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Terremoti, tempeste, ondate di calore, inondazioni ... fare un elenco di tutti questi disastri è quasi impossibile. E la lista è già lunga anche per il 2011! È il caso dell’Australia, per esempio, con le due successive ondate di tempeste che hanno martoriato il paese il 13 e il 22 marzo 2010, distruggendo molte case e impianti elettrici. E ora dai primi di gennaio, il paese conosce la peggiore inondazione degli ultimi 40 anni, descritta come “biblica” da parte delle autorità australiane. Si parla di una trentina di morti, con una zona allagata più grande di Francia e Germania messe assieme. Anche in Brasile l’anno è iniziato con piogge torrenziali che hanno ucciso più di 250 persone in 2 giorni[1]!
Così, per citare solo le principali calamità del 2010:
- Il 12 gennaio 2010 ad Haiti, un terremoto di magnitudo 7.3 ha provocato 230.000 morti, 300.000 feriti e 1,2 milioni di senza tetto, seminando caos e malattie in un paese già afflitto da povertà[2].
- Il 27 febbraio infuria la tempesta Xynthia sulla costa atlantica della Francia, lasciando 47 morti e distruggendo numerose case. Anche due vittime in Portogallo e tre in Spagna.
- In Cile, lo stesso giorno, un terremoto di magnitudo 8,8 uccide 521 persone e distrugge quasi 500.000 case.
- Nel mese di giugno in Russia si verifica un’ondata di caldo senza precedenti, con 15.000 vittime e la devastazione di molte foreste e campi di grano.
- Il 4 settembre è tocca alla Nuova Zelanda subire un terremoto di una magnitudo simile a quella di Haiti (7.1) ma questa volta la normativa antisismica è servita a limitare a due feriti gravi il numero delle vittime.
Tutti questi eventi sono particolarmente tragici e non si può che deplorarne le terribili conseguenze. E noi esprimiamo tutta la nostra solidarietà alle vittime di queste catastrofi mortali. Tuttavia, se dei fenomeni “naturali”, che siano meteorologici, geologici o altro, ne sono spesso la causa, le conseguenze disastrose che portano questi eventi non hanno nulla di naturale o inevitabile. Come viene mostrato nel nostro articolo sulla tragedia di Haiti, sono sempre gli stessi a che pagare il prezzo più alto delle conseguenze dei disastri: la classe sfruttata e i più poveri. Ricordiamoci il cinismo con cui l’amministrazione Bush tardò a fornire assistenza alle persone di New Orleans dopo il passaggio dell’uragano Katrina nell’agosto 2005.
Purtroppo il bilancio del 2010 non si ferma qui. Il capitalismo è responsabile di altre due gravi catastrofi:
• L’esplosione della piattaforma petrolifera “Deepwater” nel Golfo del Messico, il 20 aprile, che ha causato una fuoriuscita di petrolio di proporzioni precedenti nella storia già “ricca” di inquinamento dovuto all’irresponsabilità delle compagnie petrolifere e degli Stati, produttori o meno, che traggono enormi benefici dall’oro nero. Per quasi cinque mesi 780 milioni di litri di petrolio si sono riversati nel Golfo, senza contare gli 11 lavoratori uccisi nell’esplosione[3].
• Poi, in ottobre, la rottura di una diga di un impianto di trattamento della bauxite vicino Ajka in Ungheria ha causato la peggiore catastrofe ecologica che questo paese abbia mai conosciuto facendo numerose vittime. 1,1 milioni di litri di rifiuti tossici (fanghi alcalini) sono finiti nel Marcal, trasformandolo in un fiume morto. “L’elevato tasso alcalino ha ucciso tutto”, si rammarica Tibor Dobson e continuando: “Tutti i pesci sono morti e non abbiamo potuto salvare neanche la vegetazione”[4].
Per questi veri e propri disastri ecologici e umani, i cui effetti sono ancora da venire, la causa non è, ovviamente, quello che la classe dirigente vorrebbe far passare per “malefatte” quasi inevitabili di “Madre Natura”. Quest’ultima è una vittima diretta delle conseguenze della corsa al profitto del capitalismo e delle contraddizioni sempre più mostruose che genera, e con essa i 6 miliardi di persone che abitano il pianeta. Oggi per la classe dominante non conta altro che la sopravvivenza del sistema capitalista, che si chiami “democrazia” o “dittatura”. Nessuna regione del mondo ne è immune, dalle più “ricche” alle più povere. A qualunque prezzo, l’importante è che il mostro faccia profitti, e quindi che produca, fino a vomitare la sua propria sovrapproduzione. Cosa importa la vita di quelli che producono: i lavoratori. Cosa importa la vita delle popolazioni colpite duramente da questo sistema decadente. Se non sono solvibili “che crepino!” Questo è il discorso chiaro e netto che fanno i nostri sfruttatori a microfono spento, quando non sono davanti alle telecamere, le loro lacrime di coccodrillo servono a mascherare, a mala pena, la loro avida cupidigia ed a completare i loro costumi da clown umanitari che usano per giustificare i più bassi appetiti[5].
Oggi il capitalismo stringe l’umanità nella sua morsa: da un lato, distrugge il pianeta per piegarlo alle leggi della concorrenza, il che fa aumentare le catastrofi naturali, e dall’altro, impoverisce la stragrande maggioranza degli sfruttati e ci rende tutti più vulnerabili. “I fenomeni naturali non dovrebbero essere che fenomeni, per quanto spettacolari possano essere. Ma resteranno catastrofi finché le leggi capitaliste governeranno il mondo”[6]
Maxim (18 gennaio)
(da Révolution Internationale, 419)
[1] da “www.lemonde.fr” del 14/01/2011. Il bilancio è di oltre 500 morti.
[2] “Terremoto ad Haiti: gli Stati capitalisti sono tutti sciacalli”, ICConline, https://it.internationalism.org/node/872 e “Epidemia di colera ad Haiti: la borghesia è una classe di assassini”, ICConline, https://it.internationalism.org/node/973.
[3]: “Marea nera nel Golfo del Messico: il capitalismo è una catastrofe”, https://it.internationalism.org/node/926, Rivoluzione Internazionale n.166
[4] Dichiarazione di Tibor Dobson, capo regionale dei servizi anti-calamità. Il suo staff aveva cercato di versare gesso e acido per ridurre il tasso alcalino del fiume Marcal. Ma invano.
[5] “Haiti, l’aiuto umanitario come alibi” Révolution Internationale n.409, https://fr.internationalism.org/ri409/en_haiti_l_humanitaire_comme_alibi.html
[6] Vedi il nostro articolo sull’ennesimo disastro “Coulées de boues en Amérique latine: le capitalisme est une catastrophe meurtrière permanente”, Révolution Internationale n.412, https://fr.internationalism.org/ri412/coulees_de_boues_en_amerique_latine_le_capitalisme_est_une_catastrophe_meurtriere_permanente.html