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PRESENTAZIONE ALLE RIUNIONI PUBBLICHE DELLA CCI
Quello che segue è il testo che è servito da canovaccio per le presentazioni che la nostra organizzazione ha fatto nei vari paesi in cui interviene sull'emergere della gioventù - studentesca e non - su un piano di lotta autenticamente proletario.
Alla fine del 2008 diversi paesi europei sono stati toccati simultaneamente da movimenti di massa di studenti (universitari e liceali).
Tra questi quello che si è sviluppato in Grecia dopo la morte di un giovane studente di 15 anni il 6 dicembre scorso è stato più rilevante tanto da evocare un nuovo Maggio 68.
In effetti a questo movimento hanno partecipato diversi settori della classe lavoratrice in solidarietà con le nuove generazioni che si battevano contro gli attacchi del governo e contro la repressione dello stato poliziesco.
Questo movimento sociale, come quelli degli altri paesi non è solo un movimento della gioventù ma è parte integrante delle lotte operaie che si sviluppano a livello mondiale.
Come al solito quello che è successo in Grecia ci è stato presentato dai media a modo loro.
Ci hanno mostrato solo gli scontri con la polizia e questi sono stati presentati o come il fatto di un pungo di autonomi anarchici e di studenti di ultra sinistra usciti da ambienti agiati o di facinorosi marginalizzati.
Ci hanno mostrato soprattutto giovani incappucciati che bruciavano auto, spaccavano vetrine di negozi e banche, saccheggiavano negozi.
La strumentalizzazione di immagini di violenza di questo tipo da parte dei media non è nuovo. E' esattamente lo stesso metodo di falsificazione della realtà usato per il movimento degli studenti in Francia contro il CPE nel 2006 (assimilato ai moti nelle periferie dell'anno precedente). E' lo stesso metodo usato quando gli studenti in lotta contro la LRU nel 2007 (legge sulla Libertà e Responsabilità delle Università) sempre in Francia sono stati assimilati a dei "terroristi" ed a dei "Khmer rossi"!
Ma cosa è stato questo movimento?
Innanzitutto quello che salta agli occhi è la sua estensione di questo movimento che in sé è già un fatto significativo.
Gli scontri si sono estesi a ben 42 prefetture su 55 della Grecia, anche in città dove prima non c'erano mai state manifestazioni.
Più di 700 licei ed un centinaio di università sono stati occupati.
Ma in più, quali erano le ragioni di tanta collera?
La disoccupazione dei giovani e la loro difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro la mancanza di un futuro che hanno creato e diffuso un clima d'inquietudine, di collera e di insicurezza generalizzata.
La maggior parte degli studenti devono fare due lavori al giorno per poter sopravvivere e poter continuare a studiare.
Piccoli impieghi al nero e sottopagati, e anche nel caso di lavori meglio pagati, una parte del salario non viene dichiarato il che amputa i loro diritti sociali; in particolare si ritrovano senza assistenza sociale, gli straordinari non vengono pagati e non è loro possibile lasciare la casa dei genitori prima dei 35 anni perché non hanno i soldi per pagare un affitto.
Il 23% dei disoccupati in Grecia sono giovani (il tasso di disoccupazione tra i 15-24 anni è ufficialmente del 25,2%).
E la prospettiva è ancora peggiore.
La crisi mondiale sta portando una nuova ondata di licenziamenti di massa. Per il 2009 è prevista una perdita di 100.000 posti di lavoro in Grecia, che corrisponde al 5% di disoccupazione in più. Allo stesso tempo il 40% dei lavoratori guadagna meno di 1.100 euro lordi e la Grecia conosce il maggior tasso di lavoratori poveri tra i 27 paesi dell'unione europea, il 14%.
Questa situazione spiega perché in piazza non sono scesi solo i giovani, ma anche gli insegnanti mal pagati e molti altri salariati presi dagli stessi problemi, dalla stessa miseria ed animati dallo stesso sentimento di rivolta.
Questa collera non è nuova: gli studenti greci si erano già largamente mobilitati nel giugno 2006 contro la riforma dell'università la cui privatizzazione avrebbe comportato l'esclusione degli studenti dei ceti più modesti.
Anche la popolazione aveva manifestato la sua collera contro l'incuria del governo quando ci furono gli incendi dell'estate 2007 che fecero 67 morti, governo che non ha mai indennizzato le numerose vittime che persero la casa e ogni bene.
Ma sono stati soprattutto i salariati a mobilitarsi contro la riforma del regime pensionistico agli inizi del 2008 con due giorni di sciopero generale in due mesi e manifestazioni che ogni volta hanno riunito più di un milione di persone.
La brutale repressione del movimento che ha causato la morte di questo adolescente è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso ed ha amplificato la collera ed il sentimento di solidarietà tra le diverse generazioni della classe operaia.
Infatti non sono stati solo gli studenti a denunciare il terrore di Stato, ma questa stessa collera contro la brutalità della repressione la si è ritrovata in tutte le manifestazioni con slogan del tipo: "Pallottole per i giovani, soldi per le banche". Ancora più chiaramente un partecipante al movimento ha dichiarato: "Non c'è lavoro, non ci sono soldi, uno Stato in fallimento con la crisi, e tutto quello che c'è come risposta è dare le armi ai poliziotti" (Le Monde del 10-12-2008).
Ma c'è di più. Le giovani generazioni di operai sono quelle che esprimono più chiaramente la disillusione e lo scoraggiamento rispetto ad un apparato politico ultra corrotto in cui da più di trent'anni la dinastia dei Caramanlis (a destra) e dei Papandreu (a sinistra) regnano alternandosi sul paese a forza di bustarelle e scandali.
Di conseguenza la gran parte dei giovani rigetta ogni inquadramento in un apparato politico e sindacale completamente discreditato: "Il feticismo del denaro si è impossessato della società. Allora i giovani vogliono una rottura con questa società senza anima e senza prospettiva".
Di fronte al montare del movimento, i sindacati hanno indetto uno sciopero generale il 10 dicembre nel tentativo di canalizzare la collera e stroncare la lotta. Ma, nonostante questa manovra e tutte le altre dei partiti di sinistra e dei sindacati, non ci sono riusciti perché, con lo sviluppo della crisi, questa generazione di proletari non ha solo sviluppato la coscienza di uno sfruttamento capitalista che vive sulla propria pelle, ma esprime anche la coscienza della necessità di una lotta collettiva mettendone spontaneamente avanti i metodi e la solidarietà DI CLASSE. Invece di soccombere alla disperazione, trae fiducia nella possibilità di un avvenire diverso, si ribella contro il putridume della società che la circonda. Come mostra bene lo slogan "Noi siamo un'immagine del futuro di fronte ad un'immagine molto oscura del passato". Per questo se la situazione sociale in Grecia può ricordare il maggio 68, la coscienza dei giovani va ben al di là.
Durante tutte queste giornate e queste notti ci sono stati scontri incessanti con violente cariche della polizia a colpi di manganelli e lacrimogeni che si sono concluse con pestaggi e dozzine di arresti.
Nonostante questo, a partire dal 16 dicembre, si assiste ad una radicalizzazione del movimento.
Gli studenti invadono per qualche minuto l'emittente televisiva governativa NET e dispiegano sotto gli schermi uno striscione che proclama: "Smettete di guardare la televisione. Tutti nelle strade" e lanciano questo appello: "Lo Stato uccide. Il vostro silenzio lo arma. Occupazione di tutti gli edifici pubblici!".
La sede della polizia antisommossa di Atene viene attaccata ed un furgone è dato alle fiamme. Queste azioni vengono subito denunciate dal governo come un "tentativo di rovesciamento della democrazia" e vengono condannate dal PC greco.
A Salonicco, i due maggiori sindacati del settore privato e pubblico (GSEE e dell'ADEDY) tentano di confinare gli scioperanti in un assembramento di fronte all'Ufficio del lavoro. I liceali e gli studenti universitari invece sono determinati a portare gli scioperanti in corteo e ci riescono: 40.000 studenti e lavoratori sfilano nelle strade della città.
Del resto già prima gli studenti erano stati confrontati all'azione di sabotaggio dei militanti dell'organizzazione studentesca del Partito "comunista" (PKS) che avevano tentato di bloccare le assemblee per impedire le occupazioni (università del Pantheon, Facoltà di filosofia dell'università di Atene). I loro tentativi sono falliti e le occupazioni si sono sviluppate ad Atene ed in tutta la Grecia.
Nel quartiere Agios Dimitrios di Atene viene occupato il municipio con un'assemblea generale alla quale partecipano più di 300 persone di tutte le età.
Il 17 dicembre la sede del maggiore sindacato del paese, la Confederazione Generale dei Lavoratori in Grecia (GSEE) ad Atene viene occupata dai lavoratori che si dichiarano insorti ed invitano tutti i proletari a fare di quel posto un luogo d'assemblea generale aperto a tutti i salariati, agli studenti ed ai disoccupati.
Nel documento finale dell'AG si dice:
"Per tutti questi anni, abbiamo subito la miseria, la rassegnazione, la violenza sul lavoro. Ci siamo assuefatti a contare i nostri feriti ed i nostri morti - i cosiddetti "incidenti sul lavoro". Ci siamo abituati ad ignorare che gli immigrati, nostri fratelli di classe, venivano uccisi. Siamo stanchi di vivere con l'ansia di assicurarci un salario, di pagare le tasse e di garantirci una pensione che adesso sembra un sogno lontano.
Così come lottiamo per non abbandonare le nostre vite nelle mani dei padroni e dei rappresentanti sindacali, ugualmente non abbandoneremo gli insorti arrestati nelle mani dello Stato e dei meccanismi giuridici!
LIBERAZIONE IMMEDIATA DEI DETENUTI!
RITIRO DELLE ACCUSE CONTRO I FERMATI!
AUTORGANIZZAZIONE DEI LAVORATORI!
SCIOPERO GENERALE!
L'ASSEMBLEA GENERALE DEI LAVORATORI NEGLI EDIFICI LIBERATI DELLA GSEE
Uno scenario identico, con occupazione ed AG aperte a tutti si ha alla Facoltà di Economia ed al Politecnico di Atene
Nella sera del 17 dicembre, una cinquantina di bonzi sindacali tentano di rioccupare i locali ma fuggono dinanzi ai rinforzi di studenti, per lo più anarchici, della facoltà di Economia, anch'essa occupata e trasformata in luogo di riunione e discussione aperta a tutti gli operai, che sono venuti alla riscossa degli occupanti cantando a testa alta "Solidarietà!".
Si moltiplicano gli appelli ad uno sciopero generale a tempo indeterminato a partire dal 18. E per non essere completamente scavalcati i sindacati sono costretti a proclamare uno sciopero di tre ore nel servizio pubblico per quel giorno.
Nella mattinata del 18, un altro giovane liceale di 16 anni che partecipava ad un sit-in vicino alla sua scuola in una periferia di Atene viene ferito da una pallottola. Lo stesso giorno diverse sedi radio e televisive vengono occupate dai manifestanti, in particolare a Tripoli, Chania e Salonicco.
Viene occupata la Camera di Commercio di Patrasso dove ci sono nuovi scontri con la polizia. Ed anche la gigantesca manifestazione di Atene viene violentemente repressa: per la prima volta le squadre anti-sommossa hanno usato nuovi tipi di armi: gas paralizzanti e granate assordanti. Un volantino contro il "terrore dello Stato" firmato "le ragazze in rivolta" viene diffuso a partire dalla facoltà di Economia.
Il movimento percepisce confusamente i propri limiti geografici e per questo accoglie con entusiasmo le manifestazioni di solidarietà internazionale, in particolare quelle di Berlino, Roma, Mosca, Monreale e New York diffondendone l'eco: "Questo sostegno è molto importante per noi"Gli occupanti del Politecnico chiamano a "una giornata internazionale di mobilitazione contro i morti di Stato" per il 20 dicembre.
Il 20 dicembre scoppiano scontri di strada violenti e la morsa si stringe, in particolare intorno al Politecnico assediato dalle forze di polizia che minacciano di darne l'assalto.
A questo punto il movimento mostra una forte maturità comprendendo il pericolo di una spirale repressiva ancora più forte.
Viene tolta l'occupazione del palazzo della Confederazione sindacale in seguito ad una decisione del comitato d'occupazione votata in Assemblea Generale.
Il comitato di occupazione del Politecnico di Atene pubblica il 22 dicembre un comunicato che dichiara in particolare: "Siamo per l'emancipazione, la dignità umana e la libertà. Non c'è bisogno di lanciarci gas lacrimogeni, piangiamo già abbastanza da soli".
Nell'AG a Scienze economiche, si decide di usare l'appello alla manifestazione del 24 contro la repressione poliziesca e in solidarietà con gli arrestati, come momento opportuno per evacuare lo stabile in massa e in condizioni di sicurezza: "sembra esserci un consenso sulla necessità di lasciare le università e di seminare lo spirito della rivolta nella società in generale".
Questo esempio sarà seguito nelle ore successive dalle AG delle altre università occupate, schivando la trappola della chiusura e di uno scontro diretto con la polizia, evitando così un bagno di sangue ed una repressione ancora più violenta.
Al tempo stesso le AS denunciano con chiarezza come atto di provocazione poliziesca il lancio di corpi incendiari contro un'auto della polizia rivendicato da una sedicente "Azione popolare".
Il comitato di occupazione del Politecnico evacua simbolicamente l'ultimo bastione di Atene il 24 dicembre a mezzanotte.
L'aver tolto le occupazioni non significa però la fine della lotta.
In alcuni quartieri gli abitanti si sono impossessati dell'impianto installato dalla municipalità per suonare i canti di Natale per leggere al microfono dei comunicati dove si chiede tra l'altro la rimessa in libertà immediata dei detenuti, il disarmo della polizia, lo scioglimento delle brigate anti-sommossa e l'abolizione delle leggi anti-terrorismo.
All'inizio di gennaio ci sono ancora manifestazioni in tutto il paese in solidarietà con i prigionieri.
Sono state arrestate 246 persone di cui 66 sono ancora in carcere preventivo. Ad Atene 50 immigrati sono stati arrestati nei primi tre giorni del sollevamento con delle pene fino a 18 mesi di carcere in dei processi senza interpreti e con la minaccia di espulsione.
Il 9 gennaio, giovani e polizia si sono di nuovo affrontati ad Atene all'inizio di un corteo di circa 3.000 insegnanti e studenti universitari e liceali. Imponenti forze anti-sommossa hanno caricato a più riprese per disperdere i manifestanti e facendo numerosi controlli dei documenti.
L'esplosione di collera e la rivolta delle giovani generazioni proletarie in Grecia non sono affatto un fenomeno isolato o particolare.
Esse sono in continuità diretta con la mobilitazione degli studenti in Francia contro il CPE (contratto primo impiego) del 2006 e contro la legge sulla riforma universitaria del 2007 dove gli studenti universitari ed i liceali si concepivano soprattutto come dei proletari in rivolta contro le loro future condizioni di sfruttamento.
L'insieme della borghesia dei principali paesi europei l'ha capito bene riconoscendo i suoi timori di contagio di esplosioni sociali simili di fronte al peggioramento della crisi. Per questo ad esempio in Francia la borghesia ha fatto marcia indietro sospendendo precipitosamente il suo programma di riforma delle scuole.
Del resto il carattere internazionale della contestazione e della combattività degli studenti si esprime già fortemente.
In Italia due mesi di mobilitazione degli studenti hanno dato vita a due manifestazioni di massa che si sono svolte il 25 ottobre ed il 14 novembre dietro lo slogan Noi la crisi non la paghiamo" contro il decreto Gelmini contestato per i tagli nell'Educazione nazionale e le sue conseguenze (non rinnovo contrattuale per 87.000 insegnanti precari e di 45.000 lavoratori ATA) così come di fronte alla riduzione dei fondi pubblici per l'università.
In Germania il 12 novembre, 120.000 liceali sono scesi nelle strade delle principali città del paese, con slogan come "Il capitalismo è la crisi" a Berlino o assediando il parlamento provinciale come ad Hannover.
In Spagna il 13 novembre centinaia di migliaia di studenti hanno manifestato in più di 70 città contro le nuove direttive a livello europeo (direttive di Bologna) della riforma dell'insegnamento superiore ed universitario che generalizza la privatizzazione delle facoltà e moltiplica gli stage nelle imprese.
In Irlanda 70.000 manifestanti sfilano a Dublino, vengono occupate scuole ed università con la partecipazione degli insegnanti.
Ma non solo in Europa succede questo.
Solo a gennaio a Vilnius in Lituania, a Riga in Lettonia ed a Sofia in Bulgaria ci sono stai movimenti di rivolta duramente repressi dalla polizia.
Nel Senegal, nel dicembre scorso, ci sono stati scontri violenti in manifestazioni contro la miseria e negli scontri ci sono stati due morti. E già prima, all'inizio di maggio, 4.000 studenti di Marrakech si erano rivoltai a seguito di una intossicazione alimentare che aveva colpito 22 di loro in un ristorante universitario. Dopo la repressione violenta del movimento, si sono moltiplicati gli arresti, le pene carcerarie molto pesanti e le torture. Molti di loro si sono riconosciuti nel movimento degli studenti in Grecia.
L'ampiezza di questi movimenti dei giovani di fronte alle stesse misure prese dai vari Stati non ha niente di strano. La riforma del sistema educativo portata avanti a livello europeo e non solo, è alla base di un condizionamento delle giovani generazioni operaie ad un avvenire senza sbocchi ed alla generalizzazione della precarietà e della disoccupazione.
Il rifiuto e la rivolta delle nuove generazioni di proletari scolarizzati si pone quindi come elemento della più generale ripresa della lotta di classe a livello internazionale.
E dappertutto, come in Grecia, con la precarietà, i licenziamenti, la disoccupazione, i salari da fame che impone la crisi mondiale, lo Stato capitalista non può che portare polizia e repressione.
Solo lo sviluppo internazionale della lotta e della solidarietà di classe tra operai, impiegati, liceali, universitari, disoccupati, precari, pensionati, di tutte le generazioni insieme, può aprire la via ad una prospettiva di avvenire per abolire questo sistema di sfruttamento.