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Giusto un paio di anni fa il presidente cinese Hu Jintao promise una “pacifica” crescita del suo paese nell’arena internazionale. Diversi osservatori e commentatori internazionali si fecero prendere dal doppio linguaggio stalinista e conclusero che una ascesa economica della Cina l’avrebbe resa una potenza più realista e responsabile a tutto vantaggio del mondo intero. Infatti, a partire dal 1990, salvo un paio di notevoli eccezioni, la Cina ha proceduto con passo leggero. Ma il reale volto della pace imperialista della Cina si è palesato l’11 gennaio 2007, quando essa questa ha lanciato uno dei suoi satelliti meteorologici a 850 chilometri dal pianeta, che costituisce una minaccia diretta al predominio americano dello spazio intorno alla terra, e inaugura una nuova corsa agli armamenti. Non a caso gli esperti del Pentagono per l’Aggressione Militare Globale hanno già stabilito che la Cina “ha il più grande potenziale militare per competere con gli USA e delle tecnologie militari di distruzione che potrebbero nel tempo controbilanciare il tradizionale vantaggio degli USA”. I militari USA hanno risposto con i propri test antisatellite e il Pentagono è alle prese con le raccomandazioni di un rapporto del Congresso del 2001 che auspicava lo sviluppo di “nuove capacità militari per operazioni da, in e attraverso lo spazio” (coautore del rapporto, Donald Rumsfeld).
Non ci sarà nessun pacifico sviluppo dell’influenza della Cina, ma il noti e soliti militarismo ed imperialismo. Innanzitutto, il “miracolo economico” del capitale nazionale cinese è basato sul feroce sfruttamento della sua classe operaia e dei contadini e su un export spinto verso un’economia mondiale piena di debiti. La colonizzazione economica che è attualmente in corso contiene un forte fattore geostrategico che proietta la potenza cinese ben oltre i suoi confini. E se parte di questa colonizzazione assicurerà qualche beneficio alle imprese cinesi, a differenza della colonizzazione del 19° secolo essa porterà ad una debole stabilizzazione economica per la sua economia e ancor meno riforme o miglioramenti nelle condizioni della classe operaia. Mao Tse-tung e la sua ideologia non sono di moda oggi, ma il suo slogan “il potere nasce sulla canna di un fucile” è ancora valido per l’imperialismo cinese, come per ogni altro.
Questo è ancora più vero nel dopo ’89 in seguito al collasso del blocco dell’Est e il “via libera” nelle relazioni militari derivato da questo scivolamento nella decomposizione imperialista. Nessuna nazione è fuori da questa situazione. Dopo che la Cina ha ripreso le sue minacce contro Taiwan e ha ripetutamente minacciato il Giappone, sia la diplomazia francese che quella tedesca hanno cercato di sovvertire l’embargo alle armi per l’Esercito Popolare di Liberazione. Un tale sviluppo mostra il contributo che la Cina sta dando all’approfondimento del caos nelle relazioni internazionali. La Cina ha tratto vantaggio dal nuovo disordine mondiale e dalla crisi storica degli USA a mantenere il proprio dominio imperialista sul globo, per sviluppare la propria presenza geostrategica. I suoi appetiti vanno ben al di là di Taiwan o del sedicente “pacifico” Giappone, che essa stessa ha riarmato (ora è classificato fra le cinque potenze militari degli ultimi anni), provocando in questa regione del mondo una corsa al riarmo con connotazioni nucleari.
La politica della Cina tendente fare dei mari dell’Asia il proprio mare nostrum, tenendo a bada il Giappone ed escludendo la presenza militare degli USA, è solo una parte del suo progetto, che attraverso Burma, Africa e Pakistan mira ad estendere la sua potenza militare sul mare Arabico, il Golfo Persico e sul Medio Oriente1. Nella stampa si parla di forniture di armi della Cina ai Talebani e della sua aspirazione politica ad estendersi fino al cortile di casa degli USA, l’America Latina. La Cina, insieme con la Russia, ha inoltre acquisito dei vantaggi nelle ex repubbliche sovietiche là dove gli USA sono retrocessi, per esempio rafforzando le relazioni con l’Uzbekistan. L’Istituto Internazionale di Ricerche per la Pace di Stoccolma ha stabilito di recente che le spese per la difesa della Cina sono seconde solo a quelle degli USA. Lo stesso rapporto esprime anche delle stime sulle sue crescenti capacità di ricatto e sulle sue intrusioni nelle reti informatiche, comprese quelle del governo USA.
Nel sud del paese la Cina sta sviluppando la costruzione di 1850 chilometri di strade, di fiumi (dirottando sezioni secondarie del Mekong) e porti, rafforzando le naturali barriere difensive delle pendici dell’Himalaia. La “strada 3” che unisce direttamente il Kunming Cinese con Bangkok tocca anche le regioni poco abitate delle zone settentrionali del Vietnam e del Laos. Come la ricerca di mercati e risorse naturali, anche le vie di comunicazioni sono un’espressione dell’espansione geostrategica dell’imperialismo cinese.
All’ovest, ai confini con India e Pakistan, sono in corso importanti sviluppi della rete dell’imperialismo cinese. Mentre gli Stati Uniti e l’India costruiscono una crescente collaborazione, il Pakistan si rivolge alla Cina per l’assistenza tecnica e militare. La Cina già sostiene il Pakistan con la tecnologia nucleare, e molti esperti sospettano che il progetto della bomba atomica del Pakistan provenga da essa. Secondo il Dipartimento di studi asiatici del Broking Institute “il programma nucleare pakistano è largamente il risultato delle relazioni cino-pakistane”. Alcune agenzie giornalistiche suggeriscono che i servizi segreti cinesi siano a conoscenza dei trasferimenti di tecnologia nucleare dal Pakistan all’Iran, alla Corea del nord e alla Libia, e delle lunghe relazioni intercorse fra l’Iran e Abdul Quadeer Khano, il cosiddetto padre della bomba atomica pakistana. Uno dei più significativi progetti recenti dei due imperialismi è la costruzione di un grande complesso portuale alla base navale di Gwadar sul Mar arabico, che dà alla Cina un accesso strategico sul golfo persico ed un avamposto navale sull’oceano indiano.
La Cina e i maoisti del NepalLe relazioni fra l’India e la Cina si sono deteriorate dopo che l’India ha dato asilo al Dalai Lama nel 1959 e dopo l’umiliante sconfitta dell’India nella guerra del 1962 per una frontiera contestata e l’aiuto cinese al Pakistan. Inoltre l’India afferma che la Cina occupa 38.000 chilometri quadrati del suo territorio e, da parte sua, Beijing reclama la provincia indiana del nordest dell’Aranchal. E’ in questo contesto di rivalità imperialiste che va situata l’elezione del Partito Comunista del Nepal (PCN, maoista), un gruppo che l’amministrazione americana ha definito “terrorista”. Il precedente regime al potere in Nepal privilegiava le relazioni con l’India, cosa che ora è messa in questione. Il “compagno comandante” Prachanda del PCN ha già dichiarato di voler rivedere i maggiori accordi con l’India, sottolineando la necessità di buone relazioni con la Cina e dando il proprio appoggio a questa sulla questione tibetana. I rifugiati tibetani in Nepal sono ora in pericolo, come nel vicino Butan, dove i maoisti filocinesi sono molto attivi. L’Istituto di Regolamento dei Conflitti di Dheli dice che ci si può aspettare il sorgere di violenze maoiste nell’India stessa, come si aspetta che il nuovo regime nepalese la sostenga con aiuti e rifugi sicuri.
Ogni nazione capitalista parla di pace. Per tutto il 20° secolo ogni nazione capitalista ha esaltato le virtù della “pace”, della “stabilità”, delle “buone relazioni”, ma tutte hanno raggiunto l’ineluttabile irrazionalità dell’imperialismo, e hanno attivamente preparato e fomentato guerre. In particolare oggi, nelle condizioni di un crescente caos imperialista, non vi è nessuna “crescita pacifica” dell’imperialismo cinese e delle sue pedine, ma una preparazione alla guerra.
Baboon, 22/4/08
(da World Revolution n. 314, pubblicazione della CCI in Inghilterra)
1. Sull’imperialismo cinese in Africa vedi World Revolution n. 299.