Decomposizione

L'impossibile unità europea

L'Europa Unita, capace di eliminare le frontiere nazionali per cui sono caduti milioni di uomini nell'ultimo secolo, è davvero a portata di mano, come suggeriscono i vari movimenti europeisti? Il trattato di Maastricht appena andato in vigore cambierà davvero qualcosa? Lo spettacolo pietoso dei paesi CEE incapaci perfino di trovare una soluzione unitaria per il caos jugoslavo (che pure è alle porte dell'Europa) la dice lunga sulla natura utopica di un simile progetto.

Conflitti imperialisti. Tutti contro tutti

L'anarchia ed il caos che caretterizzano oggi i rapporti tra le frazioni della borghesia, in particolare a livello internazionale, non sono solo il risultato del terremoto, costituito dal crollo del blocco dell'Est. Questo disfacimento ancora in corso, come mostrano i recenti eventi nella regione caucasica, non è - esso stesso - che una manifestazione di una realtà più profonda, la stessa realtà che spiega la guerra nella ex-Yugoslavia o i 900.000 ruandesi che marciscono nei campi profughi nello Zaire: la decadenza avanzata del capitalismo, la sua decomposizione come sistema storico.

Conflitti imperialisti. Trionfo del "ciascuno per sé" e crisi della leadership americana

Dopo i bombardamenti israeliani nel sud Libano della scorsa primavera le tensioni interimperialiste in Medio Oriente sono andate crescendo Ancora una volta tutti i discorsi dei difensori della borghesia sull’avvento di una pretesa “era di pace” in questa regione che è una delle principali polveriere imperialiste del pianeta vengono smentite. Questa zona, che per quaranta anni è stata un obiettivo di primo piano per i due vecchi blocchi, è oggi al centro della lotta accanita tra le grandi potenze imperialiste che compongono l’ex blocco occidentale. Dietro questo rinnovarsi delle tensioni imperialiste c’è fondamentalmente la crescente contestazione verso la prima potenza mondiale in una delle sue principali riserve di caccia, contestazione che guadagna anche i suoi alleati e luogotenenti più vicini.

Massacri in Cecenia: ipocrisia e complicità nella barbarie capitalista

Le guerre si susseguono alle guerre. Dopo il Kosovo, Timor Est. Dopo Timor Est, la Cecenia. Tutti rivaleggiano nell’orrore e nei massacri. Il conflitto tra l’esercito russo e le milizie cecene è particolarmente sanguinario e tragico per la popolazione della Cecenia. “L’ultimo bilancio da parte cecena è di 15.000 morti; 38.000 feriti ; 22.000 rifugiati; 124 villaggi completamente distrutti; ai quali si aggiungono 280 villaggi distrutti all’80%. Dicono che 14.500 bambini sono mutilati e 20.000 orfani” (The Guardian, 20/12/99).

La perdita di coerenza della borghesia italiana di fronte alle difficoltà del periodo

La storia della Repubblica italiana è stata certamente costellata da una miriade di colpi di scena parlamentari e politici, con crisi governative e relative cadute degli esecutivi. Ma oggi assistiamo a qualcosa di nuovo: gli ultimi governi non arrivano neanche a formarsi che già devono far fronte a una serie di turbolenze interne che li rendono fragili e deboli, turbolenze spesso causate non tanto dall’opposizione o “dalla piazza”, quanto dalle stesse componenti della maggioranza.

a 15 anni dl crollo del blocco dell'est, un'era di guerra e di caos

L'anno 1989 vede il crollo del blocco sovietico. Quest'avvenimento, frutto in primo luogo della crisi economica mondiale del capitale, avrà subito delle ripercussioni di notevole importanza sulla vita e lo sviluppo del capitalismo. La classe operaia deve ricordare che in quel periodo tutti i leader della borghesia mondiale promettevano una nuova epoca: "Un'era di pace e di stabilità". Secondo costoro il crollo dello stalinismo avrebbe significato la fine della barbarie. Invece, la sanguinosa evoluzione della realtà ha dimostrato molto presto proprio il contrario. Fin dall'inizio degli anni 1990, la barbarie si installava come un dato permanente nella vita della società, diffondendosi all'insieme del pianeta, colpendo in modo sempre più cieco, estendendosi progressivamente alle grandi metropoli capitaliste.

Per costruire l’avvenire, è necessario abbattere il capitalismo.

L’anno 2005 era cominciato già sotto i peggiori auspici: col sentimento di orrore provocato dalle devastazioni dello tsunami nel Sud-est asiatico che aveva provocato più di 300.000 morti. Esso si conclude con una doppia  minaccia ancora più pesante di conseguenze: l’inquinamento delle acque in seguito all’esplosione di una fabbrica chimica che mette a repentaglio la vita di più di 5 milioni di persone in Cina ed in Russia ed il rischio di propagazione di un nuovo flagello, l’influenza aviaria, su qualsiasi angolo del pianeta, col flusso migratorio degli uccelli nella primavera prossima.

I gruppi proletari di fronte alla tentazione delle violenze nelle banlieue francesi

I moti in Francia nella lettura dei gruppi politici proletari

 

Con questo articolo torniamo ancora una volta sui moti in Francia che si sono sviluppati tra la fine di ottobre e il mese di novembre 2005 perché, oltre a esprimere il nostro punto di vista sugli avvenimenti (1), ci preme intervenire criticamente nei confronti di alcune analisi sbagliate che, seppure espresse in buona fede, finiscono per seminare confusione tra le giovani generazioni alla ricerca di una chiarezza politica. A tale proposito siamo già intervenuti nei confronti del BIPR per mettere in evidenza la doppiezza del suo intervento, che si è espressa con il fatto che tale organizzazione ha presentato due analisi del tutto diverse nei due paesi principali in cui è presente, l’Italia e l’Inghilterra (2). Con il presente articolo torniamo dunque sull’argomento per mostrare le debolezze che si sono mostrate nell’analisi di questi moti, debolezze che si sono propagate fin dentro lo stesso campo politico proletario. Come abbiamo detto durante gli scontri, “gli atti di violenza ed i saccheggi che vengono commessi, notte dopo notte, nei quartieri poveri, non hanno niente a che vedere, né da vicino né da lontano con una lotta della classe operaia (…) Quello che sta avvenendo in questo momento in Francia non ha niente a che vedere con la violenza proletaria contro la classe sfruttatrice: le principali vittime delle violenze attuali sono gli operai. E, al di là di quelli che subiscono direttamente le conseguenze dei danni provocati, è l’insieme della classe operaia del paese che è toccata: la campagna mediatica intorno agli avvenimenti attuali maschera di fatto tutti gli attacchi che la borghesia scatena in questo momento anche contro i proletari, così come le lotte che questi cercano di condurre per farvi fronte.

 

60° anniversario dalla liberazione dei campi di concentramento, dei bombardamenti di Dresda, d’Hiroshima...

Barbarie capitalista e manipolazioni ideologiche

L'anno 2005 è ricco di macabri anniversari. La borghesia ha celebrato uno di essi, la liberazione nel gennaio 1945 dei campi di concentramento nazisti, con un fasto che ha superato le cerimonie del suo cinquantenario. Nessuna meraviglia, dal momento che l'esibizione dei mostruosi crimini del campo uscito vinto dalla Seconda Guerra mondiale ha, da sessant' anni, costituito il mezzo più sicuro per assolvere gli Alleati dai crimini contro l'umanità commessi anche da loro, durante e dopo la Seconda Guerra mondiale, e di presentare i valori democratici come garanti della civiltà di fronte alla barbarie. Per ragioni simili possiamo aspettarci che l'anniversario della capitolazione della Germania nel maggio 1945 rivesta egualmente un'ampiezza particolare. La Seconda Guerra mondiale, proprio come la prima, è stata una guerra imperialista, che ha messo alle corde i briganti imperialisti, e l'ecatombe di cui è stata responsabile (50 milioni di morti) ha confermato drammaticamente il fallimento del capitalismo.

 

 

Francia: la borghesia utilizza gli scontri nelle periferie contro la classe operaia

Dopo il volantino che abbiamo pubblicato l’8 novembre scorso (1) sul nostro sito web, l’articolo che segue insiste sulla trappola costituita dagli scontri avvenuti nelle periferie francesi per la classe operaia di tutto il mondo. Questa insistenza non è affatto superflua visto che dobbiamo purtroppo segnalare come molti compagni siano rimasti affascinati dalle fiamme dei roghi e dall’uso della violenza, quasi fossero questi degli obiettivi in sé della lotta.

Iraq, Giordania: l’estensione di una situazione di caos sempre più incontrollabile

Sono ormai più di due anni che l’esercito americano ha preso il controllo dell’Iraq. E sono ugualmente più di due anni che il caos si sviluppa implacabilmente su tutto il paese. Circa 120.000 morti nella popolazione, 2000 soldati americani uccisi e 18.000 feriti, senza contare le distruzioni di abitazioni o di edifici pubblici: l’Iraq conosce una delle peggiori situazioni della sua storia, dopo la II Guerra mondiale e la guerra contro l’Iran. Ma, oltre alle devastazioni che si abbattono sugli Iracheni, questa guerra ha per effetto di attizzare ulteriormente le tensioni imperialiste di piccoli e grandi paesi, ed è l’insieme del Medio e vicino Oriente che è entrato irrimediabilmente in un periodo di instabilità più esplosiva che mai. Il triplo attentato di Amman in Giordania, che era stata finora risparmiata, ha segnato in maniera chiara la dinamica attuale di estensione di questa instabilità.

Tumulti nelle periferie francesi: di fronte alla disperazione, solo la lotta di classe porta all’avvenire

Più di 6000 veicoli bruciati: vetture, autobus, camion dei pompieri; dozzine di fabbricati incendiati: magazzini, empori, laboratori, palestre, scuole, asili nido; più di mille arresti e già oltre un centinaio di condanne al carcere emesse; diverse centinaia di feriti: manifestanti, ma anche poliziotti e decine di pompieri; colpi di arma da fuoco sparati sulla polizia. Ogni notte, a partire dal 27 ottobre, sono centinaia i comuni che sono toccati da questo fenomeno in tutte le regioni del paese. Comuni e quartieri tra i più poveri, dove si ammassano, in delle sinistre torri, milioni di operai con le loro famiglie, in gran parte originari del Maghreb o dell’Africa nera.

 

Uragano Katrina: il capitalismo è il responsabile della catastrofe sociale

La catastrofe che ha colpito il sud degli Stati Uniti e particolarmente la città di New Orleans non è, contrariamente a ciò che ci ripetono i media della borghesia, una conseguenza dell'irresponsabilità del presidente Bush e della sua amministrazione. Questa propaganda antiamericana, particolarmente diffusa in questa occasione dai media in Europa per screditare il potere degli Stati Uniti, nasconde in realtà agli occhi del proletariato il reale responsabile delle conseguenze drammatiche del passaggio del ciclone Katrina. Gli sconvolgimenti climatici, provocati in grande parte dall'effetto serra, sono i prodotti di un'economia capitalista la cui unica ragion d’essere è il profitto. Questi squilibri ambientali rendono necessariamente le "catastrofi naturali" molto più numerose ed immensamente più distruttrici che in passato. L'assenza di mezzi di soccorso, di attrezzature specializzate, di strumenti sanitari è inoltre l'espressione diretta del fallimento del capitalismo.

‘Dirigenti del mondo’, ‘terroristi internazionali’: sono tutti responsabili del massacro dei lavoratori!

Chi sono le prime vittime degli attentati terroristici nel centro di Londra il 7 luglio 2005? Come a New York nel 2001 ed a Madrid nel 2004, le bombe miravano deliberatamente agli operai, alle persone che si ammucchiano nelle metropolitane e negli autobus per andare al lavoro. Al Qaeda che rivendica la responsabilità di questi massacri, dice che ha voluto vendicare "i massacri perpetrati in Iraq dall'esercito britannico”. Ma il macello senza fine che subisce la popolazione irachena, non è colpa della classe lavoratrice della Gran Bretagna; sono le classi dominanti della Gran Bretagna, dell'America ad essere responsabili

Iraq: la barbarie senza fine

In Iraq si succedono attentati dopo attentati. La morte falcia le vittime a dozzine. L’esercito americano conta fino ad oggi 1276 morti (dei quali più di 100 nell’ultimo mese) e 9765 feriti. L’assalto su Falluja ha fatto almeno 2000 vittime tra i ribelli. Nessun bilancio è stato reso noto circa le dozzine di migliaia di abitanti intrappolati negli scontri che non erano potuti scappare. Il bilancio della guerra è di minimo 15.000 vittime. Una rivista medica inglese avanza un bilancio realistico di almeno 100.000 morti!

Maremoto: la vera catastrofe sociale è il capitalismo

L'anno 2004 si è concluso con un'immensa tragedia umana in Asia del sud. Un sisma di una violenza eccezionale ha provocato un maremoto nell'oceano indiano che ha devastato non meno di dodici paesi rivieraschi. In alcune ore, alcuni tsunami hanno provocato più di 160.000 morti, decine di migliaia di dispersi, centinaia di migliaia di feriti, cinque milioni di sfollati. Questo spaventoso bilancio è purtroppo provvisorio perché numerose zone, in particolare dell'Indonesia, della Tailandia o dello Sri Lanka, non sono accessibili poiché l'insieme della rete stradale è stato distrutto.

L’Europa: alleanza economica e campo di manovra per le rivalità imperialiste

Ormai da quasi mezzo secolo la classe dominante parla di costruire l’Europa. L’introduzione di una moneta comune – l’euro – è stata presentata come un primo passo fondamentale verso la costruzione degli Stati Uniti d’Europa. Questo processo è a quanto pare ben avviato se si ritiene di allargare l’Unione Europea da 15 a 25 paesi dal primo maggio 2004, mentre l’obiettivo di redigere una costituzione europea è già in atto.

Riuscirà davvero la classe dominante ad andare oltre il limite dell’idea di nazione?

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