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In Irlanda i turisti sono invitati ad esplorare una terra di miti e leggende. Nel corso degli ultimi quindici anni racconti fantasiosi sullo stato dell’economia irlandese sono stati aggiunti in gran quantità alla mitologia. Nella metà degli anni 90 ci fu il mito della Tigre Celtica, della radicata prosperità irlandese. Come George Osborne (membro del Partito Conservatore) diceva nel 2006 “L’Irlanda rappresenta un fulgido esempio dell’arte del possibile nelle politiche economiche a lungo termine”. Ma da quando l’Irlanda è diventato il primo paese dell’eurozona ad entrare in recessione si sono susseguite, dal budget di emergenza dell’ottobre 2008 in poi, una serie crescente di misure di austerità e di fondi pompati nelle banche nel corso del 2009 e del 2010. Lungi dall’aver portato ad un lieto fine i tagli di spesa e gli aumenti fiscali hanno portato solo all’ultimo round di tagli e al piano di salvataggio da 85 miliardi di euro da parte del FMI, dell’UE e della BCE (Banca Centrale Europea). Non c’era nulla di sostanziale nella “prosperità” irlandese e l’imposizione dell’austerità porterà solo sofferenza, senza offrire alcuna soluzione alla crisi dell’economia capitalista.
L’ultima serie di attacchi
Le misure più recenti proposte alla fine di novembre non sono affatto le ultime: ne sono previste altre nel bilancio del 7 dicembre. Negli ultimi due anni abbiamo già visto la perdita di migliaia di posti di lavoro e il taglio dei servizi per la maggioranza della popolazione. Uno su sette è già ufficialmente senza lavoro ed ai lavoratori del settore pubblico sono già stati tagliati i salari. Nell’ultima busta paga il salario minimo è stato ridotto di 1 euro all’ora (cioè del 12%). La soglia minima per l’imposta sul reddito è stata ridotta da 18.000 a circa 15.300 euro, portando più lavoratori con basso reddito nel regime fiscale. Le pensioni sono state congelate per i prossimi quattro anni. L’età pensionistica sarà gradualmente aumentata a 68 anni. Ci saranno tagli di vari sussidi, tra cui l’indennità di disoccupazione, ma i dettagli saranno resi noti solo al 7 dicembre. La VAT (corrispondente all’IVA) salirà nel 2013 ed anche nel 2014. La Carbon Tax sta per essere raddoppiata. Sta per essere introdotta una nuova tassa per l’acqua, come pure una tassa sulla proprietà che interesserà tutte le famiglie. I calcoli del governo prevedono che 100.000 persone emigreranno entro il 2014.
In risposta ad ogni attacco del governo c’è stata una grande manifestazione organizzata dai sindacati. Questa volta il Congresso Irlandese dei Sindacati detto che le misure di austerità sono ingiuste e troppo dure ed che è un peccato che non fosse prevista una tassa sui profitti (Corporation Tax). Molti dimostranti hanno insistito sul fatto che il governo è stato una “marionetta della UE e del FMI”. Anche i ministri hanno lamentato il fatto che l’Irlanda, come il Portogallo, fosse obbligata ad accettare le condizioni della UE e del FMI. Mentre riceveva il sostegno finanziario dal FMI, da vari organismi dell’Unione Europea, da Regno Unito, Svezia e Danimarca, lo Stato irlandese è stato costretto a dare il suo contributo al fondo di salvataggio bancario prelevando 17.5 miliardi di euro dal National Pensions Reserve Fund (Fondo Nazionale di Riserva delle Pensioni). Perché allora il FMI e l’UE corrono in aiuto?. Dopo la Grecia, la borghesia internazionale temeva che il crollo delle economie dell’Irlanda e del Portogallo avrebbe avuto un impatto sulla stabilità non solo dell’eurozona ma ben oltre. Il Regno Unito non fa parte dell’eurozona, ma il governo ha ritenuto necessario dare 7 miliardi di euro proprio nell’interesse dell’economia britannica. Tutte le economie sono interdipendenti, nessuna può funzionare isolata dal resto dell’economia mondiale. Dopo l’ultimo salvataggio resta comunque una preoccupazione per la possibilità di successo con l’economia irlandese, così come ci si interroga su quale paese, tra Spagna, Italia e Belgio, possa essere il prossimo ad aver bisogno di cure urgenti.
Le false alternative
Per quanto riguarda la durezza degli attacchi, i “critici” possono non essere d’accordo sui dettagli, ma, come dappertutto, concordano sulla necessità di affrontare il deficit. Il Sinn Fein (movimento indipendentista irlandese), per esempio, ha recentemente prodotto un documento intitolato “C’è un modo migliore”, che vantano esser stato “pienamente valutato e approvato da economisti indipendenti”. In esso sostengono che una maggiore tassazione delle società ricche e grandi genererà miliardi, e se il governo dovesse “prendere 7 miliardi di euro dal National Pensions Reserve Fund per tre anni e mezzo con un ampio programma di investimenti” ciò potrebbe “stimolare l’economia e creare posti di lavoro”. Il disavanzo verrebbe ridotto perché lo stimolo all’economia porterebbe crescita. L’esperienza dell’economia capitalista durante gli ultimi cento anni ha dimostrato, al contrario, che pur ricorrendo al debito, facendo investimenti, tagli alla spesa o aumenti delle tasse, nessun governo ha trovato un modo per sfuggire la realtà della crisi economica capitalistica.
Socialist Worker[1] del 27 novembre, scrivendo sulla crisi irlandese, trova una soluzione buona per tutti i paesi: “I governi potrebbero prendere le banche sotto il pieno controllo – prelevando gli utili, saccheggiando i banchieri e utilizzando il denaro per progetti di cui ha bisogno la società ... Le tasse devono essere aumentate in maniera massiccia sui ricchi e le imprese (...). Le spese per la guerra imperialista e l’esercito dovrebbero cessare da domani. Governi come la Grecia e l’Irlanda potrebbero sfidare il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea sulle richieste di tagli”.
La nazionalizzazione delle banche è già molto spinta in Irlanda, come altrove. Dopo l’ultimo salvataggio, la partecipazione del governo nella Allied Irish Bank è superiore al 96%; nella Anglo Irish Bank è al 100%; nella Bank of Ireland (così rimpicciolita che è ormai un istituto finanziario più piccolo dell’allibratore Paddy Power, ma è ancora una banca) è oltre il 70%, nella Irish Nationwide è al 100%, così per l’EBS. L’intervento dello Stato capitalista in ogni aspetto della vita economica è stato una tendenza dominante nel secolo scorso e in nessun modo ha rappresentato un guadagno per la classe operaia. Il SWP parla della necessità di un “potente movimento di massa”, ma in realtà solo come sostegno ai governi. Dire che la Grecia o l’Irlanda potrebbero “sfidare” il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea significa negare la realtà dell’economia capitalista: i mendicanti non possono scegliere. E se ci dovesse essere una folle manifestazione di “sfida”, la rinuncia alla spesa militare sarebbe sconsigliabile, perché le potenze capitaliste potrebbero facilmente ricorrere alla forza militare per far rispettare la loro volontà.
Per quanto riguarda l’aumento della tassazione, c’è dietro l’idea che se la società capitalista fosse organizzata in modo diverso si potrebbe funzionare senza sfruttamento e crisi economica. Un anno fa, nel dicembre 2009, il ministro delle finanze irlandese Brian Lenihan ha dichiarato: “Abbiamo svoltato l’angolo … Se adesso lavoriamo insieme e condividiamo gli oneri, possiamo avere una crescita economica sostenibile per tutti”. Un anno dopo possiamo vedere che non c’è stata alcuna svolta e che, lungi dal condividere l’onere, i più poveri ne sono le maggiori vittime. Per quanto riguarda la crescita e la sostenibilità, laddove sia possibile dimostrare che ci siano, si può essere certi che sarebbero comunque a spese di qualche altro paese.
Le grandi manifestazioni che hanno accompagnato ogni annuncio di nuovi attacchi hanno dimostrato che c’è una rabbia diffusa in Irlanda. Secondo i sondaggi, il 57% della gente pensa che il governo non dovrebbe pagare i suoi debiti. Ma questo non porterebbe alcun vantaggio così come non lo portano le manifestazioni controllate dai sindacati. Come dappertutto, i bisogni della classe operaia possono essere soddisfatti solo lottando per i propri interessi, organizzandosi in prima persona, discutendo come e su quali obiettivi lottare. Riporre ogni fiducia nei governi o nei sindacati è fatale per le lotte dei lavoratori. La storia del movimento operaio dall’inizio del secolo scorso ad oggi mostra che le riforme dei governi ed i cortei sindacali non offrono nulla alla classe operaia, l’unica prospettiva certa sta nello sviluppo di lotte di massa per la conclusione ultima del rovesciamento rivoluzionario del capitalismo.
World Revolution, 1/12/10, organo della CCI in Inghilterra