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Durante il mese di gennaio si sono sviluppati numerosi scioperi e manifestazioni in Algeria[1]. Coscienti del “cattivo esempio” e della riflessione che questo avrebbe potuto suscitare in una parte del proletariato, dato che gli operai immigrati non avrebbero potuto non sentirsi legati a queste esperienze, la borghesia si è guardata bene da far sapere la cosa!
Le manifestazioni di disoccupati a Annaba (Algeria dell’est) e di proletari particolarmente poveri un po’ dappertutto, gli scioperi operai ad Oran, Mostaganem, Costantine e soprattutto nella periferia industriale di Algeri che è stata teatro di un’agitazione molto importante, ecco l’oggetto del black-out. In seguito all’accelerazione brutale della crisi economica, con l’inflazione e la caduta del potere d’acquisto, sotto i colpi dei diversi attacchi, la classe operaia, che era stata indebolita in questi ultimi anni, ha di nuovo alzato la testa! Un’ondata di collera montante in molte regioni e quartieri urbani, un mugugno che si è generalizzato in particolare nel cuore del settore industriale.
È soprattutto la zona di Rouiba (sobborgo industriale ad est di Algeri) con più di 50.000 lavoratori, che è stata localmente sotto le luci della ribalta. Qui nessuno ha dimenticato che è in questo calderone in ebollizione che ha avuto inizio nel 1988 “la sommossa del semolino”[2].
Ma contrariamente a quest’ultima che era stata la ribellione di una popolazione morta di fame, quella di strati non sfruttatori, questa volta abbiamo assistito ad una mobilizzazione più specifica del proletariato, con le sue proprie rivendicazioni, quelle che appartengono da sempre al movimento operaio: la lotta per i salari, per la difesa delle pensioni, contro i licenziamenti…
I lavoratori della SNVI (società nazionale dei veicoli industriali, ex-SONACOM) sono stati i primi a lanciarsi nella battaglia. Il governo aveva deciso a fine 2009 di sopprimere la possibilità per questi salariati di andare in pensione anticipata (misura in vigore dal 1998). In risposta, lo sciopero si è rapidamente esteso toccando sia le imprese del settore pubblico che quelle del privato e arrivando a più di 10.000 scioperanti. I salariati di Mobsco, di Cameg, Hydroaménagement, ENAD, Baticim e di altre imprese si sono quindi aggiunti alla lotta per solidarietà con i loro fratelli di classe. Gli operai si sono successivamente scontrati con ingenti forze di polizia anti-sommossa nel centro della città, dove li avevano trascinati i sindacati[3].
Parallelamente a queste lotte nella capitale, sullo fondo di incessanti e tumultuose rivolte di giovani senza lavoro, 7.200 operai del complesso siderurgico di Arcelor Mittal di El Hadjar, situato a Annaba (600 km ad est di Algeri), si sono messi in sciopero contro la programmata chiusura della cokeria e la soppressione di 320 posti di lavoro. Di fronte all’inasprimento di questo sciopero “generale-illimitato” ed alla determinazione degli operai, la direzione depositava un reclamo presso il governo per sospendere questo sciopero che giudicava “illegale”. Anche in questo caso il sindacato UGTA è stato un prezioso alleato nel sabotare il movimento chiamando gli operai a riprendere il lavoro ed accettare per oro colato la promessa della direzione di investire “per riabilitare la cokeria”. La realtà é che la ristrutturazione è inevitabile e l’idea di riabilitazione semplice polvere negli occhi. Ma questo il sindacato non poteva dirlo! Tutta quest’effervescenza sociale in Algeria degli ultimi tempi mostra sia l’emergere di una crescente combattività in alcune regioni del globo, sia il potenziale del proletariato mondiale.
WH (23 gennaio)
(da Revolution Internationale, n. 409)
[1] Le nostre fonti provengano da diversi siti internet: www.prs12.com/spip.php?article11934, www.mico.over-blog.org, www.afrik.com/greve-en-algerie-arcelormittal-contre-attaque e da informazioni prese da El Watan, giornale algerino in lingua francese.
[2] Rivolta scoppiata in reazione ad un brutale aumento del prezzo delle derrate di base la cui repressione da parte dell’esercito fece più di 500 morti (Vedi Revolution Internationale, n.314)
[3] In seguito a questi avvenimenti, scatenati dal nuovo accordo tripartito (governo-patronato-sindacato) che aveva ratificato questa nuova serie di attacchi, il dirigente del UGTA è stato trattato da “venduto”!