Il 2014 è l’anno delle commemorazioni ufficiali della Prima Guerra mondiale.
I portavoce della classe dirigente, i politici e i professori, la televisione e i giornali, hanno dato le loro spiegazioni sul conflitto e sui motivi della sua fine. Tutti si sono rammaricati per le morti di questa guerra, auspicando che una tale tragedia non si riproduca. Ma tutto questo è solamente la ripugnante ipocrisia di una classe il cui sistema che ci ha portato gli orrori di questa guerra e di tutte quelle che da allora hanno devastato il mondo.
I rivoluzionari hanno il proprio metodo per spiegare le tragedie dell’ultimo secolo.
Nel 1914 l’umanità era di fronte ad un’alternativa: Rivoluzione o guerra, Socialismo o barbarie. E oggi si trova di fronte alla stessa alternativa.
1914: le grandi potenze arruolano le masse. La propaganda di tutti gli Stati belligeranti proclama: il vostro paese ha bisogno di voi. Battersi per la patria. Difendere la civiltà contro la barbarie dell’altro campo. Ma come la rivoluzionaria tedesca Rosa Luxemburg diceva nella Junius brochure, scritto in prigione nel 1915: questa guerra è la barbarie. Non è una guerra per mettere fine alle guerre, ma esprime la fine definitiva dell’utilità del capitalismo per l’umanità. Se gli sfruttati e gli oppressi di tutti i paesi non si uniscono contro gli sfruttatori ed i mercanti d’armi in tutti i paesi, questa guerra sarà solamente il preludio a massacri ancora più terribili.
1917-19: vittime di massacri inutili nelle trincee, della fame e dell’intensificazione dello sfruttamento nelle retrovie, i lavoratori dei due campi si ribellano contro la guerra. Soldati e marinai si ammutinano e fraternizzano, i lavoratori organizzano manifestazioni e scioperi di massa. La rivoluzione esplode in Russia quando i soviet - consigli rivoluzionari di delegati dei lavoratori, dei soldati e dei contadini - prendono il potere. Esplode in Germania quando i marinai di Kiel rifiutano di sacrificarsi per lo sforzo bellico e in tutto il paese si formano consigli di operai e di soldati. Le classi dirigenti che fino a ieri si sgozzavano a vicenda, ora si uniscono per mettere precipitosamente fine alla guerra. Ma l’ondata rivoluzionaria prosegue di fronte alla miseria del dopoguerra, dando luogo ad altri scioperi in massa e sollevamenti, da Clydeside a Seattle, dall’Ungheria al Brasile.
1920-27: la sconfitta e la controrivoluzione. I rivoluzionari russi sapevano che se la rivoluzione non si fosse estesa nel mondo sarebbero stati condannati alla sconfitta. Nonostante lo sviluppo mondiale della lotta di classe e la fondazione dell’Internazionale comunista, i lavoratori non riescono a prendere il potere in alcun’altra parte nel mondo. Esaurita dalla guerra civile, nella quale le forze controrivoluzionarie sono state sostenute dalle grandi potenze, la classe operaia in Russia perde la sua presa sul potere e una nuova burocrazia emerge sulle ceneri della rivoluzione. Stalin proclama “il socialismo in un solo paese” nel 1924: non un programma per la rivoluzione mondiale, ma per il capitalismo di Stato russo. Nel 1927 in Cina, i comunisti che avevano preso parte all’insurrezione di Shanghai vengono decapitati nelle strade dai loro sedicenti “alleati”, i nazionalisti. In Germania, il partito socialdemocratico, diventato un partito del sistema, utilizzerà le forze dell’estrema destra come truppe d’assalto contro la rivoluzione. L’estrema destra incarnata da Hitler si appresta allora a finire il lavoro.
1929: la Grande depressione. La chiusura delle fabbriche e i milioni di lavoratori gettati in strada provano, ancora una volta, l’assurdità e l’obsolescenza del capitalismo. È una crisi di sovrapproduzione, una crisi della domanda mentre potenzialmente esiste l’abbondanza. Ma la classe operaia è stata vinta e non può rispondere alla crisi con la rivoluzione.
1936: Hitler e Stalin dirigono dei regimi che si basano sui campi di concentramento e le prigioni, e su di un’economia orientata verso la guerra. Le “democrazie” ostacolano loro il passo. La marcia verso una nuova guerra mondiale è aperta e fondamentalmente sarà una ripetizione della Prima. In Spagna, la classe operaia mantiene la sua combattività. Ma dopo aver fatto fallire il colpo di Stato franchista nel luglio 1936 con i propri metodi di lotta - scioperi e fraternizzazione con le truppe- viene reclutata nel fronte antifascista che subordina gli interessi della classe operaia all’interesse nazionale. La Spagna diventa un campo di battaglia tra i blocchi imperialisti, una prova generale per la Seconda Guerra mondiale.
1939-45: malgrado tutti i nuovi slogan di adunata ideologica – l’antifascismo, la difesa della democrazia o della “patria socialista”- la Seconda Guerra mondiale supera di molto la Prima in quanto a barbarie. Dal lato fascista, il culmine è lo sterminio industriale nei campi di concentramento. Ma il fungo atomico su Hiroshima e Nagasaki mostra che gli alleati “democratici” non sono da meno nel liquidare milioni di vite innocenti.
1945-68: Un pugno di internazionalisti condanna la guerra come espressione di una nuova divisione del globo, e mentre questa sta per finire, esplodono rivolte sporadiche della classe operaia. Ma l’ombra della sconfitta è ancora troppo potente e, prima ancora della fine della Seconda Guerra mondiale, prendono forma i contorni per un terzo conflitto. L’URSS, ieri alleata contro il fascismo, diventa il nuovo nemico totalitario. Si formano due enormi blocchi imperialistici che si affrontano attraverso l’interposizione di guerre per procura: Corea, Medio Oriente, India e Pakistan, Cuba, Vietnam...
1968-89: la riorganizzazione dell’economia mondiale durante e dopo la guerra permette al capitalismo di uscire dalla depressione e, nonostante la persistenza della povertà nel mondo “sottosviluppato”, i paesi centrali conoscono un periodo di crescita e di prosperità. Ma la tregua è solamente temporanea. Alla fine degli anni 60 appaiono i segni di una nuova crisi economica sotto forma di un’inflazione galoppante e, nel 1973, di una nuova recessione mondiale. Questa volta, tuttavia, una nuova generazione della classe operaia comincia a rispondere alla crisi: 10 milioni di scioperanti in Francia nel 1968, “l’autunno caldo” in Italia nel 1969, lo sciopero dei minatori in Gran Bretagna nel 1972 e 1974. Questi focolai di rivolta, e altri ancora, smentiscono gli ideologi che avevano proclamato che la classe operaia si era integrata alla società dei consumi. La classe operaia non solo è viva, ma il suo rifiuto di ubbidire ai diktat dell’economia nazionale significa anche che il capitalismo non ha carta bianca per intensificare i suoi scontri imperialisti fino a una nuova guerra mondiale.
1989-2014: che questo è un problema per la classe dirigente è illustrato chiaramente dal crollo dell’URSS e del blocco russo. Gli scioperi di massa degli operai polacchi negli anni 80 indicano che i dirigenti di questo blocco, se avessero tentato di rispondere alle loro profonde difficoltà economiche lanciando una nuova offensiva imperialistica, non avrebbero potuto contare sul sostegno della classe operaia. Con la scomparsa de “l’Impero del male” dell’Est, George Bush padre dichiara l’avvento di un nuovo ordine mondiale di pace e prosperità. Quasi immediatamente dopo, le guerre nel Golfo e nell’ex Jugoslavia dimostrano che gli scontri imperialisti non sono spariti, ma hanno preso una forma nuova, più caotica, al di fuori dalla disciplina dei vecchi blocchi. Il continente africano e il Medio Oriente diventano oggetto di tutta una serie di battaglie sanguinose. Quanto alla prosperità, la “crisi del debito” del 2008 mette in luce il carattere artificiale della precedente fase di “crescita”. Dagli anni 30 il capitalismo reagisce alla malattia della sovrapproduzione usando la medicina del debito, ma oggi la cura mostra che è pericolosa tanto quanto la malattia. E durante questo periodo, il capitalismo folle ha bisogno di crescere, costi quel che costi e qualunque sia il risultato di un metodo che porta in sé una nuova espressione del suo impasse storico, vale a dire la crisi ecologica. L’inquinamento e la distruzione dell’ambiente, il cambiamento climatico cominciano a produrre una serie di catastrofi che sono solo un assaggio di ciò che può prodursi se si permette all’accumulazione capitalista di proseguire.
Il capitalismo si decompone sotto i nostri occhi. La classe operaia non è stata in grado di sviluppare le sue lotte, dal periodo 1968 – 1989, verso una messa in discussione cosciente del modo di produzione capitalista e deve far fronte al pericolo di essere travolta nel pantano di un ordine sociale in avanzato stato di decadenza - nella sua guerra di gang, nella sua disperazione, nella sua irrazionalità e nella sua dinamica verso l’autodistruzione. Ma la voce del proletariato non è stata ridotta al silenzio. Un sentimento crescente di indignazione contro un sistema che non offre alcun avvenire, ha spinto milioni di giovani nelle strade in Tunisia, Egitto, Grecia, Israele, Spagna, Gran Bretagna, Stati Uniti, Turchia e Brasile. Ci sono stati enormi scioperi di lavoratori in Bangladesh ed in Cina contro lo sfruttamento spietato che esige il “capitalismo globalizzato”. In Africa meridionale la repressione del governo contro i minatori di Marikana smentisce tutti i discorsi sulla “nuova Africa del Sud” fatti dopo il regime dell’apartheid. La classe operaia è più globale che mai e anche se non riesce facilmente a ricuperare la sua identità di classe e la fiducia nelle proprie capacità, la dinamica delle sue lotte continua a contenere la possibilità di rispondere alla barbarie del capitalismo con la prospettiva del socialismo, della rivoluzione comunista che sostituirà il dominio del capitale e del suo Stato con una nuova comunità umana a livello mondiale.
L’esplosione della guerra il 4 agosto 1914 non fu una sorpresa per le popolazioni europee e soprattutto per gli operai. È già dall’inizio del secolo che si succedono crisi, quelle marocchine del 1905 e 1911 e le guerre balcaniche del 1912 e 1913, per citare le più gravi. Queste crisi mettono direttamente le grandi potenze le une di fronte alle altre, lanciandosi tutte in una corsa sfrenata agli armamenti: la Germania inizia un enorme programma di costruzione navale al quale inevitabilmente deve rispondere la Gran Bretagna. La Francia introduce il servizio militare di tre anni e finanzia attraverso enormi prestiti l'ammodernamento delle ferrovie russe destinate ad istradare le truppe verso la frontiera con la Germania, ed anche per ammodernare l'esercito serbo. La Russia, dopo la debacle del conflitto russo-giapponese del 1905, dà il via ad un programma di riforme delle forze armate. Contrariamente a ciò che oggi ci dice la propaganda sulle origini della guerra, questa è stata preparata volontariamente e soprattutto voluta da tutte le classi dominanti delle grandi potenze.
Nessuna sorpresa dunque, ma per la classe operaia fu uno shock terribile. Per due volte, a Stoccarda nel 1907 ed a Basilea nel 1912, i partiti socialisti fratelli della Seconda Internazionale hanno preso impegni solenni nel difendere i principi internazionalisti, rifiutare il reclutamento degli operai nella guerra e resistere con ogni mezzo a quest'ultima. Il congresso di Stoccarda adotta un emendamento di risoluzione proposta dalla sinistra - Lenin e Rosa Luxemburg: "Se la guerra dovesse scoppiare [i partiti socialisti] hanno il dovere di intervenire per farla cessare subito utilizzando con tutte le loro forze la crisi economica e politica, prodotta dalla guerra, per agitare gli strati popolari più profondi ed affrettare la caduta del dominio capitalista". Jean Jaurès, il grande tribuno del socialismo francese, dichiara allo stesso congresso che "L'azione parlamentare non basta più in nessuno campo.... I nostri avversari sono spaventati davanti alle immense forze del proletariato. Noi che abbiamo proclamato così orgogliosamente il fallimento della borghesia, non permettiamo che la borghesia possa parlare del fallimento dell'Internazionale." Al congresso del Partito socialista francese, a Parigi nel luglio 1914, Jaurès fa adottare la formulazione secondo la quale "Il congresso considera come particolarmente efficace lo sciopero generale operaio, organizzato simultaneamente ed internazionalmente nei paesi interessati, così come l'agitazione e l'azione popolare sotto le forme più attive, tra tutti i mezzi adoperati per fare propaganda ed impedire la guerra."
E tuttavia, nell'agosto 1914, l'Internazionale crolla o meglio si smembra, nel momento in cui tutti i partiti che essa raggruppa (ad eccezioni di alcuni onorabili, come i Russi o i Serbi) tradiscono l'internazionalismo proletario, il suo principio fondatore, in nome della difesa della "patria in pericolo" e della "cultura". Ed ogni borghesia, mentre si prepara a gettare nel macello milioni di vite umane, si presenta come il massimo della civiltà e della cultura, mentre il nemico è solamente una bestia assetata di sangue responsabile delle peggiori atrocità...
Come è stata possibile una tale catastrofe? Come hanno potuto quelli che qualche mese, addirittura alcuni giorni prima, avevano minacciato la borghesia sulle conseguenze della guerra per il suo dominio, ad unirsi senza resistenza alla sacra unione col nemico di classe - il Burgfriedenpolitik secondo il termine tedesco?
Di tutti i partiti dell'Internazionale, è sul Sozialdemokratische Partei Deutschlands, il Partito socialdemocratico tedesco (SPD) che ricade la maggiore responsabilità. Ma ciò non discolpa affatto gli altri partiti, ed in particolare il partito francese. Allora il partito tedesco era il più bel fiore dell'Internazionale, il gioiello fabbricato dal proletariato. Con più di un milione di membri e più di 90 pubblicazioni regolari, l’SPD era il più forte e meglio organizzato partito dell'Internazionale. Sul piano intellettuale e teorico, era il riferimento di tutto il movimento operaio: gli articoli pubblicati nella sua rivista teorica, la Neue Zeit, danno il "la" sul piano della teoria marxista, e Karl Kautsky, redattore capo della Neue Zeit, è spesso considerato come il "papa del marxismo". Come scrive Rosa Luxemburg: "al prezzo di sacrifici innumerevoli, attraverso un lavoro scrupoloso ed infaticabile, [la socialdemocrazia tedesca] ha gettato le basi di una potentissima esemplare organizzazione, ha prodotto la stampa più numerosa, ha dato vita ai più efficaci mezzi di informazione e di istruzione, ha raccolto intorno a sé considerevoli masse di elettori ed ha ottenuto il più grande numero di seggi di deputati. La socialdemocrazia tedesca fu la più pura incarnazione del socialismo marxista. Essa ebbe e reclamò per sé una posizione particolare come maestra e guida della Seconda Internationale" (Opuscolo di Junius).
L’SPD è il modello che tutti gli altri cercano di imitare, non risparmiando gli stessi bolscevichi di Russia. "Nella Seconda Internazionale, il "gruppo d'assalto" tedesco aveva un ruolo preponderante. Durante i congressi, durante le sessioni dell’Ufficio Internazionale Socialista, tutti aspettavano l'opinione dei tedeschi. In particolare proprio sulla questione della lotta contro il militarismo e contro la guerra, la socialdemocrazia tedesca interveniva sempre in modo decisivo. ‘Per noi tedeschi questo è inaccettabile’ e questo bastava in genere a decidere l'orientamento dell'Internazionale. Con una fiducia cieca, quest'ultima si affidò alla guida della potente e tanto ammirata socialdemocrazia tedesca: era l'orgoglio di ogni socialista ed il terrore delle classi dominanti in tutti i paesi" (Opuscolo di Junius). Spettava dunque al partito tedesco attuare gli impegni di Stoccarda e lanciare la resistenza alla guerra.
E tuttavia, il giorno fatidico del 4 agosto 1914, l’SPD si unisce ai partiti borghesi del Reichstag votando i crediti di guerra. Dall’oggi al domani, la classe operaia in tutti i paesi belligeranti si trova disarmata e senza organizzazione, i suoi partiti politici ed i suoi sindacati sono passati alla borghesia e oramai sono i principali organizzatori non della resistenza alla guerra ma, al contrario, della militarizzazione della società in vista della guerra.
Oggi, la leggenda vuole che gli operai abbiano aderito alla guerra, come il resto della popolazione, attraverso un'immensa ondata di slancio patriottico, ed i media amano mostrarci immagini di truppe che partono al fronte con il fiore nel fucile. Come molte leggende, questa ha poco a che vedere con la realtà. Certamente non sono mancate manifestazioni di isteria nazionalista ma quest’ultime erano essenzialmente della piccola borghesia e dei giovani studenti indottrinati di patriottismo. Di contro, nel luglio 1914, in Francia ed in Germania, a centinaia di migliaia gli operai manifestavano contro la guerra e saranno ridotti all'impotenza dal tradimento delle loro organizzazioni.
Sicuramente, il tradimento dell’SPD non è avvenuto dall'oggi al domani: era preparato da lunga data. La potenza elettorale dell’SPD ha nascosto un'impotenza politica, o meglio è proprio la potenza elettorale dell’SPD e la potenza organizzativa sindacale tedesca che hanno ridotto l’SPD all'impotenza in quanto partito rivoluzionario. Il lungo periodo di prosperità economica e di relativa libertà politica che segue l'abbandono delle leggi antisocialiste e la legalizzazione dei partiti socialisti in Germania, a partire dal 1891, finisce per convincere i dirigenti parlamentari e sindacali che il capitalismo è entrato in una nuova fase dove ha superato le sue contraddizioni interne, al punto che l'avvento del socialismo non si farebbe più attraverso un sollevamento rivoluzionario delle masse, ma attraverso un processo graduale di riforme parlamentari. Vincere alle elezioni diventerà così lo scopo principale dell'attività politica dell’SPD, per cui il gruppo parlamentare acquisterà un peso sempre più preponderante in seno al partito. Il problema, nonostante le riunioni e le manifestazioni operaie all'epoca delle campagne elettorali, è che la classe operaia non partecipa alle elezioni in quanto classe ma in quanto individui isolati, in compagnia di altri individui che appartengono ad altre classi – con i cui pregiudizi non bisogna scontrarsi. Così, all'epoca delle elezioni del 1907, il governo imperiale del Kaiser conduce una campagna in favore di una politica coloniale aggressiva e l’SPD - che si era opposto fino ad allora alle avventure militari - subisce importanti perdite numeriche di seggi al Reichstag. I dirigenti dell’SPD e soprattutto il gruppo parlamentare, traggono la conclusione che non bisogna scontrarsi direttamente con le sensibilità patriottiche. Per tale motivo, l’SPD resisterà a tutti i tentativi in seno alla Seconda Internazionale, ed in particolare al Congresso di Copenaghen nel 1910, per discutere delle misure precise da adottare contro la guerra nel caso questa esplodesse.
Evolvendosi in un mondo borghese, i dirigenti e l'apparato dell’SPD acquisiscono sempre più il suo stato d’animo. La foga rivoluzionaria, che ha permesso ai loro predecessori di denunciare la guerra franco-prussiana nel 1870, si smorza presso i dirigenti, peggio ancora, essa è vista come pericolosa perché espone il partito alla repressione. In fin dei conti, nel 1914, dietro la sua imponente facciata, l’SPD è diventato solo "un partito radicale come gli altri". Il partito adotta il punto di vista della sua borghesia, vota i crediti di guerra e solo una piccola minoranza di sinistra resta ferma nel tentativo di resistere al crollo. Questa minoranza, espulsa, incarcerata, perseguitata, sarà all'origine del gruppo Spartakus che si isserà alla testa della rivoluzione tedesca nel 1919 e fonderà la sezione tedesca della nuova Internazionale, il KPD (Partito Comunista Tedesco).
Risulta quasi banale dire che viviamo sempre all'ombra della guerra del 14-18. Essa rappresenta il momento in cui il capitalismo ha conquistato e dominato tutto il pianeta, integrando l'insieme dell'umanità in un solo mercato mondiale, questo mercato mondiale che era ed è l'oggetto di tutte le brame dei potenti. A partire dal 1914, l'imperialismo, il militarismo dominerà la produzione e la guerra diventerà mondiale e permanente. Da allora, il capitalismo minaccia di portare tutta l'umanità alla sua scomparsa!
Lo sviluppo della Prima Guerra mondiale non era inevitabile. Se l'Internazionale avesse mantenuto i suoi impegni, forse non avrebbe potuto impedire la guerra, ma avrebbe potuto animare la resistenza operaia, che comunque c'è stata, darle una direzione politica e rivoluzionaria, aprendo così la via, per la prima volta nella storia, alla possibilità di creare una comunità planetaria, senza classi e senza sfruttamento, mettendo fine alla miseria ed alle atrocità che un capitalismo imperialistico e decadente infligge da allora alla specie umana. Non si tratta di un pio desiderio illusorio; al contrario la rivoluzione russa ha dato prova che la rivoluzione non era, e non è, solamente necessaria, ma anche possibile. Perché è stato proprio questo straordinario assalto al cielo da parte delle masse, questo immenso slancio proletario che ha fatto tremare la borghesia internazionale e l'ha costretta a fermare prematuramente la guerra. Guerra o rivoluzione, barbarie o socialismo, 1914 o 1917... : non potrebbe essere più chiara l'unica alternativa che ha l'umanità!
Gli scettici arguiranno che la rivoluzione russa è rimasta isolata ed è affondata per opera della controrivoluzione stalinista e aggiungeranno che al 14-18 ha fatto seguito il 39-45. Ciò è perfettamente vero. Ma per non trarre false conclusioni bisogna comprenderne le cause, chiedersi il perché e non accontentarsi di ingoiare senza profferire parola la costante e permanente propaganda ufficiale. Nel 1917, l'ondata rivoluzionaria internazionale è esordita in un contesto in cui lo sfaldamento sulla guerra era ancora profondamente radicato. Queste difficoltà hanno prodotto un'eterogeneità nelle fila del proletariato che è stata sfruttata dalla classe dominante per sconfiggere la classe operaia. Disorientato e diviso il proletariato in realtà non ha potuto unificarsi in un vasto movimento internazionale. È rimasto diviso tra i campi dei "vincitori" e dei "vinti". In tal modo è stato possibile annientare gli eroici assalti rivoluzionari, come quello del 1919 in Germania, schiacciati nel sangue, principalmente grazie all'intervento del grande partito operaio traditore, la socialdemocrazia. L'isolamento ha permesso poi alla reazione internazionale di completare il suo crimine, sconfiggere la Rivoluzione russa e preparare la seconda grande macelleria mondiale, che non fa che convalidare che l'unica alternativa storica che abbiamo è "socialismo o barbarie!"
Jens, 30 giugno 2014
Quella che iniziò nell'agosto 1914, oggi la chiamano ancora la "Grande Guerra". Tuttavia la Seconda guerra mondiale fece più del doppio delle vittime. Per non parlare delle guerre senza fine che, dal 1945, hanno provocato più morti ed ancor maggiori distruzioni.
Per comprendere perché la guerra del 14-18 resta sempre "La Grande Guerra", basta visitare un qualsivoglia villaggio in Francia, anche il più isolato, perduto nelle praterie alpine: là su marmi commemorativi troviamo i nomi di intere famiglie - fratelli, padri, zii, figli. Questi muti testimoni dell'orrore si trovano non solo nelle città ed i villaggi delle nazioni belligeranti europee, ma persino all'altra estremità del mondo: nella piccola frazione di Ross sull'isola australiana della Tasmania, il cui memoriale porta i nomi di 16 morti e di 44 superstiti, caduti probabilmente durante la campagna di Gallipoli.
Per due generazioni dopo la fine della guerra 1914-1918 sono stati sinonimi di un’insensata carneficina, dovuta alla cieca e precipitosa stupidità di una casta aristocratica dominante, all'avidità senza limiti degli imperialisti, di profittatori di guerra e fabbricanti di armi. Malgrado tutte le cerimonie ufficiali, tutte le corone d’alloro deposte davanti ai monumenti ai caduti, il portare simbolico di papaveri all'occhiello il giorno della commemorazione annuale, questa visione della Prima Guerra mondiale è stata trasmessa nella cultura popolare delle nazioni belligeranti. In Francia, il romanzo autobiografico di Gabriele Chevalier, La Paura, pubblicato nel 1930, ha conosciuto un successo così enorme da provocare il divieto del libro da parte delle autorità. Nel 1937, il film contro la guerra di Jean Renoir, La Grande Illusione, venne proiettato senza interruzioni al cinema Marivaux dalle ore 10 fino alle 2 del mattino, battendo tutti i record di incasso; a New York, il cartellone che lo pubblicizzava è stato affisso per 36 settimane[1].
Nella Germania degli anni ‘20, i disegni satirici di George Grosz mandavano su tutte le furie i generali, i politici e quelli che avevano approfittato della guerra. Il libro di Remarque Niente di nuovo sul fronte orientale (Im Westen Nichts Neues) fu pubblicato nel 1929: 18 mesi dopo la sua pubblicazione, erano stati venduti 2,5 milioni di esemplari tradotti in 22 lingue; la versione cinematografica degli Universal Studios nel 1930 conobbe un altisonante successo negli Stati Uniti, dove guadagnò l'Oscar come miglior film[2].
Disgregandosi, l'impero austro-ungarico lasciò al mondo uno dei più grandi romanzi contro la guerra: Il buon soldato Chweik (Osudy dobrélo vojáka Švejk za sv?tové války) di Jaroslav Hašek, pubblicato nel 1923 e da allora tradotto in 58 lingue - più di ogni altra opera in lingua ceca.
Il disgusto provocato dalla memoria della Prima Guerra mondiale è sopravvissuto al bagno di sangue ancora più terribile della Seconda. Paragonata agli orrori di Auschwitz e di Hiroshima, la barbarie del militarismo prussiano e dell'oppressione zarista - per non parlare del colonialismo francese o britannico - che erano serviti da giustificazione alla guerra del 1914, sembravano quasi insignificanti ed è per tale motivo che il massacro nelle trincee sembrava ancora più assurdo e mostruoso: in tal modo era possibile presentare la Seconda Guerra mondiale come una guerra se non "buona", almeno "giusta" e necessaria. Questa contraddizione non è da nessuna parte più flagrante che in Gran Bretagna, dove tutta una serie di film che esaltano la "giusta causa" nel puro stile patriottico (Dambusters nel 1955, 633 Squadron nel 1964, ecc.) hanno occupato gli schermi cinematografici durante gli anni ‘50 e ‘60, mentre allo stesso tempo gli scritti anti-guerra dei "poeti della guerra" Wilfred Owen, Siegfried Sassoon, e Robert Graves hanno fatto parte del corso scolastico obbligatorio per i collegiali[3]. Probabilmente la più grande opera di Benjamin Britten, il più celebre compositore britannico del ventesimo secolo, è il suo Requiem di Guerra (1961) che mette in musica la poesia di Owen, mentre l'anno 1969 ha visto l'uscita di due film molto differenti: nel genere patriottico Battle of Britain, e la satira pungente Oh What a Lovely War! che esprime in musica una denuncia della Prima Guerra mondiale servendosi delle canzoni create dai soldati nelle trincee.
Due generazioni dopo, ci troviamo alla vigilia del 100mo anniversario dello scoppio della guerra, il 4 agosto 1914. Considerando l'importanza degli anniversari a cifra tonda ed ancora più se centenari, grandi preparativi sono in corso per commemorare ("festeggiare" non è una parola conveniente) la guerra. In Francia ed in Grande Bretagna, sono stati assegnati budget di parecchie decine di milioni in euro o in sterline; in Germania, per evidenti ragioni, i preparativi sono più discreti e non hanno ricevuto la benedizione governativa[4].
"Chi paga i violini, sceglie la musica": allora che ci guadagnano le classi dominanti in cambio delle decine di milioni che hanno speso per "commemorare la Guerra”?
Se guardiamo i siti web degli organismi responsabili della commemorazione (in Francia, un organismo speciale è stato creato dal governo; in Gran Bretagna - in modo abbastanza appropriato – è toccato all'Imperial War Museum), la risposta sembra abbastanza chiara: acquistano una delle più costose cortine di fumo ideologiche della storia. In Gran Bretagna, l'Imperial War Museum si dà per compito di raccogliere le storie degli individui che hanno vissuto la guerra per trasformarle in podcast[5]. Il sito web del Centenary Project (1914.org) ci propone avvenimenti di un'importanza tanto cruciale quanto l'esibizione del revolver utilizzato durante la Guerra da JRR Tolkien (senza scherzo - si suppone che lo scopo sia di cavalcare la cresta dell'onda sul successo dei film "Il Signore degli Anelli" tratto dai libri di cui Tolkien è stato l'autore); la commemorazione di un drammaturgo del Surrey, la colletta per il Museo dei Trasporti di Londra della ''storia degli autobus durante la Grande Guerra” (no, ma veramente!); a Nottingham "un grande programma di avvenimenti e di attività (...) metterà in luce come il conflitto catalizzò degli immensi cambiamenti sociali ed economici nelle comunità del Nottinghamshire". La BBC ha prodotto un "documentario innovativo": "La Prima Guerra mondiale vista dall'alto" con foto e film eseguiti a partire dai palloni sonda dell'artiglieria. Si renderà omaggio ai pacifisti per le commemorazioni sugli obiettori di coscienza. Insomma, saremo annegati in un oceano di futilità. Secondo il Direttore Generale dell'Imperial War Museum, la "nostra ambizione è che molte più persone comprenderanno che voi non potete comprendere il mondo di oggi senza comprendere le cause, il corso, e le conseguenze della Prima Guerra mondiale"[6] e noi siamo d'accordo al 100% con questo. Ma in realtà, tutto è fatto - compreso da parte dell'onorabile Direttore Generale - per impedirci di comprendere le sue vere cause e le sue reali conseguenze.
In Francia, il sito del centenario mostra il Rapporto ufficiale del Presidente della Repubblica per commemorare la Grande Guerra, datato settembre 2011[7] , e che comincia con queste parole del discorso del Generale de Gaulle all'epoca del cinquantenario della guerra nel 1964: "Il 2 agosto 1914, giorno della mobilitazione, tutto il popolo francese si levò all’unisono in piedi. E ciò non era mai accaduto in precedenza. Tutte le regioni, tutte le località, tutte le categorie, tutte le famiglie, tutte le anime, si trovarono subito in accordo. In un istante, si cancellarono le molteplici liti, politiche, sociali, religiose che tenevano il paese diviso. Da un estremo all'altro del suolo nazionale, le parole, i canti, le lacrime e, soprattutto, i silenzi non espressero che una sola risoluzione". Nello stesso rapporto leggiamo che "Se susciterà lo spavento dei contemporanei di fronte alla morte di massa ed agli immensi sacrifici consentiti, il Centenario darà anche un brivido alla società francese, ricordando l'unità e la coesione nazionale mostrata dai francesi nella prova della Prima Guerra mondiale." E' poco probabile dunque che la borghesia francese ci parlerà della brutale repressione poliziesca delle manifestazioni operaie contro la guerra del luglio 1914, né del notorio Carnet B (l'elenco del governo dei militanti anti-militaristi socialisti e sindacalisti da arrestare ed internare o mandare al fronte fin dallo scoppio della guerra - i britannici intanto facevano la stessa cosa), ed ancora meno delle circostanze dell'assassinio del dirigente socialista anti-guerra Jean Jaurès alla vigilia del conflitto, o degli ammutinamenti nelle trincee[8]...
Come sempre, i propagandisti possono contare sul sostegno di dotti Signori universitari per fornirsi di materiale per i loro documentari ed interviste. Prenderemo qui un solo esempio che ci sembra emblematico: The Sleepwalkers, dello storico Christopher Clark dell'università di Cambridge, pubblicato nel 2012 e poi nel 2013 in versione tascabile, e già tradotto in francese (Les Somnambules) (I SonnambuIi) ed in tedesco (Die Schlafwandler)[9]. Clark è un empirista senza complessi, la sua introduzione annuncia chiaramente la sua intenzione: "Questo libro (…) tratta meno del perché la guerra abbia avuto luogo che di come è arrivata. Le domande del perché e del come sono inseparabili nella logica, ma ci conducono in direzioni differenti. La questione del come ci invita a guardare attentamente le sequenze di interazioni che hanno prodotto certi risultati. La questione del perché, invece, ci invita a partire dalla ricerca di cause lontane e categoriche: l'imperialismo, il nazionalismo, gli armamenti, le alleanze, la finanza, le idee di onore nazionale, i meccanismi della mobilitazione"[10]. Ciò che manca nell'elenco di Clark è, evidentemente, il capitalismo. Non è che a generare le guerre sia proprio il capitalismo? E che la guerra più che "la politica attraverso altri mezzi", per riprendere la nota espressione di von Clausewitz, non sia piuttosto l'espressione estrema della concorrenza inerente al modo di produzione capitalista? Ma certo che no, neanche per sogno! Clark, dunque, si impegna a consegnarci "i fatti" sulla strada della guerra, ciò che fa con immensa erudizione e nel minimo dettaglio, fino al colore delle piume di struzzo sul casco di Franz-Ferdinando il giorno del suo assassinio (erano verdi). Se qualcuno, quel giorno, si fosse preso la briga di annotare il colore delle mutandine del suo assassino, Gavrilo Princip, ci sarebbe anche questo nel libro.
La lunghezza del libro, la sua padronanza del dettaglio, rende un'omissione tanto più importante. Malgrado il fatto che dedica intere sezioni alla questione della "opinione pubblica", Clark non ha assolutamente niente da dire a proposito della sola parte della "opinione pubblica" veramente importante: la posizione adottata dalla classe operaia organizzata. Clark cita a lungo giornali come il Manchester Guardian, il Daily Mail, o Le Matin, e molti altri caduti da tempo in un oblio ben meritato, ma non cita neanche una sola volta né il Vorwärts, né L'Humanité (i giornali rispettivamente dei partiti socialisti tedesco e francese), né Vie Ouvrière, l'organo semi-ufficiale della CGT francese[11], né La Bataille Syndicaliste. Non erano pubblicazioni minori! Il Vorwärts non era che uno tra i 91 quotidiani del SPD con una diffusione totale di 1,5 milione di esemplari (a titolo di paragone, il Daily Mail rivendicava una diffusione di 900.000 copie)[12], e lo stesso SPD era il più grande dei partiti politici tedeschi. Clark menziona il congresso di Iena del 1905 dove il SPD si rifiutò di chiamare allo sciopero generale in caso di guerra, ma non c'è una parola sulle risoluzioni contro la guerra adottate ai congressi dell'Internazionale Socialista a Stoccarda (1907) ed a Basilea (1912). Il solo dirigente del SPD a meritare di trovarsi nel libro è Alberto Südekum, un personaggio relativamente minore alla destra del SPD il cui ruolo di comparsa rassicurò il cancelliere tedesco Bethmann-Hollweg il 28 luglio, sottolineando che il SPD non si sarebbe opposto ad una guerra "difensiva".
Sulla lotta tra sinistra e destra nel movimento socialista e più largamente operaio, è il silenzio. A proposito della battaglia politica di Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht, Anton Pannekoek, Herman Gorter, Domela Nieuwenhuis, John MacLean, Vladimir Ilyich Lenin, Pierre Monatte, e tanti altri, è ancora il silenzio. A proposito dell'assassinio di Jean Jaurès, sempre silenzio, nient’altro che silenzio...
Evidentemente, i proletari non possono contare sulla storiografia borghese per comprendere veramente le cause della Grande Guerra. Rivolgiamoci quindi piuttosto verso due militanti notevoli della classe operaia: Rosa Luxemburg, sicuramente la più grande teorica della Socialdemocrazia tedesca, ed Alfred Rosmer, un fedele militante della CGT francese dell’anteguerra. In particolare, ci soffermeremo su La Crisi nella Socialdemocrazia di Rosa Luxemburg (meglio conosciuta con il nome di Brochure di Junius[13]) ed Il movimento operaio durante la Prima Guerra mondiale[14]. Le due opere sono molto differenti: l'opuscolo della Luxemburg fu scritto in prigione nel 1916 (non beneficiò di alcuno accesso privilegiato alle biblioteche ed archivi governativi, ma la potenza e la chiarezza della sua analisi sono estremamente sorprendenti); il primo capitolo[15] dell'opera di Rosmer, dove tratta del periodo che condusse alla guerra, fu pubblicato nel 1936 ed è al tempo stesso il frutto della sua devozione scrupolosa alla verità storica e della sua difesa appassionata dei principi internazionalisti.
Potrebbero chiederci se tutto ciò ha veramente importanza. Da ben molto tempo il mondo è cambiato, che cosa possiamo veramente apprendere da questi scritti di un'altra epoca?
Risponderemmo che comprendere la Prima Guerra mondiale è primordiale per tre ragioni.
Innanzitutto, perché la Prima Guerra ha aperto una nuova epoca: viviamo ancora in un mondo formato dalle conseguenze di questa guerra.
Poi, perché le reali cause della guerra sono sempre presenti ed operative: c'è un parallelo, se vogliamo dirla fino in fondo, tra l'ascesa della nuova potenza tedesca prima del 1914 e l'ascesa della Cina oggi.
Infine - ed è forse l’aspetto più importante perché è questo che i propagandisti governativi e gli storici agli ordini della borghesia vogliono soprattutto nasconderci - non c'è che una sola forza capace di mettere fine alla guerra imperialista: la classe operaia mondiale. Come dice Rosmer: "i governi sanno bene che non possono lanciarsi nella pericolosa avventura che è la guerra - e soprattutto questa guerra - che a condizione di avere dietro di loro la quasi unanimità dell'opinione pubblica e, in particolare, della classe operaia; per ciò, bisogna ingannarla, abbindolarla, smarrirla, eccitarla"[16]. Luxemburg cita la frase di von Bülow, che diceva che era essenzialmente per timore della socialdemocrazia che ci si sforzava per quanto possibile di differire ogni guerra; cita anche il Vom Heutigen Krieg del Generale Bernhardi: "Se grandi masse scappano al controllo dell'alto comando, se sono prese dal panico, se l'intendenza fallisce su grande scala, se lo spirito di insubordinazione si impossessa delle truppe, in questo caso, tali masse non solo non sono più capaci di resistere al nemico, ma diventano un pericolo per loro stesse e per il comando dell'esercito; fanno saltare i legami della disciplina, turbano arbitrariamente il corso delle operazioni e pongono così l'alto comando davanti a dei compiti che non è in grado di compiere". E Luxemburg continua: "Politici borghesi ed esperti militari consideravano dunque la guerra moderna condotta con gli eserciti di massa come un 'gioco rischioso', ed era là la ragione essenziale che poteva fare esitare i padroni attuali dal poter scatenare la guerra e portarli a fare tutto affinché si concludesse velocemente nel caso esplodesse. L'atteggiamento della socialdemocrazia durante la guerra attuale ha dissipato le loro inquietudini, ha abbattuto le sole dighe che si opponevano al torrente scatenato del militarismo (...) E così, queste migliaia di vittime che cadono da mesi coprendo con i loro corpi i campi di battaglia, li abbiamo sulla coscienza"[17].
Lo scoppio di una guerra imperialista mondiale e generalizzata (non parliamo qui dei conflitti localizzati, e nemmeno di alcuni maggiori come le guerre di Corea o del Vietnam) è determinato da due forze che si affrontano: la spinta verso la guerra, verso una nuova divisione del mondo tra le grandi potenze imperialiste, e la lotta per la difesa della propria esistenza delle masse lavoratrici che devono fornire al tempo stesso carne da cannone e l'esercito industriale, senza di cui la guerra moderna è impossibile. La Crisi nella Socialdemocrazia, e soprattutto nella sua frazione più potente, la socialdemocrazia tedesca - una crisi che è passata sistematicamente sotto silenzio dagli storici universitari agli ordini della borghesia - è dunque il fattore critico che ha reso la guerra possibile nel 1914.
Vi ritorneremo con maggiori dettagli in un prossimo articolo, ma qui ci proponiamo di riprendere l'analisi della Luxemburg sulle rivalità ed alleanze che hanno spinto inesorabilmente le grandi potenze verso il bagno di sangue del 1914.
"Due linee di forza della più recente evoluzione storica conducono dritto alla guerra attuale. Una prende origine dal periodo della costituzione degli "Stati nazionali", degli Stati capitalisti moderni; essa ha per punto di partenza la guerra di Bismarck contro la Francia. La guerra del 1870 che, a seguito dell'annessione dell'Alsazia-Lorena, aveva gettato la Repubblica francese nelle braccia della Russia, provocato la scissione dell'Europa in due campi nemici ed inaugurato l'era della pazza corsa agli armamenti, ha attizzato il primo braciere mondiale attuale (…) Così, la guerra del 1870 ha avuto come conseguenze: in politica estera, di portare il raggruppamento politico dell'Europa intorno all'asse formato dalla contrapposizione franco-tedesca; e nella vita dei popoli europei, di assicurare il dominio formale del militarismo. Tuttavia, questo dominio e questo raggruppamento hanno dato poi all'evoluzione storica un tutt’altro contenuto.
La seconda linea di forza che sfocia sulla guerra attuale e conferma clamorosamente la predizione di Marx[18] deriva da un fenomeno a carattere internazionale che Marx non ha potuto conoscere: lo sviluppo imperialistico di questi ultimi venticinque anni"[19].
Gli ultimi trent’anni del diciannovesimo secolo hanno visto dunque un'espansione veloce del capitalismo attraverso il mondo, ma anche la nascita di un capitalismo nuovo, dinamico, in espansione e pieno di fiducia, nel cuore stesso dell'Europa: l'impero tedesco, dichiarato nel palazzo di Versailles nel 1871 dopo la disfatta francese all'epoca della guerra franco-prussiana, con cui la Prussia è entrata come una potenza maggiore tra una molteplicità di principati e di piccoli Stati tedeschi, distinguendosi come componente dominante di una Germania nuova ed unificata.
"(…) si poteva prevedere", continua Luxemburg, "dal momento che questo giovane imperialismo, pieno di forza, che non era disturbato da nessun tipo di ostacolo, e che fece la sua apparizione sulla scena mondiale con degli appetiti mostruosi, mentre il mondo era già per così dire ripartito, sarebbe diventato molto rapidamente il fattore imprevedibile dell'agitazione generale"[20].
Per certe bizzarrie della storia che ci permettono di prendere una sola data come simbolo di una modificazione della dinamica della storia, l'anno 1898 fu testimone di tre avvenimenti che segnarono un tale cambiamento.
Il primo fu "l'incidente di Fascioda", uno scontro tra le truppe francesi e britanniche per il controllo del Sudan. All'epoca, sembrava esserci un vero pericolo di guerra tra questi due paesi per il controllo dell'Egitto e del canale di Suez, così come per il dominio dell'Africa. Alla fine, l'incidente si concluse con un miglioramento dei rapporti franco-britannici, formalizzati nel 1904 con "l'intesa Cordiale", una tendenza contrassegnata da una Gran Bretagna sempre più impegnata a sostenere la Francia contro una Germania che entrambe vedevano come una minaccia. Le due "Crisi marocchine" del 1905 e 1911[21] mostrarono che d'ora in poi la Gran Bretagna si sarebbe opposta alle ambizioni tedesche in Africa settentrionale, tuttavia, essa era pronta a lasciare alcune briciole alla Germania: i possedimenti coloniali del Portogallo.
Il secondo avvenimento fu la presa da parte della Germania del porto cinese di Tsingtao, oggi Qingdao[22], e ciò annunciava l'arrivo della Germania sulla scena imperialista in quanto potenza dalle aspirazioni mondiali e non più solamente europee - una Weltpolitik, come all'epoca si diceva in Germania.
È dunque opportunamente che l'anno 1898 veda anche la morte di Ottone di Bismarck, il grande cancelliere che aveva guidato la Germania attraverso la sua unificazione e la sua industrializzazione veloce. Bismarck si era sempre opposto al colonialismo ed alla costruzione navale, perchè la sua principale preoccupazione sul piano della politica estera era di impedire la nascita di un'alleanza anti-germanica tra le altre potenze gelose - o inquiete - di fronte all'ascesa della Germania. Ma alla svolta del secolo, la Germania era diventata una potenza industriale di prim'ordine, superata solo dagli Stati Uniti, con le ambizioni mondiali che ne conseguivano. Luxemburg cita il ministro degli Affari Esteri di allora, von Bülow, in un discorso dell'11 dicembre 1899: "Se gli inglesi parlano di una Gran Bretagna, se i francesi parlano di una Nuova Francia, se i Russi guardano verso l'Asia, da parte nostra abbiamo la pretesa di creare una Grösseres Deutschland (Grande Germania).... Se noi non costruiremo una flotta capace di difendere il nostro commercio, i nostri compatrioti all'estero, le nostre missioni e la sicurezza delle nostre coste, metteremo in pericolo i più vitali interessi del paese. Nei secoli a venire, il popolo tedesco sarà il martello o l'incudine". E la Luxemburg osserva: "Se si eliminano i fiori della retorica della difesa delle coste, delle missioni e del commercio, resta questo programma lapidario: per una più Grande Germania, una politica del martello a riguardo degli altri popoli"[23].
All'inizio del ventesimo secolo, darsi una Weltpolitik esigeva una marina all'altezza delle sue ambizioni. Luxemburg mostra con molta chiarezza che la Germania non aveva alcun bisogno economico impellente di una marina: nessuno sarebbe andato a strapparle i suoi possedimenti in Africa o in Cina. La marina era soprattutto una questione di "reputazione": per potere continuare la sua espansione la Germania doveva essere vista come una potenza importante, una potenza con la quale bisognava fare i conti, e per ciò una "flotta offensiva di prima qualità" ne era la premessa. Nelle parole indimenticabili della Luxemburg, quest'ultima era "una provocazione che aveva per bersaglio non solo la classe operaia tedesca, ma anche tutti gli altri Stati capitalisti, un pugno brandito non verso uno Stato in particolare, ma verso tutti gli Stati".
Il parallelo tra l'ascesa della Germania alla svolta tra 19° e 20° sec., e quello della Cina cent’anni più tardi, è evidente. Come quella di Bismarck, la politica estera di Deng Xiaoping si è sforzata di non inquietare né i vicini della Cina, né la potenza egemonica mondiale, gli Stati Uniti. Ma con la sua ascesa allo statuto di seconda potenza economica mondiale, la "reputazione" della Cina esige che essa possa, almeno, controllare le sue frontiere e proteggere le sue vie marittime: da qui il suo programma di costruzione navale, con sottomarini e una portaerei, e con la sua recente dichiarazione dell’individuazione di una zona di difesa aerea (ADIZ) che arriva a coprire le isole Senkaku/Diaoyu.
Questo parallelo non è, certamente, un'identità, per due ragioni in particolare: innanzitutto, la Germania dell'inizio del ventesimo secolo era non solo la seconda potenza industriale dopo gli Stati Uniti, ma stava anche all'avanguardia del progresso tecnico e dell'innovazione (come si può giudicare, per esempio, dal numero di premi Nobel tedeschi e dall'innovazione tedesca nelle industrie siderurgiche, elettriche e chimiche); secondo, la Germania aveva la capacità di trasportare la sua forza militare ovunque nel mondo.
Proprio come gli Stati Uniti oggi che si devono opporre alla minaccia cinese alla sicurezza dei suoi alleati (il Giappone, la Corea del Sud e le Filippine in particolare), la Gran Bretagna all’epoca non poteva che vedere una minaccia l'ascesa della marina militare tedesca, e, peggio ancora, una minaccia esistenziale contro l'arteria marittima vitale della Manica e le sue difese costiere[24].
Tuttavia, qualunque fossero le sue ambizioni navali, la direzione naturale per l'espansione di una potenza terrestre come la Germania era verso l'Est, più specificamente verso l'impero ottomano in decomposizione; ciò era tanto più vero in quanto le sue ambizioni in Africa e nel Mediterraneo occidentale erano ostacolate dai francesi e dai britannici. Il denaro ed il militarismo andavano mano nella mano, ed il capitale tedesco era affluito in Turchia[25], agendo di gomito coi suoi concorrenti britannici e francesi. Una grande parte di questo capitale era destinata al finanziamento della linea ferroviaria Berlino-Bagdad: in realtà, si trattava di una rete di strade ferrate che doveva collegare Berlino a Costantinopoli, poi al sud dell'Anatolia, la Siria, e Bagdad, ma anche la Palestina, l’Hedjaz e La Mecca. In un'epoca in cui il movimento delle truppe dipendeva dalle ferrovie, ciò avrebbe dato la possibilità all'esercito turco, equipaggiato di armi tedesche e guidato dai militari tedeschi, di inviare truppe che avrebbero minacciato sia la raffineria britannica di Abadan (in Persia, oggi Iran)[26], sia il controllo britannico dell'Egitto, del canale di Suez: ecco ancora una minaccia tedesca diretta verso gli interessi strategici della Gran Bretagna. Per buona parte del diciannovesimo secolo, l'espansione russa in Asia Centrale che rappresentava una minaccia sulle frontiere persiane e sull'India, è stata il principale pericolo per la sicurezza dell'Impero britannico; la sconfitta della Russia da parte del Giappone nel 1905 aveva raffreddato i suoi ardori orientali al punto che nel 1907 una convenzione anglo-russa poteva - almeno provvisoriamente - risolvere le dispute tra i due paesi in Afghanistan, in Persia, e nel Tibet. Adesso il rivale da affrontare era la Germania.
Inevitabilmente, la politica orientale della Germania le conferiva un interesse strategico nei Balcani, il Bosforo ed i Dardanelli. Il fatto che la strada ferrata tra Berlino e Costantinopoli doveva passare da Vienna e Belgrado faceva si che il controllo, o almeno la neutralità della Serbia, diventava di colpo di grande importanza strategica per la Germania. Ciò a sua volta la metteva in conflitto con un paese che - dal tempo di Bismarck - era stato il bastione della reazione e della solidarietà autocratica, dunque l'alleato principale della Prussia e della Germania imperiale: la Russia.
Dal regno della Grande Caterina, la Russia si era stabilita, negli anni 1770, come potenza dominante del Mare Nero, estromettendo gli ottomani. Il commercio sempre più importante dell'industria e dell'agricoltura russe dipendeva dalla libertà di navigazione nel distretto del Bosforo. L'ambizione russa mirava ai Dardanelli ed al controllo del traffico marittimo tra il Mar Nero ed il Mediterraneo (le mire russe sui Dardanelli l'avevano già condotta alla guerra con la Gran Bretagna e la Francia in Crimea nel 1853). Luxemburg riassume così la dinamica in seno alla società russa che stimolava la sua politica imperialistica: "Nelle tendenze conquistatrici del regime zarista si esprime, da una parte, l'espansione tradizionale di un potente Impero la cui popolazione comprende oggi 170 milioni di esseri umani e che, per ragioni economiche e strategiche, cerca di ottenere il libero accesso ai mari, Oceano Pacifico ad Est, Mediterraneo a sud, e, dall'altra, questo bisogno vitale dell'assolutismo: la necessità sul piano della politica mondiale di conservare un atteggiamento che impone il rispetto nella competizione generale dei grandi Stati, per ottenere dal capitalismo straniero il credito finanziario senza il quale lo zarismo non potrebbe vivere (...) Tuttavia, gli interessi borghesi moderni vengono sempre più considerati come fattore dell'imperialismo nell'Impero degli zar. Il giovane capitalismo russo che non può raggiungere naturalmente uno sbocco completo sotto il regime assolutista e che, in linea di massima, non può abbandonare lo stadio del sistema primitivo di rapina, vede aprirsi tuttavia davanti a sé un avvenire prodigioso nelle risorse naturali immense di questo Impero gigantesco (…) proprio perché pressata da questo avvenire e, per così dire in anticipo, affamata di accumulazione, che la borghesia russa è divorata da una febbre imperialistica violenta, e che manifesta con ardore le sue pretese nella divisione del mondo"[27]. La rivalità tra la Germania e la Russia per il controllo del Bosforo trovò dunque ineluttabilmente il suo punto nevralgico nei Balcani, dove la montata dell'ideologia nazionalista, caratteristica di un capitalismo in via di sviluppo, creava una situazione di tensione permanente e di guerra intermittente tra i tre Stati prodotti dalla decomposizione dell'impero ottomano: la Grecia, la Bulgaria e la Serbia. Questi tre paesi si allearono contro gli ottomani nella Prima Guerra dei Balcani, si batterono poi tra loro per la ripartizione del bottino - in particolare in Albania ed in Macedonia - all'epoca della Seconda Guerra dei Balcani[28].
L'ascesa di questi nuovi Stati nazionali aggressivi nei Balcani non poteva lasciare indifferente l'altro impero declinante della regione: l'Austria-Ungheria. Per la Luxemburg "la monarchia asburgica non è un'organizzazione politica di Stato borghese, ma solamente un trust che unisce attraverso legami abbastanza deboli alcune consorterie di parassiti sociali che vogliono riempirsi le tasche sfruttando al massimo le risorse del potere finché la monarchia si tiene ancora in vita", e l'Austria-Ungheria si trovava costantemente sotto la minaccia delle nuove nazioni che la stringevano e che tutte erano composte dalle stesse etnie di certe parti dell'impero: da qui l'annessione da parte dell'Austria-Ungheria della Bosnia-Erzegovina, per impedire alla Serbia di aprirsi un accesso al Mediterraneo.
Nel 1914, la situazione in Europa somigliava ad un cubo di Rubik mortale, i suoi differenti pezzi erano così strettamente interconnessi tra loro che lo spostamento di uno implicava necessariamente lo spostamento di tutti.
Ciò vuole dire che le classi dominanti, i governi, non sapevano ciò che facevano? Che I Sonnambuli, secondo il titolo del libro di Christopher Clark, siano, in qualche modo, entrati in guerra per caso? Che la Prima Guerra Mondiale non sia stata altro che un terribile errore?
Per niente. Certamente, le forze storiche descritte dalla Luxemburg, in quella che è probabilmente la più profonda analisi mai scritta sull'entrata in guerra, tenevano attanagliata la società: in questo senso, la guerra era il risultato delle rivalità interimperialistiche. Ma le situazioni storiche chiamano al potere degli uomini ben assortiti tra loro ed i governi che condussero l'Europa ed il mondo alla guerra sapevano molto bene ciò che facevano, l'hanno fatto deliberatamente. Gli anni della svolta del secolo fino allo scoppio della guerra erano segnati da allertamenti a ripetizione, ciascuno più grave del precedente: la crisi di Tangeri nel 1905, l'incidente di Agadir nel 1911, la Prima e la Seconda Guerra dei Balcani. Ciascuno di questi incidenti spingeva più in avanti la frazione pro-guerra di ogni borghesia, attizzava il sentimento che la guerra era, ad ogni modo, inevitabile. Il risultato fu una corsa dissennata agli armamenti: la Germania lanciò il suo programma di costruzione navale e la Gran Bretagna la seguì; la Francia aumentò la durata del servizio militare a tre anni; enormi prestiti francesi finanziarono l'ammodernamento delle ferrovie russe concepite per trasportare le truppe verso la sua frontiera occidentale, così come l'ammodernamento del piccolo ma efficace esercito serbo. Tutte le potenze continentali irreggimentarono sempre più uomini sotto le bandiere nazionali.
Sempre più convinti che la guerra fosse inevitabile, la domanda per i governi europei diventava semplicemente "quando"?. Quando i preparativi di ciascuno avrebbero raggiunto il loro massimo possibile rispetto a quelli dei loro rivali? Perché questo sarebbe stato il "momento buono" per la guerra.
Se Luxemburg vedeva nella Germania il nuovo "fattore imprevedibile" della situazione europea, ciò vuol dire che le potenze della Tripla Intesa (la Gran Bretagna, la Francia e la Russia) non erano che vittime innocenti dell'aggressione espansionista tedesca? È la tesi di certi storici revisionisti oggi: non solo che la lotta contro l'espansionismo tedesco era giustificata nel 1914, ma che in fondo, 1914 erano solamente il precursore della "buona guerra" del 1939. Ciò è senza dubbio vero, ma i paesi della Triplice Intesa erano tutto, tranne che vittime innocenti. E l'idea che la Germania fosse la sola ad essere "espansionista" è risibile se paragoniamo la grandezza in estensione dell'Impero britannico - il frutto dell'aggressione espansionista britannica - con quello della Germania: bizzarramente, ciò non sembra mai preso in considerazione dagli addomesticati storici inglesi[29].
In realtà, la Triplice Intesa stava preparando da anni una politica di accerchiamento della Germania (proprio come durante la Guerra Fredda gli Stati Uniti hanno sviluppato una politica di accerchiamento dell'URSS, e come oggi stanno provando a fare con la Cina). Rosmer mostra ciò con una limpidezza inesorabile, sulla base delle corrispondenze segrete tra gli ambasciatori belgi delle differenti capitali europee[30].
Nel maggio 1907, l'ambasciatore a Londra scriveva: "È evidente che l'Inghilterra ufficialmente persegue una politica sordamente ostile che tende a finire con l'isolamento della Germania, e che il re Eduardo non ha esitato ad influenzare personalmente una tale idea"[31]. Nel febbraio 1909, apprendiamo dall'ambasciatore a Berlino: "Il re d'Inghilterra afferma che la conservazione della pace è sempre stata lo scopo dei suoi sforzi; ed è questo che lui non ha smesso di ripetere dall'inizio della campagna diplomatica per raggiungere infine lo scopo di isolare la Germania; ma non possiamo fare a meno di ammettere che mai prima la pace del mondo sia stata più compromessa da quando il re dell'Inghilterra si è impegnato per consolidarla"[32]. Ad aprile 1913, di nuovo da Berlino leggiamo: "L'arroganza ed il disprezzo con cui questi ultimi [i serbi] accolgono le proteste del gabinetto di Vienna si spiegano solo per l'appoggio che essi credono di ricevere da San Pietroburgo. L’incaricato d’ affari della Serbia recentemente diceva che il suo governo non sarebbe durato oltre i sei mesi, senza tenere conto delle minacce austriache, se non fosse stato incoraggiato dal ministro della Russia, il Signore Hartwig... "[33]. In Francia, (gennaio 1914) per l'ambasciatore belga a Parigi era perfettamente chiaro lo sviluppo cosciente di una politica aggressiva e sciovinista: "Ho avuto già l' onore di dirvi che sono i Sigg. Poincaré, Delcassé, Millerand ed i loro amici che hanno inventato e perseguito la politica nazionalista, di bandiera e sciovinista di cui abbiamo constatato la rinascita (…) in questo vedo il più grande pericolo che minaccia oggi la pace dell'Europa (…) perché l'atteggiamento che ha preso il gabinetto Barthou è, secondo me, la causa determinante di un sovrappiù di tendenze militariste in Germania"[34].
La reintroduzione in Francia di un servizio militare di tre anni non era una politica di difesa, ma un preparativo deliberato alla guerra. Ecco di nuovo l'ambasciatore a Parigi (giugno 1913): "I carichi della nuova legge saranno talmente pesanti per la popolazione, le spese che essa implicherà saranno talmente esorbitanti, che il paese subito protesterà e la Francia si troverà davanti a questo dilemma: una marcia indietro che non potrà permettersi, o la guerra a breve scadenza"[35].
Due fattori entrarono in gioco nei calcoli degli uomini di Stato e dei politici negli anni che condussero alla guerra: il primo, la valutazione dei loro preparativi militari e di quelli dei loro avversari, il secondo - altrettanto importante, anche nella Russia zarista ed autocratica - era la necessità di apparire davanti al mondo e davanti alle loro popolazioni, soprattutto gli operai, come la parte offesa, che agiva unicamente per difendersi. Tutte le potenze volevano entrare in una guerra che qualcun altro aveva provocato: "Il gioco consiste nel portare l'avversario a compiere un atto che si potrà sfruttare contro di lui o a mettere a profitto una decisione già presa"[36].
L'assassinio di Franz-Ferdinando, la scintilla che mise fuoco alle polveri, non fu opera di un individuo isolato: Gavrilo Princip tirò il colpo di pistola mortale, ma lui non era che un membro di un gruppo di assassini organizzati ed armati da circoli sostenuti dai gruppi serbi ultra-nazionalisti "La Mano Nera" e Narodna Odbrana ("La Difesa nazionale"), che formava quasi uno Stato nello Stato e le cui attività erano certamente conosciute dal governo serbo ed in particolare dal suo primo ministro, Nicolas Pasic. La Serbia intratteneva rapporti stretti con la Russia e non avrebbe mai effettuato una tale provocazione se non fosse stata assicurata del sostegno russo contro una reazione austro-ungarica.
Per il governo austro-ungarico, era troppo allettante l'opportunità di richiamare la Serbia all’ordine[37]. L'inchiesta poliziesca non fece che puntare il dito sulla Serbia e gli austriaci contavano sullo shock provocato tra le classi dirigenti europee per ottenerne il sostegno, o almeno la neutralità, quando essi avrebbero attaccato la Serbia. E difatti, l'Austria-Ungheria non aveva altra scelta che attaccare o umiliare la Serbia: fare di meno avrebbe portato un colpo devastante alla sua "reputazione" e alla sua influenza nella critica regione dei Balcani, lasciandola completamente alla mercé del suo rivale russo.
Per il governo francese, una "guerra dei Balcani" era lo scenario ideale per lanciare un attacco contro la Germania: se la Germania fosse stata spinta in una guerra per difendere l'Austria-Ungheria, e la Russia per accorrere in difesa dei serbi, la mobilitazione francese sarebbe stata ritenuta una misura di difesa preventiva contro il pericolo di un attacco tedesco. Inoltre, sarebbe stato poco probabile che l'Italia, in principio un alleato della Germania ma con propri interessi nei Balcani, potesse entrare in guerra per difendere la posizione dell'Austria-Ungheria in Bosnia-Erzegovina.
Data una tale alleanza con cui avrebbe dovuto scontrarsi, la Germania si trovò in posizione di debolezza, con come solo alleato l'Austria-Ungheria, un "mucchio di decomposizione organizzata" per riprendere l'espressione della Luxemburg. I preparativi militari in Francia ed in Russia, lo sviluppo della loro Intesa con la Gran Bretagna, portarono gli strateghi tedeschi alla conclusione che sarebbe stato meglio battersi subito, prima che i loro avversari terminassero la loro piena preparazione, Da qui la seguente osservazione nel 1914: "Se il conflitto [tra la Serbia e l'Austria-Ungheria] si estende (...,) è necessario assolutamente che sia la Russia a portane la responsabilità"[38].
La Germania gliene fornisce uno, eccellente, lanciando i suoi eserciti attraverso il Belgio". Rosmer cita a tale riguardo la Tragedy di Lord Kitchener del Viscount Esher: "L'episodio belga fu un colpo di fortuna che venne appunto a dare alla nostra entrata in guerra il pretesto morale necessario per preservare l'unità della nazione, e quella del governo"[39]. In realtà, erano anni che i piani britannici per un attacco contro la Germania, preparati da lunga data in collaborazione con i militari francesi, prevedevano la violazione della neutralità belga...
Tutti i governi dei paesi belligeranti dovevano ingannare la loro "opinione pubblica" facendole credere che una guerra che essi preparavano e che cercavano da anni era stata loro imposta. L'elemento critico di questa "opinione pubblica" era la classe operaia organizzata, coi suoi sindacati ed i suoi partiti socialisti che dichiaravano da anni chiaramente la loro opposizione alla guerra. Il fattore principale che avrebbe aperto la strada alla guerra era dunque il tradimento della socialdemocrazia ed il suo pieno sostegno a quella che la classe dominante chiamò in modo menzognero una "guerra difensiva".
Le cause reali di questo tradimento mostruoso del più elementare dovere internazionalista della socialdemocrazia saranno oggetto di un prossimo articolo. Qui basta dire che l’attuale pretesa della borghesia francese che "in un istante, si cancellarono le molteplici liti, politiche, sociali, religiose che tenevano il paese diviso" è una sfrontata menzogna. Al contrario, la storia dei giorni precedendo lo scoppio della guerra raccontata da Rosmer è quella di manifestazioni costanti contro la guerra, brutalmente represse dalla polizia. Il 27 luglio, la CGT chiamò ad una manifestazione, e "dalle 9 a mezzanotte (…), una folla enorme ha invaso continuamente i viali. Ingenti forze di polizia sono state mobilitate (…) Ma gli operai che scendono dai sobborghi sul centro sono così numerosi che la tattica poliziesca [di dividere i manifestanti in piccoli gruppi] finisce con un risultato imprevisto: velocemente si producono in tutte le strade altrettante manifestazioni. Le violenze e le brutalità poliziesche non possono avere ragione della combattività di questa folla; per tutta la sera, il grido di 'Abbasso la guerra!' risuonerà dall'Opera fino a Piazza della Repubblica"[40]. Le manifestazioni continuarono il giorno seguente, estendendosi alle principali città delle province.
La borghesia francese aveva ancora un altro problema: l'atteggiamento del dirigente socialista Jean Jaurès. Jaurès era un riformista, in un momento storico in cui il riformismo si trovava incastrato tra la borghesia ed il proletariato, ma era legato profondamente alla difesa della classe operaia (per tale motivo la sua influenza tra gli operai era molto grande) ed appassionatamente si opponeva alla guerra. Il 25 luglio, quando la stampa riportò il rigetto da parte della Serbia dell'ultimatum austroungarico, Jaurès doveva parlare ad una riunione elettorale a Vaise, vicino Lione: il suo discorso fu centrato non sull'elezione ma sullo spaventoso pericolo di guerra. "Mai, da quarant'anni l'Europa è stata in una situazione più minacciosa e tragica (…) contro di noi, contro la pace, contro la vita degli uomini, al momento, abbiamo terribili probabilità e contro le quali occorrerà che i proletari dell'Europa tentino i massimi sforzi di solidarietà possibile"[41].
Inizialmente, Jaurès ha creduto alle assicurazioni fraudolente del governo francese secondo cui quest'ultimo operava per la pace, ma il 31 luglio, aveva perso le sue illusioni ed al Parlamento chiamò di nuovo gli operai a fare tutto il possibile per opporsi alla guerra. Rosmer racconta: "corre voce che l'articolo che si apprestava a scrivere per il numero di sabato de L'umanité sarà un nuovo 'Atto d’accusa!'[42] denunciando gli intrighi e le menzogne che hanno messo il mondo sulla soglia della guerra. In serata (…) è a capo di una delegazione del gruppo socialista al Quai d'Orsay [Il Ministero degli Affari Esteri] e lì Viviani non c’è. È il sottosegretario di Stato a ricevere la delegazione. Dopo avere ascoltato Jaurès, gli chiede cosa contano fare i socialisti di fronte alla situazione: 'Continuare la nostra campagna contro la guerra!', risponde Jaurès. A cui Abel Ferry replica: 'Ciò voi non l’oserete, perché sareste ucciso al prossimo angolo di strada!'[43]. Due ore più tardi, mentre si reca al suo ufficio de L'umanité per scrivere il temuto l'articolo, Jaurès viene abbattuto dall'assassino Raoul Villain; due palle di revolver sparate a bruciapelo gli provocano una morte quasi immediata"[44].
Indubbiamente, la classe borghese francese non lasciò niente al caso, per assicurarsi "l'unità e la coesione nazionale!".
Quando vengono depositate le corone d'alloro e quando i grandi di questo mondo si inchinano davanti al milite ignoto durante le commemorazioni, quando la tromba suona per i morti alla fine delle cerimonie solenni, quando i documentari dilagano sugli schermi televisivi e i dotti storici ci raccontano tutte le cause della guerra - tranne quelle che veramente contano -, tutti i fattori che avrebbero potuto impedirla - tranne quelli che avrebbero potuto pesare veramente sulla bilancia -, i proletari del mondo intero, essi, hanno bisogno di ricordare.
Che si ricordino che la causa della Prima Guerra mondiale non è stata accidentale, ma gli ingranaggi spietati del capitalismo e dell'imperialismo, che la Grande Guerra ha aperto un nuovo periodo della storia, una "epoca di guerre e di rivoluzioni" proprio come diceva l'Internazionale Comunista. Questo periodo è ancora con noi oggi, e le stesse forze che hanno spinto il mondo in guerra nel 1914 oggi sono responsabili degli interminabili massacri in Medio Oriente ed in Africa, alimentando sempre più pericolose tensioni tra la Cina ed i suoi vicini nel Mare della Cina del Sud.
Che si ricordino che la guerra non può essere condotta senza operai, come carne da cannone e carne da fabbrica. Che si ricordino che le classi dominanti devono assicurarsi l'unità per la guerra e che non si fermeranno di fronte a niente per ottenerla, dalla repressione brutale fino all'omicidio.
Che si ricordino che sono gli stessi partiti "socialisti" che oggi si mettono alla testa di ogni campagna pacifista ed umanitaria che hanno tradito la fiducia dei loro avi nel 1914, lasciandoli disorganizzati e senza difesa di fronte alla macchina di guerra capitalista.
Infine, che si ricordino che se la classe dominante ha dovuto fare un tale sforzo per neutralizzare il proletariato nel 1914, è perché solo il proletariato può alzare una barriera efficace di fronte alla guerra. Solo il proletariato mondiale porta in sé la speranza di rovesciare il capitalismo ed il pericolo di guerra, una volta per tutte.
Cento anni fa, l'umanità ha avuto davanti a sé un dilemma la cui soluzione resta tra le mani del solo proletariato: socialismo o barbarie. Ancora oggi questo dilemma è davanti a noi.
Jens
[1] È ironico vedere che il titolo del film è tratto da un libro d'anteguerra scritto dall'economista britannico Norman Angell, che argomentava che la guerra tra le potenze capitaliste avanzate era diventata impossibile perché le loro economie erano troppo strettamente integrate ed interdipendenti - precisamente lo stesso genere di argomentazione che possiamo sentire oggi a proposito della Cina e degli Stati Uniti.
[2] Va da sé dire che, come tutte le opere che abbiamo menzionato qui, Niente di nuovo sul fronte occidentale fu interdetto dai Nazisti dopo il 1933. Fu anche vietato tra il 1930 ed il 1941 dalla censura australiana.
[3] È invece sorprendente che il più celebre dei poeti di guerra patriottica inglese, Rupert Brooke, non abbia mai conosciuto il combattimento poiché è morto di malattia sulla strada verso l'assalto su Gallipoli.
[4] Ciò è stato oggetto di una certa polemica nella stampa tedesca.
[5] Probabilmente progetto in sé molto lodevole, ma che non contribuirà granchè a comprendere le ragioni della Grande Guerra.
[6] https://www.iwm.org.uk/centenary [4]
[7] "Commemorare la Grande Guerra (2014-2020): proposte per un centenario internazionale" da Joseph Zimet della "Direzione della memoria, del patrimonio e degli archivi", https://centenaire.org/sites/default/files/references-files/rapport_jz.pdf [5]
[8] È sorprendente vedere che la grande maggioranza delle esecuzioni per disobbedienza militare nell'esercito francese ha avuto luogo durante i primi mesi della guerra, ciò che suggerisce una mancanza di entusiasmo che doveva essere stroncato sul nascere. (Cf il rapporto al Ministro degli Antichi Combattenti Kader Arif di ottobre 2013):
https://centenaire.org/sites/default/files/references-files/rapport_fusi... [6]
[9] Vale la pena di menzionare qui il fatto che il titolo I Sonnambuli è tratto dalla trilogia dallo stesso nome scritto da Hermann Broch nel 1932. Broch è nato nel 1886 a Vienna, in una famiglia ebraica, ma si è convertito nel 1909 al cattolicesimo. Nel 1938, dopo l'annessione dell'Austria fu fermato dalla Gestapo. Tuttavia, grazie all'aiuto di amici, tra cui James Joyce, Albert Einstein e Thomas Mann, è potuto emigrare negli Stati Uniti dove è vissuto fino al 1951. Die Schlafwandler racconta rispettivamente la storia di tre individui durante gli anni 1888, 1905 e 1918, ed esamina le domande poste dalla decomposizione dei valori e la subordinazione della moralità alle leggi del profitto.
[10] La traduzione dall'inglese è nostra.
[11] Vedere il nostro articolo "L'anarco-sindacalismo di fronte ad un cambiamento di epoca: la CGT fino al 1914", nella Révue internationale n°120: https://fr.internationalism.org/rint/120_cgt [7].
[12] Cf. Hew Strachan, The First World War, volume 1.
[13] https://www.marxists.org/francais/luxembur/junius/index.html [8]
[14] Edizioni di Avron, maggio 1993.
[15] Il secondo capitolo fu pubblicato dopo la Seconda Guerra mondiale. È più riassunto, poiché Rosmer è dovuto fuggire da Parigi durante l'occupazione nazista ed i suoi archivi furono presi e distrutti durante la guerra.
[16] Rosmer, p 84.
[17] Opuscolo di Junius, capitolo "La fine della lotta di classe"
[18] Luxemburg cita qui una lettera di Marx al Braunschweiger Ausschuss: "Colui che nell'ora presente non è assordato completamente dal baccano, e che non ha interesse ad assordare il popolo tedesco, deve comprendere che la guerra del 1870 darà nascita ad una guerra tra la Russia e la Germania, come quella del 1866 che necessariamente ha portato a quella del 1870. Necessariamente ed ineluttabilmente, salvo l'improbabile caso dello scoppio in anticipo di una rivoluzione in Russia. Se quest’improbabile eventualità non accadrà, allora la guerra tra la Germania e la Russia deve essere considerata da ora come un fatto compiuto. Che questa guerra sia utile o nociva, ciò dipende interamente dall'atteggiamento attuale dei vincitori tedeschi. Se prendono l'Alsazia e la Lorena, la Francia combatterà contro la Germania affianco della Russia. È superfluo indicarne le funeste conseguenze".
[19] https://marxists.org/francais/luxembur/junius/rljcf.html [9]
[20] Idem.
[21] La prima crisi marocchina del 1905 fu indotta da una visita del Kaiser a Tangeri, per sostenere - si diceva - l'indipendenza marocchina, in realtà per bloccare l'influenza francese. La tensione militare era al punto massimo: la Francia annullò i permessi militari ed avanzò le sue truppe alla frontiera tedesca, mentre la Germania cominciava a raccogliere i riservisti sotto le bandiere. Alla fine, i francesi cedettero ed accettarono la proposta tedesca di una Conferenza internazionale, tenutasi ad Algésiras nel 1906. Ma i tedeschi ebbero uno shock: si sono trovati abbandonati da tutte le potenze europee, più particolarmente dai britannici, non trovando sostegno che presso l'Austria-Ungheria. La seconda crisi marocchina sopraggiunse nel 1911 quando una rivolta contro il sultano Abdelhafid diede alla Francia un pretesto per l'invio di truppe in Marocco con la scusa di proteggere i cittadini europei. I tedeschi, in quanto ad essi, approfittarono dello stesso pretesto per inviare la cannoniera Panther nel porto atlantico di Agadir. I britannici vi vedevano il preludio dell'installazione di una base navale tedesca sulla costa atlantica, a minacciare direttamente Gibilterra. Il discorso di Lloyd George al Mansion House (citato da Rosmer) fu una dichiarazione di guerra velata se la Germania non avesse ceduto. Infine, la Germania riconobbe il protettorato francese in Marocco, e ricevè in scambio alcune paludi alla foce del Congo.
[22] I tedeschi vi stabilirono la birreria che oggi produce la birra "Tsingtao".
[23] Opuscolo di Junius, idem.
[24] . L'idea espressa da Clark, ma anche da Niall Fergusson in The Pity of War, che la Germania sia restata indietro alla Gran Bretagna nella corsa agli armamenti marittimi, è assurda: contrariamente alla marina tedesca, la marina britannica doveva proteggere un commercio mondiale, ed è difficile pensare come la Gran Bretagna potesse sentirsi non minacciata dalla costruzione di una flotta potente che sostava a meno di 800 chilometri della sua capitale ed ancora più vicino alle sue coste.
[25] . Sebbene, nei testi europei dell'epoca, i termini "Turchia" e "Impero ottomano" siano identici, è importante ricordarsi che l'ultimo termine è più appropriato: all'inizio del diciannovesimo secolo, l'Impero ottomano copriva non solo la Turchia ma anche ciò che oggi è la Libia, la Siria, l'Iraq, la penisola d'Arabia, ed in più una grande parte della Grecia e dei Balcani.
[26] Questa raffineria era soprattutto importante per ragioni militari: la flotta britannica era appena stata convertita alla nafta al posto del carbone, e se la Gran Bretagna possedeva del carbone in abbondanza, essa non aveva petrolio. La ricerca del petrolio in Persia fu innanzitutto stimolata dai bisogni della Royal Marine di assicurarsi le sue forniture in nafta.
[27] Junius, Capitolo 4
[28] La Prima Guerra dei Balcani esplose nel 1912 quando i membri della Lega dei Balcani (la Serbia, la Bulgaria ed il Montenegro) si unirono all'Impero ottomano col sostegno tacito della Russia. Sebbene non facesse parte della Lega, la Grecia si unì ai combattimenti, alla fine dei quali gli eserciti ottomani si trovavano battuti su tutta la linea: l'Impero ottomano per la prima volta in 500 anni si trovò privo della maggior parte dei suoi territori europei. La Seconda Guerra dei Balcani esplose immediatamente dopo, nel 1913, quando la Bulgaria si unì alla Serbia che aveva occupato, con la connivenza della Grecia, una grande parte della Macedonia che era stata promessa alla Bulgaria.
[29] https://www.theguardian.com/commentisfree/2013/jun/17/1914-18-not-futile-war [10].
[30] Questi documenti furono presi dai tedeschi che dopo la guerra ne pubblicarono lunghi brani. Come Rosmer segnala: "Gli apprezzamenti dei rappresentanti del Belgio a Berlino, Parigi e Londra, hanno un valore particolare. Il Belgio è neutrale. Essi hanno dunque una visione più libera rispetto ai sostenitori per apprezzare gli avvenimenti; in più, non ignorano che in caso di guerra tra i due grandi gruppi belligeranti il loro piccolo paese correrà grande rischi, in particolare di servire da campo di battaglia" (Ibid, p.68).
[31] Ibid, p69
[32] Ibid, p70.
[33] Ibid, p70
[34] Ibid, p73
[35] Ibid, p72.
[36] Ibid, p87.
[37] Del resto, il governo austro-ungarico aveva già tentato di esercitare una pressione sulla Serbia divulgando allo storico Heinrich Friedjung dei documenti fraudolenti supposti manifestare un complotto serbo contro la Bosnia-Erzegovina (cf, Clark, p.88, edizione Kindle).
[38] Citato da Rosmer, p. 87, a partire da documenti tedeschi pubblicati dopo la guerra.
[39] Rosmer, p. 87.
[40] Rosmer, p. 102
[41] Ibid, p. 84.
[42] Une riferimento all'attacco devastante portato da Emile Zola contro il governo durante l'affare Dreyfus.
[43] Rosmer, p. 91. La conversazione è riportata nella biografia di Jaurès di Charles Rappoport ed è confermata nelle proprie carte di Abel Ferry. (cf. Alexandre Croix, Jaurès ed i suoi detrattori, Edizioni Spartacus, p. 313).
[44] Jaurès fu ucciso mentre mangiava al Caffè del Croissant, di fronte agli uffici de L'Humanité. Raoul Villain presentava molte similarità con Gavrilo Princip: instabile, emotivamente fragile, dedicato al misticismo politico o religioso - tutto sommato, esattamente il genere di personaggio che i servizi segreti utilizzano come provocatore che si può sacrificare senza alcun ripensamento . Dopo l'omicidio, Villain fu arrestato e trascorse il periodo di guerra in sicurezza, con il conforto di una prigione. Al suo processo fu assolto, e la Sig.ra Jaurès si vede obbligata a pagare le spese giudiziarie.
La guerra del 1914-18 non sarebbe stata possibile senza la sconfitta politica del proletariato, che impedendogli di lottare in quanto classe contro la borghesia lo ha di conseguenza trascinato nelle trincee a massacrare altri lavoratori. E questa sconfitta è stata preparata e realizzata dal tradimento della maggior parte dei partiti operai dell'epoca, soprattutto del più grande e più esemplare partito a livello internazionale: il Partito socialdemocratico di Germania (SPD) che votò i crediti di guerra nell'agosto 1914.
Questo lungo e completo articolo è incentrato sulla questione organizzativa, ed è un'analisi storica del processo attraverso il quale la socialdemocrazia tedesca degenerò al punto da tradire raggiungendo il campo borghese. Come è potuta accadere una tale cosa? Che cosa possiamo apprendere oggi dal degrado del tessuto organizzativo in seno al partito, dalla censura e dalla repressione dell'ala sinistra, dall’esclusione del dibattito e dalla decadenza morale di un partito che era la "fierezza di ogni socialista?" Questo articolo fornendo materiale storico concreto resta sempre d’attualità per la riflessione e la discussione.
Tra tutti i partiti della 2a Internazionale, l’SPD, Sozialdemokratische Partei Deutschlands, (Partito socialdemocratico tedesco) era in assoluto il più potente. Nel 1914, l’SPD contava più di 1 milione di membri e aveva guadagnato più di 4 milioni di voti alle elezioni legislative del 1912[1]: in effetti, era l’unico partito di massa in Germania ed il più grande partito al Reichstag – anche se non aveva alcuna possibilità di formare realmente un governo sotto il regime autocratico imperiale del Kaiser Guglielmo II.
Per gli altri partiti della 2a Internazionale, l’SPD era il partito di riferimento. Karl Kautsky[2], redattore capo della Neue Zeit, la rivista teorica del partito, era riconosciuto come il “papa del marxismo”, il faro teorico dell’Internazionale. All’epoca del Congresso del 1900 dell’Internazionale, Kautsky scrisse la risoluzione che condannava la partecipazione del socialista francese Millerand ad un governo borghese, ed al Congresso di Dresda dell’SPD del 1903, sotto la direzione del suo presidente August Bebel[3], condannò le teorie revisioniste di Eduard Bernstein riaffermando gli obiettivi rivoluzionari dell’SPD. Lenin aveva elogiato lo “spirito di partito” dell’SPD e del suo essere immune rispetto alle meschine animosità personali come quelle che avevano condotto i Menscevichi a provocare la scissione nel POSDR (Partito Operaio Socialdemocratico della Russia), dopo il Congresso del 1903[4]. Infine e soprattutto, la supremazia teorica ed organizzativa dell’SPD fu incoronata chiaramente di successo sul campo: nessuno altro partito dell’Internazionale avrebbe potuto neanche lontanamente rivendicare i successi elettorali come quelli dell’SPD e rispetto all’organizzazione sindacale solo i britannici potevano competere con i tedeschi in quanto al numero e alla disciplina dei loro membri.
“Durante i congressi, durante le sessioni del bureau dell'Internazionale socialista, tutti aspettavano l’opinione dei tedeschi. In particolare quando nei dibattiti sui problemi posti dalla lotta contro il militarismo e sulla questione della guerra, la posizione della socialdemocrazia tedesca era sempre determinante. “Per noi altri tedeschi, questo è inaccettabile”, regolarmente bastava una tale frase per decidere l’orientamento dell’Internazionale. Con una fiducia cieca, quest’ultima si rimetteva alla direzione della potente e tanto ammirata socialdemocrazia tedesca: essa era l’orgoglio di ogni socialista ed il terrore delle classi dirigenti in tutti i paesi”[5].
Di conseguenza, mentre le nuvole di guerra avevano cominciato ad accumularsi durante il luglio 1914, fu evidente che l’atteggiamento della socialdemocrazia tedesca sarebbe stato cruciale per decidere l’uscita da questa situazione. I lavoratori tedeschi - le grandi masse organizzate in seno al partito e ai sindacati per l’esistenza dei quali avevano fatto dure lotte - si trovarono in una posizione in cui erano i soli a poter fare inclinare il piatto della bilancia: resistenza e difesa dell’internazionalismo proletario, oppure collaborazione di classe e tradimento, con anni di massacro, i più cruenti che l’umanità abbia mai conosciuto.
“E che cosa abbiamo visto in Germania al momento della grande prova storica? La caduta più catastrofica, il crollo più formidabile. Da nessun’altra parte l’organizzazione del proletariato è stata messa così completamente a servizio dell’imperialismo, da nessuna parte lo Stato di assedio è stato sopportato con tanta poca resistenza, da nessuna parte la stampa così imbavagliata, l’opinione pubblica così strangolata, la lotta di classe economica e politica della classe operaia così totalmente abbandonata quanto in Germania”[6].
Il tradimento della socialdemocrazia tedesca provocò un tale shock per i rivoluzionari che quando Lenin lesse nel Vorwärts[7] 7 che la frazione parlamentare dell’SPD aveva votato i crediti di guerra, inizialmente pensò che questo numero del giornale era un falso preparato dalla propaganda “nera” del governo imperiale. Come era stato possibile un tale disastro? Come il fiero e potente SPD aveva potuto, in pochi giorni, rinnegare le sue promesse più solenni, trasformarsi dall’oggi al domani da gioiello dell’Internazionale operaia nella più potente arma dell’arsenale guerriero della classe dirigente?
Nel tentativo di rispondere a questa domanda, può sembrare paradossale concentrarsi in questo articolo maggiormente sugli scritti e le azioni di un numero relativamente ristretto di individui; dopotutto, l’SPD e i sindacati erano delle organizzazioni di massa, capaci di mobilitare centinaia di migliaia di lavoratori. Tuttavia, un tale modo di procedere si giustifica perché individui come Karl Kautsky o Rosa Luxemburg rappresentavano tendenze definite all’interno del partito. In questo senso, i loro scritti esprimevano tendenze politiche con le quali masse di militanti e di lavoratori - rimasti anonimi nella storia - si identificavano. Se si vuole capire il peso che queste personalità avevano nel partito è anche necessario tener conto delle loro biografie politiche. August Bebel, Presidente dell’SPD dal 1892 fino alla sua morte nel 1913, fu uno dei fondatori del partito e fu imprigionato insieme a Wilhelm Liebknecht, anche lui deputato al Reichstag, per il rifiuto di sostenere la guerra della Prussia contro la Francia nel 1870. Kautsky e Bernstein furono entrambi costretti all’esilio a Londra per le leggi anti-socialiste di Bismarck, dove lavorarono sotto la direzione di Engels. Per questa esperienza godettero nel partito di immenso prestigio e altrettanta autorità morale. Anche Georg von Vollmar, uno dei leader riformistici della Germania del Sud, era considerato come appartenente all’ala sinistra ed anche come organizzatore dinamico e di talento nella clandestinità, avendo subito ripetuti arresti.
Era dunque una generazione che si era politicizzata durante la guerra franco-tedesca e la Comune di Parigi, durante anni di propaganda clandestina e di agitazione sotto la sferza delle leggi anti-socialiste di Bismarck (1878-1890). Di una tempra molto diversa erano uomini come Gustav Noske, Friedrich Ebert o Philipp Scheidemann, tutti membri dell’ala destra della frazione parlamentare dell’SPD che votò i crediti di guerra nel 1914 e che giocò un ruolo chiave nella repressione della rivoluzione tedesca del 1919 - e nell’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht da parte dei Corpi Franchi. Come Stalin più tardi, si trattava di uomini di apparato, che lavoravano nei retroscena piuttosto che partecipare attivamente al dibattito pubblico; rappresentanti di un partito che, crescendo, tendeva a somigliare ed a identificarsi sempre più allo Stato tedesco, il cui abbattimento rimaneva pur sempre l’obiettivo ufficiale.
La sinistra rivoluzionaria aveva preso le distanze rispetto alla tendenza crescente nel partito a fare concessioni alla “politica pratica”. Questa era in grande parte composta da stranieri e da giovani (con l’eccezione notevole del vecchio Franz Mehring). A parte l’olandese Anton Pannekoek e il figlio di Wilhelm Liebknecht, Karl, uomini come Parvus, Radek, Jogiches, Marchlewski, venivano tutti dell’Impero russo e si erano forgiati come militanti nelle difficili condizioni dell’oppressione zarista. Sicuramente, la figura di sinistra più grande fu Rosa Luxemburg, lei che era un “outsider” nel partito tedesco su tutti i piani possibili: giovane, donna, polacca, ebrea e, forse peggio di tutto dal punto di vista di alcuni dirigenti tedeschi, dominava intellettualmente e teoricamente gli altri leader del partito che non le arrivavano nemmeno alla caviglia.
Il SAP (Partito operaio tedesco) che diventerà l’SPD, fu fondato nel 1875 a Gotha, attraverso la fusione di due partiti socialisti: l’SDAP (Partito operaio socialdemocratico - Sozialdemokratische Arbeiterpartei)[8], diretto da Wilhelm Liebknecht ed August Bebel, e l’ADAV (Associazione dei lavoratori tedeschi - Allgemeiner Deutscher Arbeiterverein) inizialmente fondata da Ferdinando Lassalle nel 1863.
La nuova organizzazione ebbe dunque due origini molto differenti. Il SDAP aveva solamente sei anni di esistenza all'epoca della fusione. Grazie alla relazione di lunga data di Liebknecht con Marx ed Engels, questi ultimi portarono un contributo importante allo sviluppo del SDAP - anche se Liebknecht non fu per niente un teorico, ebbe un ruolo importante nell'introduzione delle idee di Marx in uomini come Bebel e Kautsky. Nel 1870, il SDAP adottò risolutamente una linea internazionalista contro la guerra di aggressione della Prussia contro la Francia. Così a Chemnitz, una riunione di delegati rappresentante 50.000 operai sassoni, adottò all'unanimità la seguente risoluzione: "In nome della democrazia tedesca, e specialmente degli operai del Partito socialdemocratico, dichiariamo che la guerra attuale è esclusivamente dinastica.... siamo felici di stringere la mano fraterna che ci tendono gli operai di Francia. Attenti alla parola d'ordine dell'Associazione internazionale dei Lavoratori: Proletari di tutti i paesi unitevi! Non dimenticheremo mai che gli operai di tutti i paesi sono i nostri amici ed i despoti di tutti i paesi, i nostri nemici"! [9]
L'ADAV, invece, rimase fedele alla posizione del suo fondatore, Lassalle, contrario allo sciopero e convinto che la causa dei lavoratori avrebbe potuto avanzare attraverso un'alleanza con lo Stato di Bismarck e, più generalmente, grazie a ricette di "socialismo di Stato" [10]. Durante la guerra franco-prussiana, l'ADAV rimase pro-tedesca, ed il suo Presidente di allora, Mende, pretese dalla Francia il pagamento dei risarcimenti di guerra da utilizzare per la creazione di laboratori nazionali a favore dei lavoratori tedeschi [11].
Marx ed Engels furono profondamente critici verso il programma adottato all'epoca della fusione. Tuttavia, le note marginali di Marx su questo programma sono state rese pubbliche ben più tardi [12]. In effetti, Marx riteneva che "Ogni passo fatto in avanti, ogni progressione reale conta più di una dozzina di programmi" [13]. Pur astenendosi entrambi dal criticare apertamente il nuovo partito, essi annunciarono con chiarezza il loro punto di vista ai suoi dirigenti ed Engels, scrivendo a Bebel, sottolineò due punti deboli che, se ignorati, avrebbero seminato i semi del successivo tradimento, che poi, di fatto, avvenne nel 1914:
- "il principio dell'internazionalismo del movimento operaio è, in pratica, per il presente completamente abbandonato, e ciò da persone che, per cinque anni e nelle circostanze più difficili, hanno difeso altamente questo principio rendendosi degni dei più alti elogi. Il fatto che gli operai tedeschi sono oggi alla testa del movimento europeo si basa innanzitutto sull'atteggiamento veramente internazionale che hanno avuto durante la guerra; nessun altro proletariato avrebbe potuto comportarsi così bene. Ed è oggi, dove ovunque all'estero gli operai affermano questo principio con lo stesso vigore e dove i governi fanno del tutto per impedire che esso si manifesti in un'organizzazione, che essi dovrebbero abbandonarlo"?
- "la sola rivendicazione sociale che il programma faccia valere è l'aiuto lassaliano di Stato, presentato sotto una forma meno velata rispetto a quello che Lassalle ha rubato a Buchez. E ciò, dopo che Bracke abbia provato tutto il niente di una simile rivendicazione; dopo che quasi tutti, se non tutti gli oratori del nostro Partito siano stati obbligati, nella loro lotta contro i lassalliani a combatterla! Il nostro partito non poteva cadere più in basso nell'umiliazione. L'internazionalismo sceso a livello di Armand Goegg, il socialismo a quello del repubblicano-borghese Buchez, che opponeva questa rivendicazione ai socialisti per combatterli"! [14]
Queste faglie nella pratica politica non erano tanto sorprendenti se si considera la base teorica eclettica del nuovo partito. Quando Kautsky fondò la Neue Zeit nel 1883, era intenzionato che questa venisse "pubblicata come un organo marxista avente per compito di elevare il debole livello teorico della socialdemocrazia tedesca, di distruggere il socialismo eclettico e fare ottenere la vittoria al programma marxista" ; scriveva ad Engels: "forse sono riuscito attraverso i miei tentativi a fare della Neue Zeit il punto di riunione della scuola marxista. Guadagno la collaborazione di numerose forze marxiste, mentre mi sbarazzo dell'eclettismo e del Rodbertussianismo". [15]
Fin dall'inizio, anche durante la sua esistenza clandestina, il SDAP rappresentò dunque un campo di battaglia tra tendenze teoriche contraddittorie - come è la norma in ogni organizzazione proletaria in buona salute. Ma, secondo le parole di Lenin, "senza teoria rivoluzionaria, non c’è pratica rivoluzionaria", e queste differenti tendenze, o visioni dell'organizzazione e della società, dovevano avere delle conseguenze molto pratiche.
Nel mezzo degli anni 1870, il SDAP raggruppava circa 32.000 membri in più di 250 distretti e, nel 1878, il cancelliere Bismarck impose una legge "anti-socialista" con l'intento di paralizzare l'attività del partito. Decine di giornali, riunioni, organizzazioni furono vietate, e migliaia di militanti imprigionati o multati. Ma la determinazione dei socialisti restò intatta di fronte alla legge anti-socialista. L'attività del SDAP prosperò nelle condizioni di semi-illegalità. Essere messo fuori legge costrinse il partito ed i suoi membri ad organizzarsi fuori dai circuiti della democrazia borghese – anche della stessa democrazia limitata della Germania di Bismarck - ed a sviluppare una forte solidarietà contro la repressione poliziesca e la sorveglianza permanente dello Stato. A dispetto dell'assillo poliziesco costante, il partito riuscì a mantenere la sua stampa ed ad aumentare la circolazione di quest'ultima, al punto che il giornale satirico Der wahre Jacob, fondato nel 1884, contava da solo 100.000 abbonati.
Malgrado le leggi anti-socialiste, un'attività pubblica fu ancora accessibile al SDAP: era ancora possibile per i membri del SDAP partecipare alle elezioni al Reichstag in quanto candidati indipendenti non affiliati. Ciò fu possibile perché gran parte della propaganda del partito fu incentrata intorno alle campagne elettorali a livelli nazionali e locali. Ciò può spiegare il perché la frazione parlamentare doveva rimanere rigorosamente subordinata ai congressi ed all'organo centrale del partito, il Vorstand [16], ed anche il peso crescente della frazione parlamentare nel partito dal momento che il suo successo elettorale era in aumento. Bismarck conduceva la classica politica della "carota e del bastone". Mentre impediva ai lavoratori di organizzarsi, lo Stato imperiale cercava di tagliare l'erba sotto i piedi ai socialisti instaurando, a partire dal 1883, sussidi di assicurazione sociale in caso di disoccupazione, di malattia o di pensione. E tutto questo una buona ventina di anni prima dell'instaurazione, in Francia, della Legge sulle pensioni dei lavoratori e dei contadini (1910) e, in Gran Bretagna, della Legge sull'assicurazione nazionale (1911). Alla fine degli anni 1880, circa 4,7 milioni dei lavoratori tedeschi ricevettero delle indennità di sicurezza sociale.
Sia le leggi anti-socialiste che l'introduzione della sicurezza sociale non ebbero l'effetto desiderato, e cioè l'indebolimento del sostegno di cui godeva la socialdemocrazia. Al contrario, tra il 1881 ed il 1890, il risultato elettorale del SDAP passò da 312.000 a 1.427.000 voti, rendendolo il più grande partito della Germania. Nel 1890, i suoi membri raggiunsero il numero di 75.000 e circa 300.000 lavoratori avevano aderito ai sindacati. Nel 1890, il cancelliere Bismarck fu destituito dal nuovo Imperatore Guglielmo II e le leggi anti-socialiste furono abrogate.
Uscito dalla clandestinità, il SDAP fu rifondato come organizzazione legale, il SPD (Partito socialdemocratico tedesco - Sozialdemokratische Partei Deutschlands), all'epoca del suo congresso di Erfurt nel 1891. Il Congresso adottò un nuovo programma, e benché Engels considerò il programma di Erfurt migliorato rispetto al suo predecessore di Gotha, ritenne necessario attaccare la tendenza all'opportunismo: "Ma, ad ogni modo, le cose devono andare avanti. Quanto ciò sia necessario, è provato oggi proprio dall'opportunismo che comincia a propagarsi in gran parte della stampa socialdemocratica. Nel timore di un rinnovo della legge contro i socialisti o ricordandosi di certe opinioni emesse prematuramente al tempo in cui questa legge era in vigore, si vuole adesso che il Partito riconosca l'ordine legale attuale in Germania come sufficiente a poter realizzare tutte le sue rivendicazioni per via pacifica (…) Una simile politica a lungo andare, non può che portare il Partito su una falsa via. Si mettono in primo piano astratte questioni politiche generali, e si nascondono, in tal modo, le più pressanti questioni concrete che, ai primi avvenimenti importanti, alle prime crisi politiche, diventano al momento esse stesse cruciali. Che cosa ne può risultare, se non che, improvvisamente, al momento decisivo, il Partito sarà preso alla sprovvista e che sui punti decisivi regnerà la confusione e l'assenza di unità, perché queste questioni non saranno mai discusse? (…) Questo oblio delle grandi considerazioni essenziali davanti agli interessi passeggeri del giorno, questa corsa ai successi effimeri e la lotta che si libera intorno, senza preoccuparsi delle ulteriori conseguenze, questo abbandono dell'avvenire del movimento che viene sacrificato al presente, tutto ciò forse ha anche dei moventi onesti. Ma ciò è e resta opportunismo. E, l'opportunismo "onesto" è forse il più pericoloso". [17]
Engels qui ha dato prova di una notevole prescienza: le dichiarazioni pubbliche su intenti rivoluzionari dovevano rivelarsi impotenti senza un piano di azione concreto per salvaguardarle. Nel 1914, il partito si è ritrovato difatti "improvvisamente preso alla sprovvista".
Tuttavia, lo slogan ufficiale del SPD rimaneva: "Non un uomo né un soldo per questo sistema", ed i suoi deputati al Reichstag rifiutavano sistematicamente ogni sostegno ai bilanci pubblici, in particolare per le spese militari. Questa opposizione di principio ad ogni compromesso di classe restava solo una possibilità in seno al sistema parlamentare perché il Reichstag non aveva alcun potere reale. Il governo dell'Impero tedesco di Guglielmo era autocratico, poco differente da quello della Russia zarista [18], e l'opposizione sistematica del SPD non aveva in effetti alcuna conseguenza pratica immediata.
Nel sud della Germania, le cose erano differenti. Là, il SPD locale, sotto la direzione di uomini come Vollmar, affermava che esistevano certe "condizioni particolari" e che se il SPD non votava in modo significativo nelle elezioni dei Länder e non si dotava di una politica agraria richiesta dalla classe dei contadini poveri, sarebbe stato destinato all'impotenza ed all'inutilità. Questa tendenza apparve appena il partito fu legalizzato all'epoca del Congresso di Erfurt del 1891 e, da allora, i deputati SPD dei parlamenti provinciali di Wurtemberg, Baviera e Bade votarono a favore dei bilanci governativi. [19]
La reazione del partito a questo attacco diretto contro la sua politica, espressa in modo ripetuta nelle risoluzioni dei congressi, fu di lasciare la questione sotto il tappeto. Un tentativo di Vollmar di proporre un programma agrario speciale fu rigettato dal Congresso di Francoforte del 1894 ma lo stesso Congresso rigettò anche una risoluzione che vietava il voto di ogni deputato SPD in favore di qualsiasi bilancio governativo. Si considerò che finché la politica riformista si fosse limitata "eccezionalmente" al Sud della Germania, essa poteva essere tollerata. [20]
L'esperienza per la classe operaia di una decina di anni di semi-illegalità stava per essere minata rapidamente dal veleno della democrazia. Per loro stessa natura, la democrazia borghese e l'individualismo, che va di pari passi con quest’ultima, sabotano i tentativi del proletariato di sviluppare una propria visione come classe storica con una sua prospettiva opposta a quella della società capitalista. Poiché l'ideologia democratica divide la classe operaia in una semplice massa di cittadini atomizzati, essa rappresenta un ostacolo continuo alla solidarietà operaia. Durante questo periodo, i successi elettorali del partito, sia come voti che come seggi al Parlamento, aumentavano velocemente nel mentre che i lavoratori si organizzavano, sempre più, nei sindacati e vedevano anche migliorate le loro condizioni materiali.
La crescente potenza politica del SPD e la forza della classe operaia industriale organizzata diedero nascita ad una nuova corrente politica che cominciò a teorizzare l'idea secondo la quale non solo era possibile costruire il socialismo in seno al capitalismo, di dar luogo ad una transizione progressiva senza che fosse necessario rovesciare il capitalismo attraverso una rivoluzione, ma anche che il SPD avrebbe dovuto avere una politica estera espansionista specificamente tedesca: questa corrente si cristallizzò nel 1897 intorno a la Sozialistische Monatshefte (Fascicoli mensili socialisti), una rivista fuori dal controllo del SPD, negli articoli di Max Schippel, Wolfgang Heine e Heinrich Peus. [21]
Questa situazione, scomoda ma sopportabile, esplose nel 1898 con la pubblicazione delle Precondizioni del socialismo ed i compiti della socialdemocrazia (Die Voraussetzungen dei Sozialismus und die Aufgaben der Sozialdemokratie) di Eduard Bernstein. L'opuscolo di Bernstein spiegava apertamente ciò che lui ed altri stavano sostenendo già da tempo: "praticamente, scriveva nel 1896 a Kautsky, noi non siamo che un partito radicale; noi facciamo solo ciò che fanno tutti i partiti borghesi radicali, se non fosse per il fatto che noi lo dissimuliamo sotto un linguaggio interamente sproporzionato alle nostre azioni ed ai nostri mezzi" [22]. Le posizioni teoriche di Bernstein attaccavano i fondamenti stessi del marxismo nel senso che rigettavano il carattere inevitabile del declino del capitalismo e del suo crollo finale. Basandosi sulla prosperità in pieno sviluppo degli anni 1890, associata alla veloce espansione colonialista del capitalismo attraverso il pianeta, Bernstein sosteneva che il capitalismo aveva superato la sua tendenza verso le crisi autodistruttive. In queste condizioni, lo scopo era niente, il movimento era tutto, la quantità doveva prevalere sulla qualità, l'antagonismo tra gli Stati e la classe operaia doveva essere superato [23].
Bernstein proclamò apertamente che il principio fondamentale del Manifesto comunista secondo cui i lavoratori non hanno patria, era "obsoleto". Chiamò i lavoratori tedeschi a portare il loro sostegno alla politica coloniale dell'Imperatore in Africa ed in Asia. [24]
In realtà, tutta un'epoca, quella dell'espansione e dell'ascesa del sistema capitalista, stava volgendo alla sua fine. Per i rivoluzionari, tali periodi di profonda trasformazione storica pongono sempre una maggiore sfida poiché per comprendere i cambiamenti fondamentali in corso, ed anche adattare il loro programma, se necessario, loro devono analizzare le caratteristiche del nuovo periodo e sviluppare un quadro teorico pur continuando a difendere lo stesso obiettivo rivoluzionario.
L'espansione veloce del capitalismo attraverso il globo, il suo massiccio sviluppo industriale, la nuova fierezza della classe dirigente ed il suo posizionamento imperialistico, tutto ciò fece pensare alla corrente revisionista che il capitalismo sarebbe durato sempre, che al socialismo si sarebbe potuto arrivare a partire dal capitalismo ed in sua continuità, e che lo Stato capitalista avrebbe potuto servire gli interessi della classe operaia. L'illusione di una transizione pacifica dimostrava che i revisionisti erano diventati prigionieri del passato, incapaci di comprendere che un nuovo periodo storico si profilava all'orizzonte: il periodo di decadenza del capitalismo e dell'esplosione violenta delle sue contraddizioni. La loro incapacità ad analizzare la nuova situazione storica e la teorizzazione del carattere "eterno" delle condizioni del capitalismo alla fine del 19° secolo significavano anche che i revisionisti erano incapaci di vedere che le vecchie armi di lotta, il parlamentarismo e la lotta sindacale, non erano più utilizzabili. La polarizzazione sul lavoro parlamentare come asse dell'attività del partito, l'orientamento in favore della lotta per le riforme in seno al sistema, l'illusione di un "capitalismo esente da crisi" e la possibilità di arrivare pacificamente al socialismo attraverso il capitalismo, dimostrarono che una grande parte della direzione del SPD si era identificata col sistema. La corrente apertamente opportunista in seno al partito esprimeva una perdita di fiducia nella lotta storica del proletariato. Dopo anni di lotte difensive per il programma "minimo", l'ideologia democratica borghese era penetrata nel movimento operaio. Ciò significò che l'esistenza e le caratteristiche delle classi sociali erano messe in discussione, che una visione individualistica tendeva a dominare ed a sciogliere le classi ne "il popolo". L'opportunismo rigettava così il metodo marxista di analisi della società in termini di lotta di classe e di contraddizioni di classe; in effetti, l'opportunismo significava l'assenza di ogni metodo, di ogni principio e di ogni teoria.
La reazione della direzione del partito al testo di Bernstein fu quella di minimizzarne l'importanza (il Vorwärts l'accolse come uno "stimolante contributo da dibattere", dichiarando che tutte le correnti in seno al partito dovrebbero essere libere di esprimere le loro opinioni) pur rammaricandosi, in privato, che tali idee venissero espresse apertamente. Ignaz Auer, il segretario del partito, scriveva a Bernstein: "Mio caro Ede, formalmente non prendiamo la decisione di fare le cose che voi suggerite, queste cose non si dicono, semplicemente le facciamo". [25]
In seno al SPD, l'opposizione più determinata a Bernstein giunse dalle forze che non erano state abituate al lungo periodo di legalità seguito alla fine delle leggi anti-socialiste. Non fu un caso se ad opporsi con maggiore chiarezza e virulenza alla corrente di Bernstein furono militanti stranieri, in particolare, dell'Impero russo. Parvus, d'origine russa, che era emigrato in Germania negli anni 1890 e che, nel 1898, lavorò come redattore capo della stampa del SPD a Dresda, il Sächsische Arbeiterzeitung [26], lanciò un attacco infuocato alle idee di Bernstein sostenuto dalla giovane rivoluzionaria, Rosa Luxemburg che emigrata in Germania nel maggio 1898 già aveva conosciuto la repressione in Polonia. Appena si trasferì in Germania, Rosa Luxemburg cominciò a condurre la lotta contro i revisionisti col suo testo Riforma sociale o rivoluzione redatto nel 1898-99. In questo testo, presentando il metodo di Bernstein, confutava l'idea dell'avvento del socialismo attraverso riforme sociali, denunciava la teoria e la pratica dell'opportunismo. Nella sua risposta a Bernstein, sottolineò che la tendenza riformistica si era notevolmente sviluppata dall'abolizione delle leggi anti-socialiste e con la possibilità di lavorare legalmente. Il socialismo di Stato di Vollmar, l'approvazione del bilancio bavarese, il socialismo agrario Sud-tedesco, le proposte di compensi di Heine, la posizione di Schippel sulle dogane e la milizia, tutti costituivano gli elementi di una pratica opportunista crescente.
La Luxemburg metteva in evidenza il denominatore comune di questa corrente: l'ostilità verso la teoria:"Ciò che distingue [tutte le tendenze opportuniste in seno al partito] in superficie? L'avversione della "teoria" e ciò è naturale visto che la nostra teoria, cioè a dire le basi del socialismo scientifico, assegna alla nostra attività pratica dei compiti chiari e dei limiti, sia per quanto riguarda gli obiettivi da raggiungere, sia per i mezzi da utilizzare ed infine per il metodo della lotta. Naturalmente, coloro che vogliono solo correre appresso alle realizzazioni pratiche sviluppano velocemente un desiderio di liberarsi, in altre parole di separare la pratica dalla teoria". [27]
Per lei, il primo compito dei rivoluzionari era difendere lo scopo finale. "Il movimento come tale senza legame con l'obiettivo finale, il movimento come scopo in sé non è niente, ciò che conta è l'obiettivo finale". [28]
In un testo del 1903, Stagnazione e progresso del marxismo, Rosa Luxemburg considerò l'insufficienza teorica della socialdemocrazia in questi termini: "lo sforzo scrupoloso di restare "nei limiti del marxismo" talvolta è stato tanto disastroso per l'integrità del processo di pensiero quanto l'altro estremo - il rinnegamento completo della prospettiva marxista e la determinazione di manifestare "l'indipendenza della pensiero" di fronte a tutti i pericoli".
Attaccando Bernstein, la Luxemburg pretese anche che l'organo di stampa centrale del partito difendesse le posizioni decise dai congressi del partito. Quando a marzo 1899, il Vorwärts rispose che la critica della Luxemburg alla posizione di Bernstein (in un articolo intitolato "Vane speranze" - Eitle Hoffnungen), era ingiustificata, quest’ultima replicò che il Vorwärts "si trova nella situazione comoda di non correre mai il rischio di avere un'opinione erronea o di cambiare parere, un peccato che ama trovare in altri, semplicemente perché non ha mai difeso né difende alcuna opinione". [29]
Continuando sulla stessa linea, scrisse "ci sono due tipi di creature organiche: quelle che hanno una colonna vertebrale e che possono camminare in piedi, talvolta anche correre; e ci sono altre che non hanno colonna vertebrale e non possono dunque che strisciare e arrancare". A coloro i quali volevano che il partito abbandonasse ogni posizione programmatica ed ogni criterio politico, rispose all'epoca della Conferenza del partito a Hannover nel 1899: "se ciò significa che il partito - in nome della libertà di critica - non deve prendere posizione né dichiararla per mezzo di un voto alla maggioranza, noi non difendiamo questa posizione. Dobbiamo dunque protestare contro questa idea, perché noi non siamo un club di discussione ma un partito di lotta politica che deve difendere certe visioni fondamentali". [30]
Tra l'ala sinistra determinata, intorno a Rosa Luxemburg, e la destra che difendeva le idee di Bernstein e la revisione dei principi, c'era una "palude" che Bebel descrisse nei seguenti termini all'epoca del Congresso di Dresda del 1903: "è sempre la stessa vecchia ed eterna lotta tra una sinistra ed una destra e, tra le due, la palude. Sono elementi che non sanno mai ciò che vogliono o piuttosto che non lo dicono mai. Sono i Signori-io-so-tutto i quali, abitualmente, prima ascoltano per vedere chi dice e che cosa, e ciò che viene detto qua e là. Cercano sempre di capire dove si trova la maggioranza ed abitualmente la raggiungono. Abbiamo anche questo genere di persone nel partito (...) l'uomo che difende apertamente la sua posizione, ed almeno so dove si trova; almeno posso battermi con lui. O vince lui o io, ma gli elementi parassiti che schivano e sempre evitano una decisione chiara, che sempre dicono "siamo tutti d'accordo, sì siamo tutti fratelli", sono i peggiori. Io li combatto duramente". [31]
Questa palude, incapace di prendere una posizione chiara, vacillava tra quelli che erano chiaramente revisionisti, la destra, e la sinistra rivoluzionaria. Il centrismo è uno dei volti dell'opportunismo. Si posiziona sempre tra forze antagoniste, tra correnti reazionarie e correnti radicali, tenta di conciliare le due. Evita il confronto aperto delle idee, sfugge al dibattito, pensa sempre che "un lato non ha completamente ragione", ma che "neanche l'altro c’è l’abbia del tutto". Considera il dibattito politico con degli argomenti chiari ed un tono polemico come "esagerato", "estremista", "sconcertante", addirittura "violento". Pensa che il solo modo di mantenere l'unità, per preservare l'organizzazione, sia quello di permettere a tutte le tendenze politiche di coesistere, ivi compreso quelle i cui obiettivi sono in contraddizione diretta con quelli dell'organizzazione. Inorridisce a prendersi in carico le sue responsabilità ed a posizionarsi. Il centrismo nel SPD tendeva ad allearsi con reticenza con la sinistra, pur rammaricandosi de "l'estremismo" e della "violenza" di quest’ultima, impedendo nei fatti che venissero prese ferme misure - come l'espulsione dei revisionisti dal partito - e che fosse preservata la natura rivoluzionaria del partito.
Rosa Luxemburg, al contrario, riteneva che il solo modo di difendere l'unità del partito in quanto organizzazione rivoluzionaria era di insistere sulla più completa esposizione e discussione pubblica dei punti di vista opposti.
"Dissimulando le contraddizioni per "l'unità" artificiale di posizioni incompatibili, le contraddizioni non possono che raggiungere un apice, finché esplodono violentemente prima o poi in una scissione (...) Coloro che portano avanti le divergenze di posizione, e combattono le opinioni divergenti, lavorano all'unità del partito. Ma coloro che dissimulano le divergenze lavorano ad una reale scissione nel partito". [32]
Il massimo del centrismo in quel momento della vita del SPD ed il suo più prestigioso rappresentante era Karl Kautsky.
Quando Bernstein cominciò a sviluppare la sua posizione revisionista, Kautsky, inizialmente, rimase in silenzio, preferendo non opporsi pubblicamente al suo vecchio amico e compagno. Non riusciva neanche a vedere fino a che punto le teorie revisioniste di Bernstein stessero destabilizzando i fondamenti rivoluzionari su cui il partito era stato costruito. Come sottolineato dalla Luxemburg, dal momento in cui si accetta l'idea che il capitalismo possa durare eternamente, che non è destinato a crollare a causa delle sue contraddizioni interne, si è condotti inevitabilmente ad abbandonare lo scopo rivoluzionario. [33] L'insuccesso di Kautsky - come quello della maggior parte della stampa del partito - fu un evidente segno della perdita dello spirito di lotta nell'organizzazione: il dibattito politico non fu più una questione di vita o di morte per la lotta di classe, era diventato una preoccupazione accademica di esperti intellettuali.
L'arrivo di Rosa Luxemburg a Berlino nel 1898 (da Zurigo dove aveva terminato con vivacità i suoi studi con una tesi di dottorato sullo sviluppo economico della Polonia) e le sue reazioni alle teorie di Bernstein, avrebbero giocato un ruolo pesante nel condizionare l'atteggiamento di Kautsky.
Quando Luxemburg, prese coscienza delle esitazioni di Bebel e di Kautsky e del loro rifiuto a combattere le posizioni di Bernstein, criticò questo atteggiamento in una lettera a Bebel [34]. Ella chiese perché non insistevano nel rispondere energicamente a Bernstein e, nel marzo 1899, dopo che ebbe cominciato la serie di articoli, che più tardi sarebbe diventata l'opuscolo Riforma sociale o rivoluzione, riportò a Jogiches: "in quanto a Bebel, in una conversazione con Kautsky mi sono lamentata del fatto che lui non si ergesse né si battesse. Kautsky mi ha detto che Bebel aveva perso il suo dinamismo, aveva perso la fiducia in sé e non aveva più nessuna forza. Lo apostrofai nuovamente e gli chiesi: 'perché non lo stimolate voi, non lo incoraggiate ridandogli forza? Kautsky ha risposto: 'dovreste farlo voi, andate a parlare a Bebel, dovreste voi incoraggiarlo'". Quando Luxemburg chiese allo stesso Kautsky perché non avesse reagito, lui rispose: "Come posso io impegnarmi ora negli assembramenti e nelle riunioni, dal momento che sono impegnato pienamente nella lotta parlamentare, ciò significa solamente che ci saranno scontri, e dove porterebbe ciò? Per questo non ho né il tempo né l'energia". [35]
Nel 1899, in Bernstein ed il programma socialdemocratico - un'anti-critica (Bernstein und das sozialdemokratische Programm - Eine Antikritik), Kautsky si espresse finalmente contro le idee di Bernstein sulla filosofia marxista e l'economia politica così come sulle sue posizioni relative allo sviluppo del capitalismo. Tuttavia, salutando il libro di Bernstein come un prezioso contributo al movimento, si oppose all'idea della sua espulsione dal partito ed evitò di dire che Bernstein stava tradendo il programma marxista. In breve, secondo Rosa Luxemburg, Kautsky voleva evitare sia ogni contestazione alla routine piuttosto comoda della vita del partito che la necessità di criticare in pubblico il suo vecchio amico. E lo stesso Kautsky lo ammise in privato a Bernstein: "Parvus e Luxemburg hanno già ben colto la contraddizione del vostro punto di vista con i nostri principi programmatici, mentre io non ho voluto ancora ammetterlo credendo fermamente che tutto ciò fosse un malinteso (...) Questo è stato il mio errore, non sono stato perspicace quanto Parvus e Luxemburg che, già all'epoca, avevano fiutato la linea di pensiero del vostro opuscolo".[36] In effetti, nel Vorwärts, Kautsky minimizzò e camuffò l'attacco costituito dalla nuova teoria revisionista di Bernstein, dicendo che era stata amplificata fuori da ogni proporzione, da un modo di "immaginazione assurda" tipico di una mentalità piccolo-borghese. [37]
Per fedeltà al suo vecchio amico, Kautsky ritenne che avrebbe dovuto scusarsi con Bernstein in privato, e scrisse: "Sarebbe stato da vile rimanere in silenzio. Non credo che vi abbia fatto del male adesso che ho parlato. Se non avessi detto ad August Bebel che avrei risposto alla vostra dichiarazione, l'avrebbe fatto lui stesso. Conoscendo il suo temperamento e la sua insensibilità, immaginate ciò che avrebbe potuto dire" [38]. Ciò significò che lui preferiva rimanere muto e cieco di fronte al suo vecchio amico. Reagì contro la sua volontà e solamente dopo essere stato costretto dalla sinistra. Più tardi, ammise che "aveva peccato" permettendo alla sua amicizia con Bernstein di dominare il suo giudizio politico: "Nella mia vita, ho peccato solamente una volta per amicizia, ed oggi io rimpiango ancora questo peccato. Se non avessi esitato tanto con Bernstein, e se l'avessi affrontato fin dall'inizio con la necessaria rettitudine, avrei potuto risparmiare al partito numerosi problemi sgradevoli". [39] Tuttavia, questa "confessione" resta senza valore se non va alla radice del problema. Malgrado avesse confessato il suo "peccato", Kautsky non diede mai una spiegazione politica più profonda, dando le ragioni per le quali un tale atteggiamento, basato sull'affinità personale piuttosto che sui principi politici, avrebbe rappresentato un pericolo per un'organizzazione politica. In realtà, questo atteggiamento lo portò ad accordare ai revisionisti una "libertà di opinione" illimitata in seno al partito. Come lo stesso Kautsky dice alla vigilia del Congresso del partito di Hannover: "In generale, bisogna lasciare ad ogni membro del partito la possibilità di decidere se condivide o no ancora i principi del partito. Espellendo una persona, agiamo solamente contro coloro che recano offesa al partito; nessuno è stato espulso ancora dal partito a causa di critiche ragionevoli, perché il nostro partito ha sempre apprezzato molto la libertà di discussione. Anche se Bernstein non avesse meritato tanta stima per la sua partecipazione nella nostra lotta, e per il fatto che si è dovuto esiliare a causa delle sue attività di partito, comunque non avremmo intenzione di espellerlo". [40]
La risposta di Rosa Luxemburg fu chiara. "Per quanto grande sia il nostro bisogno di autocritica e per quanto larghi siano i limiti tracciati, tuttavia, deve esistere un minimo di principi che costituisca la nostra energia e la nostra stessa esistenza, il fondamento della nostra cooperazione in quanto membri di un partito. Tra le nostre fila la 'libertà di critica' non può applicarsi a questi principi, poco numerosi e molto generali, giustamente perché sono la condizione preliminare di ogni attività nel Partito, e di conseguenza anche di ogni critica esercitata nei con fronti di questa attività. Non dobbiamo tapparci le orecchie quando questi stessi principi sono criticati da qualcuno che si trova all'infuori del nostro Partito. E’ da tempo che noi li consideriamo come il fondamento della nostra esistenza in quanto partito, per cui dobbiamo rimanerne legati e non lasciarli smantellare da nostri membri. Su questo argomento, possiamo solamente concedere una libertà: quella di appartenere o non al nostro Partito". [41]
L'implicazione logica de "l'assenza di posizione" di Kautsky, è che tutti potrebbero restare in seno al partito e difendere ciò che gli piace, che il programma sia edulcorato, che il partito diventi un "crogiuolo" di opinioni differenti e non la punta di lancia di una lotta determinata. L'atteggiamento di Kautsky mostrò che lui preferiva la fedeltà ad un amico alla difesa delle posizioni di classe. Nello stesso tempo, volle adottare la posizione di un "esperto" teorico. È vero che aveva scritto alcuni libri molto importanti e preziosi (vedere sotto), e che godeva della stima di Engels, ma, come rilevò Luxemburg in una lettera a Jogiches: "Karl Kautsky si limita alla teoria" [42]. Preferendo astenersi da ogni partecipazione alla lotta per la difesa dell'organizzazione e del suo programma, Kautsky perse progressivamente ogni atteggiamento combattivo, e ciò significava che poneva ciò che considerava come i suoi obblighi verso i suoi amici al di sopra di ogni obbligo morale verso la sua organizzazione ed i suoi principi. Ciò portò a che la teoria venisse staccata dall'azione pratica e concreta: per esempio, il prezioso lavoro di Kautsky sull'etica, in particolare il capitolo sull'internazionalismo, non era legato ad una difesa indissolubile dell'internazionalismo nell'azione.
C'è un contrasto sorprendente tra gli atteggiamenti di Kautsky nei confronti di Bernstein e quello di Rosa Luxemburg nei confronti di Kautsky. Al suo arrivo a Berlino, Luxemburg intrattenne relazioni strette con Kautsky e la sua famiglia. Ma rapidamente sentì che la grande stima che la famiglia di Kautsky le mostrava diventava per lei un fardello. Già nel 1899 si lamentò con Jogiches: "Comincio a schivare le loro belle parole. I Kautsky mi considerano come facente parte della loro famiglia". (11/12/1899). "Io sento tutti questi segni di affetto (è molto benintenzionato verso di me, posso vederlo) come un terribile fardello, invece di un piacere. In effetti, ogni amicizia nata in età adulta e più ancora quando è basata sull'appartenenza al partito, è un fardello: vi impone certi obblighi, è una costrizione, ecc. E proprio questo aspetto dell'amicizia che è un handicap. Dopo la redazione di ogni articolo, mi chiedo: non sarà deluso, ciò non comprometterà la nostra amicizia"? [43].
Lei era consapevole dei pericoli indotti da un atteggiamento fondato su delle affinità, dove le considerazioni di obbligo personale, di amicizia o di gusti comuni, oscurano il giudizio politico del militante ma, anche, quello che potremmo chiamare il suo giudizio morale, pronta a riconoscere se una linea di azione fosse conforme ai principi dell'organizzazione [44]. Tuttavia, Luxemburg osava confrontarsi apertamente con Kautsky: "Ho un problema fondamentale sul modo di affrontare le cose con Kautsky. In conclusione mi ha detto che fra vent'anni io la penserò come lui; ho risposto che se ciò dovesse accadere fra 20 anni io sarò diventata una zombie". [45]
All'epoca del Congresso di Lubecca nel 1901, Luxemburg fu accusata di deformare le posizioni degli altri compagni, un'accusa che ritenne diffamatoria e per la quale esigé un chiarimento pubblico. A questo scopo, presentò una dichiarazione da pubblicare nel Vorwärts [46]. Ma Kautsky, in nome della Neue Zeit, l'esortò a ritirare la sua richiesta di pubblicazione. Rispose a Kautsky: "Certamente, sono pronta a rinunciare a pubblicare la mia dichiarazione nella Neue Zeit, ma permettetemi di aggiungere alcune parole di spiegazione. Se fossi stata uno di quelli che, senza considerazione per nessuno, avessi protetto i miei diritti ed i miei interessi - e questi sono numerosi nel nostro partito – anzi, sono tutti così - insisterei naturalmente per la pubblicazione, perché voi stesso, in quanto redattore capo, ammettete che avete certi obblighi verso di me in questo affare. Ma, pure ammettendo quest'obbligo, ponete allo stesso tempo un revolver di esortazione e di domanda amichevole sul mio cuore e mi chiedete di non fare uso di quest'obbligo e dunque di non difendere i miei diritti. Ebbene sono nauseata all'idea di dovere insistere su questi diritti se questi sono concessi solamente a mezzo di sospiri e digrignar di denti e quando le persone mi afferrano non solo per il braccio nella speranza che "mi difenda" da sola, ma in più cercano di ridurmi in poltiglia, nella speranza che così sarò convinta a rinunciare ai miei diritti. Avete avuto ciò che cercate, siete libero di ogni obbligo verso me in questo affare.
Ma sembrerebbe che agiate nell'illusione che è unicamente per amicizia e nel mio interesse. Permettetemi di distruggere questa illusione. In quanto amico, avreste dovuto dirmi: 'vi consiglio, costi quel che costi e senza condizione, di difendere il vostro onore come redattore, perché scrittori più grandi (…) come Marx ed Engels, hanno scritto interi opuscoli, condotto guerre di penna senza fine, quando qualcuno aveva osato accusarli di falsificazione. Voi tanto più, come giovane scrittrice che ha molti nemici, dovete cercare di ottenere intera soddisfazione'... Ecco ciò che avreste dovuto consigliarmi in quanto amico. L'amica, tuttavia, è stata relegata velocemente in secondo piano dal redattore capo della Neue Zeit, e quest'ultimo ha solamente un desiderio dopo il Congresso del partito [di Lubecca]; vuole la pace, vuole mostrare che la Neue Zeit ha appreso la lezione dopo avere ricevuto una batosta, ha imparato a chiudere la bocca [47]. Ed è per tali ragioni che i diritti essenziali di un redattore capo aggiunto e collaboratore regolare... devono essere sacrificati. Permettiamo che un collaboratore della Neue Zeit - che non fa certamente il peggiore lavoro - ingoia anche un'accusa pubblica di falsificazione purché la pace e la calma siano mantenuti! Ecco come stanno le cose, amico mio! Ed adesso con i migliori saluti, vostra Rosa" [48].
Qui, vediamo una giovane rivoluzionaria, determinata, e per di più donna, dichiarare che l'autorità di un "anziano", l'autorità "ortodossa", esperta, dovrebbe assumersi la propria responsabilità in prima persona. Kautsky rispose a Luxemburg: "Vedete, noi non dovremmo contrariare le persone della frazione parlamentare, non dovremmo dare l'impressione che li si prende con arroganza. Se voi desiderate inviare loro un suggerimento, è preferibile farlo con una lettera privata che sarà molto più efficace" [49]. Ma Rosa Luxemburg tentò di "rianimargli" il suo spirito combattivo: "Veramente voi dovreste battervi con le viscere e con gioia, e non come se si trattasse di un intermezzo noioso; il pubblico è sempre sensibile allo stato di spirito combattivo e la gioia della lotta dà risonanza alla controversia, ed assicura la superiorità morale" [50]. Questo atteggiamento di non volere disturbare il corso normale della vita del partito, di non prendere posizione nel dibattito, di non spingere al chiarimento delle divergenze, di evitare il dibattito e di tollerare i revisionisti, allontanava Rosa Luxemburg e mostrava chiaramente fino a che punto la perdita della combattività, della morale, la perdita di convinzione, di determinazione, erano diventate la caratteristica dominante dell'atteggiamento di Kautsky: "Ho appena letto il suo [articolo] "Nazionalismo ed internazionalismo" era orribile e dava la nausea. Presto non sarò più capace di leggere uno solo dei suoi scritti. Ho l'impressione che una ragnatela nauseabonda mi ricopra la testa"... [51]. "Kautsky diventa sempre più duro da mandare giù. È sempre più fossilizzato, non ha più alcuna preoccupazione umana verso chiunque, salvo la sua famiglia. Mi sento veramente a disagio con lui". [52]
L'atteggiamento di Kautsky può così considerarsi all’opposto di quello di Luxemburg e Léo Jogiches. Dopo la rottura della relazione di Rosa Luxemburg con Léo Jogiches nel 1906 (che le causò non solo uno stress ed un immenso dolore ma anche una grande delusione verso di lui come compagno di vita), sono entrambi rimasti molto vicino come compagni di lotta fino al giorno dell'assassinio di Rosa. Malgrado i profondi rancori personali, la delusione e la gelosia, questi sentimenti emozionali profondi consecutivi alla rottura della loro relazione non hanno mai impedito loro di essere fianco a fianco nella lotta politica.
Si potrebbe obiettare che, nel caso di Kautsky, l’atteggiamento di quest’ultimo rifletteva solo la sua mancanza di personalità ed il suo carattere, ma è più corretto dire che egli personificava la putrefazione morale in seno alla socialdemocrazia nel suo insieme.
Luxemburg fu costretta, fin dall'inizio, a far fronte alla resistenza della "vecchia guardia". Quando criticò la politica revisionista all'epoca del Congresso di Stoccarda 1898, "Vollmar mi ha rimproverato amaramente, in quanto giovane del movimento, di volere dare delle lezioni ai vecchi veterani (...) Ma se Vollmar risponde alle mie argomentazioni con un 'voi inesperta, potrei essere vostro nonno', in questo non vedo altro se non la prova che è a corto di argomenti". [53]. Per quanto riguarda l'indebolimento della combattività dei veterani più centristi, in un articolo redatto dopo il Congresso del 1898, lei dichiarò che: "Avremmo preferito che i vecchi combattenti avessero ripreso la lotta fin dall'inizio del dibattito (...) Se il dibattito è decollato, non è a causa, ma a dispetto del comportamento dei leader del partito (...) Abbandonando il dibattito alla sua sorte, guardando passivamente per due giorni per vedere in che direzione avrebbe soffiato il vento ed intervenendo solamente quando i portavoce dell'opportunismo sono stati obbligati a mostrarsi alla luce del giorno, poi facendo delle osservazioni sarcastiche sul tono tagliente di quelli di cui si difende poi il punto di vista, è una tattica che non proietta una buona immagine dei dirigenti del partito. E le spiegazioni di Kautsky in quanto alle ragioni per le quali non ha fatto finora dichiarazione pubblica sulla teoria di Bernstein, perché voleva riservarsi il diritto di dire l'ultima parola durante un possibile dibattito, per la verità non danno alcuna idea di una buona scusa. A febbraio, pubblica l'articolo di Bernstein senza alcun commento editoriale nella Neue Zeit, poi resta muto per 4 mesi, in giugno, apre le discussioni con alcuni complimenti al "nuovo" punto di vista di Bernstein, questa nuova copia mediocre di socialista da camera, poi di nuovo, resta muto per 4 mesi, lascia cominciare il Congresso del partito, poi dichiara durante il dibattito che preferirebbe fare le osservazioni finali.
Preferiremmo che il "teorico di ufficio" intervenisse sempre nei dibattimenti e non accontentarsi di fare la conclusione di queste questioni cruciali; che non dia l'impressione erronea ed ingannatrice che, per molto tempo, non abbia saputo ciò che doveva dire." [54]
Così, molti membri della vecchia guardia che avevano combattuto sotto le condizioni della Legge anti-socialista, furono disarmati dal peso del democratismo e del riformismo. Furono incapaci di comprendere il nuovo periodo e cominciarono a teorizzare l'abbandono dell'obiettivo socialista. Al posto di trasmettere le lezioni della lotta condotta durante le condizioni della Legge anti-socialista ad una nuova generazione, avevano perso la loro combattività. E la corrente centrista che si nascondeva ed evitava il combattimento, evitando la battaglia aperta contro l'opportunismo, apriva la via alla salita della destra.
Mentre i centristi evitarono la lotta, l'ala sinistra intorno a Luxemburg mostrò il suo spirito combattivo ed era pronta ad assumersi le proprie responsabilità. Vedendo che in realtà "lo stesso Bebel è diventato già vecchio e lascia andare le cose; è alleggerito se altri lottano, ma lui stesso non ha né l'energia né lo slancio per prendere l'iniziativa. K [Kautsky] si limita alla teoria, nessuno si assume alcuna responsabilità". [55] "Ciò significa che il partito è su una cattiva strada (...) Nessuno lo dirige, nessuno si prende responsabilità". L'ala sinistra mirava a guadagnare più influenza ed era convinta della necessità di agire come punta di lancia. Luxemburg scrisse a Jogiches: "Ancora un anno di lavoro perseverante, positivo e la mia posizione sarà forte. Per il momento non posso attenuare il taglio del mio discorso, perché dobbiamo difendere la posizione più intransigente" [56]. Questa influenza non doveva essere ottenuta al prezzo di una diluizione delle posizioni.
Convinta della necessità di una leadership determinata e che avrebbe potuto affrontare la resistenza degli esitanti, volle spronare il partito. "Una persona, che in più non appartiene alla cricca al potere, che non vuole contare sul sostegno di nessuno ma utilizza solamente i suoi gomiti, una persona preoccupata non solo dell'avvenire a causa di avversari così scoperti come Auer e Co. ma anche degli alleati (Bebel, Kautsky, Singer), una persona che è meglio tenere a distanza perché potrebbe superarli di molto (…) Non ho alcuna intenzione di limitarmi a criticare. Al contrario, veramente ho l'intenzione ed il desiderio di "spronare" in modo positivo, non gli individui ma il movimento nel suo insieme... di mostrare vie nuove, di combattere, di non agitarsi inutilmente - in una parola, di essere uno stimolo permanente per l'insieme del movimento" [57]. Nell'ottobre del 1905, Luxemburg si vide proporre la possibilità di partecipare al Comitato di redazione del Vorwärts. Fu intransigente su una possibile censura delle sue posizioni. "Se a causa dei miei articoli c'è un conflitto con la direzione o con il Comitato di redazione, non sarò la sola a lasciarlo, ma è l'insieme della sinistra che esprimerà la sua solidarietà e lascerà il Vorwärts, ed il Comitato di redazione sarà spazzato via". Per un breve periodo, la sinistra guadagnò una certa influenza.
Il processo di degenerazione del partito non fu contrassegnato solamente dai tentativi aperti di abbandono delle posizioni programmatiche e per la mancanza di combattività di larghi settori al suo interno. Sotto la superficie, esisteva in modo permanente una corrente fatta di rancori meschini e di denigrazioni personali, diretti contro coloro che difendevano nella maniera più intransigente i principi dell'organizzazione e perturbavano la facciata di unità. L'atteggiamento di Kautsky nei confronti della critica di Luxemburg a Bernstein, per esempio, era ambivalente. Malgrado le sue relazioni di amicizia con Luxemburg, poteva tuttavia scrivere a Bernstein: "Questa maligna creatura Luxemburg è scontenta della tregua fino alla pubblicazione del vostro opuscolo, ogni giorno, infligge un altro colpo alle tattiche [58].
Talvolta, come vedremo, questa corrente sotterranea emergeva in superficie attraverso accuse calunniose ed attacchi personali.
È soprattutto la destra che reagiva personalizzando e facendo de "il nemico" in seno al partito un capro espiatorio. Mentre un chiarimento delle divergenze profonde attraverso un confronto aperto era necessario, la destra, al posto di portare degli argomenti al dibattito, arretrò e si mise a calunniare i membri più importanti della sinistra.
Mostrando un chiaro sentimento di inferiorità sul piano teorico, i membri della destra diffusero insinuazioni calunniose in particolare su Luxemburg, facendo commenti maschilisti ed insinuazioni sulla sua vita sentimentale e le sue "sfortunate" relazioni sociali (la sua relazione con Léo Jogiches non era conosciuta dal partito): "Questa vecchia ragazza intelligente e meschina verrà lo stesso ad Hannover. La rispetto e ritengo che lei sia più brava di Parvus. Ma mi detesta dal fondo del suo cuore". [59]
Il segretario dell'ala destra del partito, Ignaz Auer, disse a Bernstein:"Anche se non siamo uguali ai nostri avversari, perché nessuno è in grado di giocare un grande ruolo, non cediamo contro la retorica ed i propositi ingiuriosi. Ma se ci fosse "proprio" un divorzio, che nessuno considera del resto seriamente, Clara [Zetkin] e Rosa si ritroverebbero sole. Neanche i loro [innamorati] prenderebbero la loro difesa, né i vecchi né gli attuali". [60]
Lo stesso Auer non esitò ad utilizzare toni xenofobi; diceva che "i principali attacchi contro Bernstein ed i suoi sostenitori e contro Schippel non provenivano dai compagni tedeschi o comunque dal movimento in Germania. Le attività di queste persone, in particolare della Sig.ra Rosa Luxemburg, sono state sleali e non bene accolte tra i compagni" [61].
Questo tipo di tono xenofobo – specialmente contro Luxemburg che era di origine ebraica - diventerà un fattore permanente della campagna della destra che si evolverà in modo sempre più violento durante gli anni che precederanno la Prima Guerra mondiale. [62]
L'ala destra del partito scrisse anche commenti satirici o testi su Luxemburg [63]. Luxemburg ed altre personalità di sinistra erano già state prese di mira in una maniera particolarmente meschina in Polonia. Paul Frölich riporta, nella sua biografia di Luxemburg, che molte calunnie furono lanciate contro personalità di sinistra come Warski e Luxemburg. Luxemburg fu accusata di essere pagata dall'ufficiale di polizia di Varsavia, Markgrafski, quando pubblicò un articolo sulla questione dell'autonomia nazionale; fu ancora accusata di essere un agente al soldo dell'Okhrana, la polizia segreta russa. [64]
Rosa Luxemburg fu sempre più nauseata dall'ambiente in seno al partito. "Ogni contatto più stretto con la gang del partito crea un tale sentimento di malessere che ogni volta sono determinata a dire: a tre miglia marine dal punto più basso della bassa marea! Dopo essere stata con loro, sento un tale odore di sporcizia, provo una tale impotenza caratteriale, una tale meschinità, che mi precipito a rientrare nella mia tana di topo". [65]
Era il 1899, ma dieci anni più tardi, la sua opinione sul comportamento dei dirigenti del partito non migliorò. "Dopo tutto, provate a restare calmi e a non dimenticare che all'infuori della direzione del partito e dei furfanti del tipo Zietz, ci sono ancora molte cose belle e pure. Oltre all'inumanità immediata, lui [Zietz] manifesta un sintomo doloroso della miseria generale in cui è sprofondata la nostra "leadership", il sintomo di uno stato d'animo spaventoso e terribilmente povero. Ancora una volta, io spero, che quest’alga in decomposizione verrà spazzata via da un'onda spumeggiante" [66].
Ed espresse spesso la sua indignazione di fronte all'atmosfera burocratica soffocante in seno al partito: "Talvolta mi sento proprio miserabile qui e ho voglia di fuggire dalla Germania. In qualsiasi villaggio della Siberia di cui avete voglia di parlare, c'è più umanità che nell'insieme della socialdemocrazia tedesca". [67] Questo atteggiamento di designare capri espiatori miranti a distruggere la reputazione della sinistra seminò i germi del futuro assassinio di Rosa Luxemburg da parte dei Corpi Franchi che la trucidarono, a gennaio 1919, su ordine del SPD. Il tono adoperato contro di lei in seno al partito preparò l'atmosfera di pogrom contro i rivoluzionari durante l'ondata rivoluzionaria del 1918-1923. La diffamazione che, poco a poco, si era infiltrata nel partito e l'assenza di indignazione rispetto a questo argomento, in particolare da parte del centro, contribuirono a disarmare moralmente il partito.
Oltre a creare capri espiatori, personalizzare e condurre attacchi xenofobi, le differenti istanze del partito, sotto l'influenza della destra, cominciarono a censurare gli articoli della sinistra ed in particolare della Luxemburg. Soprattutto dopo il 1905, nel momento in cui la questione dell'azione di massa era all'ordine del giorno (vedere sotto), il partito tendeva sempre più ad imbavagliare Rosa Luxemburg ed impedire la pubblicazione dei suoi articoli sulla questione dello sciopero di massa e dell'esperienza russa. Sebbene la sinistra disponesse di bastioni in certe città [68], l'insieme dell'ala destra dell'apparato del partito tentava di impedire la propagazione delle posizioni di Rosa Luxemburg nell'organo centrale del partito, il Vorwärts: "Dobbiamo purtroppo declinare il vostro articolo dato che, conformemente ad un accordo tra gli esecutivi del partito, il Consiglio esecutivo dell'organizzazione provinciale prussiana [del SPD] ed il redattore capo, ci impedisce per il momento di esaminare la questione dello sciopero di massa nel Vorwärts". [69]
Come vedremo, il declino morale e l'indebolimento della solidarietà in seno al partito ebbero un effetto nocivo quando le tensioni imperialistiche si acuirono, mentre la sinistra insisteva sulla necessità di rispondervi attraverso un'azione di massa.
Anche Franz Mehring, personalità molto conosciuta e rispettata della sinistra, fu egualmente e spesso attaccato. Ma, contrariamente a Rosa Luxemburg, lui si offendeva facilmente e tendeva a ritirarsi dalla lotta se riteneva di essere stato attaccato ingiustamente. Per esempio, prima del Congresso del partito a Dresda nel 1903, Mehring aveva denunciato l'incompatibilità, per dei socialdemocratici, di essere affiliati al partito e, allo stesso tempo, scrivere nella stampa borghese. Gli opportunisti gli lanciarono contro una campagna diffamatoria. Mehring si appellò al tribunale del partito. Questo si riunì ed emise un "giudizio clemente" contro gli opportunisti. Ma, dal momento che su di lui aumentava sempre più la pressione crescente della destra, Mehring tese a ritirarsi dalla stampa del partito. Luxemburg insisté affinché resistesse alla pressione della destra ed alle sue calunnie: "Voi avvertite sicuramente che ci avviciniamo sempre più ai momenti in cui le masse del partito avranno bisogno di una direzione energica, spietata e generosa e che, senza di voi, i nostri poteri, cioè l'esecutivo, l'organo centrale, le primarie al Reichstag ed il 'giornale scientifico', diventeranno sempre più pietosi, meschini e vili. È chiaro che ci accingiamo a far fronte a questo attraente avvenire, e noi dobbiamo occupare e tenere tutte le posizioni che ci permettono di neutralizzare la direzione ufficiale esercitando il diritto di criticare. (…) È nostro dovere dunque resistere e non favorire i padroni ufficiali del partito ritirandoci dal gioco. Dobbiamo accettare le lotte e le frizioni continue, particolarmente quando qualcuno ha attaccato questo santo dei santi, il cretinismo parlamentare, così fortemente come l'avete fatto voi. Ma a dispetto di tutto, non cedere di un passo sembra essere la giusta parola d'ordine. La Neue Zeit non deve essere consegnata tutta intera alla senilità ed alla burocrazia". [70]
Nel momento in cui si apriva un nuovo secolo, il fondamento sul quale revisionisti e riformisti avevano basato la loro teoria e la loro pratica cominciò a sgretolarsi.
Superficialmente ed a dispetto di difficoltà occasionali, la salute dell'economia capitalista sembrava robusta; continuava irresistibilmente ad espandersi nelle ultime regioni ancora libere dalle potenze imperialiste, in particolare Africa e Cina. L'espansione del capitalismo aveva raggiunto nel mondo intero uno stadio in cui le potenze imperialiste non potevano estendere oltre la loro influenza se non a scapito delle loro rivali. Tutte le grandi potenze si trovarono costrette sempre più in una corsa agli armamenti senza precedenti, la Germania in particolare si era impegnata in un programma di rafforzamento massiccio della sua marina da guerra. Benché in quel periodo pochi se ne resero conto, l'anno 1905 segnò una svolta: un conflitto tra due grandi potenze condusse ad una guerra a grande scala, e la guerra condusse alla prima grande apparizione rivoluzionaria della classe operaia.
La guerra esordì nel 1904 tra Russia e Giappone per il controllo della penisola coreana. La Russia subì un’umiliante sconfitta, e gli scioperi di gennaio 1905 furono una reazione diretta contro gli effetti della guerra. Per la prima volta nella storia, una gigantesca ondata di scioperi massicci scosse un intero paese. Il fenomeno non si limitò alla Russia. Anche se non in modo così massiccio, con rivendicazioni ed in contesti differenti, movimenti di sciopero simili esplosero in una serie di paesi europei: nel 1902 in Belgio, nel 1903 in Olanda, nel 1905 nella regione della Ruhr in Germania e in Olanda. Un certo numero di scioperi selvaggi massicci ebbe luogo anche negli Stati Uniti tra il 1900 ed il 1906, in particole nelle miniere di carbone in Pennsylvania. In Germania, Rosa Luxemburg - agitatrice e giornalista rivoluzionaria per il partito tedesco e membro del Comitato Centrale del SDKPiL [71] seguì attentamente le lotte in Russia ed in Polonia [72]. Nel dicembre 1905, essa ritenne che non poteva restare più in Germania come semplice osservatrice e partì per la Polonia per partecipare direttamente al movimento. Fortemente coinvolta giorno per giorno al processo della lotta di classe e all'agitazione rivoluzionaria, fu testimone diretto della nuova dinamica di sviluppo dello sciopero di massa [73]. Con altre forze rivoluzionarie, cominciò a trarne le lezioni. Nello stesso momento in cui Trotsky scriveva il suo celebre libro sul 1905, in cui metteva in evidenza il ruolo dei consigli operai, Luxemburg nel suo testo, Sciopero di massa, partito e sindacati [74] sottolineò l'importanza storica della "nascita dello sciopero di massa" e le sue conseguenze per la classe operaia a livello internazionale. Il suo testo sullo sciopero di massa fu un primo testo programmatico delle correnti di sinistra nella 2a Internazionale, mirante a tirare le più ampie lezioni ed a sottolineare l'importanza di un'azione autonoma, massiccia della classe operaia. [75]
La teoria di Luxemburg dello sciopero di massa andò completamente contro la visione della lotta di classe generalmente accettata dal partito e dai sindacati. Per i secondi, la lotta di classe era un poco come una campagna militare nella quale lo scontro doveva essere ricercato solo dopo che l'esercito avesse riunito una forza schiacciante, ed i dirigenti dei sindacati e del partito dovevano agire come uno Stato Maggiore generale che dirigesse la massa dei lavoratori. Tutto ciò era molto distante dall'insistenza della Luxemburg sull'autoattività creatrice delle masse, ed ogni idea secondo la quale gli stessi lavoratori potrebbero agire indipendentemente dalla direzione rappresentava un anatema per i dirigenti sindacali che, nel 1905, per la prima volta si dovettero scontrare con la prospettiva di essere sommersi da un'ondata massiccia di lotte autonome. La reazione dell'ala destra del SPD e della direzione sindacale fu semplicemente quella di vietare ogni discussione sulla questione. Al Congresso dei sindacati nel maggio 1905 a Colonia, venne rigettata ogni discussione sullo sciopero di massa come "riprovevole" [76] e si giunse a dire che "il Congresso dei Sindacati raccomanda a tutti i lavoratori organizzati di opporsi energicamente a ciò [la propagazione dello sciopero di massa]". Questo atteggiamento annunciava la cooperazione del SPD e dei sindacati con la classe dirigente nella lotta contro la rivoluzione.
Anche la borghesia tedesca aveva seguito il movimento con attenzione per impedire innanzitutto ai lavoratori tedeschi di "copiare l'esempio russo". A causa del suo discorso sullo sciopero di massa al Congresso del SPD di Iena nel 1905, Rosa Luxemburg fu accusata "di incitamento alla violenza" e fu condannata a due mesi di prigione. Kautsky, nello stesso tempo, tentò di minimizzare l'importanza dello sciopero di massa, insistendo sul fatto che esso era innanzitutto un prodotto di condizioni arretrate della Russia e pertanto non poteva essere applicato in un paese avanzato come la Germania. Utilizzò "il termine 'Metodo russo' come simbolo della mancanza di organizzazione, di primitivismo, di caos, di ferocia" [77].
Nel suo libro del 1909, Le strade del potere, Kautsky affermò che "l'azione di massa è una strategia obsoleta per rovesciare il nemico" e la oppose alla strategia di "guerra di logoramento" da lui proposta. [78]
Negando di considerare lo sciopero di massa come una valida prospettiva per la classe operaia mondiale, Kautsky attaccò la posizione della Luxemburg come se si trattasse di un semplice ghiribizzo personale di quest'ultima. Kautsky scrisse a Luxemburg: "Non ho il tempo di spiegarvi le ragioni che Marx ed Engels, Bebel e Liebknecht hanno considerato come sostanziali. In breve, ciò che voi volete è un genere totalmente nuovo di agitazione, che finora abbiamo sempre rifiutato. Ma questa nuova agitazione è di una natura tale che non conviene dibatterla in pubblico. Se pubblicassimo l'articolo, agireste per conto vostro, come un individuo e proclamereste un'agitazione ed un'azione totalmente nuova, sempre rigettata dal partito. Una sola persona, qualunque sia il suo stato, non può agire per proprio conto e creare così un fatto compiuto, ciò che avrebbe delle conseguenze imprevedibili per il partito".[79]
Luxemburg rigettò il tentativo di presentare l'analisi e l'importanza dello sciopero di massa come una "politica personale" [80]. Sebbene i rivoluzionari debbano riconoscere l'esistenza di condizioni differenti in differenti paesi, devono però innanzitutto afferrare la dinamica globale dell'evoluzione delle condizioni della lotta di classe, in particolare le tendenze che annunciano l'avvenire. Kautsky si opponeva a "l'esperienza russa" considerata come espressione dell'arretramento della Russia, rifiutando così indirettamente la solidarietà internazionale e diffondendo un punto di vista impregnato di pregiudizi nazionali, pretendendo che i lavoratori in Germania con i loro potenti sindacati fossero più avanzati ed i loro metodi "superiori" ... e ciò in un momento in cui i dirigenti sindacali già combattevano lo sciopero di massa e l'azione autonoma del proletariato! E quando Luxemburg fu mandata in prigione per avere fatto la propaganda allo sciopero di massa, Kautsky ed i suoi sostenitori non mostrarono alcun segno di indignazione e non protestarono.
Luxemburg, che non voleva essere ridotta al silenzio da questi tentativi di censura, rimproverò alla direzione del partito di concentrare ogni sua attenzione sulla preparazione delle elezioni: "Tutte le questioni di tattica dovrebbero essere soffocate dal delirio di gioia intorno ai nostri successi elettorali attuali e futuri? Il Vorwärts crede veramente che l'approfondimento e la riflessione politica di larghi strati del partito potrebbero essere favoriti da questa atmosfera permanente di acclamazione dei futuri successi elettorali un anno, forse un anno e mezzo prima della tenuta delle elezioni e facendo tacere ogni autocritica in seno al partito? [81]
Oltre Rosa Luxemburg, il più critico della "strategia di logorio" di Kautsky fu Anton Pannekoek. Nel suo libro "Differenze tattiche nel movimento operaio" [82] Pannekoek intraprese una critica fondamentale e sistematica dei "vecchi attrezzi" del parlamentarismo e della lotta sindacale. Pannekoek divenne così la vittima della censura e della repressione in seno alla Socialdemocrazia e all'apparato sindacale e perse anche il suo impiego alla scuola del partito. Sempre più, sia gli articoli di Luxemburg che quelli di Pannekoek vennero censurati dalla stampa del partito. Nel novembre 1911, per la prima volta, Kautsky impedì la pubblicazione di un articolo di Pannekoek nella Neue Zeit. [83]
Così, gli scioperi di massa del 1905 costrinsero la direzione del SPD a mostrare il suo vero volto ed ad opporsi ad ogni mobilitazione della classe operaia che tentava di riprendere sul suo conto l'esperienza "russa". Molti anni prima dello scoppio della Guerra, i dirigenti sindacali erano diventati un bastione del capitalismo. L'argomento consistente nel "prendere in conto condizioni differenti della lotta di classe" era in realtà un pretesto per rigettare la solidarietà internazionale, mentre l'ala destra della socialdemocrazia tentava di evocare timori ed anche di attizzare il risentimento nazionale nei confronti del "radicalismo russo"; ciò costituirà un'arma ideologica importante nella guerra che esploderà alcuni anni più tardi. Dopo il 1905, il centro, che fino a quel momento era stato esitante, fu attirato progressivamente e sempre più verso la destra. L'incapacità ed il rifiuto del centro a sostenere la lotta della sinistra nel partito volevano dire che la sinistra era più isolata in seno al partito.
Come sottolineò Luxemburg: "l'effetto pratico dell'intervento del compagno Kautsky si riduce dunque a questo: egli ha fornito una copertura teorica a quelli che, nel partito e nei sindacati, vivono con un sentimento di malessere la crescita impetuosa del movimento di massa e che desidererebbero mettervi un freno e riportarlo il più rapidamente possibile sulla buona vecchia e comoda strada della routine parlamentare e sindacale. Kautsky ha fornito un alibi ai loro scrupoli di coscienza, e ciò sotto l'egida di Marx ed Engels, ma anche un mezzo per rompere la schiena di un movimento di manifestazioni che lui pretendeva rendere 'sempre più potente'". [84]
Il Congresso dell'Internazionale a Stoccarda nel 1907 tentò di trarre le lezioni dalla guerra russo-giapponese e di far pesare l’intervento della classe operaia organizzata contro la minaccia crescente di guerra. Circa 60000 persone parteciparono ad una manifestazione dove gli oratori di più di una dozzina di paesi misero in guardia contro il pericolo di guerra. August Bebel propose una risoluzione contro il pericolo di guerra che però evitava la questione del militarismo come facente parte integrante del sistema capitalista e non menzionò la lotta dei lavoratori in Russia contro la guerra. Il Partito tedesco tentò di evitare di essere colpito da qualsiasi prescrizione in quanto alla sua azione in caso di guerra, sotto forma di uno sciopero generale innanzitutto. Luxemburg, Lenin e Martov proposero insieme un emendamento che dava un taglio più energico alla risoluzione: "Nel caso in cui scoppiasse la guerra, [i partiti socialisti] hanno il dovere di intervenire per farla cessare prontamente e di utilizzare con tutte le loro forze la crisi economica e politica creata dalla guerra per agitare i più profondi strati popolari e aiutare a buttare giù il dominio capitalista" [85]. Al Congresso di Stoccarda si votò all'unanimità questa risoluzione, ma in seguito la maggioranza della 2a Internazionale non riuscì a rafforzare la sua opposizione ai crescenti preparativi di guerra. Il Congresso di Stoccarda è entrato nella storia come un esempio di dichiarazioni verbali senza azione della maggior parte dei partiti partecipanti [86]. Ma fu un momento importante di cooperazione tra le correnti dell'ala sinistra che, malgrado le loro divergenze su molte altre questioni, presero una posizione comune sulla questione della guerra.
A febbraio 1907, Karl Liebknecht pubblicò il suo libro Militarismo ed antimilitarismo con un'attenzione particolare per il movimento internazionale dei giovani, in cui denunciava in particolare il ruolo del militarismo tedesco. Nell'ottobre 1907, fu condannato a 18 mesi di prigione per alto tradimento. Durante lo stesso anno, un dirigente dell'ala destra del SPD, Noske, dichiarava in un discorso pronunciato al Reichstag che, in caso di una "guerra di difesa", la socialdemocrazia avrebbe sostenuto il governo e "difenderebbe la patria con grande passione.... il nostro atteggiamento nei confronti dell'esercito è determinato dal nostro parere sulla questione nazionale. Esigiamo l'autonomia di ogni nazione. Ma ciò significa che insistiamo anche sulla preservazione dell'autonomia del popolo tedesco. Siamo pienamente coscienti che è nostro dovere e nostro obbligo assicurarci che il popolo tedesco non sia spinto contro il muro da altri popoli" [87]. Si trattava dello stesso Noske che, nel 1918, sarebbe diventato il "cane sanguinario" (come lui stesso si definiva) della repressione che la SPD esercitò contro i lavoratori.
Nel 1911, la spedizione tedesca della cannoniera Panther ad Agadir provocò la seconda crisi marocchina con la Francia. La direzione del SPD aveva allora rinunciato ad ogni azione antimilitarista per evitare di mettere in pericolo il suo successo elettorale alle prossime elezioni del 1912. Quando Luxemburg denunciò questo atteggiamento, la direzione del SPD l'accusò di tradire i segreti del partito. Nell'agosto 1911, dopo molta esitazione e tentativi di eludere la questione, la direzione del partito distribuì un volantino che voleva essere una protesta contro la politica dell'imperialismo tedesco in Marocco. Il volantino fu molto criticato da Luxemburg nel suo articolo il "Il nostro volantino sul Marocco" ignorando, come lei stessa scrisse [88], che Kautsky ne fosse l'autore. Kautsky rispose allora con un attacco molto personalizzato.
Luxemburg rispose: "Kautsky, lei disse, ha presentato la sua critica come 'un cattivo colpo di coltello nella schiena, un perfido attacco contro [Kautsky] in quanto persona'. (…) Il compagno Kautsky farà fatica a dubitare del mio coraggio nel fare apertamente fronte ad una persona, nel criticare o battermi direttamente contro qualcuno. Non ho mai attaccato nessuno tendendogli un'imboscata e rigetto fermamente l'idea del compagno Kautsky secondo la quale io già fossi a conoscenza dell’autore del volantino e che – anche senza nominarlo - l'avrei indicato. (…) Ma avrei fatto attenzione a non cominciare una polemica inutile con un compagno che reagisce in modo eccessivo con un tale diluvio di vituperazione personale, di amarezza e di sospetto contro una critica rigorosamente puntuale, sebbene forte, e che suppone un'intenzione personale, maligna, un letamaio dietro ogni parola della critica" [89]. Al Congresso del partito di Iena nel settembre 1911, la direzione del partito distribuì un opuscolo speciale contro Rosa Luxemburg, pieno di attacchi, accusandola di violazione di confidenzialità e di avere informato il Bureau socialista internazionale della 2a Internazionale della corrispondenza interna del SPD.
Sebbene nel suo libro del 1909, la strada del potere, Kautsky abbia avvertito che "la guerra mondiale si avvicinava pericolosamente", nel 1911 predisse che "tutti sarebbero diventati patrioti" quando la guerra fosse esplosa. E che se la Socialdemocrazia decidesse di andare contro corrente, sarebbe ridotta in briciole dalla folla in collera. Poneva le sue speranze di pace nei "paesi rappresentanti la civiltà europea" costituiti da alcuni Stati Uniti d'Europa. Nello stesso tempo, cominciò a sviluppare la sua teoria del "superimperialismo", basandola sull'idea che il conflitto imperialistico non è una conseguenza inevitabile dell'espansione capitalista, ma semplicemente una "politica" che gli Stati capitalisti illuminati potrebbero scegliere di rigettare. Kautsky già pensava che la guerra avrebbe potuto respingere le contraddizioni di classe e che l'azione di massa del proletariato sarebbe destinata all'insuccesso, che - come dirà quando la guerra esploderà - l'Internazionale era utile solamente in tempo di pace. Questo atteggiamento, consistente nell'essere cosciente del pericolo di guerra ma di inclinarsi davanti alla pressione nazionalista dominante schivando una lotta determinata, disarmava la classe operaia ed apriva la via al tradimento degli interessi del proletariato. Così, da una parte, Kautsky minimizzava il carattere esplosivo reale delle tensioni imperialistiche con la sua teoria del "superimperialismo" fallendo completamente nel percepire la determinazione delle classi dirigenti a preparare la guerra; e, d'altra parte, cedeva all'ideologia nazionalista del governo, e sempre più all'ala destra del SPD, piuttosto che affrontarla, per timore di un insuccesso elettorale del SPD. La sua spina dorsale, il suo spirito combattivo, erano scomparsi.
Allorquando risultava necessaria una denuncia determinata della preparazione della guerra, e l'ala sinistra faceva del suo meglio per organizzare riunioni pubbliche contro la guerra attirando a migliaia i partecipanti, la direzione del SPD si mobilitò fino all'esaurimento per le prossime elezioni legislative del 1912. Luxemburg denunciò il silenzio imposto sul pericolo di guerra come un tentativo opportunista di guadagnare seggi al Parlamento, sacrificando l'Internazionalismo per ottenere più voti.
Nel 1912, la minaccia per la pace rappresentata dalla seconda guerra balcanica condusse il Bureau socialista internazionale ad organizzare con urgenza un Congresso straordinario che si tenne a novembre a Basilea, in Svizzera, allo scopo di mobilitare la classe operaia internazionale contro il pericolo imminente di guerra. Luxemburg criticò il fatto che il partito tedesco si fosse limitato a mettersi in coda ai sindacati tedeschi che avevano organizzato alcune manifestazioni discrete, dimostrando che il partito come organo politico della classe operaia aveva manifestato solo un interesse puramente formale alla denuncia della guerra. Mentre alcuni partiti in altri paesi reagirono vigorosamente, il SPD, il più grande partito dei lavoratori del mondo, essenzialmente si ritirò dall'agitazione astenendosi anche dalle proteste più energiche sul piano della mobilitazione. In realtà, il Congresso di Basilea che, ancora una volta, si concluse con una grande manifestazione ed un appello alla pace, servì a mascherare nei fatti la putrefazione ed il tradimento futuro di un gran numero di partiti membri dell'Internazionale.
Il 3 giugno 1913, la frazione parlamentare del SPD votò a favore di una tassa militare speciale: 37 deputati SPD che si opposero al voto di questa tassa furono ridotti al silenzio dal principio dalla disciplina della frazione parlamentare. La violazione aperta del motto "non un solo uomo, non un solo centesimo" per il sistema preparava il voto dei crediti di guerra da parte della frazione parlamentare nell'agosto 1914 [90]. Il declino morale del partito si rivelò anche nella reazione di Bebel. Nel 1870/71, August Bebel - così come Wilhelm Liebknecht (padre di Karl Liebknecht) - si era distinto per la sua opposizione risoluta alla guerra franco-prussiana. Adesso, quattro decenni più tardi, Bebel è stato incapace di adottare una posizione risoluta contro il pericolo di guerra [91].
Diventò sempre più evidente che, non solo la destra si accingeva a tradire apertamente, ma anche che i centristi vacillanti avevano perso ogni spirito di lotta ed erano falliti nell'opporsi alla preparazione alla guerra in un modo determinato. L'atteggiamento difeso dal più celebre rappresentante del "centro", Kautsky, secondo cui il partito doveva adattare la sua posizione sulla questione della guerra in funzione delle reazioni della popolazione (sottomissione passiva se la maggioranza del paese si sottometteva al nazionalismo o un atteggiamento più risoluto se cresceva un'opposizione alla guerra), fu allora giustificato con il rischio di "isolarsi dalla maggior parte del partito". Quando, dopo il 1910, la corrente intorno a Kautsky pretese essere il "centro marxista", in opposizione alla sinistra (radicale, estremista, non marxista), Luxemburg etichettò questo "centro" di rappresentanti di vigliaccheria, di prudenza e di conservatorismo.
Il suo abbandono della lotta, la sua incapacità ad opporsi alla destra ed a seguire la sinistra nella sua lotta determinata, contribuì a disarmare i lavoratori. Così, il tradimento dell'agosto 1914 da parte della direzione del partito non fu una sorpresa; era stato preparato poco a poco in un processo frammentario. Il sostegno all'imperialismo tedesco diventò tangibile con i parecchi voti al Parlamento a sostegno dei crediti di guerra, negli sforzi che mirarono a bloccare le manifestazioni contro la guerra, nell'atteggiamento a favore dell'imperialismo tedesco e l'incatenamento della classe operaia al nazionalismo ed al patriottismo. Il processo di imbavagliamento dell'ala sinistra fu cruciale nell'abbandono dell'internazionalismo e per preparare la repressione dei rivoluzionari nel 1919.
Mentre la direzione del SPD aveva concentrato le sue attività sulle elezioni legislative, lo stesso partito, accecato dal successo elettorale, perdeva di vista l'obiettivo finale del movimento operaio. Il partito salutò l'apparente continua crescita dei suoi elettori, del numero dei suoi deputati e di quello dei lettori della stampa del partito. La crescita fu difatti impressionante: nel 1907, il SPD aveva 530000 membri; nel 1913, la cifra aveva più che superato 1,1 milione. Il SPD in realtà era il solo partito di massa della 2a Internazionale ed il più grande partito di qualsiasi parlamento europeo. Questa crescita numerica dava l'illusione di una grande forza. Lo stesso Lenin rimase molto sorpreso dalle "cifre impressionanti" relative all'impatto del partito, al numero dei suoi elettori e dei suoi membri [92].
Sebbene sia impossibile stabilire una relazione meccanica tra l'intransigenza politica ed i punteggi elettorali, le elezioni del 1907, quando il SPD condannava ancora la repressione barbara dell'imperialismo tedesco contro i sollevamenti degli Herero nel sud-ovest africano, si conclusero con una "sconfitta". Il SPD perse 38 seggi al Parlamento e si ritrovò "solamente" con 43 seggi. Nonostante la percentuale di voto globale del SPD fosse effettivamente aumentata, per la direzione del partito, questa sconfitta elettorale sembrò sancita dagli elettori ed innanzitutto da quelli della piccola borghesia, a causa della sua denuncia dell'imperialismo tedesco. La conclusione tratta fu che il SPD doveva evitare una opposizione intransigente all'imperialismo ed al nazionalismo, perché ciò gli avrebbe fatto perdere voti. Al contrario, il partito doveva concentrare tutte le sue forze sulla campagna per le prossime elezioni, anche se ciò significava censurare le discussioni al suo interno ed evitare qualsiasi cosa che rischiava di mettere in pericolo il suo punteggio elettorale. All'epoca delle elezioni del 1912, il partito ottenne 4,2 milioni voti (il 38,5% dei suffragi espressi) ed ottenne 110 seggi. Era diventato il più grande partito parlamentare, ma solamente seppellendo l'internazionalismo ed i principi della classe operaia. Nei parlamenti locali, aveva più di 11000 eletti. Il SPD contava 91 giornali e 1,5 milioni di abbonati. All'epoca delle elezioni del 1912, l'integrazione del SPD nel gioco della politica parlamentare andò ancora oltre poiché ritirò i suoi candidati in parecchi circoscrizioni a profitto del Partito popolare progressista (Fortschrittliche Volkspartei), sebbene questo partito appoggiasse incondizionatamente la politica dell'imperialismo tedesco. Durante questo tempo, il Sozialistische Monatshefte (in principio una pubblicazione indipendente del partito, ma in realtà l'organo teorico dei revisionisti) sostenne apertamente la politica coloniale della Germania e le rivendicazioni dell'imperialismo tedesco per una ridistribuzione delle colonie.
In effetti, la mobilitazione totale del partito per le elezioni legislative andò di pari in passo con la sua integrazione progressiva nell'apparato di Stato. Il voto indiretto per il bilancio a luglio 1910 [93], il rafforzamento della cooperazione con i partiti borghesi che fino a quel momento era stato un tabù, la rinuncia di candidati per fare eleggere deputati borghesi del Fortschrittliche Volkspartei, la designazione di un candidato per le elezioni municipali a Stoccarda - queste furono alcune delle tappe del percorso di partecipazione diretta del SPD nell'amministrazione dello Stato.
Questa tendenza globale ad un'interconnessione crescente tra le attività parlamentari del SPD e la sua identificazione con lo Stato fu fustigata dalla sinistra, in particolare da Anton Pannekoek e Rosa Luxemburg. Pannekoek dedicò tutto un libro alle Differenze tattiche in seno al movimento operaio. Luxemburg che era estremamente attenta all'effetto asfissiante del parlamentarismo, fece pressione per l'iniziativa e l'azione della base: "L'esecutivo più ideale di un partito non sarebbe in grado di giungere a niente, affonderebbe involontariamente nell'inefficacia burocratica, se la fonte naturale di energia, la volontà del partito, non si facessero sentire, se il pensiero critico, l'iniziativa della massa dei membri del partito fosse dormiente. In effetti era più di questo. Se la sua energia, la vita intellettuale indipendente della massa del partito, non è abbastanza attiva, le autorità centrali tendono allora non solo ad arrugginirsi nella burocrazia ma anche a farsi un'idea totalmente falsa della loro autorità e della loro posizione di forza all'interno del partito. Il più recente decreto detto "segreto" dell'esecutivo riguardante il personale editoriale del partito può servire da recente prova, un tentativo di prendere delle decisioni per la stampa del partito, che può solo essere rigettato nella maniera più severa. Tuttavia, anche qui, necessita precisare: contro l'inefficacia e le illusioni eccessive del potere delle autorità centrali del movimento operaio, non c'è altra strada che la sua propria iniziativa, il suo proprio pensiero e la vita politica fresca, palpitante della larga massa del partito" [94].
In effetti, Luxemburg insistette costantemente sulla necessità per la massa dei membri del partito di "svegliarsi" e di assumere la loro responsabilità contro la direzione del partito che degenerava. "Le grandi masse [del partito] devono attivarsi sulla propria strada, devono essere in grado di sviluppare la loro energia di massa, la loro condotta, devono diventare attive in quanto masse, agire, mostrare e sviluppare passione, coraggio e determinazione" [95].
"Ogni passo avanti nella lotta per l'emancipazione della classe operaia deve significare allo stesso tempo un'indipendenza intellettuale crescente della massa degli operai, la crescita della propria attività, l'autodeterminazione e l'iniziativa (...) Ciò è d'importanza vitale per lo sviluppo normale della vita politica nel partito, per tenere sveglio ed attivo il pensiero politico e la volontà della massa del partito. Abbiamo, certamente, la Conferenza annua del partito, la più alta istanza che fissa regolarmente la volontà di tutto il partito. Tuttavia, è evidente che le conferenze dei partiti possono solo dare grandi linee tattiche per la lotta socialdemocratica. L'applicazione di queste linee direttrici alla pratica esige un pensiero infaticabile e dell'iniziativa (...) Volere che un quadro del partito sia responsabile del compito enorme di vigilanza quotidiana e di iniziative politiche su un'organizzazione di quasi 1 milione di membri che aspettano passivamente di essere comandate, è la cosa più scorretta che ci sia dal punto di vista della lotta di classe proletaria. È probabilmente questa riprovevole "ubbidienza cieca" che, sicuramente, i nostri opportunisti vogliono vedere nella subordinazione che va da sé a tutte le decisioni del partito nel suo insieme" [96].
Il 4 Agosto 1914, la frazione parlamentare del SPD votò all'unanimità i crediti di guerra. La direzione del partito e della frazione parlamentare aveva preteso la "disciplina di frazione". La censura (censura dello Stato o autocensura?) e la falsa unità del partito seguivano la loro logica, tutto il contrario della responsabilità individuale. Il processo di degenerazione significava che la capacità di pensiero critico e di opposizione alla falsa unità del partito erano stati eliminati. I valori morali del partito furono sacrificati sull'altare del capitale. In nome della disciplina del partito, si esigeva l'abbandono dell'internazionalismo proletario. Karl Liebknecht il cui padre osò rigettare il sostegno ai crediti di guerra nel 1870, in quel momento cedette alle pressioni del Partito. Solo alcune settimane dopo, dopo un primo raggruppamento di compagni restati fedeli all'internazionalismo, si espresse apertamente contro il rigetto della mobilitazione per la guerra da parte della direzione del SPD. Ma il voto dei crediti di guerra da parte del SPD tedesco scatenò una valanga di sottomissione al nazionalismo in altri paesi europei. Con il tradimento del SPD, la 2a Internazionale firmò la sua condanna a morte e si disgregò.
L'ascesa della corrente opportunista e revisionista che era apparsa chiaramente nel più grande partito della 2a Internazionale, e che aveva abbandonato l'obiettivo del capovolgimento della società capitalista, significava che la vita proletaria, la combattività e l'indignazione morale erano sparite dal SPD, o almeno nei ranghi della sua direzione e della sua burocrazia. Allo stesso tempo, questo processo fu indissolubilmente legato alla degenerazione programmatica del SPD, visibile nel suo rifiuto di adottare le nuove armi della lotta delle classi, lo sciopero di massa e l'autoorganizzazione dei lavoratori, e nell'abbandono progressivo dell'internazionalismo. Il processo di degenerazione della socialdemocrazia tedesca che non fu un fenomeno isolato nella 2a Internazionale, condusse al suo tradimento nel 1914. Per la prima volta, un'organizzazione politica di lavoratori non aveva tradito solamente gli interessi della classe operaia, era diventata una delle armi più efficaci tra le mani della classe capitalista. La classe dirigente in Germania poteva contare oramai sull'autorità del SPD, e la fedeltà che essa aveva ispirato nella classe operaia, per scatenare una guerra e schiacciare la rivolta contro la guerra da parte dei lavoratori. Le lezioni della degenerazione della Socialdemocrazia restano dunque di un'importanza cruciale per i rivoluzionari di oggi.
Heinrich / Jens
[1] Con il 38,5% dei suffragi espressi, l’SPD ebbe 110 seggi al Reichstag.
[2] Karl Kautsky nacque a Praga nel 1854. Suo padre era capo decoratore e sua madre attrice e scrittrice. La famiglia si installò a Vienna quando Kautsky aveva 7 anni. Studiò all’università di Vienna e raggiunse il partito socialista austriaco (SPÖ) nel 1875. A partire dal 1880, dopo Zurigo, contribuì ad introdurre la letteratura socialista in Germania.
[3] August Bebel nacque nel 1840, in quella che è oggi una periferia di Colonia. Orfano a 13 anni, fece l’apprendista presso un carpentiere e, da ragazzo, viaggiò molto in Germania. Incontrò Wilhelm Liebknecht nel 1865, e fu impressionato immediatamente dalla sua esperienza internazionale. Nella sua autobiografia, Bebel ricorda di aver esclamato: “È un uomo da cui si può imparare qualcosa” (“Donnerwetter, von dem kann man das lernen”, Bebel, Aus Meinen Leben, Berlino 1946, citato in James Joll, La Seconda Internazionale). Con Liebknecht, Bebel divenne uno dei leader di primo piano della socialdemocrazia tedesca nei suoi primi anni.
[4] Questo lo si può vedere in particolare nel libro di Lenin, Un passo avanti e due indietro, sulla crisi del POSDR nel 1903. Parlando dei futuri Menscevichi, Lenin si esprime in questi termini: “Lo spirito di circolo e la sorprendente mancanza di maturità politica, che non può sopportare il vento fresco di un dibattito pubblico, appare qui in tutta la sua nettezza (…) Immaginate per un istante che una simile assurdità, che un litigio come la lagnanza di una “falsa accusa di opportunismo” si sia potuto produrre nel partito tedesco! L’organizzazione e la disciplina proletaria hanno da molto fatto dimenticare laggiù questa mollezza da intellettuali (…). Solo lo spirito di circolo più abitudinario, con la sua logica “un pugno in faccia o un baciamano, per favore”, ha potuto sollevare questa crisi d’isteria, questa vana disputa e questa scissione del Partito intorno ad una "falsa accusa di opportunismo" contro la maggioranza del gruppo Liberazione dal Lavoro". (Capitolo J, “Quelli che hanno sofferto per essere falsamente accusati di opportunismo”).
[5] Rosa Luxemburg, La crisi della Socialdemocrazia, anche conosciuta come Junius Brochure.
[6] Rosa Luxemburg. Ibidem
[7]Organo di stampa dell’SPD.
[8] Anche conosciuto come Partito eisenachiano, dal nome della sua città di fondazione, Eisenach.
[9] Primo Indirizzo del Consiglio Generale dell'AIT sulla guerra franco-tedesca.
https: / / www.marxists.org/francais/ait/1870/07/km18700723.htm [11]
[10] Una tendenza simile è sopravvissuta nel socialismo francese attraverso la nostalgia per il programma di "laboratori nazionali" che fece seguito al movimento rivoluzionario del 1848.
[11] Cf. Toni Offerman, in Between reform and revolution (Tra riforma e rivoluzione): German socialism and communism from (Socialismo e comunismo tedesco dal) 1840 al 1990, Berghahn Books, 1998, p. 96.
[12] È conosciuta oggi sotto il titolo di Critica del Programma di Gotha.
[13] Lettera di invio di Karl Marx a W. Bracke, il 5 maggio 1875. Nella Critica del Programma di Gotha.
[14] Engels, Sul Programma di Gotha. Lettera ad August Bebel. Marzo 1875.
[15] Citato in Aspects of internationale socialism (Aspetti del socialismo internazionale) 1871-1914. Cambridge University Press & Éditions della Casa delle Scienze dell'uomo (Maison des Sciences de l'Homme). Traduzione nostra.
[16] Il voto al Parlamento dei crediti di guerra ha costituito dunque una chiara violazione degli statuti e delle decisioni del congresso del SPD, come sottolineato da Rosa Luxemburg.
[17] Engels, Critica del progetto di programma socialdemocratico del 1891. II - Rivendicazioni politiche.
[18] Anche se l'autocrazia russa era più estrema, non bisogna dimenticare che l'equivalente russo del Reichstag, la Duma di Stato, non è stata appellata che sotto la pressione del movimento rivoluzionario del 1905.
[19] Vedere la rimarchevole biografia di Rosa Luxemburg di JP Nettl, p. 81 (edizione Schocken trasformata in un sunto dall'edizione Oxford University Press del 1969, con un saggio introduttivo di Hannah Arendt). In tutto questo articolo, le citazioni sono state prese dal sunto o dall'edizione integrale.
[20] È significativo che, mentre il partito tollerava il riformismo dell'ala destra, il circolo degli "Jungen" ("giovani") che aveva criticato violentemente l'evoluzione verso il parlamentarismo, venisse espulso dal partito all'epoca del Congresso di Erfurt. Se era vero che questo gruppo era essenzialmente un'opposizione intellettuale e letteraria con tendenze anarchiche (infatti, un certo numero dei suoi membri ha deviato verso l'anarchismo, dopo avere lasciato il SPD), è però anche significativo che il partito abbia reagito più duramente di fronte ad una critica della sinistra che di fronte alla pratica opportunista della destra.
[21] Cf. Jacques Droz, Storia generale del socialismo, p.41, Edizioni Quadrige/PUF, 1974.
[22] Lettera a Kautsky, 1896, citata da Droz, op. cit., p.42
[23] Il revisionismo di Bernstein non era in nessun caso un'eccezione isolata. In Francia, il socialista Millerand raggiungeva il governo Waldeck-Rousseau, affiancandosi al generale Gallifet, il boia della Comune di Parigi; una tendenza simile esisteva in Belgio; il movimento laburista britannico era dominato completamente dal riformismo e da un sindacalismo nazionalista limitato.
[24] "La questione coloniale (...) è una questione di propagazione della cultura e, finché esistono grandi differenze culturali, si tratta della propagazione, o piuttosto dell'affermazione, della cultura superiore. Perché, presto o tardi, capiterà inevitabilmente che le culture superiori ed inferiori entrino in collisione e, in ciò che riguarda questa collisione, questa lotta per l'esistenza tra le culture, la politica coloniale dei popoli colti deve essere valutata come un processo storico. Il fatto che generalmente altri scopi siano perseguiti con altri mezzi e forme che noi social-democratici condanniamo, può condurci in casi particolari a rigettarli ed a lottare contro, ma ciò non può costituire una ragione per cambiare il nostro giudizio in quanto alla necessità storica della colonizzazione". (Bernstein, 1907, citato in Discovering Imperialism, 2012, Haymarket Books, p. 41).
[25] Cf. Nettl, op. cit. p. 101
[26] Parvus, conosciuto anche con il nome di Alexander Helphand, era una figura strana e controversa nel movimento rivoluzionario. Dopo alcuni anni alla sinistra della socialdemocrazia in Germania, poi in Russia durante la rivoluzione del 1905, si trasferisce in Turchia dove creò una società di commercio in armamenti, arricchendosi grazie alla guerra dei Balcani e, allo stesso tempo, dando luogo, in quanto consigliere finanziario e politico, al movimento nazionalista "Giovani turchi", che editava la pubblicazione nazionalista Yurdu Turk. Durante la guerra, Parvus diventò un sostenitore aperto dell'imperialismo tedesco, con grande dispiacere di Trotsky che era stato molto influenzato dalle sue idee sulla "rivoluzione permanente" (Cf Deutscher, Il profeta armato, "La guerra e l'Internazionale").
[27] Citato in Nettl, op. cit., p.133.
[28] Parteitag der Sozialdemokratie (Congresso di partito della socialdemocrazia), Ottobre 1898 a Stoccarda, Rosa Luxemburg, Gesammelte Werke (Ges Werke – Opere raccolte), T. 1/1 p. 241. Traduzione nostra.
[29] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 1/1, p. 565, 29 settembre 1899. Traduzione nostra.
[30] Rosa Luxemburg, 1899, Ges. Werke, T. 1/1, p. 578, 9 -14. Ottobre. Traduzione nostra.
[31] August Bebel, Dresden (Desdra), 13 settembre 1903, citato da Luxemburg After the Jena Party congress (dopo il congresso del partito a Iena), Ges. Werke, T. 1/1, p.351. Traduzione nostra.
[32] "Unser leitendes Zentralorgan" (Il nostro organo centrale direttivo), Leipziger Volkszeitung (Giornale di Lipsia), 22 settembre 1899, Rosa Luxemburg in Ges. Werke, T. 1/1, p.558. Traduzione nostra
[33] Inoltre, Bernstein "aveva cominciato ad abbandonare lo scopo finale per il movimento. Ma poiché in pratica non può esistere un movimento socialista senza scopo socialista, lui è obbligato a rinunciare allo stesso movimento" (Riforma sociale o rivoluzione? Capitolo 4: Il crollo).
[34] "Sono molto riconoscente per la notizia. Essa mi aiuta a comprendere meglio gli orientamenti del partito. Certamente, era chiaro per me che Bernstein e le idee che ha presentato fino a questo momento non erano più in linea con il nostro programma, ma è doloroso che non possiamo più contare su di lui. Ma se voi ed il compagno Kautsky avevate questa valutazione, sono sorpresa che non abbiate messo a profitto l'atmosfera favorevole del Congresso per lanciare immediatamente un dibattito energico, ma che voi abbiate voluto incoraggiare Bernstein a scrivere un opuscolo, ciò che farà ritardare ancora più la discussione". Rosa Luxemburg, Ges. Briefe (raccolta di lettere), Bd 1, p.210, lettera a Bebel, 31 ottobre 1898. Traduzione nostra.
[35] Rosa Luxemburg. Ges. Briefe, Bd 1, p. 289, lettera a Léo Jogiches, 11 marzo 1899. Traduzione nostra.
[36] Kautsky a Bernstein, 29 luglio 1899, II SG-Kautsky-Nachlass, C. 227, C. 230, citato in Till Schelz-Brandenburg, Eduard Bernstein und Karl Kautsky, Entstehung und Wandlung dei sozialdemokratischen Parteimarxismus im Spiegel ihrer Korrespondenz (Nascita e trasformazione di socialdemocratici marxisti riflessa nella loro corrispondenza) 1879 bis 1932, Köln, 1992. Traduzione nostra.
[37] Rosa Luxemburg, "Parteifragen im Vorwärts" (Questioni future del partito), Ges. Werke, T. 1/1, p.564, 29 settembre 1899.
[38] Laschitza, Im Lebensrausch, Trotz Alledem, p.104, 27 ottobre 1898, Kautsky-Nachlass C 209: Kautsky e Bernstein. Traduzione nostra.
[39] Karl Kautsky a Victor Adler, 20 luglio 1905, in Victor Adler Briefwechsel (Corrispondenza), a.a.O. S. 463, citato in Till Schelz-Brandenburg, p.38. Traduzione nostra.
[40] Rosa Luxemburg - Ges. Werke, T. 1/1, p.528, citazione in "Kautsky zum Parteitag in Hannover" (Kautsky al congresso di partito ad Hannover), Neue Zeit 18, Stoccarda 1899-1900, 1. Bd. S. 12. Traduzione nostra.
[41] Rosa Luxemburg, "Libertà della critica e della scienza".
https: / / www.marxists.org/francais/luxembur/works/1899/rl189909.htm [12]
[42] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, T. 1, p. 279, lettera a Léo Jogiches, 3 marzo 1899. Traduzione nostra.
[43] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, T. 1, p. 426, Lettera a Léo Jogiches, 21 dicembre 1899. Traduzione nostra.
[44] Luxemburg fa un punto d'onore di apportare un suo sostegno totale, in quanto agitatrice (era un'oratrice pubblica molto richiesta), anche ai membri del partito che lei criticava molto, per esempio durante la campagna elettorale del revisionista Max Schippel.
[45] Rosa Luxemburg Ges. Briefe, T. 1, p. 491, Lettera a Léo Jogiches, 7 luglio 1890. Traduzione nostra.
[46] Rosa Luxemburg, Erklärung (Spiegazioni), Ges. Werke, T. 1/2, p. 146, 1 ottobre 1901.
[47] All'epoca del Congresso di Lubecca, la Neue Zeit e Kautsky in quanto redattore capo erano stati fortemente attaccati dagli opportunisti a causa della controversia sul revisionismo.
[48] JP Nettl, Rosa Luxemburg, Vol. 1, p. 192 (questa citazione è tratta dall'edizione integrale), Rosa Luxemburg, lettera a Kautsky, 3 ottobre 1901. Traduzione nostra.
[49] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, T. 1. P. 565, Lettera a Jogiches, 12 gennaio 1902. Traduzione nostra.
[50] Citato in Nettl, op. cit., p127. Traduzione nostra.
[51] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, T. 3, p. 358, Lettera a Kostja Zetkin, 27 giugno 1908. Traduzione nostra.
[52] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, T. 3, p. 57, Lettera a Kostja Zetkin, 1 agosto 1909. Traduzione nostra.
[53] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 1/1, p.239, p.245, - Parteitag der Sozialdemokratie 1898 Stoccarda, Ottobre 1898.
[54] Rosa Luxemburg, Ges. Werke Bd 1 1/1, S. 255, Nachbetrachtungen zum Parteitag (Osservazioni dopo il congresso di partito) 12-14. Ottobre 1898, Sächsische Arbeiter-Zeitung Dresden. Traduzione nostra.
[55] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, Bd 1, p.279, Lettera a Léo Jogiches, 3 marzo 1899. Traduzione nostra.
[56] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe Bd 1, p. 384, Lettera a Léo Jogiches, 24 settembre 1899. Traduzione nostra.
[57] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, Bd 1, p.322, lettera a Jogiches, 1 maggio 1899. Traduzione nostra.
[58] Kautsky a Bernstein, 29 ottobre 1898, IISG, Amsterdam, Kautsky-Nicholas, C 210. Traduzione nostra.
[59] Laschitza, Ibid, p.129, (Ignatz Auer in una lettera a Bernstein. Traduzione nostra. Nella sua Storia generale del socialismo, Giacomo Droz descrive Auer nel seguente modo: "È un 'praticone', un 'riformista' della pratica che si fa gloria di non conoscere altre dottrine, ma nazionalista al punto di esaltare davanti agli uditori socialisti l'annessione dell'Alsazia-Lorena e di opporsi alla ricostituzione della Polonia, e cinico fino a negare l'autorità dell'Internazionale; in effetti, copre l'orientamento dei Sozialistische Monatshefte (Fascicoli socialisti mensili) e favorisce attivamente lo sviluppo del riformismo". (p.41)
[60] Laschitza, ibid, p.130. Traduzione nostra.
[61] Laschitza, ibid, p.136, in Sächsische Arbeiterzeitung, 29 novembre 1899. Traduzione nostra.
[62] Rosa Luxemburg fu presto cosciente dell'ostilità nei suoi riguardi. All'epoca del Congresso del partito di Hannover nel 1899, la direzione non voleva lasciarle prendere la parola sulla questione delle dogane. Descrisse il suo atteggiamento in una lettera a Jogiches: "Faremmo meglio a regolare questo nel partito, cioé nel clan. Ecco come loro fanno funzionare le cose: se la casa brucia, hanno bisogno di un capro espiatorio (un giudeo), se l'incendio è stato spento, il giudeo è cacciato". (Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, Bd 1, p.317, lettera a Léo Jogiches, 27 aprile 1899).
Victor Adler scrive a Bebel nel 1910 che lei aveva "sufficientemente dei bassi istinti per provare un certo piacere per il fatto che Karl [Kautsky] soffra tra le mani dei suoi amici. Ma questo è proprio un danno - la cagna tossica va a fare ancora molti danni, tanto più che è intelligente quanto una scimmia mentre d'altra parte il suo senso delle responsabilità è totalmente assente e la sua sola motivazione è un desiderio quasi perverso di auto-giustificazione". (Nettl, 1, p.432, versione integrale, Victor Adler a Bebel, 5 agosto 1910). Traduzione nostra.
[63] Il giornale satirico settimanale Simplicissimus ha anche pubblicato una poesia cattiva diretta contro Luxemburg (Laschitza, 136, Simplicissimus, 4. Jahrgang, Nr.33, 1899/1900, S. 263).
[64] Frölich, Paul, "Gedanke und Tat" (Pensiero ed Azione), Rosa Luxemburg, Dietz-Verlag Berlino, 1990, p.62.
65. Rosa Luxemburg, Ges. Briefe Bd 1, S. 316, lettera a Léo Jogiches, 27 aprile 1899. Traduzione nostra.
[65] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe Bd 1, S. 316, lettera a Leo Jogiches, 27 avril 1899. Traduzione nostra.
[66] Rosa Luxemburg, Ges. Briefe, Bd 3 S. 89, lettera a Clara Zetkin, 29 septembre 1909. Traduzione nostra.
[67] Rosa Luxemburg Ges. Briefe, Bd 3, p.268, lettera a Kostja Zetkin, 30 novembre 1910. Nostra traduzione. Queste righe furono provocate dalla reazione filistea della direzione del partito ad un articolo che lei aveva scritto su Tolstoj, che era stato considerato fuori luogo (le discipline artistiche non erano importanti) e poco desiderato nella stampa del partito perché elogiava un artista che era russo e mistico.
[68] Visto che il partito aveva un gran numero di giornali, la maggior parte non erano sotto il controllo diretto della direzione di Berlino. La pubblicazione di articoli della corrente di sinistra dipendeva spesso dall'atteggiamento del Comitato di redazione locale. L'ala sinistra aveva maggiore pubblico a Lipsia, Stoccarda, Brema e Dortmund.
[69] Nettl 1, p.421 (edizione integrale). Traduzione nostra.
[70] Nettl, I, p.464 (edizione integrale). Traduzione nostra.
[71] Socialdemocrazia del regno di Polonia e della Lituania. Il partito fu stato fondato nel 1893 come socialdemocrazia del Regno di Polonia (SDKP), i suoi membri più conosciuti furono Rosa Luxemburg, Léo Jogiches, Julian Marchlewski ed Adolf Warszawski. In seguito divenne il SDKPiL con la fusione con il Sindacato dei lavoratori in Lituania diretto, tra altri, da Feliks Dzerzhinski. Una delle sue più importanti caratteristiche era il suo internazionalismo incrollabile, la sua convinzione che l'indipendenza nazionale polacca non era nell'interesse dei lavoratori e che al contrario il movimento operaio polacco dovrebbe allearsi strettamente con la socialdemocrazia russa ed in particolare con i bolscevichi. Ciò costituì continuamente un motivo di disaccordo col partito socialista polacco (PPS - Polska Partia Socjalistyczna) che adottò un orientamento sempre più nazionalista sotto la direzione di Josef Pilsudski, che diventò più tardi, come Mussolini, dittatore della Polonia.
[72] La Polonia, conviene ricordarlo, non esisteva come paese separato. Grande parte della Polonia storica faceva parte dell'impero degli zar, mentre altre parti erano stati assorbite dalla Germania e dall'Impero austroungarico.
[73] Fu arrestata a marzo 1906, con Léo Jogiches che era ritornato in Polonia. Poiché c'erano seri timori per la sua sicurezza, il SDKPiL fece sapere che avrebbe effettuato una rappresaglia fisica contro gli agenti del governo se l'avessero toccata. Una mescolanza di sotterfugio e di aiuto da parte della sua famiglia riuscì a tirarla fuori dai carceri zaristi, facendo ritornò in Germania. Jogiches fu condannato ad otto anni di lavori forzati ma riuscì ad evadere di prigione.
[74] Il testo integrale può essere trovato su marxists.org
[75] Vedere la serie di articoli sul 1905 nei numeri 120, 122, 123 e 125 della Revue Internationale (Rivista Internazionale in francese).
[76] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 2, p. 347.
[77] Rosa Luxemburg, "Das Offiziösentum der Theorie", Ges. Werke, T. 3, p.307, articolo pubblicato sulla Neue Zeit, 1912. Traduzione nostra.
[78] Il dibattito tra Kautsky, Luxemburg e Pannekoek è stato pubblicato in francese sotto il titolo Socialismo, la via occidentale, Stampe Universitarie di Francia, Parigi, 1983.
[79] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 2, p.380, "Theorie und die Praxis" (Teoria e Pratica), pubblicato nella Neue Zeit, 28. Jg, 1909/1910, in risposta all'articolo di Kautsky "Was nun? (Ora cosa?)". Traduzione nostra.
[80] Rosa Luxemburg, "Die Theorie und Praxis", Ges. Werke, T. 2, p.398.
[81] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 3, S. 441 "Die totgeschwiegene Wahlrechtsdebatte" ("Il dibattito nascosto sui diritti elettorali") 17 agosto 1910. Traduzione nostra.
[82] Pubblicato in inglese sotto il titolo Teoria marxista e tattiche rivoluzionarie.
[83] All'epoca, un'altra voce forte della sinistra in Olanda, Herman Gorter, scriveva a Kautsky. "Certe divergenze tattiche spesso provocano disaccordo tra amici. Nel mio caso, mentre la mia relazione con voi è riguardata, non è vero; come l'avete notato. Anche se avete criticato spesso Pannekoek e Rosa con cui sono in generale in accordo (e voi dunque mi avete ugualmente criticato) ho sempre mantenuto lo stesso genere di relazione con voi". Gorter, lettera a Kautsky. Dicembre 1914. Kautsky Archive IISG, DXI 283, citato in Herman Gorter, Herman di Liagre Böhl, Nijmegen, 1973, p.105). "Per ammirazione ed antichi affetti, ci siamo sempre astenuti, per quanto possibile, di opporci a voi in Die Tribune". Die Tribune (La tribuna) era la pubblicazione della Sinistra olandese di quell'epoca).
[84] In "Socialismo, la via occidentale", p.123.
[85] Nettl, I, p.401 (edizione integrale). Traduzione nostra.
[86] Una maggiore debolezza delle più combattive dichiarazioni fu l'idea di un'azione simultanea. Così, la giovane guardia socialista belga adottò una risoluzione: "È dovere dei partiti socialisti e dei sindacati di tutti i paesi opporsi alla guerra. Il mezzo più efficace di questa opposizione è lo sciopero generale e l'insubordinazione in risposta alla mobilitazione di guerra" (Il pericolo di guerra e la 2a Internazionale, J. Jemnitz, p.17). Ma questi mezzi non potevano essere utilizzati se non erano adottati simultaneamente in tutti i paesi, in altri termini l'internazionalismo intransigente e l'azione antimilitarista erano subordinati alla necessità che tutti condividessero la stessa posizione.
[87] Fricke, Dieter, Handbuch zur Geschichte der deutschen Arbeiterbewegung, (Fricke, Dieter, Manuale di storia del movimento dei lavoratori tedeschi), 1869 bis 1917; Dietz-Verlag, Berlino, 1987, p.120. Traduzione nostra.
[88] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 3, p.34, pubblicato nella Leipziger Volkszeitung (Gazzetta di Lipsia), 26 agosto 1911. Traduzione nostra.
[89] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 3, p.43, pubblicato nella Leipziger Volkszeitung, 30 agosto 1911. Traduzione nostra.
[90] Luxemburg, Ges. Werke, T. 3, p.11.
[91] "Sono in una situazione assolutamente assurda - devo assumermi la responsabilità di condannarmi al silenzio benché, se seguissi i miei desideri mi ritorcerei contro la direzione, condannandomi lo stesso" (Jemnitz, p.73, Lettera di Bebel a Kautsky). Bebel morì per un attacco cardiaco in un sanatorio in Svizzera, il 13 agosto.
[92] In un articolo intitolato "Come V. Zassoulitch annienta la corrente liquidatrice: "Attualmente in Germania si contano circa 1 milione di membri del partito. Gli elettori social-democratici sono approssimativamente 4,25 milioni, ed i proletari 15 milioni (…) Il milione, è il partito. Questo milione aderisce alle organizzazioni del partito; i 4,25 milioni, è il 'largo strato'. Ed esso mette in evidenza che "In Germania, per esempio, è 1/15 circa della classe che è organizzata nel partito; in Francia, è circa 1/140; in Germania, per un membro del partito si contano da 4 a 5 Social-democratici dello "strato largo"; in Francia, 14". Lenin aggiunge: "Il partito è lo strato cosciente ed avanzato della classe, ne è l'avanguardia. La forza di questa avanguardia è superiore di dieci volte, di cento volte, ed oltre rispetto alla sua importanza numerica. (…) L'organizzazione decupla le forze" (settembre 1913, Opere complete, Tomo 19. Éditions sociales).
[93] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 2, p.378,
[94] Rosa Luxemburg, "Di nuovo sulle masse ed i leader", agosto 1911, pubblicato inizialmente nella Leipziger Volkszeitung. Traduzione nostra.
[95] Rosa Luxemburg, Ges. Werke, T. 3, p.253, "Taktische Fragen (Questioni tattiche)", giugno 1913. Traduzione nostra.
[96] "Di nuovo sulle masse ed i leader", op. cit. Traduzione nostra.
Links
[1] https://it.internationalism.org/en/tag/5/102/prima-guerra-mondiale
[2] https://it.internationalism.org/en/tag/3/48/guerra
[3] https://it.internationalism.org/en/tag/2/25/decadenza-del-capitalismo
[4] https://www.iwm.org.uk/centenary
[5] https://centenaire.org/sites/default/files/references-files/rapport_jz.pdf
[6] https://centenaire.org/sites/default/files/references-files/rapport_fusilles.pdf
[7] https://fr.internationalism.org/rint/120_cgt
[8] https://www.marxists.org/francais/luxembur/junius/index.html
[9] https://marxists.org/francais/luxembur/junius/rljcf.html
[10] https://www.theguardian.com/commentisfree/2013/jun/17/1914-18-not-futile-war
[11] http://www.marxists.org/francais/ait/1870/07/km18700723.htm
[12] http://www.marxists.org/francais/luxembur/works/1899/rl189909.htm