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Mercoledì 15 febbraio, la polizia ha represso i liceali e gli studenti che avevano bloccato la circolazione in via Xativa a Valencia in occasione della manifestazione contro i tagli di bilancio. Un giovane minatore è stato fermato. Da allora sono seguite manifestazioni ed assembramenti e lo Stato ha risposto con una vera e propria escalation della repressione: 17 persone fermate e trattate in modo umiliante, in particolare le ragazze, insultate rudemente, trascinate per terra … Quelli che si sono raggruppati di fronte al palazzo di polizia di Zapadores sono state vittime di una trappola e sono stati schedati uno ad uno.
Di fronte a tali atti, vogliamo esprimere la nostra solidarietà con tutti gli imprigionati, il nostro sostegno a tutte le manifestazioni di solidarietà che ci sono state, come pure all’atteggiamento degli abitanti della zona di Zapadores che “hanno dimostrato il loro sostegno a quelli che si erano raggruppati lasciando scivolare dai loro balconi delle bottiglie d’acqua ed altre bevande rinfrescanti, cosa che ha provocato gli applausi dei dimostranti”[1].
Perché usare una repressione così brutale contro dei giovani liceali?
Una prima pista è che questi metodi sono stati usati in modo reiterato in altri paesi per affrontare le proteste sociali di massa: si può dunque dire che i governanti spagnoli seguono l’esempio. In Francia, in occasione delle manifestazioni contro la riforma delle pensioni, la polizia ha teso una trappola a 600 giovani a Lione, schedandoli uno ad uno come oggi a Valencia. Ed è la stessa cosa che il governo di Cameron ha fatto in Trafalgar Square, a Londra, in occasione delle mobilizzazioni contro l’aumento delle tasse d’iscrizione all’università. L’obiettivo perseguito è prendere i giovani come testa di ponte per lanciare un avvertimento ai tanti dimostranti che occupano le strade. Ecco quello che cercano di fare anche a Valencia. Non possono permettersi di affrontare migliaia di dimostranti e quindi scelgono qualche centinaia di giovani.
Una seconda pista - che completa la prima - è volerci trascinare in una specie di spirale di azione e reazione, con arresti continui, mobilizzazioni, ancora arresti, in modo che il movimento finisca per esaurirsi e che lo scopo centrale, la lotta contro i tagli e la riforma del lavoro, passi in secondo piano. In Grecia, il governo “socialista” di Papandreu ha usato a profusione questi metodi, non esitando ad utilizzare dei poliziotti provocatori per fare atti di vandalismo che, a loro volta, servivano a giustificare le cariche della polizia e gli arresti in massa.
Un altro obiettivo è quello di creare un clima di tensione che ci spinga a dare risposte improvvisate ed incoscienti. E così, grazie al clima fomentato dal potere e la sua polizia, l’occupazione aperta a tutti i lavoratori, agli studenti, di TUTTI I SETTORI, prevista per il lunedì 20 febbraio, ha dovuto essere annullata.
Infine, uno degli obiettivi della repressione è legato alle tradizioni della destra spagnola. Questa si è distinta storicamente per la sua arroganza provocatrice e la sua brutalità repressiva. L’attuale governo di destra si crogiola senza il minimo scrupolo in quest’atteggiamento e si potrebbe dire che se ne compiace. Tutto ciò fa perfettamente comodo allo Stato ed al capitale spagnolo, preso nel suo insieme, per dirottarci verso la difesa della democrazia – che sarebbe minacciata da questa destra - e verso una lotta per alternative meno “repressive e più sociali”, mentre la sola soluzione è quella di lottare contro il capitalismo in tutte le sue forme e tutte le sue colorazioni politiche.
Le trappole politiche che bisogna evitare
Un giovane, dinanzi allo scatenarsi della repressione di Valencia, gridava: “E’ qui è la Siria!”.
Ed aveva ragione su un punto: lo Stato – che sia democratico o apertamente dittatoriale come quello della cricca di Al-Assad - non esita neanche un attimo ad applicare una repressione brutale quando sono in gioco gli interessi della classe capitalista. Tuttavia esiste una differenza tra lo Stato democratico e lo Stato dittatoriale. Il primo è capace di usare la repressione con intelligenza politica, assestando dei colpi ma accompagnati da manovre politiche per deviare, dividere e smobilitare. Questo lo rende più cinico e pericoloso, perché una repressione accompagnata da manovre di divisione e trappole politiche ed ideologiche, fa molto più male di una repressione dura e cruda.
La trappola che consiste nel mostrare la repressione come se fosse una peculiarità esclusiva della destra ha il grande vantaggio di rendere presentabile lo Stato e quello che c’è dietro, il capitale e la borghesia. Non c’è forse una continuità tra quello che ha fatto il governo del PSOE (come tagli sociali e repressione) e quello che sta facendo il governo attuale? Osservando il resto del mondo, non constatiamo forse che, indipendentemente dal tipo di governo, le cose non fanno che peggiorare?
La trappola che consiste nell’accanirsi sui giovani, cosa di per sé abietta, ha lo scopo di creare una rottura tra le generazioni, dividerle, ed a questo si sono prestati alcuni rappresentanti politici e sindacali dicendo, con tono paternalistico, che i giovani “si sono lasciati trascinare dalla passione” o che “nelle proteste hanno fatto di testa loro”.
La trappola si completa con gli “alternativi” della “fedele” opposizione (il PSOE, Izquierda Unida, etc.) che deplorano questa “repressione sproporzionata”. In altre parole questi signori propongono una repressione “proporzionata”, “controllata”, che nei fatti è un modo di legittimare la repressione. In più, hanno chiesto le dimissioni del Delegato del Governo (centrale) facendo credere così che mettendo un altro burocrate al suo posto, non ci sarebbe più repressione o almeno sarebbe più “morbida”.
Bisogna rigettare queste trappole!
Non si può rispondere alla repressione con delle “richieste di dimissioni” di questo o quel rappresentante, né reclamando “più democrazia”. Tanto meno “moderando” le rivendicazioni, facendo delle concessioni. Tutto questo non fa che rendere lo Stato ancora più determinato e più forte.
Di fronte alla repressione, bisogna rispondere rendendo le manifestazioni, i raggruppamenti e le assemblee ancora più di massa. Bisogna andare verso un’assemblea generale di lavoratori, studenti, disoccupati, che chieda il sostegno ai lavoratori del resto della Spagna, degli altri paesi, che rivendichi il ritiro della Riforma del lavoro e l’annullamento dei tagli, rigettando al tempo stesso le azioni della polizia e chiedendo la liberazione immediata di tutti i prigionieri.
Dobbiamo mobilitarci tutti, giovani e meno giovani, disoccupati e attivi, dipendenti del pubblico e del privato, tutte le generazioni insieme. La sola possibilità che abbiamo di farli retrocedere sta in un’azione congiunta, di massa e solidale. Sappiamo bene, tuttavia, che qualsiasi arretramento che riusciremo ad imporre sarà soltanto temporaneo perché il potere ritornerà alla carica con nuove teste e nuovi metodi. Abbiamo visto che si è cambiato il PSOE con il PP, il quale ha continuato a colpire ancora ed ancora, come si è visto in Grecia dove il Partito cosiddetto socialista è stato sostituito da un governo di Unione nazionale, che comprende dei neofascisti.
Di fronte a tutto ciò, potremo avanzare verso una soluzione dei problemi molto gravi che ci assillano, solo se la nostra lotta prenderà il cammino della trasformazione rivoluzionaria di questa società.
Accion Proletaria (19 febbraio)