Submitted by ICConline on
La prima parte di questa Breve cronologia della lotta in Francia contro la riforma delle pensioni illustrava gli avvenimenti che si sono svolti tra il 23 marzo e il 19 ottobre 2010. Essa si concludeva provvisoriamente con queste poche frasi:
“Il movimento si sviluppa da 7 mesi. La collera è immensa. Le rivendicazioni contro la riforma tendono a passare in secondo piano: i mezzi di informazione riconoscono che il movimento si ‘politicizza’. E’ tutta la miseria, la precarietà, lo sfruttamento, ecc., che vengono apertamente rigettati. Anche la solidarietà tra i differenti settori cresce. Ma, al momento, la classe operaia non arriva a prendere realmente nelle sue mani le SUE lotte. Essa lo spera sempre più, ci prova qui e là con tentativi minoritari, diffida in maniera crescente dell’intersindacale, non riesce ancora ad organizzarsi realmente come contro il CPE nel 2006. La classe operaia sembra ancora aver poca fiducia in se stessa. Lo sviluppo futuro della lotta ci dirà se questa volta arriverà a superare questa difficoltà. Altrimenti sarà per la prossima volta! Il presente è ricco di promesse per l’avvenire delle lotte.»
Allora, come è finito il movimento?
Dal 19 ottobre …
La questione del blocco delle raffinerie a partire dalla metà di ottobre è al centro dei dibattiti.
I mezzi di informazione e i politici indirizzano i loro proiettori sulla penuria di benzina, sulla «galera degli automobilisti» e il braccio di ferro tra quelli che bloccano e le forze dell’ordine. In tutte le Assemblee Generali (AG) (sindacali e non), i dibattiti girano quasi esclusivamente intorno alle questioni “come aiutare i lavoratori delle raffinerie?... Come esprimere la nostra solidarietà?... Noi cosa possiamo bloccare a nostra volta?” … E nei fatti alcune decine di lavoratori di tutti i settori, di disoccupati, di precari, di pensionati, si recano ogni giorno davanti alle porte delle 12 raffinerie paralizzate, per “fare numero” di fronte ai celerini (CRS), portare cestini di cibo agli scioperanti, un po’ di soldi e del calore morale.
Questo slancio di solidarietà è un elemento importante, perché rivela ancora una volta la natura profonda della classe operaia.
Ciononostante, malgrado la determinazione e la buona volontà degli scioperanti e dei loro sostenitori, in generale questi blocchi non favoriscono lo sviluppo del movimento di lotta, ma la sua decrescita. Perché?
Questi blocchi sono stati cominciati e sono controllati completamente, passo per passo, dalla CGT (principale sindacato francese). Non c’è praticamente nessuna AG che permetta ai lavoratori delle raffinerie di discutere collettivamente. E quando un’assemblea si tiene comunque, essa non è aperta agli altri lavoratori; questi ‘estranei’ giunti a partecipare ai picchetti non sono invitati a venire a discutere e ancor meno a partecipare alle decisioni. Gli è addirittura vietata l’entrata! La CGT vuole evidentemente una solidarietà … platonica … e basta! Nei fatti, sotto la copertura di un’azione ‘forte e radicale’, la CGT organizza l’isolamento dei combattivi lavoratori delle raffinerie.
D’altra parte i picchetti sono ‘fissi’ e non ‘volanti’, come invece sarebbe stato necessario organizzarli per trascinare un massimo di lavoratori nella lotta, andando di fabbrica in fabbrica, per creare discussioni, AG spontanee, ecc. E’ esattamente questo genere di estensione che i sindacati non vogliono!
21 ottobre
Alla vigilia delle vacanze i principali sindacati dei liceali e degli studenti universitari (l’UNL, la Fidl e l’Unef) invitano a manifestare. Questo corrisponde al fatto che la collera dei giovani è sempre più forte. Ed effettivamente ci sono diverse migliaia di giovani che scendono in strada quel giorno.
Dal 22 al 27 ottobre
Il testo della legge sulle pensioni supera tutte le tappe della “democrazia”, dal senato alla camera.
28 ottobre
Nuova giornata di mobilitazione indetta dall’intersindacale. 1,2 milioni di partecipanti, quasi tre volte meno della manifestazione precedente del 19 ottobre. La decrescita è brutale e la rassegnazione comincia a guadagnare terreno.
In più questa giornata d’azione si svolge nel pieno delle vacanze scolastiche. I liceali, che avevano cominciato ad aggiungersi al movimento (e che sono stati violentemente repressi dappertutto[1]), sono quindi largamente assenti.
Fino ad allora i sindacati avevano fatto di tutto per, da un lato, ridurre il numero delle AG, dall’altro chiudere agli altri settori. Ma nel momento in cui il movimento comincia il suo riflusso essi tentano di organizzare degli “incontri nazionali” delle diverse organizzazioni interprofessionali. L’appello di questi “sindacalisti unitari” osa anche affermare:
“La lotta contro la riforma delle pensioni arriva ad un momento decisivo. Mentre il governo e i mezzi di informazione annunciano la fine della mobilitazione, in tutto il paese si svolgono azioni di blocco e di solidarietà, in un quadro intercategoriale e spesso organizzate a partire da Assemblee Generali intercategoriali. Tuttavia, oltre questa organizzazione a livello locale, ci sono poche o nessuna comunicazione tra le AG intercategoriali, per coordinarsi su una scala più larga. Ora, se noi vogliamo fermare la politica del governo, bisognerà organizzarsi da prima e coordinare le nostre azioni. Per i lavoratori, i disoccupati, i giovani e i pensionati che si sono mobilitati occorre darsi uno strumento per organizzare le proprie lotte oltre la dimensione locale. E’ perciò che l’Assemblea Generale di Tours, riunita il 28 ottobre 2010, si propone di organizzare e di accogliere un incontro intercategoriale di delegati delle Assemblee Generali che si tengono in tutto il paese.”[2]
E’ una mascherata. Quegli stessi che non hanno smesso di dividerci ci chiedono ora, dopo la battaglia, di “organizzarci da prima e coordinare le nostre azioni”. Loro, che ci hanno strappato intenzionalmente la NOSTRA lotta, chiamano ora i lavoratori, dopo la battaglia, a “organizzare la loro propria lotta”. Alcuni partecipanti ad Assemblee Generali Intercategoriali non sindacali (come quella della Stazione dell’est a Parigi) e dei militanti della CCI sono andati a questo “incontro nazionale”. Tutti hanno sottolineato la manipolazione sindacale, il blocco dei dibattiti e l’impossibilità di mettere in discussione il bilancio dell’azione dell’intersindacale. Il NPA (Nuovo Partito Anticapitalista) e Alternativa Libertaria (due gruppi gauchiste, l’uno ‘trotzkista’, l’altro ‘anarchico’), sembrano molto attivi in questo coordinamento nazionale.
6 novembre
Sono ormai otto mesi che questo tipo di manifestazioni si succedono l’una all’altra. Tuttavia più nessuno crede alla possibilità di un ritiro, anche parziale, dell’attacco. Lo prova la profondità della collera! I lavoratori non lottano più contro questo specifico attacco, ma per esprimere il loro malcontento generalizzato di fronte all’impoverimento.
10 novembre
La legge è votata e pubblicata. L’intersindacale chiama immediatamente a una nuova mobilitazione il … 23 novembre! E ancora, per essere sicura di sotterrare definitivamente questo movimento, l’intersindacale propone una giornata di “azioni multiformi”. Concretamente, non viene data nessuna indicazione nazionale. Ogni dipartimento, ogni sezione sindacale, ogni settore fa il “tipo di azione” che gli piace.
23 novembre
Manifestano solo poche migliaia di persone. A Parigi, i sindacati orchestrano una “azione simbolica”: fare più volte il giro del Palazzo Brongniard, sede della Borsa con lo slogan “Accerchiamo il capitale”. L’obiettivo è raggiunto: è un fiasco scoraggiante. Questa giornata è anche ribattezzata “la manifestazione per niente”. In queste condizioni, la presenza di 10.000 manifestanti a Tolosa denota che la collera comunque esiste, cosa che è promettente per l’avvenire e per le lotte future. La classe operaia non esce battuta, demoralizzata, spossata da questo lungo movimento. Al contrario, lo stato di spirito dominante sembra essere “vedremo la prossima volta”.
Conclusione
Questo movimento contro la riforma delle pensioni, con le sue manifestazioni di massa, è quindi finito. Ma il processo di riflessione, invece, non fa che cominciare.
In apparenza questa lotta è una sconfitta, il governo non ha fatto marcia indietro. Ma nei fatti è un passo avanti ulteriore della nostra classe. Le minoranze che sono sorte e che hanno provato a raggrupparsi, a discutere in AG intercategoriali o in assemblee popolari per strada, queste minoranze che hanno provato a prendere le lotte nelle loro mani, diffidando come della peste dei sindacati, rivelano la riflessione che matura in profondità in tutte le teste operaie.
Questa riflessione continuerà a fare la sua strada e porterà, alla fine, i suoi frutti.
Non vogliamo dire che si tratta di aspettare, a braccia incrociate, che il frutto maturo cada dall’albero. Tutti quelli che hanno coscienza che il futuro sarà fatto di ignobili attacchi del capitale, di una pauperizzazione crescente e di lotte necessarie, devono operare per preparare le lotte future. Dobbiamo continuare a dibattere, a discutere, a tirare le lezioni di questo movimento e a diffonderle il più rapidamente possibile. Quelli che hanno cominciato a tessere dei legami di fiducia e di fratellanza in questo movimento, nei cortei e nelle AG, devono continuare a vedersi (in Circoli di discussione, Comitati di lotta, Assemblee popolari o “luoghi di discussione” …), perché ci sono molte questioni aperte:
- Quale è il posto del “blocco della produzione” nella lotta di classe?
- Qual è la differenza tra la violenza dello Stato e quella dei lavoratori in lotta?
- Come far fronte alla repressione?
- Come prendere le lotte nelle nostre mani? Come dobbiamo organizzarci?
- Che cos’è una AG sindacale e una AG sovrana?
- ecc. ecc. ….
CCI (6 dicembre)
Annesso
Una parte di quelli che si riunivano nella AG “Gare de l’est – Ile de France”[3] (stazione ferroviaria di Parigi) continuano a riunirsi e cercano di tirare un bilancio generale del movimento. Hanno tra l’altro prodotto il testo che riproduciamo qui di seguito:
Loro preparano il 2012
Noi prepariamo lo sciopero di massa
Siamo lavoratori e precari della AG intercategoriale della Gare de l’est e IDF
Dall’inizio di settembre siamo stati in milioni a manifestare e a migliaia a scendere in sciopero a tempo indeterminato in certi settori (raffinerie, trasporti, scuola, licei,…) o a partecipare ai blocchi.
Noi avremmo “vinto la battaglia dell’opinione pubblica”
Il governo, da parte sua, ha vinto la battaglia delle pensioni
Oggi tutti ci dicono che la lotta è finita. Noi avremmo “vinto la battaglia dell’opinione pubblica”. Tutto sarebbe concluso e, rassegnati, non ci resterebbe che aspettare il 2012. Come se ora la sola soluzione fossero le elezioni. Non c’è bisogno di attendere il 2012 per “l’alternanza”. Oggi sono i partiti di sinistra che sferrano gli attacchi contro i lavoratori, in Grecia come in Spagna. Non ci possiamo aspettare niente di buono dalle elezioni.
La crisi del capitalismo è sempre là
Gli attacchi continuano e diventeranno più violenti
Dobbiamo prepararci fin da ora a far fronte ai prossimi attacchi e a quelli che proseguono come le migliaia di licenziamenti e le soppressioni di posti. L’attacco alle pensioni è solo l’albero che nasconde la foresta. Anche chiederne il ritiro non poteva essere che l’esigenza minima. Ma non avrebbe potuto bastare. Dall’inizio della crisi è questo governo al servizio del padronato che rovina le nostre condizioni di vita e di lavoro mentre regala miliardi di euro alla banche e alle imprese private.
Mentre centinaia di migliaia di lavoratori anziani sopravvivono con meno di 700 euro al mese, e centinaia di migliaia di giovani vivacchiano con il RSA[4], quando pure ce l’hanno, vista la mancanza di lavoro. Per milioni di noi il problema cruciale è già quello di poter mangiare, avere una casa, curarsi. Con l’aggravamento della crisi, quello che affligge la maggioranza di noi è la pauperizzazione.
Parlare in queste condizioni di “perennità delle pensioni” come fa l’intersindacale, mentre il capitalismo in piena putrefazione rimette in causa tutte le nostre condizioni di vita e di lavoro, significa disarmarci di fronte alla borghesia.
La classe capitalista fa una guerra sociale contro i lavoratori di tutti i paesi
E’ a scala internazionale che i capitalisti portano i loro attacchi contro le classi operaie. Sono i colossi finanziari e industriali (BNP, AXA, Renault,…) che ci spogliano e vogliono schiacciarci. In Grecia non ci sono quasi più rimborsi per le spese mediche. In Inghilterra ci sono più di 500.000 licenziamenti di impiegati pubblici. In Spagna si cancellano i contratti di lavoro.
Come noi, i lavoratori di Grecia, Spagna, Portogallo, sono confrontati agli stessi attacchi e lottano per difendersi, anche se non sempre si riesce a far retrocedere i nostri rispettivi governi e padronati.
Comunque siamo ancora in centinaia di migliaia a non accettare questi risultati e a conservare una profonda collera, una rivolta intatta. Perché siamo arrivati a questo? Perchè la nostra combattività e la nostra mobilitazione non hanno potuto piegare i padroni e il loro Stato?
Per far indietreggiare questo governo e i capitalisti, dobbiamo sviluppare una lotta di classe
Fin dall’inizio avremmo dovuto appoggiarci sui settori in sciopero e non limitare il movimento alla sola rivendicazione sulle pensioni mentre allo stesso tempo continuano i licenziamenti, le soppressioni di posti, la cancellazione dei servizi pubblici, le riduzioni di salario. E’ questo che avrebbe potuto permettere di spingere altri lavoratori nella lotta ed estendere il movimento di sciopero unificandolo.
Solo uno sciopero di massa che si organizza localmente e che si coordina a livello nazionale, attraverso comitati di sciopero, assemblee generali intercategoriali, comitati di lotta, per far sì che noi decidiamo da soli le rivendicazioni e i mezzi di azione che ci permettono di controllare il movimento, può avere una possibilità di vittoria.
Lasciare la direzione delle lotte all’intersindacale…
L’intersindacale non ha mai provato ad andare in questa direzione. Al contrario, ha convocato due nuove giornate di azione il 28 ottobre e il 6 novembre, mentre i settori in sciopero a tempo indeterminato cominciavano a mollare. Limitare il movimento di sciopero prolungato ad alcuni settori e alle sole pensioni non poteva che ostacolare il movimento di sciopero. Ecco perchè non siamo stati capaci di far indietreggiare il governo.
Potevamo aspettarci niente di diverso da uno Chérèque (CFDT) che difendeva i 42 anni di contributi, o ancora da un Thibault (CGT) che non ha mai richiesto il ritiro della legge? E non è certo il falso radicalismo di un Mailly (FO), che stringe la mano di Aubry nelle manifestazioni, mentre il PS votava i 42 anni di contributi, che apre un’altra prospettiva. Quanto a Solidaires/Sud-Rail, questo non proponeva che seguire la CGT. Nessuno tra questi voleva l’organizzazione indipendente dei lavoratori per poterci difendere e passare all’offensiva.
Così si sono messi alla testa delle lotte e hanno cavalcato il cavallo dello sciopero prolungato per non farsi scavalcare; in ogni caso nessuno di voleva far indietreggiare questo governo. Durante tutto il movimento l’intersindacale non ha cercato altro che di presentarsi come un interlocutore responsabile nei confronti del governo e del padronato, al fine di “far ascoltare il punto di vista delle organizzazioni sindacali nella prospettiva di definire un insieme di misure giuste ed efficaci per assicurare la perennità del sistema pensionistico per ripartizione” nel quadro “di un largo dibattito pubblico e una vera concertazione a monte”.
Ma che dialogo può avere l’intersindacale con questo governo che carica gli infermieri anestesisti, i liceali, sgombera i lavoratori dalle raffinerie ed espelle i Rom e i lavoratori senza permesso di soggiorno, se non per negoziare la ritirata come nel 2003, 2007 e 2009? Sono anni che hanno fatto la scelta di collaborare con il padronato e il loro Stato per gestire la crisi.
… significa finire alla mensa popolare
Impedire la miseria generalizzata in cui le classi dirigenti vogliono spingerci, dipende dalla nostra capacità a sviluppar una lotta di classe per riprenderci le ricchezze prodotte e i mezzi di produzione per soddisfare i bisogni di tutta la popolazione invece di quelli di una piccola minoranza.
Noi non dobbiamo esitare a rimettere in causa la proprietà privata delle industrie, della finanza e della grande proprietà finanziaria. Per impegnarci su questa strada non dobbiamo avere fiducia se non nella nostra forza. E certamente non nei partiti di sinistra (PS, PCF, PG…) che non hanno mai messo in discussione la proprietà privata e i cui omologhi sono quelli che portano attualmente gli attacchi contro i lavoratori in Spagna e in Grecia.
In questa lotta i lavoratori devono difendere gli interessi di tutti gli sfruttati, compreso i piccoli contadini, pescatori, piccoli artigiani, piccoli commercianti, che sono ridotti in miseria con la crisi del capitalismo. Che noi siamo salariati, disoccupati, precari, lavoratori con o senza permesso di soggiorno, sindacalizzati o non, e quale che sia la nostra nazionalità, siamo tutti nella stessa barca.
Nous ne devrons pas hésiter à remettre en cause la propriété privée industrielle, financière et la grande propriété foncière. Pour nous engager dans cette voie, nous ne devons avoir confiance que dans notre propre force. Et certainement pas dans les partis de la gauche (PS, PCF, PG…) qui n’ont jamais remis en cause la propriété privée et dont les homologues mènent actuellement l’offensive contre les travailleurs en Espagne et en Grèce.
Dans cette lutte, les travailleurs doivent défendre les intérêts de tous les exploités y compris les petits paysans, marins pêcheurs, petits artisans, petits commerçants, qui sont jetés dans la misère avec la crise du capitalisme. Que nous soyons salariés, chômeurs, précaires, travailleurs avec ou sans papiers, syndiqués ou non et ce cela quelque soit notre nationalité, nous sommes tous dans le même bateau.
[1] Leggere per esempio la testimonianza in lingua francese) di un nostro lettore che ha vissuto dall’interno le cariche e i colpi dei CRS.
[3] Per contatti scrivere a: [email protected]