scopo la formazione di una nuova Internazionale, ma la ripresa di legami dopo il tradimento del 1914, inoltre è completamente falso che, dal punto di vista politico, queste conferenze abbiano rappresentato degli antecedenti della Terza Internazionale. Invece è vero che i bolscevichi hanno lentamente preparato, tra il 1914 e il 1919, le basi della nuova Internazionale, ma mai in collaborazione con le formazioni del centro o del centro-sinistra che avevano partecipato a Zimmerwald e a Kienthal. La fretta galoppante di quegli stessi compagni che, negli ultimi anni, lottarono con accanimento contro coloro che si rifiutavano di giurare sul "raddrizzamento" dei partiti commisti, questa fretta per la costruzione dei nuovi partiti, non ha alcuna relazione con il lavoro di Lenin. Anche dopo la guerra, Lenin non si dedicò immediatamente alla costruzione della nuova Internazionale, ma lo fece solo dopo la vittoria della rivoluzione russa.
Il problema delle sinistre socialiste è posto oggi dal compagno Trotsky e dall'Opposizione Internazionale sotto un angolo completamente originale! La divergenza del passato, che esisteva a questo proposito, tra Lenin e noi, riguardava il dominio della tattica; la divergenza attuale tra il compagno Trotsky e la nostra frazione riguarda il campo dei principi. In effetti, quando nei primi anni della I.C. si pose il problema dello sviluppo del partito con l'adesione di una frazione della sinistra socialista, si aveva in mente l'assorbimento di questa frazione da parte del partito che già possedeva un insieme di posizioni programmatiche ben stabilite e si pensava fosse sensato inglobare questa formazione.
Ma oggi si tratta di ben altra cosa: la sinistra socialista è considerata capace di collaborare all’opera di costruzione programmatica di nuovi partiti. Il modo di formazione delle sezioni della Terza Internazionale - rispetto al quale noi manteniamo tutte le riserve sollevate allora dal compagno Bordiga[2] - non ha niente a che vedere con la nuova posizione che adotta il compagno Trotsky. In effetti, i partiti comunisti si fondavano sulla delimitazione ideologica e programmatica tracciata dalla rivoluzione russa; tutte le formazioni della sinistra socialista non avevano altra scelta che l'adesione alla Terza Internazionale o il passaggio esplicito dall'altro lato della barricata. Alla formula del compagno Trotsky: “le sinistre socialiste evolvono verso il comunismo”, l'esperienza del dopoguerra oppone una smentita categorica: "le sinistre socialiste evolvono verso la socialdemocrazia”.
A nostro avviso la guerra e la rivoluzione russa hanno operato una rottura definitiva nella storia. Prima del 1914 i partiti socialisti potevano trovarsi all'interno del movimento operaio; dopo, il loro posto è nel campo borghese, all’interno del capitalismo. Questa trasformazione della posizione di classe della socialdemocrazia comporta, regola di conseguenza, una contrapposizione fondamentale fra le sinistre socialiste, che gettarono le basi dei partiti comunisti, e le sinistre socialiste del dopoguerra, necessarie alla Socialdemocrazia per ingannare le masse e per continuare così a svolgere la sua funzione nell’interesse del nemico. Le sinistre socialiste si collocano oggi ben al di qua del solco tracciato dalla rivoluzione russa e non possono mai collaborare con le frazioni di sinistra dei partiti comunisti nella determinazione del nuovo programma che dovrà fissare – per le rivoluzioni future – le lezioni derivanti dalla grandiosa esperienza del potere proletario e della terribile esperienza sopraggiunta con la vittoria del centrismo.
Inoltre queste sinistre hanno vissuto gli eventi del dopoguerra stando dall’altro lato della barricata e, perciò, esse rappresentano degli organismi molto più reazionari del centrismo stesso.
Nell’immediato dopoguerra, la socialdemocrazia non poteva agire tra le masse con l’intervento diretto dei Vandervelde e compagnia, che avevano ancora le mani piene del sangue dei proletari. In quel momento non si trattava di dedicarsi alla raccolta immediata dei frammenti della Seconda Internazionale e non a caso si vide nascere la Seconda Internazionale e mezza.
Attualmente, dopo gli eventi tedeschi, in cui la socialdemocrazia ha brillantemente compiuto il suo ruolo (trasmettendo il potere al fascismo, nella nuova forma di organizzazione sociale imposta al capitalismo dalle condizioni economiche), la socialdemocrazia internazionale ha bisogno della propaganda della sua ala sinistra per conservare le sue posizioni tra la classe operaia. Se le sinistre socialiste non hanno preso alcuna iniziativa per una nuova organizzazione internazionale, se noi non abbiamo assistito alla formazione, in tutti i paesi, di partiti socialisti indipendenti, ciò è dovuto al fatto che la politica del centrismo ha tolto ai partiti comunisti la loro capacita di guidare il proletariato alla rivoluzione. La socialdemocrazia può oggi avvalersi della politica centrista in Germania per giustificare il ruolo da essa giocato negli avvenimenti che si sono conclusi con la vittoria del fascismo.
Ma, se attualmente non esistono le condizioni per la formazione dei partiti socialisti indipendenti, niente prova che, domani con il complicarsi della situazione, non assisteremo alla costituzione di tali partiti. Ci interessa dunque stabilire una regola di carattere generale valida per il futuro: il lavoro delle frazioni di sinistra per la formazione dei nuovi partiti e della nuova internazionale non può essere il risultato di una fusione tra organismi politici fondamentalmente opposti: i partiti non possono essere che il risultato del lavoro delle frazioni di sinistra, e solo di queste.
La funzione di una formazione politica non deriva affatto dalle sue affermazioni, né dall’intervento di individui, fossero anche della forza e del genio del compagno Trotsky. Le sinistre socialiste fanno parte integrante dei partiti socialisti, cioé di forze sociali che sono al servizio del nemico dal 1914, Le loro eventuali iniziative per fondare dei nuovi partiti e una nuova Internazionale non rispondono che alla necessità di continuare la funzione storica propria dei partiti socialisti. Il loro materiale politico è precedente alla rivoluzione russa e contrario a questa; la loro Internazionale non è la Quarta Internazionale, ma l'Internazionale due e tre quarti.
Tra l'Opposizione Internazionale di sinistra e le sinistre socialiste che collaborano per la formazione dei nuovi partiti, non sono certo i primi che assoggetterebbero i secondi nell'interesse della rivoluzione. Sarebbe piuttosto vero il contrario, perché la lotta per la rivoluzione non è la lotta della capacità e delle abilità individuali, ma quella delle forze sociali. E, attualmente, allorché noi constatiamo i progressi dell'offensiva del capitalismo nel mondo intero, le deboli forze dell' Opposizione Comunista diverrebbero prigioniere delle sinistre socialiste che finirebbero per immobilizzarle, comprometterle, disgregarle.
Il problema della costruzione dei nuovi partiti e della nuova Internazionale è posto in maniera del tutto falsa. Invece di fare un'analisi rigorosa della situazione per vedere se esistono le condizioni per fondare i nuovi organismi, si decide a priori la necessità di creare la nuova Internazionale. Dalla formula: la rivoluzione è impossibile senza partito comunista, si trae la conclusione semplicistica che bisogna già da ora costruire il nuovo partito. Sarebbe come se dalla premessa: senza insurrezione non si possono nemmeno difendere le rivendicazioni elementari dei lavoratori, si deducesse la necessità di scatenare immediatamente l'insurrezione. Al contrario, le frazioni di sinistra non passeranno alla costruzione dei nuovi partiti che quando vi saranno le condizioni adatte per questo.
Noi abbiamo già indicato le condizioni specifiche per la fondazione dei nuovi partiti e della nuova Internazionale; abbiamo anche spiegato che queste condizioni non esistono oggi. La prova dell'immaturità storica per passare oggi alla costruzione di nuovi organismi è d'altra parte fornita dal compagno Trotsky che è costretto a rivolgersi alle sinistre socialiste per intraprendere questo lavoro. L'immaturità della situazione ci fa prevedere che molto probabilmente l'Internazionale due e tre quarti, che è in preventivo, si ridurrà ad un semplice cambiamento di etichetta dell'Opposizione Internazionale di Sinistra. In breve, essa finirà per rendersi conto dell'errore commesso e riprenderà - lo speriamo vivamente - il cammino difficile delle frazioni di sinistra. Ma noi dobbiamo basare la nostra azione politica sulle posizioni proclamate attualmente dagli organi dirigenti dell'Opposizione.
A questo proposito, e finché la collaborazione con le sinistre socialiste non resta che una prospettiva per domani, il dovere dei proletari che militano nell'Opposizione sarà di raggrupparsi in frazioni all'interno di questi organismi. Ma nel caso in cui si dovesse passare praticamente ad un lavoro comune con le sinistre socialiste per la fondazione dei nuovi partiti, il dovere dei proletari sarà di uscire da questi organismi perché la lotta reale per le frazioni di sinistra, per i nuovi partiti, per la Quarta Internazionale, si farà al di fuori di questi aborti storici e contro di loro.
L'Opposizione Internazionale di sinistra avrebbe dovuto, dopo gli avvenimenti tedeschi, procedere ad una verifica delle posizioni politiche che aveva difeso. E ciò insieme a tutti gli altri gruppi precedentemente esclusi perché avevano difeso altre posizioni politiche. Che si tratti della politica della riconquista dei partiti o di quella del fronte unico in vista della lotta tra la socialdemocrazia e il fascismo, nel primo caso come nel secondo, le posizioni difese dall'Opposizione di sinistra si sono mostrate false nel corso dei fatti di Germania. Invece di operare questa verifica politica con i gruppi comunisti esclusi, l'Opposizione si preoccupa della propria estensione, mentre tutti i problemi politici restano nell’oscurità, tutte le divergenze politiche vengono soffocate. Questa stessa svolta dimostra l'incapacità dell'Opposizione a sostenere la battaglia politica all'interno di un raggruppamento delle forze comuniste che lottano da anni contro il centrismo.
E tuttavia solo questa lotta politica è tale da preparare i nuovi partiti e la nuova Internazionale.
Già si comincia a sentire una critica molto nota contro quelli che, come noi, sostengono un lavoro penoso per la costruzione delle frazioni di sinistra. L'eco delle critiche fatte dai riformisti quando noi costruivamo il partito comunista o dai centristi quando noi lottavamo per delle frazioni di sinistra, risuona di nuovo nelle fila dell'Opposizione. Noi saremo presentati "come quello che non fanno niente e non vogliono far niente", in opposizione a quelli che, in maniera disinvolta, si lanciano all'avventura per la costituzione di una nuova Internazionale.
Dal punto di vista marxista, il lavoro delle masse non è concepito come la mobilitazione emotiva degli operai attorno a delle formazioni politiche che i giornalisti di tutti i partiti raffigurano come gli elementi dominanti della situazione. Al contrario, la sola vera mobilitazione è concepita come l'appello alle masse per il loro raggruppamento attorno a delle posizioni di classe ed all'interno dei loro organismi specifici. Per cui noi opporremo brutalmente la lotta delle masse per le loro proprie rivendicazioni e nei loro organismi sindacali al tam-tam rivoltante dei Congressi di Amsterdam e di Parigi, che chiamano gli operai a costituire dei comitati al di fuori della lotta di classe e all'antifascismo e al cosiddetto antifascismo di classe. Queste formulazioni danno l'illusione del "far molto" mentre realizzano il “far niente” dato che sostituiscono lo scandalo giornalistico e burocratico al lavoro effettivo delle masse, che si fa esclusivamente sulla base di rivendicazioni e organismi di classe.
In maniera analoga, a proposito della fondazione dei nuovi partiti, gli sportivi del "gran fare" invece di costruire l'organismo per l'azione politica, la frazione, hanno fatto un gran chiasso sulla necessità di non perdere un solo istante per precipitarsi al lavoro, il solo lavoro che conta, quello di raddrizzare il partito. E quando non si può più raddrizzare il partito, allora senza esitazioni si modifica semplicemente l'aspetto esteriore della posizione precedente e si parte per la costruzione di nuovi partiti. E' ben evidente che la demagogia e il successo effimero vanno bene per lo sport e non per il lavoro rivoluzionario.
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Questo lavoro si inscrive nella necessità pei i proletari di comprendere gli eventi passati al fine di stabilire quell’organismo che lotta per delle posizioni politiche che forniscono la soluzione comunista a questi eventi. Senza questo lavoro teorico, non è possibile nessun lavoro di massa, non si può realizzare nessuna mobilitazione per la rivoluzione proletaria. L'Opposizione Internazionale, durante il periodo detto "del raddrizzamento", ha disperso i quadri delle frazioni di sinistra, mediante l'espulsione di gruppi comunisti in tutti i paesi, fondandosi su argomenti che seducono ed ingannano i proletari, ma non li educano, in quanto pongono la falsa prospettiva che solo con queste espulsioni si realizzano le condizioni per raddrizzare i partiti. In effetti se la Opposizione non avesse smembrato le frazioni per "raddrizzare" i partiti, essa si troverebbe dopo i fatti tedeschi non nella necessità di fare appello alle sinistre socialiste, ma, grazie al suo rafforzamento ideologico e organizzativo, avrebbe la possibilità di canalizzare i movimenti che si creano all'interno dei Partiti Commisti. Ancora oggi, dopo la svolta, l'Opposizione di sinistra si dà alla lotta contro i comunisti che restano con tenacia sul terreno delle lezioni degli eventi, terreno che era quello dei nostri padri, e qualifica questi comunisti come "i parassiti del nuovo partito di domani". Così, anche se l'Opposizione di sinistra blatera sul lavoro di massa, si mette fuori dal lavoro comunista di massa. Non farà che gettare della polvere negli occhi usando l'argomentazione favorita dell'opportunismo, che è sempre stata più realista che rivoluzionario, più esperto e più attivo.
E' certo che il compagno Trotsky saprà salvaguardare la sua personalità dalle complicazioni politiche a cui condurrà un lavoro in collaborazione con le sinistre socialiste per la fondazione dei nuovi partiti. Ma non si tratta qui della personalità del compagno Trotsky, si tratta degli interessi del movimento comunista che dipendono non dall'individuo Trotsky, ma dalla lotta di classe e dalle forze politiche che vi agiscono. E, a questo proposito, le sole regole d'azione valide sono quelle che si rifanno agli insegnamenti del marxismo, ai quali il proletariato deve conformarsi per uscire dalla situazione terribile che attraversa attualmente.
La frazione di sinistra del P.C.I. ha costantemente proposto delle soluzioni che ci avrebbero permesso di progredire nel lavoro, per far fronte ai problemi che si pongono. Alla Conferenza di Parigi, come dopo, con il pretesto di fare molto di più le nostre proposte sono state respinte. Ancora oggi mentre noi proponiamo un minuzioso confronto tra comunisti delle posizioni politiche difese nel corso degli eventi del dopoguerra, ci si risponderà con la costituzione di una nuova Internazionale. Fin da ora noi affermiamo che non è nella sfiducia generale, con la esclusione di militanti dell'Opposizione di sinistra, con la meschina lotta di scandalo contro gli elementi di sinistra dell'Opposizione, che si fonderà la Quarta Internazionale: l'Internazionale che verrà fuori in tali condizioni sarà il degno seguito dell'Internazionale Due e mezzo.
La Quarta Internazionale, i nuovi partiti si preparano in tutt'altra atmosfera politica. Quella in cui ci si ostina a voler capire il passato da noi appena vissuto, senza far ricorso a delle manovre che permettono dei successi effimeri. Grandi fatti storici accompagneranno la fondazione di questi nuovi organismi, ma perchè questi eventi si concludano con la rivoluzione mondiale, è necessario preparare, da ora, la condizione essenziale per la lotta, cioè le frazioni di sinistra. Queste non hanno niente a che vedere con delle esperienze premature e non possono legare la loro responsabilità con delle avventure che non realizzeranno certo delle nuove organizzazioni, ma la loro caricatura, e che faranno regredire e non avanzare la lotta del proletariato per la rivoluzione, per il rovesciamento del capitalismo nel mondo intero.
LA COMMISSIONE ESECUTIVA DELLA FRAZIONE DI SINISTRA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO
23 agosto 1933
[1] Alla fine del 1920, in seguito alle decisioni del Congresso di Halle, l'ala sinistra dell'USPD (Partito Socialdemocratico Indipendente Tedesco) "sommerse" con i suoi 300.000 aderenti i 50.000 membri rimasti nel KPD dopo l'espulsione di una maggioranza di estremisti di sinistra (che fondarono il KAPD, Partito Comunista Operaio tedesco). Il VKPD così formato (Partito Comunista Unificato di Germania) confermerà con il suo comportamento nella crisi tedesca del 1923 - ultimo soprassalto rivoluzionario in Europa - la giustezza delle critiche delle correnti di Sinistra agli "Indipendenti" (V. "Il Soviet" n.12 in Storia della Sin.Com.It. p.532).
[2] Bordiga non era d’accordo sulla rapidità con cui l’Internazionale fu costituita e sul fatto che in essa venissero accettate delle formazioni politiche con posizioni alquanto eterogenee.
Il lavoro teorico del gruppo "Internationalisme" rappresenta un arricchimento fondamentale della teoria rivoluzionaria. Partendo dalla tesi sulla decadenza del sistema capitalista (una posizione difesa dalla III Internazionale e nelle pagine di Bilan), “Internationalisme” ha elaborato delle posizioni anti-sindacali, anti-parlamentari, anti-liberazione nazionale; una posizione globale e coerente sul capitalismo di Stato, riunendo così gli apporti della Sinistra italiana e gli aspetti più positivi del KAPD.
Se ciò è stato possibile è perché “Internationalisme” ha saputo seguire il cammino di Bilan, sviluppando le proprie posizioni nel fuoco della polemica aperta con le altre organizzazioni proletarie. L’introduzione al testo sul partito lo dimostra ampiamente quando afferma: “Ora, è chiaro che un tale lavoro non può portare dei risultati a meno che non costituisca un oggetto di discussione tra gruppi e all’interno dei gruppi che si propongono di ricostituire un nuovo movimento operaio rivoluzionario”.
Per la sua tenacia in questo lavoro militante, per l’importanza e la ricchezza dei suoi apporti, noi consideriamo “Internationalisme” in continuità vivente (la sola che possa appartenere alla classe operaia) con Bilan. Speriamo che le nostre forze ci permettano presto di mettere a disposizione delle nuove generazioni di militanti i suoi contributi più significativi.
SULLA NATURA E FUNZIONE DEL PARTITO DEL PROLETARIATO
Introduzione
Il nostro gruppo si è dato per compito quello di riesaminare i grandi problemi posti dalla necessità di ricostituire un nuovo movimento operaio rivoluzionario. Doveva quindi prendere in esame l’evoluzione della società capitalista verso il capitalismo di Stato, quanto del vecchio movimento operaio già da un certo tempo, e in che modo, era utilizzato dalla borghesia per incatenare il proletariato dietro di sé. Dopo ci siamo dedicati a riconsiderare quali erano le acquisizioni nel movimento operaio e cosa invece era stato superato dopo il Manifesto Comunista. Infine era logico che fossimo portati a studiare i problemi posti dalla rivoluzione e dal socialismo. A tal fine abbiamo presentato uno studio sullo Stato dopo la rivoluzione, e oggi portiamo alla discussione un testo sul problema del partito rivoluzionario del proletariato.
Questa questione è, ricordiamolo, una delle più importanti del movimento operaio rivoluzionario. Su di essa si scontrarono Marx e i marxisti con gli anarchici, con certe tendenze socialdemocratiche e poi con tendenze sindacaliste-rivoluzionarie. Essa è al centro delle preoccupazioni di Marx che fu in particolare critico verso diversi organismi autodefinitisi partiti "operai", "socialisti", Internazionali e altro. Marx, pur partecipando in determinati momenti alla vita di alcuni di questi organismi in maniera attiva, non li considerò mai se non come gruppi politici all’interno dei quali, secondo la frase del Manifesto, i comunisti possono rivelarsi come “avanguardia del proletariato”. Lo scopo dei comunisti è quello di spingere più avanti l’azione di questi organismi e di salvaguardare al loro interno ogni possibilità di critica e di organizzazione autonoma. Poi, vi è la scissione in seno al partito operaio socialdemocratico russo tra la tendenza menscevica e quella bolscevica sulla tesi sviluppata da Lenin nel “Che fare?”. E’ il problema che oppone, tra i gruppi marxisti che avevano rotto con la socialdemocrazia, Raden-kommunisten e K.A.P.D. alla III Internazionale. E’ così in questa continuità di pensiero che si iscrive la divergenza tra il gruppo di Bordiga e Lenin a proposito della politica di “fronte unico” sostenuta da Lenin e Trotskij e adottata dalla IC. E’ infine su questo problema che si centrò una delle divergenze fondamentali tra vari gruppi all’interno dell’opposizione: tra “trotzkisti”, “bordighisti” ed è esso che fu oggetto delle discussioni di tutti i gruppi sorti all’epoca.
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Oggi noi dobbiamo riesaminare criticamente tutte queste manifestazioni del movimento operaio rivoluzionario. Dobbiamo evidenziare nella sua evoluzione - cioè nella manifestazione di diverse correnti di idee a questo proposito - una corrente che, secondo noi, meglio esprime l’atteggiamento rivoluzionario e tentare di porre il problema per il futuro movimento operaio rivoluzionario.
Dobbiamo ugualmente riesaminare in modo critico i punti di vista con cui ci si è accostati al problema, vedere ciò che vi è di costante in quelle che sono le espressioni rivoluzionarie del proletariato, ma anche ciò che vi è di superato e i nuovi problemi che si pongono.
Ora è certo evidente che un tale lavoro non può portare dei frutti a meno che non divenga oggetto di discussione tra gruppi e all’interno dei gruppi che si propongono di ricostituire un nuovo movimento operaio rivoluzionario. Il testo presentato oggi costituisce dunque un momento di partecipazione a questo dibattito; esso si inserisce in questo ordine di preoccupazioni e non ha dunque altra pretesa, anche se è presentato sotto forma di tesi. Ha soprattutto come scopo di suscitare la discussione e la critica, più che apportare delle soluzioni definitive; è un lavoro di ricerca, non ci interessa che venga approvato o rigettato in modo puro e semplice, ma che stimoli altri lavori di questo tipo.
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Questo studio ha come punto centrale di esame “la manifestazione della coscienza rivoluzionaria” del proletariato. Ma vi sono numerose questioni che si inseriscono in questo problema del partito e che sono solo sfiorate: problemi organizzativi, problemi sui rapporti tra il partito e degli organismi quali i consigli operai, problemi relativi al comportamento dei rivoluzionari rispetto alla costituzione di parecchi gruppi che si richiamano al partito rivoluzionario e lavorano alla sua costruzione, problemi posti dai compiti pre e post-rivoluzionari, ecc...
E’ importante dunque che i militanti, a cui è chiaro che il compito del momento è l’esame di questi diversi problemi, intervengano attivamente in questa discussione o attraverso i loro giornali e bollettini o in questo stesso bollettino per coloro che non dispongono momentaneamente di una tale possibilità di espressione.
Questo testo si divide in cinque parti:
I parte Socialismo e coscienza 1-10
II parte La costituzione del partito di classe nella storia 11-15
III parte Il compito attuale dei militanti rivoluzionari 16-22
IV parte Il partito di domani 23-26
V parte Regime interno del partito 27-30
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Socialismo e coscienza
1. L’idea che sia necessario un organismo politico del proletariato che agisca per la rivoluzione sociale sembra essere radicata nel movimento operaio socialista.
E’ vero che gli anarchici si sono sempre ribellati contro il termine “politico” dato a questo organismo, ma ciò dipendeva dal senso molto ristretto che essi davano al termine dell’azione politica, sinonimo per loro di azione per delle riforme legislative: partecipazione alle elezioni e al parlamento borghese, ecc... Comunque né gli anarchici né alcuna altra corrente nel movimento operaio negano la necessità del raggruppamento dei rivoluzionari socialisti in delle associazioni che, tramite l’azione e la propaganda, si danno per compito di intervenire e di orientare la lotta degli operai. Ora, ogni raggruppamento che si dà per compito di indirizzare in une certa direzione le lotte sociali è un gruppo politico.
In questo senso, il contrasto di posizione circa il carattere politico e non politico di queste organizzazioni è solo uno scontro di parole che nasconde al fondo, sotto delle frasi generali, delle divergenze concrete sull'orientamento, la meta da raggiungere e i mezzi per riuscirvi, in altri termini, delle divergenze propriamente politiche.
Se oggi sorgono delle tendenze che rimettono in discussione la necessità di un organismo politico per il proletariato, ciò è dovuto alla degenerazione e a1 passaggio al servizio del capitalismo dei partiti che furono in altro tempo delle organizzazioni proletarie: i partiti socialisti e comunisti. I termini di politica e di partiti politici sono attualmente screditati, anche negli ambienti borghesi. Tuttavia, ciò che ha provocato dei fallimenti risonanti non è la politica ma CERTE politiche. La politica non è altro che 1’orientamento che si danno gli uomini nell’organizzare la loro vita sociale; distogliersi da questa azione significa rinunciare a voler orientare la vita sociale e, di conseguenza, a volerla trasformare; significa subire ed accettare la società presente.
2. Il concetto di classe è essenzialmente un concetto storico-politico e non semplicemente una classificazione economica. Economicamente tutti gli uomini fanno parte di uno stesso e solo sistema di produzione in un dato periodo storico. La divisione, basata sulle distinte posizioni che gli uomini occupano in uno stesso sistema di produzione e di ripartizione e che non supera il quadro di questo sistema, non può diventare il postulato della necessità storica del suo superamento. La divisione in categorie economiche non è quindi che un momento della contraddizione interna costante che si sviluppa con il sistema, ma resta circoscritta all'interno dei limiti di questo. L'opposizione storica è in qualche modo esterna, nel senso che essa si oppone all’insieme del sistema preso come un tutto; essa si esplicita nella distruzione del sistema sociale esistente e nella sua sostituzione con un altro basato su un nuovo modo di produzione. La classe è la personificazione di questa opposizione storica e nel contempo è la forza sociale-umana che la realizza.
Il proletariato non esiste come classe nel senso pieno del termine che nell’atto di orientare le sue lotte, non in vista del miglioramento delle sue condizioni di vita all’interno del sistema capitalista, ma nella sua lotta contro l’ordine sociale esistente. Il passaggio dalla categoria alla classe, dalla lotta economica alla lotta politica non è un processo evolutivo, uno sviluppo continuo immanente, tale che l’opposizione storica di classe emerge automaticamente e naturalmente dopo essere stata per lungo tempo chiusa nella posizione economica degli operai. Dall’una all’altra si effettua un salto dialettico. Esso consiste nella presa di coscienza della necessità storica della distruzione del sistema capitalista. Questa necessità storica coincide con l’aspirazione del proletariato a liberarsi della sua condizione di sfruttato, e la implica.
3. Tutte le trasformazioni sociali nella storia hanno avuto per condizione fondamentale, determinante, lo sviluppo delle forze produttive divenute incompatibili con la struttura troppo ristretta della vecchia società. Ed è così che, nell’impossibilità di dominare più a lungo le forze produttive che ha sviluppato, il capitalismo accusa la sua fine e la ragione del suo crollo e fornisce così la condizione e la giustificazione storica del suo superamento da parte del socialismo. Ma a parte questa condizione, le differenze tra il modo di svolgersi delle rivoluzioni precedenti (compresa quella borghese) e la rivoluzione socialista, restano fondamentali e necessitano di uno studio approfondito da parte della classe rivoluzionaria.
Per la rivoluzione borghese, per esempio, le forze di produzione incompatibili con il feudalesimo, si sviluppano ancora in un sistema di proprietà di una classe dominante. Perciò il capitalismo può sviluppare le sue basi economiche lentamente e per molto tempo all’interno del mondo feudale. La rivoluzione politica segue il fatto economico e lo consacra. Per questa stessa ragione, la borghesia non ha un bisogno imperioso di una coscienza del movimento economico e sociale. La sua azione è direttamente sollecitata dalla pressione delle leggi dello sviluppo economico che agiscono su di lei come delle forze cieche della natura e determinano la sua volontà. La sua coscienza resta un fattore di secondo ordine. Essa è in ritardo sulla realtà, è più una constatazione che un orientamento. La rivoluzione borghese si situa in questa preistoria dell’umanità in cui le forze produttive ancora poco sviluppate dominano gli uomini.
Il socialismo, al contrario, è basato su di uno sviluppo delle forze produttive incompatibili con ogni tipo di proprietà individuale e sociale di una classe. Perciò esso non può avere delle basi economiche all’interno della società capitalista. La rivoluzione politica è la prima condizione per un indirizzamento socialista della economia e della società. Per questa stessa ragione il socialismo non può realizzarsi che come coscienza dei fini del movimento, coscienza dei mezzi per la loro attuazione e volontà cosciente dell’azione. La coscienza socialista PRECEDE E CONDIZIONA l’azione rivoluzionaria della classe. La rivoluzione socialista è il punto di inizio della storia in cui l’uomo è chiamato a dominare le forze produttive che ha già notevolmente sviluppato e questo dominio è precisamente la meta che si pone la rivoluzione socialista.
4. Quindi tutti i tentativi di fondare il socialismo su delle realtà conquistate all’interno della società capitalista sono destinati, per la natura stessa del socialismo, all’insuccesso. Il socialismo esige nel tempo uno sviluppo avanzato delle forze produttive, per spazio la terra intera e per condizione primordiale la volontà cosciente degli uomini. La dimostrazione sperimentale del socialismo all’interno della società capitalista può raggiungere nel migliore dei casi il livello di un’utopia. Persistere su questa strada porta dall’utopia ad una posizione di conservazione e di rafforzamento del capitalismo([1]). Il socialismo in regime capitalista non può essere che una dimostrazione teorica, la sua materializzazione non può prendere che la forma di una forza ideologica, e la sua realizzazione non può derivare che dalla lotta rivoluzionaria del proletariato contro l’ordine sociale esistente.
E poiché l’esistenza del socialismo non può manifestarsi in anticipo se non nella coscienza socialista, la classe che lo porta e lo personifica non ha esistenza storica se non attraverso questa coscienza. La formazione del proletariato come classe storica non è che la formazione della sua coscienza socialista. Sono questi, due aspetti di uno stesso processo storico, inconcepibili separatamente perché inesistenti 1’uno senza l’altro.
La coscienza socialista non scaturisce dalla posizione economica degli operai, essa non è un riflesso della loro condizione di salariati. Per questo motivo essa non si forma simultaneamente e spontaneamente nei cervelli di tutti gli operai e unicamente nei loro cervelli. Il socialismo come ideologia appare separatamente e parallelamente alla lotta economica degli operai, non traggono origine 1’una dall’altra anche se si influenzano reciprocamente e si condizionano nel loro sviluppo; entrambe trovano le loro radici nello sviluppo storico della società capitalista.
5. Dato che gli operai non diventano “classe agente da sé e per sé” (secondo l’espressione di Marx ed Engels) se non attraverso la presa di coscienza socialista, allora si può dire che il processo di costituzione della classe si identifica con quello di formazione dei gruppi di militanti rivoluzionari socialisti. Il partito del proletariato non è una selezione, non innanzitutto una “delegazione” della classe, ma è il modo di esistenza e di vita della classe stessa. Come non si può comprendere la materia al di fuori del movimento, così non si può concepire la classe al di fuori della sua tendenza a costituirsi in organismo politico. “L'organizzazione del proletariato in classe, dunque in partito politico” (Manifesto Comunista) non è una formula casuale, ma esprime profondamente il pensiero di Marx ed Engels. Un secolo di esperienza ha magistralmente confermato la validità di questo modo di concepire la nozione di classe.
6. La coscienza socialista non si PRODUCE per generazione spontanea, ma si RIPRODUCE continuamente, e una volta apparsa essa diventa - nella sua opposizione al mondo capitalista esistente - il principio attivo che determina e accelera, nella e attraverso l’azione, il suo sviluppo. Tuttavia questo è condizionato e limitato dall’evolvere delle contraddizioni del capitalismo. In questo senso è sicuramente più esatta la tesi di Lenin della “coscienza socialista iniettata agli operai” dal Partito, opposta a quella di Rosa Luxemburg della “spontaneità” della presa di coscienza, generata nel corso di un movimento che parte dalla lotta economica per giungere alla lotta socialista rivoluzionaria. La tesi della “spontaneità”, dalle apparenze democratiche, presenta quanto alla sostanza una tendenza meccanicista di un determinismo economico rigoroso. Essa, infatti, parte da une relazione di causa ed effetto: la coscienza socialista non sarebbe che la risultante, l’effetto di un movimento iniziale, cioè la lotta economica che la genererebbe. Sarebbe inoltre di una natura fondamentalmente passiva rispetto alle lotte economiche che costituirebbero l’elemento attivo. La concezione di Lenin restituisce alla coscienza socialista e al Partito che la materializza il loro carattere di fattore e di principio essenzialmente attivo. Essa non l’allontana ma la immerge nella vita e nel movimento.
7. La difficoltà fondamentale della rivoluzione socialista risiede in questa situazione complessa e contraddittoria: da una parte la rivoluzione non può realizzarsi che quale atto COSCIENTE della GRANDE MAGGIORANZA della classe operaia, d’altra parte questa presa di coscienza è ostacolata dalle condizioni imposte agli operai nella società capitalista, condizioni che impediscono e distruggono continuamente la presa di coscienza da parte degli operai della loro missione storica rivoluzionaria. Questa difficoltà non può assolutamente essere superata solo dalla propaganda teorica senza tener conto della congiuntura storica. Ma meno ancora la condizione per superarla starebbe nelle lotte economiche degli operai. Lasciate sviluppare da sole, le lotte degli operai contro le condizioni di sfruttamento capitalista possono portare tuttalpiù a delle esplosioni di rivolta, cioè a delle reazioni negative, ma non riescono assolutamente a svolgere la loro azione positiva di trasformazione sociale, realizzabile solo tramite la coscienza delle finalità del movimento. Questo fattore non può essere che questo elemento politico della classe che tira la sua sostanza teorica non dalle contingenze e del particolarismo della posizione economica degli operai, ma del movimento delle possibilità e delle necessità storiche. Solo l’intervento di questo fattore permette alla classe di passare dal piano della reazione negativa a quello dell’azione positiva, dalla rivolta alla rivoluzione.
8. Ma sarebbe totalmente sbagliato voler sostituire questi organismi, manifestazioni della coscienza e dell’esistenza della classe, alla classe stessa e considerare questa solo come una massa informe, destinata a servire da materiale a questi organismi politici. Ciò equivarrebbe a sostituire una concezione militarista alla concezione rivoluzionaria del rapporto tra la coscienza e l’essere, tra il partito e la classe. La funzione storica del partito non è quella di essere uno Stato Maggiore che dirige l’azione della classe, considerata come un esercito e come tale all’oscuro dello scopo finale, degli obbiettivi immediati delle operazioni e del movimento “d’insieme delle manovre”. La rivoluzione socialista non ha niente di paragonabile all’azione militare. La sua attuazione è condizionata dalla coscienza che hanno gli operai stessi; essa regola la loro decisione e le loro azioni.
Il Partito non agisce dunque al posto della classe. Non richiede la “fiducia” nel senso borghese del termine, non chiede cioè di essere una delegazione a cui è affidata la sorte - e il destino - della società. Esso ha unicamente per funzione storica di agire in vista di permettere alla classe di acquisire essa stessa la coscienza della sua missione, dei suoi fini e dei mezzi che sono le basi della sua azione rivoluzionaria.
9. Bisogna combattere con lo stesso vigore sia questa concezione del Partito-Stato Maggiore, che agisce per conto e al posto della classe, sia quest’altra concezione che partendo dal fatto che “l’emancipazione dei lavoratori sarà l’opera dei lavoratori stessi” (Indirizzo Inaugurale), ha la pretesa di negare il ruolo del militante e del partito rivoluzionario. Con la scusa, molto apprezzabile, di non imporre la loro volontà agli operai, questi militanti si sottraggono al loro compito, sfuggono alle proprie responsabilità e mettono i rivoluzionari alla coda del movimento operaio.
I primi si mettono al di fuori della classe, negandola e sostituendosi ad essa; i secondi fanno altrettanto, negando la funzione propria dell’organizzazione di classe che è il partito, negandosi come fattore rivoluzionario e mettendosi da parte con l’interdizione che essi gettano sulla propria azione.
10. Una corretta concezione delle condizioni della rivoluzione socialista deve partire dagli elementi seguenti e inglobarli:
A. Il socialismo è una necessità per il fatto che lo sviluppo raggiunto dalle forze produttive è incompatibile con una società divisa in classi.
B. Questa necessità non può diventare realtà che tramite la volontà e l’azione cosciente della classe oppressa, la cui liberazione sociale si confonde con la liberazione dell’umanità dalla sua alienazione rispetto alle forze produttive alle quali essa è stata soggetta fino a questo giorno.
C. Poiché il socialismo è contemporaneamente necessità oggettiva e volontà soggettiva, esso non può esprimersi che nell’AZIONE rivoluzionaria cosciente delle sue finalità.
D. L’azione rivoluzionaria è inconcepibile senza un programma rivoluzionario. Ugualmente l’elaborazione del programma è inseparabile dall’azione. Ed è perciò che il Partito rivoluzionario è un “corpo di dottrina e una volontà d’azione” (Bordiga), che è la concretizzazione più completa della coscienza socialista e l’elemento fondamentale della sua realizzazione.
La costituzione del partito di classe nella storia
11. La tendenza alla costituzione del Partito del proletariato esiste dalla nascita della società capitalista. Ma finché le condizioni storiche per il socialismo non si sono sufficientemente sviluppate, l’ideologia del proletariato come la costruzione del Partito non possono che restare allo stadio embrionale. Non è che con la “Lega dei Comunisti” che appare per la prima volta un vero tipo di organizzazione politica del proletariato.
Quando si esamina da vicino lo sviluppo della costituzione del Partito di classe, appare immediatamente il fatto che l’organizzazione in partiti non progredisce in modo lineare, ma al contrario registra dei periodi di grande sviluppo in alternanza con altri durante i quali il Partito scompare. Così l’esistenza organica del Partito non sembra dipendere solo dalla volontà degli individui che lo costituiscono. Sono le condizioni oggettive che condizionano la sua esistenza. Il Partito, essendo essenzialmente un organismo di azione rivoluzionaria della classe, non può esistere che nelle situazioni in cui l’azione della classe si manifesta. In assenza di condizioni di azione di classe degli operai (stabilità economica e politica del capitalismo, o in seguito a sconfitte profonde delle lotte operaie) il Partito non può sopravvivere. Esso si disperde organicamente oppure è obbligato per sopravvivere, cioè per esercitare un’influenza, ad adattarsi alle nuovi condizioni che negano l’azione rivoluzionaria, e allora il Partito inevitabilmente si riempie di un contenuto nuovo. Diventa conformista, cioè cessa di essere il Partito della Rivoluzione.
Marx, meglio di ogni altro, ha compreso le condizioni cui era soggetta l’esistenza del Partito. In due occasioni egli si fece artefice della dissoluzione della grande organizzazione, nel 1851, all’indomani della sconfitta della rivoluzione e del trionfo della reazione in Europa, une seconda volta nel 1873 dopo la disfatta della Comune di Parigi, egli si pronuncia apertamente per lo scioglimento. La prima volta, della Lega dei Comunisti, la seconda della Prima Internazionale.
12. L’esperienza della Seconda Internazionale conferma l’impossibilità di mantenere al proletariato il suo Partito in un periodo prolungato di una situazione non rivoluzionaria. La partecipazione finale dei Partiti della II Internazionale alla guerra imperialista del 1914 non ha fatto che rivelare la lunga corruzione dell’organizzazione. La permeabilità e penetrabilità, sempre possibili e valevoli, dell’organizzazione politica del proletariato da parte dell’ideologia della classe capitalista dominante prendono nei periodi prolungati di stagnazione e di riflusso della lotta di classe un’ampiezza tale che l’ideologia della borghesia finisce col sostituirsi a quella del proletariato, che il Partito si spoglia del suo contenuto di classe originario per diventare lo strumento di classe del nemico.
La storia dei partiti comunisti della III Internazionale ha di nuovo dimostrato l’impossibilità di salvaguardare il Partito in un periodo di riflusso rivoluzionario e la sua degenerazione in un tale periodo.
13. Per queste ragioni, la costituzione di Partiti, di un’Internazionale da parte dei trotzkisti dopo il 1935, e la costituzione recente di un Partito Comunista Internazionalista in Italia, essendo del tutto delle formazioni artificiali, non possono essere che delle opere di confusione e di opportunismo. Invece di essere delle tappe della costituzione del futuro Partito di classe, queste formazioni sono degli ostacoli e lo screditano, rappresentandone la caricatura. Lungi dall’esprimere una maturazione della coscienza e un superamento del vecchio programma che esse trasformano in dogma, esse non fanno che riprodurre il vecchio programma e si rendono prigioniere di questi dogmi. Nessuna meraviglia se esse riprendono poi delle posizioni arretrate e superate dell’antico Partito, aggravandole ulteriormente, vedi la tattica del parlamentarismo, del sindacalismo, ecc...
14. Ma la rottura dell’esistenza organizzativa del Partito non significa una frattura nello sviluppo dell’ideologia della classe. I riflussi rivoluzionari esprimono in primo luogo l’immaturità del programma rivoluzionario. La sconfitta è il segnale della necessità di riesaminare criticamente le posizioni programmatiche precedenti e l’obbligo del loro superamento sulla base dell’esperienza vivente della classe.
Questa positiva opera critica di elaborazione programmatica prosegue tramite organismi provenienti dal vecchio Partito. Essi costituiscono nel periodo di rinculo l’elemento attivo per la costituzione del futuro Partito in una fase di nuova ondata rivoluzionaria. Questi organismi erano i gruppi o frazioni di sinistra usciti dal Partito dopo la sua dissoluzione organizzativa o la sua degenerazione ideologica. Tali furono la Frazione di Marx, nel periodo che va dallo scioglimento della Lega dei Comunisti alla costituzione della I Internazionale; le correnti di sinistra nella II Internazionale (durante la prima guerra mondiale), che diedero vita ai nuovi Partiti e Internazionale nel 1919; tali sono le Frazioni di sinistra e i gruppi che continuano il loro lavoro rivoluzionario dopo la degenerazione della III Internazionale. La loro esistenza e il loro sviluppo è la condizione per l’arricchimento del programma della rivoluzione e per la ricostruzione del partito di domani.
15. Il vecchio partito, una volta afferrato e passato al servizio della classe nemica, cessa definitivamente di essere un luogo in cui si elabora e avanza il pensiero rivoluzionario e in cui possono formarsi i militanti del proletariato. Contare su delle correnti provenienti dalla socialdemocrazia o dallo stalinismo, ritenendole capaci di servire da elementi di costruzione del nuovo partito di classe, significa ignorare il senso della nozione di partito. I trotzkisti che aderiscono ai partiti della seconda Internazionale o continuano nell’ipocrita pratica della enucleazione in direzione di questi partiti, al fine di provocare in questi ambienti antiproletari il sorgere di correnti “rivoluzionarie” con le quali essi vogliono costituire il nuovo Partito del proletariato, mostrano con questo che essi stessi sono una corrente morta, espressione di un movimento passato, e non del futuro.
Come il nuovo Partito della rivoluzione non può fondarsi sulla base di un programma superato dalla realtà, così esso non può costruirsi con degli elementi che restano organicamente legati a degli organismi che hanno cessato per sempre di appartenere alla classe operaia.
16. La storia del movimento operaio non ha mai conosciuto periodo più oscuro di quello attuale e un rinculo più profondo della coscienza rivoluzionaria. Se lo sfruttamento economico degli operai si rivela come condizione assolutamente insufficiente per la presa di coscienza della loro missione storica, risulta chiaro che questa presa di coscienza è infinitamente più difficile di quanto pensino i militanti rivoluzionari. Forse è necessario affinché il proletariato possa riprendersi che l’umanità conosca l’incubo della III guerra mondiale e l’orrore del mondo in caos, e che il proletariato si confronti in maniera tangibile al dilemma: morire o salvarsi con la rivoluzione, perché ritrovi la condizione del suo rinsavimento e della sua coscienza.
17. Nel quadro di questa tesi non ci interessa ricercare le condizioni precise che permetteranno la presa di coscienza del proletariato, né quali saranno i mezzi concreti di raggruppamento e di organizzazione che si darà il proletariato per la sua lotta rivoluzionaria. Ciò che noi possiamo accennare a questo proposito - e che l’esperienza degli ultimi trent’anni ci autorizza ad affermare - è che né le rivendicazioni economiche, né tutta la gamma di rivendicazioni dette “democratiche” (parlamentarismo, diritto dei popoli a disporre di sé stessi, ecc.) possono servire da base all’azione storica del proletariato. Per quel che riguarda le forme di organizzazione, appare con ancora più evidenza che queste non potranno essere i sindacati, con la loro struttura verticale, professionale, corporativa. Tutte queste forme di organizzazione dovranno essere messe nel museo della storia, appartenendo al passato del movimento operaio. Nella pratica esse devono essere assolutamente abbandonate e sorpassate. Le nuove organizzazioni dovranno essere unitarie, cioè inglobare la maggioranza degli operai e superare la divisione particolarista degli interessi professionali. La loro base sarà il piano sociale, la loro struttura la località. I consigli operai, quali sono sorti nel 1917 in Russia e nel 1918 in Germania, appaiono come il nuovo tipo di organizzazione unitaria della classe; è in questo tipo di consigli operai e non in sindacati “ringiovaniti” che gli operai troveranno la forma più appropriata della loro organizzazione.
Ma le forme nuove di organizzazione unitaria della classe, di qualunque tipo esse siano, non apportano alcuna modifica al problema della necessità dell’organismo politico che è il Partito, né al ruolo decisivo che esso ha da giocare. Il Partito resterà il fattore cosciente dell’azione di classe, esso è la forza motrice ideologica indispensabile all’azione rivoluzionaria del proletariato. Esso gioca nell’azione sociale un ruolo analogo a quello dell’energia nella produzione. La ricostruzione di questo organismo di classe è contemporaneamente condizionata da una tendenza che si va sviluppando nella classe operaia di rottura con l’ideologia capitalista e che si concretizza in una lotta contro il regime esistente; allo stesso tempo questa ricostruzione è un fattore di accelerazione e di approfondimento di questa lotta e la condizione determinante del suo trionfo.
18. L'inesistenza nel periodo attuale degli elementi richiesti per la costruzione del Partito non dovrebbe indurre a credere nella inutilità o impossibilità di ogni attività immediata dei militanti rivoluzionari. Tra “l’attivismo” sterile dei fabbricatori di partito e 1’isolamento individuale, tra un avventurismo e un pessimismo impotenti, il militante non sarebbe capace di scegliere, ma egli deve combattere entrambi questi atteggiamenti perché ugualmente estranei allo spirito rivoluzionario e dannosi alla causa della rivoluzione. Rigettando sia la concezione volontarista che presenta l’azione militante come l’unico fattore che determina il movimento della classe, sia la concezione meccanicistica del Partito, semplice riflesso della passività del movimento, il militante deve considerare la propria azione come uno dei fattori che, nell’interazione con gli altri, condiziona e determina l’azione della classe. E’ partendo da questa concezione che il militante comprende la necessità e il valore della sua attività, allo stesso tempo che il limite delle sue possibilità e della sua portata. Adattare la propria attività alle condizioni della situazione attuale è il solo mezzo per renderla efficiente e feconda.
19. La volontà di costruire, in tutta fretta e ad ogni costo, il nuovo Partito di classe, a dispetto delle condizioni oggettive sfavorevoli, anzi forzandole, è segno insieme e di un volontarismo avventurista e infantile e di una falsa valutazione della situazione e delle sue prospettive immediate e infine di una totale ignoranza della nozione di Partito e dei rapporti tra il Partito e la classe. Così, tutti questi tentativi sono fatalmente destinati all’insuccesso, non riuscendo nel migliore dei casi che a creare dei raggruppamenti opportunisti che si trascinano nelle scie dei grandi Partiti della seconda e della terza Internazionale. La sola ragione che giustifica allora la loro esistenza resta niente altro che lo sviluppo al loro interno di uno spirito di cappella e di setta.
Così tutte queste organizzazioni sono non solo spinte dal loro “attivismo” immediato nell’ingranaggio dell’opportunismo, ma ancora producono uno spirito limitato proprio di sette, un campanilismo, un attaccamento timido e superstizioso ai propri “capi”, alla riproduzione caricaturale del gioco delle grandi organizzazioni, alla deificazione di regole di organizzazione e alla sottomissione ad una disciplina “liberamente consentita” tanto più tirannica ed intollerabile, quanto è in proporzione inversa del numero.
Come suo doppio risultato, la costruzione artificiale e prematura del partito porta alla negazione della costruzione dell’organismo politico della classe, alla distruzione dei quadri e alla perdita in un tempo più o meno breve, ma certa, del militante, estenuato, esaurito, senza meta e completamente demoralizzato.
20. La scomparsa del Partito, sia a causa del suo restringimento numerico e della sua dispersione organizzativa, come fu per la Prima Internazionale, sia a causa del suo passaggio al servizio del capitalismo, come fu per i partiti della Seconda e Terza Internazionale, esprime in entrambi i casi la fine di un periodo nella lotta rivoluzionaria del proletariato. La scomparsa del Partito è allora inevitabile e nessun volontarismo o capo più o meno geniale potrebbe evitarla.
Marx ed Engels hanno visto due volte spezzarsi e morire l’organizzazione del proletariato alla cui vita essi avevano partecipato in maniera notevole. Lenin e la Luxemburg hanno assistito impotenti al tradimento dei grandi partiti socialdemocratici. Trotskij e Bordiga non hanno potuto nulla per modificare la degenerazione dei partiti comunisti e la loro trasformazione in quella mostruosa macchina del capitalismo che noi abbiamo conosciuto poi.
Questi esempi ci insegnano non l’inutilità del Partito, come pretende un’analisi superficiale e fatalista, ma solo che questa necessità che è il Partito di classe non esiste secondo una linea uniformemente continua e ascendente, che la sua esistenza stessa non è sempre possibile, che il suo sviluppo e il suo essere sono in rapporto e strettamente legati alla lotta di classe del proletariato, che ad esso dà vita e che esso esprime. E’ per questo che la lotta dei militanti rivoluzionari all’interno dal partito, nel corso del suo periodo di degenerazione e prima della sua morte come partito operaio, ha un senso rivoluzionario, ma non quello volgare che le hanno attribuito le diverse opposizioni trotzkiste. Per questi ultimi si trattava di raddrizzare, e per raddrizzare bisognava innanzitutto che l’organizzazione e la sua unità non fossero messe in pericolo. Si trattava per loro di mantenere l’organizzazione nel suo splendore passato proprio allorché le condizioni oggettive non lo permettevano e che lo splendore dell'organizzazione non poteva mantenersi che al prezzo di un’alterazione costante e crescente della sua natura rivoluzionaria e di classe. Essi cercavano in delle misure organizzative i rimedi per salvare l’organizzazione, senza comprendere che lo sfacelo organizzativo è sempre l’espressione e la manifestazione di un periodo di riflusso rivoluzionario e spesso la soluzione di gran lunga preferibile alla sua sopravvivenza e che in ogni caso ciò che i rivoluzionari dovevano salvare era non l’organizzazione ma l’ideologia della classe che rischiava di andare a picco nella rovina dell’organizzazione.
Non comprendendo le cause oggettive della inevitabile scomparsa del vecchio partito, non si poteva capire quale era il ruolo dei militanti in questo periodo. Del fatto che non si riusciva a conservare l’antico partito alla classe si traeva la conclusione della necessità di costruire nell’immediato un nuovo Partito. L’incomprensione non faceva che accoppiarsi all’avventurismo, il tutto basato su una concezione volontarista del Partito.
Un’analisi corretta della realtà fa comprendere che la morte del vecchio partito implica proprio l’impossibilità immediata di costruire un nuovo Partito; essa significa che nel periodo attuale non esistono le condizioni necessarie per l’esistenza di un qualsiasi partito, tanto vecchio che nuovo.
In un tale periodo possono sussistere solo dei piccoli gruppi rivoluzionari che assicurano una soluzione di continuità meno organizzativa che ideologica, che condensano al loro interno l’esperienza passata del movimento e della lotta della classe, che rappresentano il tratto d’unione tra il partito di ieri e quello di domani, tra il punto culminante della lotta e della maturità della coscienza di classe nel periodo di flusso passato e il suo superamento nel nuovo periodo di ascesa futuro. In questi gruppi si continua la vita ideologica della classe, l’autocritica delle sue lotte, il riesame critico delle sue idee precedenti, l’elaborazione del suo programma, la maturazione della sua coscienza e la formazione di nuovi quadri di militanti per la futura tappa del suo assalto rivoluzionario.
21. Il periodo che siamo vivendo è il prodotto da una parte della disfatta della prima grandiosa ondata rivoluzionaria del proletariato internazionale che ha posto fine alla prima guerra imperialista e che ha raggiunto il suo culmine nella rivoluzione di Ottobre 1917 in Russia e nel movimento spartakista del 1918-19, dall’altra parte delle trasformazioni profonde operate nella struttura economico-politica del capitalismo evolvente verso la sua forma ultima e decadente: il capitalismo di Stato. In più, un rapporto dialettico esiste tra questa evoluzione del capitalismo e la sconfitta della rivoluzione.
Malgrado la loro combattività eroica, malgrado la crisi permanente e insormontabile del sistema capitalista e l’aggravarsi inaudito e crescente delle condizioni di vita degli operai, il proletariato e la sua avanguardia non poterono tener testa alla controffensiva del capitalismo. Essi non si confrontarono con il capitalismo classico e restarono sorpresi della sua trasformazione, che poneva dei problemi ai quali essi non erano preparati né politicamente né teoricamente. Il proletariato e la sua avanguardia che a lungo avevano confuso capitalismo e proprietà privata dei mezzi di produzione, socialismo e statalizzazione, si sono trovati sviati e impreparati di fronte alla tendenza del capitalismo moderno alla concentrazione nelle mani dello Stato dell’economia e alla sua pianificazione. Nella loro immensa maggioranza, gli operai si sono lasciati convincere all’idea che questa evoluzione rappresentava un modo di trasformazione originale della società, del capitalismo verso il socialismo. Essi si sono associati a questa opera, abbandonando la loro missione storica e diventando gli artefici più sicuri della conservazione della società capitalista.
Sono queste le ragioni storiche che danno al proletariato la sua fisionomia attuale. Finché queste condizioni prevarranno, fînché l’ideologia del capitalismo di Stato dominerà il cervello degli operai, non si potrà parlare di ricostruzione del partito di classe. Non è che quando il proletariato, attraverso i cataclismi sanguinosi che solcano la fase del capitalismo di Stato, avrà compreso tutto l’abisso che separa il socialismo liberatore dal mostruoso regime statale attuale, quando al suo interno si manifesterà una crescente tendenza a staccarsi da questa ideologia che lo imprigiona e lo annulla, non è che allora che sarà di nuovo aperta la via a “l'organizzazione del proletariato in classe, dunque in partito politico”. Questa tappa sarà tanto più in fretta raggiunta e facilitata per il proletariato quanto più i nuclei rivoluzionari avranno saputo fare lo sforzo teorico necessario per rispondere ai problemi nuovi posti dal capitalismo di Stato ed aiutare il proletariato a ritrovare la sua soluzione di classe e i mezzi per la sua realizzazione.
22. Nel periodo attuale i militanti rivoluzionari non possono sussistere se non formando dei piccoli gruppi dediti ad un lavoro paziente di propaganda per forza di cose limitato nella sua estensione, allo stesso tempo che ad uno sforzo accanito di ricerca e di chiarificazione teorica. Questi gruppi adempiranno il loro compito solo attraverso la ricerca dei contatti con altri gruppi sul piano nazionale e internazionale, sulla base dei criteri delimitativi delle frontiere di classe. Solo tali contatti e il loro moltiplicarsi con lo scopo del confronto delle posizioni e della chiarificazione dei problemi permetteranno ai gruppi e militanti di resistere fisicamente e politicamente alla terribile pressione del capitalismo nel periodo attuale e far sì che tutti gli sforzi siano un contributo reale alla lotta emancipatrice del proletariato.
Il Partito di domani
23. Il partito non potrà essere una semplice riproduzione di quello di ieri. Non potrà essere ricostruito su di un modello ideale tirato fuori dal passato. Il suo programma così come la sua struttura organica e il rapporto che si stabilisce tra esso e 1’insieme della classe sono fondati su una sintesi dell’esperienza passata e delle nuove condizioni più avanzate dello stadio attuale. Il Partito segue l’evoluzione della lotta di classe e ad ogni tappa della storia di questa corrisponde un tipo proprio di organismo politico del proletariato.
All’alba del capitalismo moderno, nella prima metà del XIX secolo, la classe operaia, ancora nella sua fase di costituzione conduceva delle lotte locali e sporadiche e non poteva dar vita che a delle scuole dottrinarie, a delle sette e delle leghe. La Lega dei Comunisti, col suo Manifesto e il suo Appello di “proletari di tutti i paesi, unitevi”, era l’espressione più avanzata di questo periodo, essa annunciava il periodo seguente.
La prima Internazionale corrisponde alla entrata effettiva del proletariato sulla scena delle lotte sociali e politiche nei principali paesi d’Europa. Così essa raggruppa tutte le forze organizzate della classe operaia, le sue tendenze ideologiche più diverse. La prima Internazionale riunisce insieme tutte le correnti e tutti gli aspetti della lotte operaia contingente: economici, educativi, politici e teorici. Essa è al più alto punto 1’ORGANIZZAZIONE UNITARIA della classe operaia in tutta la sua diversità.
La seconda Internazionale segna una tappa di differenziazione tra la lotte economica dei salariati e la lotta politica sociale. In questo periodo di piena espansione della società capitalista, la seconda Internazionale è l’organizzazione della lotta per delle riforme e delle conquiste politiche, l’affermazione politica del proletariato; allo stesso tempo essa rappresenta uno stadio superiore nella delimitazione ideologica all’interno del proletariato, precisando ed elaborando le basi teoriche della sua missione storica rivoluzionaria.
La prima guerra mondiale significava la crisi storica del capitalismo e l’apertura della sua fase di declino. La rivoluzione socialista passò da allora dal piano della teoria al piano della pratica. Sotto il fuoco degli eventi il proletariato si trovava in qualche modo forzato a costruire in breve tempo la sua organizzazione rivoluzionaria di lotta. L’apporto programmatico monumentale dei primi anni della III Internazionale si è rivelato tuttavia insufficiente e inferiore all’immensità dei problemi da risolvere posti da questa fase ultima del capitalismo e del suo superamento rivoluzionario. Allo stesso tempo, l’esperienza ha presto dimostrato l’immaturità ideologica generale della classe. Davanti a questi due scogli e sotto la pressione delle necessità sorte dagli avvenimenti e dalla loro rapidità, la terza Internazionale era portata a rispondere con delle misure organizzative: la disciplina di ferro dei militanti, ecc...
Dovendo l’aspetto organizzativo supplire all’incompletezza programmatica e il partito all’immaturità della classe, si giungeva alla sostituzione del Partito all’azione della classe stessa e all’alterazione del concetto di Partito e dei rapporti di questo con la classe.
24. Sulla base di questa esperienza il futuro partito avrà per fondamento il ripristino di questa verità: la rivoluzione, se contiene un problema di organizzazione, non è tuttavia una questione di organizzazione. La rivoluzione è prima di tutto un problema ideologico di maturazione della coscienza nelle vaste masse del proletariato.
Nessuna organizzazione, nessun partito può sostituirsi alla classe stessa, perché più che mai resta vero che “l’emancipazione dei lavoratori sarà l’opera dei lavoratori stessi”. Il partito, che è la cristallizzazione della coscienza della classe, non è né differente né sinonimo della classe. Il partito resta necessariamente una piccola minoranza; la sua ambizione non è la maggiore forza numerica. In alcun momento esso può separarsi o rimpiazzare l’azione vivente della classe. La sua funzione resta quella di ispirazione ideologica nel corso del movimento e della azione della classe.
25. Durante il periodo insurrezionale della rivoluzione, il ruolo del partito non è di rivendicare il potere per sé, né di chiedere alle masse di concedergli “fiducia”. Esso interviene e sviluppa la sua attività in vista dell’automobilitazione della classe all’interno della quale esso tende a far trionfare i principi e i mezzi di azione rivoluzionari.
La mobilitazione della classe intorno al Partito al quale essa “affida” o piuttosto abbandona la direzione è un’idea che riflette uno stato di immaturità della classe. L’esperienza ha mostrato che in tali condizioni la rivoluzione non può alla fine trionfare e deve rapidamente degenerare comportando un divorzio tra la classe e il partito. Questo ultimo si trova subito obbligato a ricorrere sempre più a dei mezzi di coercizione per imporsi alla classe e diventa così un ostacolo terribile per il progredire della rivoluzione.
Il partito non è un organo di direzione e di esecuzione, queste funzioni sono proprie dell’organizzazione unitaria della classe. Se i militanti del partito partecipano a queste funzioni, è in qualità di membri della grande comunità del proletariato.
26. Nel periodo postrivoluzionario, quello della dittatura del proletariato, il partito non è il Partito Unico, classico dei regimi totalitari. Questo si caratterizza per la sua identificazione e la sua assimilazione con il potere statale di cui detiene il monopolio. Al contrario, il partito di classe del proletariato si caratterizza per quello che lo distingue dallo Stato di cui rappresenta l’antitesi storica. Il Partito Unico Totalitario tende a gonfiarsi e ad incorporare milioni di individui per farne la base fisica del suo dominio e della sua oppressione. Il partito del proletariato al contrario, per la sua natura, opera sempre una selezione ideologica severa; i suoi militanti non hanno vantaggi da conquistare o da difendere. Il loro privilegio è solo quello di essere i combattenti più perspicaci e più devoti alla causa rivoluzionaria. Il partito non si dedica dunque ad incorporare al suo interno vaste masse, perché a mano a mano che la sua ideologia diverrà quella delle larghe masse, la necessità della sua esistenza tenderà a sparire e comincerà a suonare l’ora del suo scioglimento.
Regime interno del partito
27. I problemi relativi alle regole di organizzazione che costituiscono il regime interno del partito occupano un posto altrettanto decisivo del suo contenuto programmatico. L’esperienza passata, e più in particolare quella dei partiti della Terza Internazionale, ha mostrato che la concezione del Partito costituisce un tutto unitario. Le regole organizzative sono un aspetto e una manifestazione di questa concezione. Non vi è una questione di organizzazione separata dall’idea che si ha sul ruolo e la funzione del partito e del rapporto di questo con la classe. Nessuna di queste questioni esiste in sé, ma ognuna è uno degli elementi costitutivi ed espressivi del tutto.
I partiti della terza Internazionale avevano tali regole o tali regimi interni perché essi si sono costituiti in un periodo di immaturità evidente della classe, il che li ha portati a sostituire il Partito alla classe, l’organizzazione alla coscienza, la disciplina alla convinzione.
Le regole organizzative del futuro partito dovranno dunque essere in funzione di una concezione inversa del ruolo del partito, in una tappa più avanzata della lotta, sulla base di una maggiore maturità ideologica della classe.
28. Le questioni del centralismo democratico o organico che occuparono un posto preponderante nella terza Internazionale perderanno la loro importanza per il futuro Partito. Quando l’azione della classe si basava sull’azione del Partito, la questione dell’efficacia massima di questo ultimo doveva necessariamente dominare il Partito, il quale d’altra parte non poteva apportare che delle soluzioni frammentarie.
L’efficacia dell’azione del partito non consiste nella sua azione pratica di direzione e di esecuzione, ma nella sua azione ideologica. La forza del partito non si fonda dunque sulla sottomissione disciplinare dei militanti ma sulla loro conoscenza, il loro sviluppo ideologico, le loro convinzioni più sicure.
Le regole dell’organizzazione non derivano da nozioni astratte, innalzate all’altezza di principi immanenti e immutabili, democrazia o centralismo. Tali principi sono privi di senso. Se la regola delle decisioni prese a maggioranza (democrazia) appare essere, a dispetto di un’altra più appropriata, la regola da mantenere, ciò non significa affatto che per definizione la maggioranza possiede la virtù di avere il monopolio della verità e delle posizioni giuste. Queste discendono dalla maggiore conoscenza dell’oggetto, dalla maggiore penetrazione e dalla stretta più serrata della realtà.
Così le regole interne dell’organizzazione sono funzione dell’obiettivo che essa si dà e che è quello del partito. Quale che sia l’importanza dell’efficacia della sua azione pratica immediata, che può fornirgli l’esercizio di una maggiore disciplina, essa resta sempre meno importante dello sviluppo massimo della coscienza dei militanti e di conseguenza gli è subordinata.
29. Finché il Partito resta il crogiuolo in cui si elabora e si approfondisce l’ideologia della classe, esso ha per regola non solo la libertà massima delle idee e delle divergenze nel quadro dei suoi principi programmatici, ma ha per fondamento la preoccupazione di favorire e mantenere costante la combustione del pensiero, fornendo i mezzi per la discussione e il confronto delle idee e delle tendenze al suo interno.
30. Se si vede sotto quest’ottica la concezione del Partito, niente gli è più estraneo di questa mostruosa idea di un partito omogeneo monolitico e monopolista.
L’esistenza di tendenze e di frazioni in seno al Partito non è una tolleranza, un diritto che può essere accordato, dunque soggetto a discussione. Al contrario l’esistenza delle correnti nel Partito - nel quadro dei principi acquisiti e verificati - è una delle manifestazioni di una concezione sana dell’idea di Partito.
giugno 1948 M.
Links
[1] https://it.internationalism.org/en/tag/2/39/organizzazione-rivoluzionaria
[2] https://it.internationalism.org/en/tag/sviluppo-della-coscienza-e-dell-organizzazione-proletaria/sinistra-italiana
[3] https://it.internationalism.org/en/tag/sviluppo-della-coscienza-e-dell-organizzazione-proletaria/sinistra-comunista-francese
[4] https://it.internationalism.org/en/tag/3/51/partito-e-frazione
[5] https://it.internationalism.org/en/tag/correnti-politiche-e-riferimenti/trotzkismo