Submitted by RivoluzioneInte... on
La borghesia sapeva bene che con la crisi economica e con l’instabilità che si era creata nei paesi del Nord Africa a seguito delle rivolte popolari e poi della guerra civile in Libia, gli sbarchi sarebbero aumentati. Maroni l’aveva detto già all’inizio di marzo. Però non è stato fatto niente per preparare un’accoglienza dignitosa a queste persone. Si sono invece rimpallate le responsabilità su chi doveva occuparsene con gli altri paesi europei, che facevano finta di niente.
Se nella missione guerriera in Libia hanno litigato a chi faceva di più e a chi doveva comandare la missione, rispetto ai profughi il litigio era tra chi girava le spalle di qua e chi lo faceva di là. Quando finalmente il governo italiano si è deciso a dare dei permessi di soggiorno, almeno provvisori ai profughi, in particolare tunisini, la Francia (paese preferito dai tunisini per questione di lingua e per le parentele che hanno laggiù) ha chiuso addirittura le frontiere, alla faccia di tutti gli accordi di Schengen e di libera circolazione di merci e persone nell’Unione Europea, ennesima dimostrazione che nel capitalismo non esistono diritti, ma anche le leggi scritte vengono rinnegate senza scrupoli quando non convengono più.
Ma è davvero così terribile accogliere poche decine di migliaia di persone in Europa? Chi può credere che un’area di 300 milioni di abitanti, dove si concentra il massimo del Prodotto Interno Lordo mondiale non può reggere ed organizzare l’accoglienza di qualche decina di migliaia di persone che fuggono alla miseria e alla guerra?
C’è davvero una difficoltà economica a fare questo? Quanto costa l’attuale missione contro Gheddafi, non costa sicuramente più di un’accoglienza minima ai profughi? Ed anche in termini organizzativi, le forze schierate nel Mediterraneo per fare la guerra a Gheddafi non sarebbero state più che sufficienti per aiutare queste persone a non morire per mare e a sistemarsi in una maniera decente?
Nel capitalismo in crisi non c’è niente di logico, se non la volontà di sopravvivere di un sistema agonizzante, che per farlo non esita a passare sopra ogni senso morale. Se i profughi vengono rigettati in mare è perché questo sistema non riesce nemmeno più a sfruttarli, come ha fatto per secoli. Se potesse integrarli nell’apparato produttivo non esiterebbe ad accettarli, anche solo offrendo loro una vita da schiavi salariati, come nel settecento e nell’ottocento non esitò ad andare a prenderli con la forza in quella stessa Africa, per deportarli in un’America a corto di braccia per lo sviluppo di un capitalismo ancora in ascesa. Se potesse, oggi il capitalismo butterebbe a mare anche i propri operai, ma non può farlo senza causare una rivolta sociale, per cui si “limita” a ridurli alla fame con la disoccupazione, la cassa integrazione, i bassi salari. Nel capitalismo i proletari sono tutti immigrati, non solo nel senso che spesso sono stati costretti a lasciare i propri paesi d’origine per poter lavorare, ma perché in questo sistema essi hanno cittadinanza solo a condizione che esistano le condizioni per poterli sfruttare, in caso contrario sono degli indesiderati.
Il capitalismo non ha niente di umanitario, non lo sono certo le guerre che si combattono in Afganistan o in Libia o altrove; non lo è certo l’atteggiamento che si ha verso i profughi da queste stesse guerre o dalla fame. Quando Gheddafi era un “amico” si lasciava a lui il lavoro sporco di riprenderseli ed incarcerarli. Ora che non si può più contare su di lui li si lascia all’aperto sui moli di Lampedusa, senza letti e senza cibo, per poi rinchiuderli in tendopoli-carceri, quando solo l’esercito possiede una quantità enorme di caserme abbandonate che in un niente possono essere attrezzate come centri di accoglienza (oltre a quelli che comunque esistono, anche se adesso si chiamano CIE).
I recenti avvenimenti del Nord Africa hanno messo in evidenza l’esistenza di due mondi opposti che si manifestano e che cominciano a scontrarsi: quello del capitale che implica guerra, morte, miseria, disumanità, mancanza di prospettive, e quello del proletariato che significa solidarietà, ricerca dell’unità, lotta per assicurarsi un futuro, come si è visto nelle rivolte in questi paesi e nell’atteggiamento che i giovani tunisini hanno avuto verso i proletari stranieri fuggiti dalla Libia (ed accolti in maniera mille volte più umana di come fatto dallo Stato italiano a Lampedusa) o della popolazione lampedusana, che ha sfamato e vestito i profughi finché ha potuto.
Dallo scontro di questi due mondi dipende il futuro dell’umanità stessa.
Helios