Submitted by RivoluzioneInte... on
Gli studenti sono sempre più preoccupati per la propria situazione e sempre più sconcertati ed indignati per l’avvenire che la classe dominante riserva loro. Il che non è sorprendente: questo sentimento aumenta giorno per giorno e dappertutto1, soprattutto tra i proletari e negli strati più poveri della società. Molti di questi proletari sono genitori o comunque parenti di questi stessi studenti, tutti colpiti dall’avanzata implacabile della crisi che li condanna con sempre più durezza a condizioni di vita veramente insopportabili. Ma questa crisi li spinge anche alla riflessione, a chiedersi se c’è una via d’uscita, se il capitalismo è capace di assicurare qualcosa di diverso dalla miseria, dal caos e la barbarie.
Ogni giorno che passa, questi studenti sono sempre più “surriscaldati”, anche se per il momento mantengono la testa fredda e ciò significa che riflettono. Aumenta la loro diffidenza nei confronti delle “soluzioni” che vengono proposte e, soprattutto, non sembrano disposti ad accettare qualsiasi cosa: un futuro incerto in quanto alla possibilità di trovare un lavoro, dei crediti per poter studiare che li “ipotecherebbero” incatenandoli a vita...
C’è anche questa enorme indignazione contro la brutale repressione commessa dai Mossos d’Escuadra de la Généralidad2 della Catalogna diretta dalla “coalizione tripartitica”3 alla quale partecipa la versione catalana della “radicale” e “amica degli operai” Izquierda unida (Sinistra unita). La ferocia della repressione contro i giovani (pestaggi, arresti violenti, espulsioni …) mostra chiaramente ciò che ci si può aspettare da qualsiasi governo, che sia di destra o che si presenti come “progressista” e “sociale”. (…)
In seguito all’espulsione forzata dall’università occupata ed alle cariche violente della polizia nella serata del 18 marzo che si è chiusa con numerosi arresti ed una sessantina di feriti tra i circa cinquemila manifestanti presenti, gli studenti hanno reagito organizzando rapidamente una manifestazione di solidarietà. Il Governo catalano è stato obbligato a presentare delle scuse ed a costringere alle dimissioni alcuni esponenti del suo ministero dell’Interno. Da allora, gli studenti stanno continuando ad andare avanti: fanno assemblee, scioperi ed occupazioni, riunioni con i gruppi sociali che li sostengono; dibattono, scambiando notizie con altre università alcune delle quali hanno risposto manifestando in solidarietà con loro (Madrid, Valencia, Gérone...).
Gli studenti, che hanno affermato alto e chiaro “che non sono delinquenti, non sono dei ribelli senza prospettiva e neanche carne da cannone per i burocrati ed i mossos”, sono sempre determinati a riuscire, “grazie ad un largo movimento studentesco, perché l’unione fa la forza”, a fare “non solo arretrare gli attacchi del capitale - Piano Bologna o Tartempio” ma anche “una società giusta, tollerante, solidale e libera”, perché “ci sentiamo capaci di cambiare la realtà nella quale viviamo” (estratti da Quali riflessioni... sugli avvenimenti del 18 marzo a Barcellona, un volantino distribuito nella manifestazione del 26).
Gli studenti hanno quindi convocato una manifestazione per il 26 marzo. Contavano sulla solidarietà di quelli che, come loro, affrontano la realtà del “è peggio ogni giorno che passa” e senza la minima prospettiva di miglioramento: dei loro stessi compagni, degli insegnanti, di tutti quelli che condividono le loro preoccupazioni ed i loro sforzi, di tutti quelli che stanno affianco a loro e che sanno che, domani, saranno affianco di tutta la classe operaia. Di fronte a loro c’erano parecchie decine di mossos (poliziotti) che li aspettavano arma in pugno, pronti a fronteggiare “ogni eventualità”. Il tutto preparato da un’intensa propaganda lanciata dalla Generalidad attraverso tutti i media secondo la quale “tali azioni” erano illegali per cui andavano prese misure adeguate per farvi fronte “come si deve”.
A Piazza dell’Università aspettavamo inquieti, ma determinati; abbiamo visto che gli studenti erano sicuri di loro, che controllavano la situazione. I mossos ci hanno chiuso l’accesso dell’itinerario previsto e gli organizzatori hanno avuto il coraggio di decidere un itinerario alternativo verso un luogo più tranquillo.
Questa manifestazione è stata ben diversa dalle processioni folcloristiche dei sindacati: non fischietti assordanti, non urla dagli altoparlanti né slogan collerici: i manifestanti potevano parlare, scegliere slogan, risposte appropriate ed invettive contro il governo ed i suoi esecutori d’ordini del ministero dell’Interno, e cioè contro i mossos che nei giorni precedenti si erano sfogati a colpi di manganello su tutto ciò che si muoveva. Applausi ed incoraggiamenti di solidarietà coi manifestanti sono stati lanciati dai balconi. I locali dei partiti di governo sono stati coperti di graffiti che denunciavano le loro responsabilità.
A poco a poco altre persone si sono unite alla manifestazione, così che alla fine c’erano più di 10.000 persone insieme e, come in Grecia, di tutte le generazioni: studenti, genitori, lavoratori di differenti età...
(…) Questa manifestazione ha rappresentato un vittoria importante: tutti sono ripartiti con la netta impressione che la lotta proseguirà e che il dibattito deve continuare, anche per scambiare esperienze e soprattutto per continuare una lotta che non considerano esaurita. Gli studenti mobilitati insistono sul fatto devono continuare ad incontrarsi fino alle vacanze in qualche “Campus-assemblea”, nei quartieri.
Questa lotta si inserisce in una prospettiva di lotte massicce in altri settori (insegnanti, industrie, statali, servizi, attivi e disoccupati …)? Sì, ne siamo convinti. Molti di quelli che erano alla manifestazione ne erano altrettanto convinti, anche se non abbiamo sentito appelli e slogan espliciti in questo senso. Le condizioni perché ciò avvenga si consolidano, tutta la dinamica del movimento va in questo senso. L’intervento della classe operaia, la sua esperienza, la sua solidarietà, è molto importante per alimentare questo processo.
Gli studenti devono contare su questo. In fin dei conti, sanno che faranno parte della classe operaia. Molti di loro, sanno che ne fanno già parte.
Da Acción proletaria, pubblicazione della CCI in Spagna (28 marzo)
1. Come dimostrato dalle mobilitazioni degli studenti e dei lavoratori in Francia ed in Grecia ed anche in Italia. Vedi gli articoli: “Le rivolte giovanili confermano lo sviluppo della lotta di classe” Rivista Internazionale n. 30; “La lotta degli studenti, in Italia come in Europa, una tappa importante della lotta di classe” Rivoluzione Internazionale n.158; “Noi la crisi non la paghiamo” ICC on-line.
2. Polizia regionale del governo catalano.
3. Questo governo è diretto da una coalizione di sinistra: socialisti, catalanisti repubblicani e vecchi stalinisti (inclusi i “Verdi”) ai quali del resto appartiene il ministro dell’Interno, Joan Saura, che dirige la polizia e che oggi (01/04) dichiara, di fronte all’indignazione provocata dalla repressione, che la “risposta dei poliziotti è stata sproporzionata”... [ndt].