Submitted by ICConline on
Tutto aumenta! L’impennata dei prezzi dell’energia appesantisce le fatture del riscaldamento ed aumenta i costi degli spostamenti casa-lavoro. Il prezzo dei prodotti di prima necessità, come il pane ed il latte, esplode nel vero senso della parola. Al supermercato lo stesso budget riempie sempre meno il carrello! Tutto aumenta … eccetto il salario.
“Il problema è universale. Per la prima volta che si viva in un paese ricco o povero si parla la stessa lingua: gli italiani si preoccupano del prezzo della pasta, i guatemaltechi di quello delle focacce di mais, i francesi ed i senegalesi di quello del pane”1. Il prezzo della carne di maiale, la più consumata in Cina, raddoppia in un anno, mentre aumentano le quotazioni di altri prodotti agricoli come il pollame e le uova. In Giappone, che dipendente dal 60% di prodotti importati, l’impennata dei prezzi tocca quasi tutti gli alimenti.
Perché quest’impennata dei prezzi?
Per la borghesia la spiegazione principale risiederebbe in … una salute troppo buona dell’economia asiatica: “La riduzione della produzione (fra l’altro aggravata dalla siccità e dalla rapida espansione del biogasolio) e l’aumento della domanda (proveniente principalmente dai paesi emergenti come India e Cina, ansiosi d’imitare il sistema alimentare occidentale) hanno indotto un’impennata di prezzo tanto inaspettata che straordinaria”2. In breve, un problema di ordinario squilibrio tra offerta e domanda!
Pura menzogna! Gli aumenti dei prezzi derivano direttamente dalla crisi economica. Essi costituiscono il primo contraccolpo, sulle condizioni di vita della classe operaia mondiale, della crisi degli ormai famosi subprimes3 iniziata la scorsa estate negli Stati Uniti. Per far fronte al “buco nero” dei debiti del mercato americano tutte le banche centrali hanno iniettato massicciamente soldi a basso costo (prestandoli agli speculatori con percentuali molto deboli), sperando così di limitarne il contagio ed i danni a breve termine. Ma questa politica determina solo una ennesima fuga in avanti nell’indebitamento4 che in realtà non fa che alimentare ed aggravare la stessa crisi. Versando un’immensa massa di valuta sulle banche minacciate di fallimento e sulle borse, a colpi di centinaia di miliardi di dollari, la borghesia, le banche centrali hanno nei fatti rilanciato una profonda spirale inflazionistica a livello internazionale5.
Ma perché questo processo inflazionistico tocca particolarmente le materie prime e le merci alimentari di base, indispensabili a milioni di esseri umani? La risposta è, all’immagine di questo sistema in putrefazione, inumana. “Le materie prime attirano gli speculatori, che alimentano il rialzo cercando, dopo la crisi immobiliare americana di quest’estate, sbocchi espansivi su altri mercati”6. Così “l’esuberanza irrazionale” dell’impennata dei carburanti si spiega con gli investimenti speculativi “che sono stati ritirati da certi mercati (azioni, obbligazioni, monete) per riversarsi sulle ‘comodita’, in particolare il petrolio”7. La stessa cosa riguarda i cereali: dopo il crollo di agosto “Goldman-Sachset e Marc Faber, seguiti praticamente da tutti i gruppi di speculatori, consigliano di investire sui mercati agricoli, con strumenti tali da poter giocare più volte i loro fondi”8. Per salvare il loro capitale, tutti questi avvoltoi non esitano a trasformarsi in veri affamatori! Come ha confessato con un cinismo senza limiti uno di loro “se viviamo un rallentamento mondiale, questo non riguarderà i prodotti agricoli perché la gente deve comunque mangiare!”9.
L’ONU stima che “perdiamo terreno nei confronti della fame”10. Dolce eufemismo! Negli 82 paesi più poveri, dove le spese alimentari rappresentano correntemente dal 60 al 90% del bilancio, l’atteso aumento del grano del 20% condanna alla pura e semplice carestia - e dunque alla morte – un’intera parte di popolazione! Dal 2006 in Messico, nello Yemen, in Brasile, a Burkina Faso o in Marocco, sono già esplose rivolte della fame. In Cina, “l’altalena delle etichette rimette in discussione il miglioramento delle condizioni di esistenza”11. Nei paesi occidentali, mangiare correttamente diviene un lusso. In Francia, quando il consumo di circa 400 grammi di frutta e legumi a persona al giorno (raccomandato dall’OMS) rappresenta tra il 5 ed il 12% del SMIC (salario minimo interprofessionale di crescita), è chiaro che molti lavoratori non saranno più capaci di soddisfare i bisogni più elementari.
Verso un “nuovo1929”?
A leggere la stampa, è chiaro che lo spettro del crac del 1929 e della Grande Depressione assilla tutta la borghesia: “Si va verso un nuovo 1929?”.
È vero che l’ieri e l’oggi presentano delle analogie: le borse che vacillano ed i cui movimenti altalenanti celano male la caduta; le montagne di debiti che si rivelano insolvibili, la crisi di fiducia tra le banche che, tutte, moltiplicano le perdite; negli Stati Uniti, in Germania ed in Inghilterra il panico dei piccoli risparmiatori che formano code interminabili davanti alle banche per ritirare i loro risparmi; la prospettiva per una consistente fetta della classe operaia negli Stati Uniti di ritrovarsi dall’oggi al domani senza né tetto né lavoro.
Nel 1929 il crac della borsa di New York, il celebre “giovedì nero” (24 ottobre 1929), inaugura la prima e più grande crisi economica del capitalismo in declino, la Grande Depressione degli anni 1930. Questa caduta rivela la crisi cronica di sovrapproduzione di merci nella fase di decadenza del capitalismo. La crisi del 1929 prende la forma di una caduta totale e resta impressa nella memoria perché la borghesia applica le vecchie ricette che erano risultate efficaci durante le crisi ... del 19° secolo (quando il capitalismo era ancora in pieno sviluppo, in periodo di ascesa) ma che adesso, non solo sono inefficaci, ma in più giocano un ruolo aggravante nella nuova situazione storica (la decadenza del capitalismo). La restrizione da parte della Banca Federale americana della quantità di valuta sul mercato ha come conseguenza il fallimento di molte banche, il riflusso del credito ed un freno enorme sull’attività economica. Le misure protezionistiche in favore dell’economia nazionale, imitate presto dappertutto, hanno come conseguenza la frammentazione dell’economia mondiale, il blocco del commercio internazionale e, alla fine, una maggiore recessione della produzione.
Dopo la crisi degli anni ’30 la borghesia, anche se non trova una vera soluzione alla crisi economica e storica del suo sistema12, tuttavia si adatta a questo stato di crisi permanente, riuscendo a rinviarla nel tempo. In un certo senso, la nave continua ad affondare ma più lentamente. La borghesia impara ad usare i meccanismi statali di controllo per affrontare le crisi finanziarie giocando sui tassi di interesse e iniettando liquidità nel sistema bancario. È per questo motivo che la crisi economica attuale, che imperversa fin dal 1968, non assume la forma della caduta brutale del 1929. La caduta è stata più graduale. La crisi ha barcollato da una recessione all’altra, di volta in volta più seria e più estesa, passando da una falsa ripresa all’altra, sempre più breve e più limitata. Questo scivolare della crisi in una spirale discendente ha permesso alla borghesia di negare l’esistenza della crisi ed il fallimento del suo sistema, ma a costo di sovraccaricare il sistema capitalistico sotto montagne di debiti e l’accumulo delle contraddizioni più pericolose. L’indebolimento estremo del sistema finanziario mondiale testimonia dell’usura di tutti questi palliativi usati dalla borghesia.
La crisi attuale non genererà certo un arresto brutale dell’economia come quello del 1929. Tuttavia, a ben guardare, per molti aspetti essa è ben più seria e profonda. Negli anni ‘30, negli Stati Uniti, quando il New Deal inaugurò il programma di rilancio dell’economia per tentare di affrontare la sua crisi di sovrapproduzione, il finanziamento dell’insieme delle misure creditizie dei prestiti di Stato rappresentò solamente una parte minima del reddito nazionale annuale (l’equivalente di meno di tre mesi di spese militari durante la Seconda Guerra mondiale)! Oggi, il debito americano ha già raggiunto il 400% del suo P.N.L.! La certezza di alcuni ambienti capitalistici “che la Grande Depressione degli Stati Uniti (…) avrà delle conseguenze senza paragone con la crisi del ‘29, (...) anche se il ‘29 resta l’ultimo punto di possibile paragone nella storia moderna”13 rivela la preoccupazione della borghesia! La crisi del 2007 ha un impatto direttamente mondiale. “Così come il contagio all’economia reale è già in corso non solo negli Stati Uniti ma sull’intero pianeta, il crollo dei mercati immobiliari inglese, francese e spagnolo è ormai in programma per questo fine anno 2007, mentre l’Asia, la Cina ed il Giappone devono far fronte contemporaneamente alla caduta delle loro esportazioni verso il mercato americano ed al calo veloce del valore di tutti i beni in dollari USA (divisa monetaria degli Stati Uniti come buoni del tesoro, azioni di imprese USA, ecc.)”14.
Questa prospettiva di severa recessione insieme alla spinta inflazionistica darà luogo dappertutto ad un deterioramento brutale delle condizioni di vita e di sfruttamento della classe operaia ed ad una povertà crescente ed irreversibile in tutto il mondo. Nonostante tutte le promesse dei politicanti di ogni risma, il capitalismo, avendo esaurito i suoi palliativi, è oggi incapace di trovare la benché minima via d’uscita e di nascondere il suo palesa fallimento. L’unica prospettiva che può offrire all’umanità è sempre maggiore miseria. Il futuro, la speranza e la salvezza dell’umanità appartengono alla lotta della classe operaia!
Scott (novembre 26)
1. Le Monde del 17 ottobre 2007.
2. La Republica, dal Courrier International n.888.
3.3 Subprimes : crediti ipotecari a rischio.
4. Dopo l’esplosione della bolla speculativa Internet nel 2000-2001 e di fronte al rischio di un tuffo brutale nella recessione, lo Stato americano all’epoca creò intenzionalmente e consapevolmente una nuova bolla per sostenere i consumi, la bolla immobiliare, sistematizzando i prestiti alle famiglie americane più povere. E’ bastato qualche anno per far esplodere anche questa con rischi ancora maggiori per l’economia mondiale (leggi il nostro articolo “La crisi immobiliare, un sintomo della crisi del capitalismo” sul nostro sito web).
5. “La massa dei soldi circolanti è determinata dalla somma dei prezzi delle merci (per un valore costante della moneta), e questa somma dei prezzi dalla massa delle merci in circolazione” (Engels, Sul capitale). L’aumento della quantità di valuta in circolazione senza aumento della produzione delle merci costituisce una svalutazione; i prezzi (espressione monetaria del valore) devono aumentare perciò nella stessa proporzione per esprimere il valore delle merci il quale non cambia.
6. Libération, 2 novembre 2007.
7. Le Monde, 20 ottobre 2007.
8. Nouvelle solidarité, 3 settembre 2007.
9. 9Bloomberg, 19 agosto 2007.
10. 10J. Sheeran, direttrice esecutiva del programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite.
11. Nanfang Zhoumo, giornale di Canton.
12. A giusta ragione, poiché non esiste altro che la distruzione del capitalismo!
1313. Global Europe Anticipation, bollettino n°17.
14.14 Id.