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Dopo mezzo secolo di controrivoluzione, che permise alla borghesia di sprofondare una seconda volta l'umanità nelle atrocità della guerra mondiale, il proletariato finalmente rialzò la testa contro le prime espressioni di una nuova crisi economica aperta. Fu il maggio 1968 in Francia dove milioni di lavoratori in sciopero tornarono alla lotta di classe, non sotto l’egida dei sindacati o del partito stalinista (PCF), ma spontaneamente. Questa lotta, tuttavia, non si fermò alle frontiere della Francia, ma fu solo il primo d’innumerevoli movimenti di lotta in Europa e altrove: Argentina o Germania nel 1969, Polonia nel 1970, Spagna e Regno Unito nel 1972. Quest’ondata trovò un'eco finanche in Israele nel 1969 e in Egitto nel 1972.
Anche se viene ricordato come “autunno caldo”, in realtà quello che è avvenuto in Italia è stato un’esplosione di combattività che è andata dagli inizi del 1968 a tutto il 1969. Questi due anni hanno innegabilmente rappresentato un momento spettacolare della ripresa della lotta di classe a livello internazionale. Ma, come per il “maggio francese”, la borghesia ha continuato a nascondere le vere lezioni dell’“Autunno caldo” italiano, riducendolo spesso a un semplice “movimento studentesco”.
Pertanto oggi è essenziale che il proletariato tragga il massimo di lezioni dalla sua esperienza storica, lezioni sulle quali i futuri assalti del proletariato potranno basarsi per contrastare le trappole tese dalla classe dominante che, come mostra molto bene l’“autunno caldo”, impara costantemente dai suoi errori. Per quello che ha rappresentato in termini di combattività, così come per i suoi punti deboli, l’“autunno caldo” italiano rimane un’esperienza preziosa per il proletariato che costituirà uno strumento prezioso per le lotte future. Ecco perché ripubblichiamo qui questi articoli già comparsi nella Rivista Internazionale in occasione dei quarant'anni di questo evento: