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L’articolo che segue, apparso su Welt Revolution, organo di stampa della CCI in Germania, rappresenta un contributo sulla questione dei rifugiati come si pone in questo paese. Alcuni aspetti dell’analisi non sono applicabili agli altri paesi europei. Ad esempio il problema demografico, affrontato nell’articolo, si presenta in modo diverso in Spagna o in Italia, dove esiste un forte tasso di disoccupazione, malgrado il basso tasso di natalità. In considerazione dell’importanza economica e politica della Germania nell’Unione Europea e nel mondo, questo articolo riveste un’importanza al di là delle frontiere nazionali.
Quando, ai primi di settembre, la cancelliera Merkel ha aperto largamente e in modo clamoroso ed improvviso le porte della Terra promessa tedesca (più o meno spalancate, poi) alle migliaia di profughi accampati in condizioni vergognose nella stazione centrale di Budapest e nei suoi paraggi, quando ha difeso con parole piene di emozione l’apertura delle frontiere per i profughi siriani di fronte alle critiche provenienti dal suo stesso campo e ha detto, nonostante le proteste sempre più aperte da parte dei comuni letteralmente sommersi, che non c'era limite massimo all’accoglienza di rifugiati politici, il mondo si è chiesto perché la Merkel, conosciuta come una che “pensa in termini di conseguenze” e che valuta tutti gli effetti prima di agire, si sia impegnata in questa “avventura”.
Perché in realtà quella che si pone alla coalizione di governo (la Grande Coalizione) è una equazione con molte incognite.
Si pone innanzitutto la questione di come fermare il flusso di rifugiati; ancora un poco e quest'anno dovrebbero arrivare in Germania circa 800 000 rifugiati; stime attendibili sostengono invece che si tratterebbe di almeno un milione e mezzo. Sembra che Merkel, cosa insolita per lei, abbia calcolato male l'effetto della politica della mano tesa sulla popolazione locale; per la prima volta, dopo tanto tempo, secondo i sondaggi presso gli elettori, ella è arretrata, facendosi superare da un socialdemocratico (il Ministro degli affari esteri, Steinmeier). E questo a favore del populismo di destra; il flusso senza fine di rifugiati, per lo più musulmani, porta acqua al mulino di Alternative für Deutschland (AFD)[1], che ha superato nei sondaggi, almeno in Turingia, la terza forza politica, la SPD. Perché il governo di coalizione guidato da Merkel e Gabriel[2] si è impegnato in un gioco così pericoloso? Si tratta di una risposta alla Merkel-bashing[3] nel contesto della crisi greca per migliorare la propria immagine o di sentimentalismo puro? Forse l'emozione della Merkel durante il suo ultimo “Meeting Municipiale” per la sorte di quella piccola bambina palestinese, minacciata di espulsione o quella straripante di Gabriel per la sorte altrettanto crudele di una famiglia siriana in un campo profughi visitato in Giordania, erano sinceri. Anche i politici borghesi, si sa, hanno una vita emotiva ... A nostro avviso la politica della porta aperta possiede, in prevalenza, motivi di gran lunga più bassamente materiali. Motivi che non sono altrettanto altruistici e disinteressati come l'impegno di molti volontari nella popolazione, senza il quale il caos nei centri di accoglienza per richiedenti asilo sarebbe ancora più grande. I suoi obiettivi hanno un'importanza che supera di gran lunga i rischi e gli effetti collaterali di una tale politica.
Esaminiamo in dettaglio questi obiettivi segretamente perseguiti dalla “politica delle frontiere aperte.”
I vantaggi economici
Da anni, il “problema demografico” ossessiona i mezzi di comunicazione. Secondo l'Istituto federale di statistica, la Repubblica federale è minacciata da un invecchiamento e la popolazione nazionale dovrebbe diminuire da sette milioni per giungere a 75 milioni entro il 2050. Già dopo la riunificazione nel 1989, la popolazione di tutta la Germania è diminuita di tre milioni, soprattutto a causa della drammatica caduta del tasso di natalità in Germania orientale. Come mostrato dalla numerosa letteratura negli ultimi anni, è chiaro alla borghesia tedesca che se questo processo dovesse continuare a lungo porterebbe ad una notevole perdita di influenza e prestigio del capitalismo tedesco, sul piano economico, militare e politico. Già oggi, la mancanza di forza lavoro altamente qualificata costituisce un freno per l'economia tedesca. In circa un sesto delle professioni vi è una carenza di personale qualificato che assume un’importanza tale da minare la competitività di molte aziende, secondo le dichiarazioni dei dirigenti.
Uno studio condotto da Prognos AG (“Arbeitslandschaft 2030”) afferma: “nel 2015, manca più di un milione di laureati - più di 180.000 rispetto al numero che gli economisti avevano previsto per quell'anno, prima dell'arrivo dei rifugiati. Per quanto riguarda la forza lavoro professionalmente qualificata, il buco è stimato in 1,3 milioni. E le aziende allo stesso modo perderanno circa 550.000 lavoratori non qualificati nel 2015.”[4] In Germania orientale, la mancanza di personale qualificato genera il seguente circolo vizioso: il flusso della mano d’opera giovanile verso la Germania Ovest, ad un tasso costantemente superiore a quello degli arrivi, provoca la chiusura di piccole e medie imprese, il che a sua volta accelera gli spostamenti.
In questa situazione, il flusso di tanti rifugiati di guerra in queste ultime settimane rappresenta una vera manna per l'economia tedesca, che di conseguenza si sta mostrando ampiamente riconoscente: Telekom sta fornendo assistenza per l'alloggio, aiuti ai rifugiati e il sostegno personalizzato rispetto agli organismi ufficiali; Audi ha speso già un milione di euro in iniziative per i rifugiati; Daimler e Porsche prevedono di creare apprendistato per i giovani rifugiati, la Bayer sta sostenendo le iniziative dei suoi dipendenti a favore dei rifugiati. Va da sé che la “responsabilità sociale”, di cui si vantano le aziende, serve in realtà ai loro interessi. Si tratta semplicemente di sfruttare il potenziale rappresentato dai rifugiati. In particolare, i rifugiati siriani sono una fonte interessante di capitale umano di cui le aziende qui hanno un bisogno urgente. In primo luogo, essi sono prevalentemente giovani e potrebbero quindi contribuire a ringiovanire le piramidi nelle imprese e - in generale - abbassare l'età media della società. In secondo luogo, i profughi siriani sono chiaramente meglio addestrati di altri rifugiati, come dimostrano le indagini dell'Ufficio federale della migrazione e dei rifugiati.[5]
Più di un quarto di loro ha un più alto livello di formazione e rappresenta una fonte particolarmente redditizia di mano d'opera, le cui qualifiche di ingegneri, tecnici, medici, personale infermieristico, tra gli altri, sono qui molto richieste. Le aziende tedesche approfittano anche di questi rifugiati da due punti di vista: in primo luogo, permette loro di colmare le lacune nella forza lavoro; poi il capitale tedesco sfrutta l'effetto (individuato negli anni '70 con il termine “fuga dei cervelli”) di accoglienza di manodopera altamente qualificata del terzo mondo per risparmiare su una considerevole quantità di costi di produzione (cioè, i costi di formazione, scuola, università, etc.) a scapito del paese di origine. Il terzo vantaggio che rende interessante per l'economia tedesca i rifugiati siriani, è la loro straordinaria motivazione che affascina i leader dell'economia, come il presidente di Daimler, Dieter Zetsche.
La loro mentalità di esseri umani completamente indifesi, esposti per anni alle bombe incendiarie ed al terrore di Assad e all'orrore dello Stato Islamico, l’aver perso la loro vita precedente e l’aver vissuto la terribile esperienza della fuga verso l'Europa, ne fanno una preda riconoscente per il sistema di sfruttamento capitalistico. Fuggiti dall’inferno, sono pronti a lavorare duramente per piccoli salari, pensando che per loro tutto può solo migliorare.
E’ esattamente con la stessa mentalità che le Trümmerfrauen (“donne delle macerie”)[6], piuttosto che sottomettersi al destino e rimanere a braccia conserte, hanno eliminato e liberato a mani nude dalle macerie le città tedesche in rovina, ricoprendo un ruolo decisivo nella ricostruzione e nel “miracolo economico” tedesco del dopoguerra (Wirtschaftswunder)[7] come dimenticano, di buon grado, gli economisti borghesi. Questa energia e lo spirito di iniziativa incredibile che posseggono i rifugiati siriani rappresentano per la borghesia tedesca una promettente fonte di capitale umano, per realizzare notevoli profitti. Inoltre, come gli immigrati degli anni 1960 e 1970, rischiano a breve termine di servire come massa di manovra a disposizione del capitale per mantenere o addirittura aumentare la pressione sui salari.
Gli interessi imperialistici
Ma i rifugiati siriani formano anche una massa di manovra per l'imperialismo tedesco, come dimostrato nei giorni e nelle settimane passate, nel contesto del peggioramento della guerra civile da vari punti di vista. Così, il governo federale ha strumentalizzato il problema dei rifugiati sul piano morale e politico, criticando altri paesi, persino paesi tradizionalmente aperti all’immigrazione, tra cui gli Stati Uniti, per la loro riluttanza ad accettare i rifugiati. Nei giorni scorsi abbiamo visto chiari segni del fatto che la Germania ha dato una nuova direzione alla sua politica nei confronti della Siria. Affidando abilmente la situazione dei rifugiati ad una presunta soluzione del conflitto siriano, importanti rappresentanti della politica estera tedesca (Steinmeier e Genscher e altri) hanno sottolineato la necessità di includere la Russia, l'Iran e persino (temporaneamente) l'assassino Assad al processo di pace in Siria. Inoltre Berlino e il Cremlino sono concordi per far arretrare la guerra in Ucraina, in modo che tutte le forze si concentrino sulla gestione della situazione in Siria. Anche l’atto di forza di Putin che ha insediato forze militari supplementari nella città siriana di Latakia, non ha irritato particolarmente il governo federale. Lo stesso ministro dell'Economia Gabriel, rivendicando la fine delle sanzioni economiche contro la Russia, ha affermato che “si potrebbero mantenere in primo luogo le sanzioni a lungo termine e, in secondo luogo, pretendere (...) la collaborazione “.
Con questo cambiamento, la politica tedesca si sta muovendo, per la prima volta dalla guerra in Iraq, in un confronto aperto con gli Stati Uniti. Questi ultimi, attraverso il Dipartimento di Stato (Ministero degli Esteri) hanno, in tempi recenti, alzato la voce contro Assad e si sono dimostrati irritati dall’ultima offensiva diplomatica di Putin all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il loro atteggiamento verso lo stato islamico è d’altronde per lo meno ambiguo; il loro ruolo nel contrastare lo Stato Islamico come un movimento di massa era estremamente dubbioso e la debolezza con cui gli Stati Uniti lo hanno affrontato, pone una serie di domande circa le reali intenzioni dell’imperialismo USA nei confronti di quest’organizzazione terroristica. Il cambiamento del corso nella politica estera tedesca sembra essere in parte il risultato di interventi e pressioni da parte dell'industria tedesca. All'interno delle critiche verso le sanzioni contro la Russia si percepisce chiaramente che è l'economia tedesca che subisce il danno maggiore, mentre le grandi aziende americane come Bell o Boeing continuano a fare ottimi affari con la Russia, nonostante le sanzioni.
Mentre il volume delle transazioni commerciali dell'economia tedesca con la Russia è crollato del 30%, nello stesso periodo il commercio tra gli Stati Uniti e la Russia è aumentato del 6%. Oltre a queste ragioni economiche, per il capitalismo tedesco, contro il mantenimento del blocco economico sulla Russia entrano in gioco anche argomenti politici. Non avendo un potenziale di minaccia militare e una deterrenza paragonabile a quella degli Stati Uniti, l'imperialismo tedesco deve ricorrere ad altri mezzi per far valere la sua influenza a livello globale. Uno di questi è la sua potenza economica e industriale che la politica tedesca usa per forzare e costringere lo sviluppo delle relazioni commerciali. Un aspetto che mostra l’insieme di politica e affari con la manipolazione politica dei progetti economici, sono le visite di Stato ufficiali in paesi come Cina, India, Brasile e Russia, dove il Cancelliere (o la Cancelliera) è sempre accompagnato da un seguito di alti dirigenti di grandi aziende tedesche e anche rappresentanti della piccola e media industria di costruzione di macchine utensili. In questo senso, la politica di sanzioni priva la borghesia tedesca di più di un contratto e va contro i suoi interessi imperialisti.
La massa di profughi siriani ospitati dalla Germania dovrebbe anche essere visto come un modo per compensare la sua debolezza militare, e qui il cerchio si chiude. In questo contesto non bisogna sottovalutare l'impatto politico a lungo termine dell'impulso fortemente umano di gratitudine e di riconoscenza sulle relazioni tra i paesi. La simpatia evidente mostrata da rifugiati profondamente colpiti dal sostegno di gran parte della popolazione locale, è un aspetto che la borghesia tedesca può far prevalere. Questo debito di riconoscenza verso la Germania da parte di molti rifugiati, può ritornare utile a lungo termine per gli interessi dell'imperialismo tedesco nel Vicino e Medio Oriente; potranno così aumentare le frazioni pro-tedesche finalizzate a realizzare profitti a favore degli interessi tedeschi nei loro paesi di origine.
Lo sfruttamento ideologico
Quello che salta immediatamente agli occhi è il cambiamento dell’immagine del nazionalismo tedesco. Fino a poco tempo fa (durante la crisi greca), qualificato all'estero come “Quarto Reich” e con i suoi rappresentanti spesso caricaturati e ricoperti con simboli nazisti, presentati come senza cuore e poco educati, la Germania ora si crogiola nella popolarità appena acquisita come salvatrice dei dannati della terra. Ora i tedeschi passano dovunque come “buoni”. Dalla sua fondazione la reputazione della Repubblica Federale Tedesca non è mai stata buona come oggi. Ma oltre al suo effetto all’estero, questo lifting esercita la sua influenza all'interno, sotto forma di democraticismo. Il governo tedesco si pone ora come pietra di paragone in materia di vicinanza al cittadino, apertura al mondo e tolleranza, attuando in tal modo un processo disastroso per la classe operaia – la dissoluzione delle classi sociali nell’unità nazionale. E la cancelliera Merkel, la fredda fisica, a quanto pare ha trovato un piacere crescente nel suo nuovo ruolo di Santa Madre, patrona dei richiedenti asilo. Come disse a suo tempo? “Se ora non cominciamo a dimostrare un volto amico in situazioni di emergenza, questo non sarà più il mio paese.”
Non sarebbe stato possibile dirlo meglio. Ma ciò è solo per mostrare una faccia amichevole; dietro questa facciata, si continua tranquillamente a perseguitare e dividere. Così, parallelamente alla "cultura dell'accoglienza", si compie una divisione cinica tra i rifugiati di guerra e gli “pseudo-richiedenti asilo”, una selezione senza rispetto per i “rifugiati economici”, per lo più giovani dei Balcani senza prospettive, se non la povertà. Velocemente il governo federale e dei Länder hanno deciso di dichiarare deliberatamente Kosovo, Serbia e Montenegro paesi sicuri e quindi rimuovere qualsiasi motivo di asilo per i profughi originari di queste regioni. Tuttavia, anche i “veri” i richiedenti asilo non sono esenti da attacchi velenosi da parte del mondo politico e dei media, come quelli del ministro dell'Interno federale de Maiziere nei confronti dei profughi che protestano.
Inoltre, alcuni media, nonostante tutta l’irriducibile linea retorica dal Cancelliere (“Facciamolo!”) non smettono di suscitare panico e ansia tra la popolazione nazionale. Una volta si parla di interi popoli che vorrebbero iniziare un viaggio verso l'Europa, un'altra si denuncia il pericolo di attacchi terroristici alimentati da “talpe” islamiste, arrivate con l'esercito di profughi e ci si chiede se l'atmosfera all'interno della popolazione non possa “cambiare”. Ma soprattutto è in crescita il coro di chi mette istericamente in guardia contro lo “straripamento” della Germania da parte delle masse di profughi e grida che la barca è piena.
Non è molto difficile valutare quale delle due voci, l'apertura o la chiusura delle frontiere, alla fine prevarrà.
La politica delle “frontiere aperte” può partire solo dal principio di rappresentare una parentesi eccezionale ed unica nel tempo; il prossimo futuro sarà segnato da un nuovo blocco delle frontiere, sia a livello nazionale che della UE. In futuro, secondo i piani previsti, la selezione dei richiedenti asilo “utile” per la Germania dovrebbe aver luogo sul posto, nel paese d’origine. La campagna contro i trafficanti è particolarmente insidiosa; non solo riguardo alle cosche mafiose, ma anche verso tutti coloro che professionalmente aiutano i rifugiati a scappare senza profitto. “L'Unione Europea, che vuole essere uno spazio di libertà, di sicurezza e di diritto così come i suoi Stati membri, ha creato un sistema che rende quasi impossibile per le persone perseguitate, torturate e oppresse che hanno urgente bisogno di assistenza, di trovare protezione in Europa senza l'utilizzo di contrabbandieri professionali. Portarle in tribunale e metterle in galera, è ipocrita, contraddittorio e profondamente disumano”. Scritto su le Republikanische Anwältinnen und Anwälteverein (RAV) nel suo bollettino “Elogio dei contrabbandieri”.
E’ innegabile che il mondo viva con l'attuale ondata di profughi un dramma di una dimensione che non aveva mai conosciuto. Nel 2013 ci sono stati 51,2 milioni di sfollati, alla fine del 2014 il loro numero ha raggiunto 59,5 milioni, che rappresenta il più grande aumento nel giro di un anno e un livello record mai raggiunto al mondo tra quelli registrati dall'UNHCR. E' innegabile che a poco a poco la situazione sia andata fuori controllo. Dopo la Siria, la Libia rischia di scivolare in una guerra civile, con tutte le conseguenze identiche alla Siria.
Nei campi profughi in Libano, Giordania e Turchia, dove la stragrande maggioranza dei profughi di guerra siriani ha trovato asilo, vi è la minaccia di una imminente migrazione di massa verso l'Europa.
Dopo le drastiche riduzioni dei suoi aiuti da parte delle Nazioni Unite, la fame si sta ora aggiungendo alla disperata mancanza di qualsiasi prospettiva. Tuttavia i media tendono a drammatizzare le condizioni già spaventose, aggiungendone altre. Così, da qualche tempo, lo spettro delle migrazioni di interi popoli ossessiona l’opinione pubblica, la televisione trasmette il terribile scenario di milioni di africani che nel frattempo, con tutti i bagagli pronti, sono in attesa di cogliere l’occasione di andar via e tentare la fortuna in Europa. Tali dichiarazioni servono solo a seminare ansia e paura nella popolazione europea e non rispondono ai fatti. Se esaminiamo più da vicino i movimenti dei rifugiati, possiamo vedere che la maggior parte dei rifugiati di tutto il mondo cercano rifugio nei paesi vicini a quello d’origine; è solo quando ogni speranza scompare, che coloro che hanno i mezzi finanziari per permetterselo prendono la strada lunga e pericolosa per l'Europa, il Nord America o l’Australia.
La voce di un esodo di massa dall'Africa è di gran lunga infondato; la migrazione sul continente è molto meno caotica di quanto non dicano gli spaventosi annunci dei media. Spesso intere comunità di villaggio vendono tutte le attività e beni personali per finanziare il viaggio in Europa di un giovane uomo scelto da tutta la comunità, che è investito della responsabilità di sostenere in seguito il paese. Questo è il modello di migrazione del lavoro comprovato da decenni. Tuttavia, allarmato dal crescente numero di rifugiati, il governo federale ha l'obbligo di agire sulle cause della difficile situazione dei rifugiati, come si dice.
Ma la montagna ha partorito un topolino. Tutto ciò che viene in mente a Merkel & Co come soluzione di fondo a questo problema globale sono solo parole e qualche centinaio di milioni per il finanziamento di campi profughi in Turchia e Libano. Nessuna parola sulla responsabilità dei Paesi industriali nella distruzione delle basi dell'esistenza di umanità nel Terzo Mondo.
Diamo ancora una volta la parola a Republikanische Anwältinnen- und Anwälteverein (RAV), che indica le vere cause della miseria dei paesi cosiddetti in via di sviluppo, anche se con qualche inesattezza (cosa si intende con “europei” chi è questo “noi”?): “l'Europa ha, per molti di questi motivi, creato le cause e continua a determinarle ancora oggi. Le relazioni politiche che le potenze coloniali europee si sono lasciate alle spalle, dopo essere andate via, tra cui la definizione di confini arbitrari, ne sono una parte. Dal XVI al XVIII secolo, gli europei invasero il Sud America, immergendosi nel sangue, derubando intere navi cariche di oro e argento per trasformarli in capitale necessario a sviluppare la propria economia.
Gli europei hanno ridotto circa 20 milioni di africani in schiavi per essere venduti in tutto il mondo. Attraverso una vampirizzazione delle loro materie prime, lo sfruttamento eccessivo dei loro mari, della loro mano d’opera per una produzione a costi minimi e l'esportazione di prodotti alimentari ampiamente sovvenzionati, hanno distrutto l'agricoltura in questi paesi, noi siamo ancor oggi sulle spalle della popolazione della maggior parte dei paesi di emigrazione “. (Ibid)
Populismo e pogromismo
La formazione degli Stati nazionali nei Paesi industrializzati nel XIX secolo si basava su due fondamenti.
Il primo di essi, la centralizzazione economica, era molto razionale; l'altro era del tutto irrazionale.
La costituzione della Nazione nei secoli XVIII e XIX è avvenuta sulla base di miti che possono contenere tante altre storie, unite da un’idea di base, un mito comune artefatto: l’idea di una grande comunità nazionale, di una stessa famiglia, definita da un'origine comune (la “parentela di sangue”), dalla cultura e dalla lingua.
Questa caratteristica della Nazione borghese di guardare al suo interno, di rinchiudersi in se stessa da una parte e la tendenza verso l'esterno di ogni capitalista che aspira a conquistare il mondo dall'altra, rappresenta una delle principali contraddizioni che indissolubilmente attanaglia il Capitalismo. L'attuale crisi dei rifugiati mostra come sia difficile conciliare questi due principi. Se dipendesse solo dai leader dell'economia, il flusso di profughi nella miglior età lavorativa non dovrebbe mai fermarsi. Non ci sarebbero problemi se un milione di rifugiati arrivasse ogni anno. Tuttavia, ciò che ha senso economicamente, politicamente può avere conseguenze fatali. Perché nel Capitalismo, i rifugiati non sono solo dei poveri a piedi nudi, ma anche concorrenti nella lotta per l'alloggio, l’assistenza sociale, posti di lavoro. Quello che non è un motivo di apprensione per il capitalista, lo è per i beneficiari della Hartz IV[8], lavoratori a basso salario, esiliati locali.
Questa però non è la prima un'ondata di rifugiati che investe la Germania. Nei cinque anni del dopoguerra (1945-1950), più di dodici milioni di espulsi dalla ex province orientali della Boemia e della Moravia si diressero verso la Germania in rovina, la cui popolazione soffrì enormi privazioni. E' ovvio che in quel momento non ci poteva essere questione di “cultura dell'accoglienza”. I deportati invece dovevano affrontare il rancore, l'odio e un massiccio rigetto da parte della popolazione locale. Ma l'integrazione sociale e non solo professionale degli espulsi si realizzò con meno difficoltà di quanto si temesse, per due motivi: in primo luogo, il fatto che i deportati appartenevano alla stessa area linguistico-culturale e l’altro al contesto che accompagnò la ricostruzione (almeno in Germania occidentale) con la creazione dell'unione monetaria che assorbì tutta la manodopera disponibile al punto che i padroni si ritrovarono in competizione per procacciarsi una mano d’opera divenuta scarsa.
Oggi invece, le masse di profughi provengono senza eccezione da un'area culturale e linguistica straniera e di fronte a una società che da molti anni è in una crisi generale in costante aggravamento, dove la guerra per il lavoro, l'alloggio, l'istruzione ha assunto una dimensione insospettabile, catapultando frazioni crescenti della popolazione in condizioni di povertà. Quando alla crisi generale si aggiunge la mancanza di prospettiva, l'assenza di un progetto sociale contro la miseria del Capitalismo, il populismo politico si fa strada, alimentando un fenomeno che Marx chiamava “la religione della vita quotidiana”. Questa è la mentalità del “piccolo popolo” che rifiuta di riconoscere che il Capitalismo, a differenza delle forme sociali del passato, è un sistema spersonalizzato, oggettivato, in cui il singolo capitalista non è un attore sovrano sul mercato, ma è guidato da quest’ultimo o, come dice Engels, è dominato da un proprio prodotto e in cui la classe politica è guidata dalle “necessità” e non dalle proprie inclinazioni. E' la mentalità del filisteo piccolo-borghese che, indignato, protesta contro la classe dirigente e si scaglia contro “i loro” rappresentanti, ma finisce per gettarsi nelle braccia di chi aveva definito poco tempo prima “traditori del popolo”, nella speranza di trovare protezione contro gli “stranieri”. È una mentalità completamente reazionaria che eleva il conformismo a più alto ideale ed è disposta a scatenare pogrom contro chi la pensa diversamente, ha un altro colore, contro tutto ciò che è diverso. Il movimento Pegida[9], sviluppatosi principalmente nella Germania orientale è un esempio totalmente abietto di questa mentalità totalmente ristretta, intollerante e ipocrita. Il suo grido di battaglia “Noi siamo il popolo” ignora completamente la classe operaia; il “popolo” (per usare questo termine), in Germania e altrove non ha mai (e oggi anche meno) avuto una composizione omogenea come questo movimento fantastica. Il boicottaggio della “stampa della menzogna”, così come le urla furiose verso i partiti istituzionali (fino a minacce di morte contro i politici) illustrano solo la sua delusione per il “tradimento” della politica e dei media, come se lo scopo di queste istituzioni profondamente borghesi fosse quello di ripristinare o rappresentare la “volontà del popolo”. In realtà il loro odio sfrenato non è diretto contro la classe dominante, ma contro i più deboli della società, come dimostrano giorno dopo giorno le loro manifestazioni dinanzi alle case dei rifugiati, i loro attacchi vili contro gli alloggi di rifugiati e stranieri. Ciò che è completamente tipico del pogromismo, è che proprio le parti più indifese della popolazione rappresentano il loro capro espiatorio e debbono sopportare le conseguenze della loro vita di delinquenti (Volendosi riferire anche solo al passato di piccolo criminale di Lutz Bachmann!).[10]
Il problema del populismo e del pogromismo ha costretto i partiti tradizionali, in particolare i partiti di governo a giocare con il fuoco. Assomigliano, nella loro azione, al famoso apprendista stregone che ha lasciato fuori dalla sua bottiglia il (cattivo) genio del panico e dell'odio degli stranieri, rischiando così di perderne il controllo. Fino ad oggi, a differenza di molti altri Stati europei, la borghesia tedesca è riuscita a impedire l'emergere di un partito populista, a destra e a sinistra, che, a causa del suo passato disastroso (il nazismo), è una preoccupazione particolarmente importante. Se la situazione rimarrà questa dipenderà anche da come sarà affrontata la crisi dei rifugiati. Tutto fa pensare che sono in particolare i settori populisti di destra che traggono beneficio dalla politica di Merkel. Oltre a AFD che, come abbiamo accennato nell'introduzione, sta progredendo nei sondaggi di opinione, il movimento Pegida citato sopra sembra avere il vento in poppa.
Le “manifestazioni del lunedì”[11] a Dresda vedono ancora una volta la partecipazione di una folla di oltre 10.000 persone, la cui aggressività è chiaramente aumentata, sia con le parole che con i fatti. Come affronta la borghesia tedesca questo problema? Innanzitutto, va rilevato che la classe politica non si oppone più a questi attacchi da parte dell’estrema destra, banalizzandoli e minimizzandone la gravità come è stato fatto fino a poco tempo fa, ma passa ora a denunciarli come “terroristi”. Questo è importante in quanto, in Germania, il termine “terrorismo” riporta ai ricordi della seconda guerra mondiale, quando si verificarono massicce esecuzioni di presunti sabotatori, o, ancora, ridesta la memoria di quell’ “autunno tedesco” del 1977, quando i terroristi della RAF si elessero a rango di “nemico pubblico n. 1” dello Stato[12]. Inoltre, utilizzando l'accusa di terrorismo, lo Stato impiega di tutto per evitare che le molestie non vadano oltre i limiti. Allo stesso tempo l’AFD è stato diviso e prende il suo posto nei media. Infine bisogna considerare come i politici e i media hanno tentato di collocare il movimento Pegida nell’area del neonazismo, che è sempre stato un modo sicuro per isolare socialmente in Germania le proteste, a prescindere dal colore politico. D'altra parte, i partiti istituzionali compiono ogni sforzo per dare l'impressione che capiscono le preoccupazioni e le ansie della popolazione. Così, il governo federale cerca a colpi di promesse finanziarie e pressione morale, di decidere con altri paesi dell'UE di sollevare la Germania di una parte di rifugiati siriani - per ora senza successo. La Grande coalizione ha messo a punto in tutta fretta una legge che permette l'ordine di espulsione immediata (“beschleunigtes Abschiebeverfahren”) e ha cercato di dar inizio ad applicarla prima che entri in vigore, allo scopo di convincere l'elettorato che lo sta proteggendo dalla “supercolonizzazione straniera" (Überfremdung)[13] All'interno del governo, già si parla di un tasso di riconduzione alle frontiere del 50% dei rifugiati che arrivano in Germania. Sono fondamentalmente il presidente CSU Seehofer e il segretario generale Söder che, nel gioco della divisione del lavoro, assumono il ruolo di “cattivi” e chiedono con veemenza la chiusura delle frontiere e la restrizione del diritto l'asilo scritto nella Costituzione.
Le conseguenze per la classe operaia
In un certo senso, queste diverse concezioni all'interno della Coalizione riflettono lo stato d'animo diffuso esistente nella popolazione, vale a dire tra i dipendenti e i disoccupati di questo paese. Vi è una minoranza in crescita e altamente rumorosa all'interno della popolazione in generale e della classe operaia, in particolare formata da una sua componente poco qualificata, spesso inserita nel contesto della ex DDR o a carico dei sussidi statali, che formano un terreno sensibile per le campagne anti-islamiche di alcuni rappresentanti del mondo della politica e della cultura (Sarrazin, Broder, Pirinçci, Buschkowsky, ecc) e i cui portavoce sono CSU e alcuni settori della CDU[14] E c’è la maggioranza silenziosa, che fino ad allora aveva lasciato ai giovani attivisti, la maggior parte proveniente dall'ambiente antifascista, il compito di far fronte alle molestie razziste con blocchi stradali e contromanifestazioni e che si è poi sentita in dovere, alla luce delle immagini dei Balcani in miseria, di esprimere fortemente la sua protesta contro l'inerzia degli Stati europei e l'indignazione di fronte ad abusi ed angherie verso gli stranieri a Dresda, Heidenau e Freital, applaudendo apertamente i rifugiati e rendendo loro gli onori al loro arrivo nelle stazioni di Monaco di Baviera, Francoforte o altrove, o impegnandosi a migliaia come volontari per gestire le masse di profughi o inondando i centri di accoglienza di doni di ogni genere. La solidarietà spontanea di gran parte della popolazione, per la sua forza, ha stupito la classe dirigente, prendendola in contropiede; quest'ultima non è disposta a promuovere la simpatia per i profughi di guerra, ma piuttosto a creare un clima di panico e di isolamento.
Tuttavia la Merkel ha dimostrato ancora una volta il suo talento infallibile nell’interpretare l'atmosfera e gli stati d'animo nella società. Esattamente come nel grave incidente nucleare (Grösster anzunehmender Unfall - GAU) dell'impianto di Fukushima, quando, da un giorno all'altro, si è sbarazzata delle regole d'oro dei conservatori in materia di energia atomica, la Merkel ha dato una brusca svolta in materia di politica di asilo superando l'accordo di Dublino che aveva fino ad allora permesso alla borghesia tedesca di scartare elegantemente qualsiasi responsabilità in relazione ai rifugiati venutisi ad incagliare in Italia e in altri paesi dell'UE alle “frontiere esterne”. Abbiamo già menzionato alcuni dei motivi che hanno spinto la Merkel ad adottare la sua “politica di frontiere aperte”. E' possibile che un altro motivo abbia avuto un ruolo in questa politica rischiosa.
Dopo l'elezione del Bundestag del 2005, quando la vittoria che sembrava acquisita le sfuggì di mano perché il cancelliere in carica Schröder riuscì a strumentalizzare contro di lei la svolta liberale, inaugurata al congresso di Lipsia della CDU nel 2003, Merkel ha capito quali conseguenze può avere la tendenza dei politici di ignorare lo stato d'animo “della base”. Immaginate l'impatto che potrebbero avere le immagini di centinaia di migliaia di profughi abbandonati al confine ungherese e i titoli dei giornali che in questo caso, si sarebbero diffusi per mesi, sul destino elettorale di chi vuole oggi dare il benvenuto ai profughi di guerra Siria.
Con ogni evidenza, due gruppi di popolazione sono particolarmente coinvolti nel legame con i rifugiati. Da un lato i giovani che in altri tempi e in altri luoghi avrebbero partecipato al movimento anti-CPE o agli Indignados. Dall’altro, quegli anziani che o per la loro propria esperienza o per la tradizione tramandata dai propri genitori per quanto riguarda gli espulsi alla fine della seconda guerra mondiale, sanno qual è il destino dei rifugiati e non possono rimanere indifferente a campi, filo spinato e deportazioni. Essendo cresciuti nei decenni bui del XX secolo, questa generazione è spontaneamente spinta ad agire oggi in modo diverso.
La partecipazione significativa di pensionati indica qualcosa di nuovo: il desiderio profondo di ringiovanimento della società, di presenza di bambini e adolescenti presso molti anziani. Questo desiderio di ringiovanimento ha un significato diverso dalla domanda di forza lavoro giovane da parte dell'economia tedesca. L'invecchiamento della popolazione è un tema fondamentale non solo per il Capitalismo ma per l'umanità, perché la mancanza di giovani non significa solo la privazione di una fonte di gioia di vivere e di rivitalizzazione per i vecchi, ma ancor più minare una delle funzioni più importanti della evoluzione dell'umanità: la trasmissione del patrimonio di esperienza alla giovani generazioni.
Infine, bisogna porsi la questione se questa ondata di solidarietà possa formare un movimento di classe. Crediamo che non ne possegga nessuna delle caratteristiche. Ciò che è evidente è il suo carattere completamente apolitico e, viceversa, la solidarietà che si manifesta possiede un carattere completamente caritatevole. Non c'è quasi nessuna discussione, nessun scambio di esperienze tra nativi e rifugiati giovani e vecchi (in ultima istanza anche per le difficoltà linguistiche).
Qualsiasi tentativo per un’autorganizzazione, per strutture autonome, extra statali è carente; al loro posto le centinaia di migliaia di volontari sono uomini di valore di uno Stato che, a dispetto all'atteggiamento spettacolare di Merkel, manca di tutto e i cui rappresentanti, dopo aver condotto i volontari ad esaurimento a causa della propria inerzia, ora modificano i loro discorsi sul “limite di capacità”.
Anche in questo caso l'ondata di solidarietà che ha attraversato la Germania nelle scorse settimane non si è mossa su un campo di classe. La popolazione attiva, soggetto principale della solidarietà, si è dissolta, quasi senza lasciare traccia, nel “popolo”. Questo è stato anche il caso del movimento di solidarietà mondiale per le vittime dello tsunami del 2004. Allora, come ora, la solidarietà era priva di qualsiasi carattere di classe e si esprimeva attraverso una campagna interclassista.
Tuttavia, a differenza dello tsunami avvenuto nella lontana Asia, la miseria dei rifugiati sta aumentando sotto i nostri occhi, in modo che la solidarietà e tutto ciò che le riguarda assumono una dimensione diversa. In effetti, la crisi dei rifugiati è solo all'inizio e potrà diventare un problema decisivo per la classe operaia.
Non è ancora definito come la classe operaia o meglio i suoi settori più avanzati a livello nazionale ed internazionale, reagiranno di fronte a questa sfida: lo sviluppo della solidarietà o la demarcazione e l'esclusione. Se la nostra classe riuscirà a ritrovare la sua identità, la solidarietà potrà costituire un importante strumento di aggregazione nella sua lotta. Se al contrario, si vedessero i rifugiati come concorrenti e come una minaccia, se non si riuscisse a formulare un'alternativa alla miseria del Capitalismo, consentendo ad ogni individuo di non essere costretto a fuggire sotto la minaccia di guerra o la fame, allora saremmo sotto la minaccia di una massiccia espansione della mentalità del pogrom, dalla quale il proletariato nel suo cuore non potrà essere risparmiato.
FT, 07/11/2015
[1] Alternative pour l'Allemagne è un partito euroscettico nato nel 2013, in seguito alle politiche presentate come senza alternativa, portate avanti durante la crisi del debito nella zona euro; è stato soprannominato “partito dei professori”, annoverando fra le sue fila, come fondatori, parecchi professori di economia, finanza pubblica e diritto. Presentandosi come anti-euro ma non anti-Europa, il suo principale obiettivo è la distruzione della zona euro. I membri del partito (che affermano di essere né di destra né di sinistra) sono uniti dalla convinzione che la Germania ha pagato troppo per gli altri, soprattutto con i Fondi di soccorso per la zona euro e rivendicano il ritorno al marco. Non chiedono che la Germania abbandoni la zona euro, ma che coloro che non rispettino la disciplina di bilancio possano farlo (tratto da Wikipedia). (NdT)
[2] Ministro dell'Economia (NdT)
[3] Essendo Angela Merkel il bersaglio di tutte le critiche. (NdT)
[4] Handelsblatt, 9 ottobre 2015.
[5] Bundesamt für Migration und Flüchtlinge – BAMF
[6] Le donne delle macerie sono quelle donne tedesche e austriache, spesso vedove o con i mariti assenti (soldati prigionieri, dispersi o invalidi), che all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, riprendono nelle mani le città, e cominciano a ricostruirle (tratto da Wikipedia). (NdT)
[7] Il Wirtschaftswunder (il “miracolo economico”) indica nella storia economica della Germania la rapida crescita economica in Gemania Ovest (RFA) ed in Austria dopo la Seconda Guerra mondiale (tratto da Wikipedia). (NdT)
[8] Le riforme Hartz (dal nome del suo ispiratore) sono le riforme del mercato del lavoro presunte “di lotta alla disoccupazione per favorire il ritorno all’attività dei beneficiari di assegni di disoccupazione» adottate tra il 2003 e 2005, dietro mandato del cancelliere socialista G. Schröder e realizzate sotto forma di quattro leggi di cui la più importante delle quali è la legge Hartz IV. (NdT)
[9] Abbreviazione di «Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes » (Patrioti Europei contro l'Islamizzazione dell’Occidente) , movimento di estrema destra contro l’immigrazione islamica in Germania. Il movimento è stato creato il 20 ottobre 2014 da Lutz Bachmann ed una dozzina di altri. (Tratto da Wikipedia) (NdT)
[10] Organizzatore del movimento anti-islamizzazione Pegida dal 2014 sino al 2015. Ex- ladro, è stato condannato a tre anni e mezzo di carcere per sedici furti nel 1990. Fuggì in Sud Africa e prese una falsa identità prima di essere estradato. E' stato poi condannato per traffico di droga (tratto da Wikipédia). (NdT)
[11] Dopo l'ottobre 2014, il movimento Pegida manifesta ogni lunedi alle 18,30 in un parco nella città di Dresda, contro la politica di asilo del governo e di “l’islamizzazione della Germania” (NdT)
[12] L'autunno tedesco fu un insieme di eventi a partire dalla fine del 1977 associati con il rapimento da parte del gruppo terroristico Rote Armee Fraktion (RAF) dell’industriale e “capo dei datori di lavoro tedeschi” Hanns-Martin Schleyer e il dirottamento del Boeing Lufthansa “Landshut” da parte del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP). L'autunno tedesco si concluse il 18 ottobre con l’assalto da parte di un commando delle forze speciali del "Landshut" all’aeroporto di Mogadiscio, la morte di Schleyer e delle figure di spicco della prima generazione della RAF nella loro prigione di Stammheim. Il cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt disse che “i rapitori [erano] l’equivalente dei nazisti.” (NdT)
[13] Questo termine tedesco difficile da tradurre è spesso riportato dalla stampa così com’è senza traduzione. Nel linguaggio politico borghese ha preso dopo gli anni ‘70 tutta una serie di sfumature. Attualmente, assume il significato di “proporzione eccessiva” di stranieri “e una netta accezione xenofoba. (NdT)
[14] Si chiama CDU/CSU la forza politica costituitasi in Germania a livello federale dai due “partiti fratelli” della destra democristiana e conservatrice, l'Unione Cristiano-Democratica (CDU), presente in tutti gli stati ad eccezione di Baviera e l’Unione cristiano-sociale (CSU), presente solo in Baviera.